Ordinanza n. 87 del 1964
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ORDINANZA N. 87

ANNO 1964

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha deliberato in camera di consiglio la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 16 della legge 12 giugno 1962, n. 567, contenente norme in materia di affitto di fondi rustici, promosso con ordinanza emessa l'8 aprile 1964 dalla Sezione specializzata agraria del Tribunale di Lucera nel procedimento civile vertente tra Di Natale Giovanni, Umberto ed Ermelindo e la Fondazione Vincenzo Zaccagnino da S. Nicandro Garganico, iscritta al n. 91 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 157 del 27 giugno 1964.

Udita nella camera di consiglio del 22 ottobre 1964 la relazione del Giudice Aldo Sandulli;

Ritenuto che nel procedimento civile per perequazione di un canone d'affitto di fondo rustico tra Giovanni, Umberto ed Ermelindo Di Natale, affittuari, e la Fondazione Vincenzo Zaccagnino da S. Nicandro Garganico, locatrice, la Sezione specializzata agraria del Tribunale di Lucera, su eccezione della convenuta, ha sollevato, con ordinanza dell'8 aprile 1964, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 16 della legge 12 giugno 1962, n. 567, in relazione agli artt. 41 e 42 della Costituzione;

che il Tribunale ha ritenuto, oltre che indispensabile per la decisione della causa, non manifestamente infondata la questione, osservando che la determinazione dei canoni di affitto di fondi rustici anche per i contratti in corso, demandata dalle impugnate disposizioni a Commissioni tecniche provinciali, si risolve in una limitazione dell'autonomia negoziale delle parti ad opera di organi amministrativi; e non poggia su alcun criterio obiettivo, atto a garantire, col rispetto della libera iniziativa dei singoli, la omogeneità della estimazione dei vari elementi di giudizio in relazione ad ogni singolo contratto. Siffatta limitazione non appare giustificata al Tribunale, neppure alla stregua del principio, da questa Corte altre volte enunciato, che ammette la possibilità di imporre restrizioni all'autonomia contrattuale privata, al fine di armonizzare il godimento della proprietà e la libertà di iniziativa economica dei privati con le esigenze di utilità sociale, in quanto tale principio non pare possa essere esteso sino a consentire, in ogni caso, la sostituzione o la imposizione ope legis della misura del canone d'affitto e cioè della clausola più importante del contratto;

che nessuna delle parti si é costituita;

Considerato che con la sentenza n. 40 del corrente anno questa Corte ha già avuto occasione di pronunciarsi in ordine alla legge 12 giugno 1962, n. 567, dichiarando infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in ordine ad essa;

che la sentenza n. 40, la quale si occupò diffusamente dell'art. 1 della legge, non ebbe a occuparsi anche dell'art. 16 (impugnato in questa sede unitamente all'art. 1), volto a rendere applicabile la legge anche ai contratti in corso, ma ebbe nondimeno ad enunciare espressamente il concetto che le riserve di legge previste dal secondo comma dell'art. 41 e dal secondo comma dell'art. 42 della Costituzione "non precludono alla legge la possibilità di deferire, purché con adeguata specificazione, ad autorità amministrative, particolari poteri di incidenza nel campo dei diritti economici garantiti dai due menzionati articoli", mentre in altre sentenze - come ricorda la stessa ordinanza di rimessione - la Corte ha espressamente affermato la compatibilità coi riferiti precetti costituzionali di leggi, le quali, a fini di utilità sociale, modifichino o tolgano vigore a clausole di contratti in corso (per es. sentenze nn. 118 del 1957 e 7 del 1962);

che una diversità tra la questione risolta dalla sentenza n. 40 in riferimento all'art. 1 della legge e quella sottoposta ora alla Corte non può esser vista nel fatto che l'ordinanza di rimessione che diede origine a quella sentenza invocava soltanto l'art. 41 della Costituzione, mentre quella del Tribunale di Lucera invoca anche l'art. 42: infatti la sentenza n. 40 fu motivata, come si é già detto, con riferimento sia alla riserva di legge enunciata nel secondo comma dell'art. 41, che con riferimento a quella enunciata nel secondo comma dell'art. 42;

che non sussistono motivi per ritornare sui precedenti orientamenti della Corte;

Visti gli artt. 26, comma secondo, e 29 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e l'art. 9, comma secondo, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità, sollevata con l'ordinanza trascritta in epigrafe, degli artt. 1 e 16 della legge 12 giugno 1962, n. 567, contenente norme in materia di affitto di fondi rustici, in riferimento agli artt. 41 e 42 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 1964.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 12 novembre 1964.