Sentenza n. 29 del 2023

SENTENZA N. 29

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 838, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima-ter, con ordinanza del 9 febbraio 2021, iscritta al n. 160 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2023 il Giudice relatore Angelo Buscema;

deliberato nella camera di consiglio del 12 gennaio 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 9 febbraio 2021, iscritta al registro ordinanze n. 160 del 2021, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima-ter, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e 119, commi primo, terzo e quarto, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 838, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), ai sensi del quale «[a]lle province e alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, per l’esercizio delle funzioni fondamentali di cui all’articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, è attribuito un contributo complessivo di 428 milioni di euro per l’anno 2018, di cui 317 milioni di euro a favore delle province e 111 milioni di euro a favore delle città metropolitane, e a favore delle province un ulteriore contributo di 110 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e di 180 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021. Le risorse di cui al periodo precedente sono ripartite, con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, secondo criteri e importi da definire, su proposta dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e dell’Unione delle province d’Italia (UPI), previa intesa in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, da conseguire entro il 31 gennaio 2018. Qualora l’intesa non sia raggiunta, ovvero non sia stata presentata alcuna proposta, il decreto è comunque adottato, entro il 10 febbraio 2018, ripartendo il contributo in proporzione alla differenza per ciascuno degli enti interessati, ove positiva, tra l’ammontare della riduzione della spesa corrente indicato nella tabella 1 allegata al decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, al netto della riduzione della spesa di personale di cui al comma 421 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e l’ammontare dei contributi di cui all’articolo 20 e del contributo annuale di cui alla tabella 3 del medesimo decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, nonché alle tabelle F e G allegate al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2017, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 123 del 29 maggio 2017. Ai fini della determinazione della differenza di cui al periodo precedente per gli anni 2019 e successivi si tiene conto dell’importo non più dovuto dalle province del versamento previsto sino all’anno 2018 dall’articolo 47 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, negli importi indicati nella tabella 2 allegata al citato decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50».

1.1.– Riferisce il giudice a quo che la Provincia di Vercelli aveva proposto ricorso contro il Ministero dell’interno e il Ministero dell’economia e delle finanze, costituitisi in giudizio a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, nonché nei confronti della Provincia di Prato, non costituitasi in giudizio, per l’annullamento del decreto ministeriale 19 febbraio 2018 del Capo dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato (Riparto a favore delle province delle regioni a statuto ordinario dei contributi di 317 milioni di euro, per l’anno 2018 e di 110 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2019 e 2020, per l’esercizio delle funzioni fondamentali di cui all’articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 46 del 24 febbraio 2018.

1.2.– Afferma il TAR Lazio che in data 7 febbraio 2018, secondo quanto previsto dal citato comma 838, si è tenuta la Conferenza Stato-città e autonomie locali, in esito alla quale sono stati stabiliti i criteri di ripartizione tra le province facenti parti delle regioni a statuto ordinario del sopra ricordato contributo di 317 milioni di euro per l’anno 2018.

Per gli anni successivi, l’Unione delle province d’Italia (UPI), in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, avrebbe rappresentato «l’esigenza di addivenire ad una proposta di modifica legislativa del […] comma 838 […] affinché gli stessi possano essere ripartiti in maniera più razionale […] anche tenendo conto che, dall’anno 2019, verranno meno le riduzioni di risorse di cui all’articolo 47 del decreto-legge n. 66 del 2014». Nella stessa sede le amministrazioni governative competenti si sarebbero impegnate, in accordo con il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, «ad avviare un tavolo di confronto con le Province al fine di definire le eventuali proposte normative riguardanti i criteri di riparto dei […] contributi per gli anni successivi al 2018».

Decorso il termine fissato dal censurato art. l, comma 838, il Ministero dell’interno, rilevato che per gli anni 2019 e 2020 l’UPI non aveva presentato proposte in merito ai criteri e agli importi del riparto del contributo, con il sopra ricordato d.m. 19 febbraio 2018 ha applicato, per il riparto del contributo di 110 milioni di euro relativo sia all’anno 2019 che all’anno 2020, il criterio indicato dalla disposizione censurata.

1.3.– La Provincia di Vercelli, non avendo ricevuto, come da Tabella allegata al decreto, contributi per gli anni 2019 e 2020 e ritenendo che fosse stato adottato, per detti anni, un criterio di ripartizione delle risorse destinate a finanziare l’esercizio delle funzioni fondamentali lesivo della propria autonomia finanziaria e organizzativa, ha impugnato davanti al TAR Lazio il sopra menzionato d.m. 19 febbraio 2018 deducendo i seguenti motivi: 1) eccesso di potere per contraddittorietà manifesta e per mancata rispondenza delle premesse del decreto ministeriale con le decisioni assunte e gli accordi definiti in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali; 2) eccesso di potere per erronea interpretazione della portata precettiva dell’art. l, comma 838, della legge n. 205 del 2017.

In via incidentale, la Provincia di Vercelli ha inoltre chiesto al TAR Lazio di sollevare davanti a questa Corte questione di legittimità costituzionale dell’art. l, comma 838, della legge n. 205 del 2017.

1.4.– Il TAR Lazio, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata la censura, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. l, comma 838, della legge n. 205 del 2017, in riferimento agli artt. 3, 97 e 119, commi primo, terzo e quarto, Cost.

1.5.– Quanto alla rilevanza della questione, afferma il giudice a quo che la lesione determinata in capo alla Provincia di Vercelli dal criterio di riparto e il conseguente ammontare distribuito (almeno per il 2019 e 2020) sarebbe riferibile unicamente al comma 838, di cui il decreto ministeriale gravato costituisce automatica applicazione; ciò posto, in caso di declaratoria dell’illegittimità costituzionale della medesima disposizione, il decreto ministeriale ne sarebbe travolto e verrebbe meno la lesione stessa.

1.6.– Venendo poi alla non manifesta infondatezza della questione, evidenzia il TAR Lazio rimettente che l’art. 119 Cost. riconosce, in capo alle province, autonomia finanziaria di entrata e di spesa, la quale sarebbe esercitata, in primo luogo, mediante la redazione del bilancio finanziario di previsione che, ai sensi dell’art. 162 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come modificato dall’art. 74 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), deve riferirsi ad almeno un triennio e comprende le previsioni di competenza e di cassa del primo esercizio del periodo considerato nonché le previsioni di competenza degli esercizi successivi.

Afferma il giudice a quo che, al fine di elaborare e approvare il bilancio di previsione, gli enti locali dovrebbero avere conoscenza dell’entità delle entrate su cui possono contare per poter correttamente esercitare la propria autonomia di spesa e dovrebbero poter disporre in concreto di risorse utili a sopperire ai propri fabbisogni, calibrati sulle esigenze collegate ai compiti istituzionali ad essi affidati dall’ordinamento.

La mancata attribuzione di fondi per gli anni 2019 e 2020 avrebbe invece compromesso la capacità della Provincia di Vercelli di svolgere le funzioni fondamentali ad essa attribuite dalla legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni) ledendo la sua sfera di autonomia. Difatti, il mancato accesso al contributo per gli anni successivi al 2018 sottrarrebbe a tale ente, e a tutti quelli che versano nella medesima situazione, la disponibilità degli strumenti finanziari necessari allo svolgimento delle predette funzioni fondamentali.

1.7.– Osserva il rimettente che, secondo quanto stabilito dal quarto comma dell’art. 119 Cost., le funzioni fondamentali dovrebbero essere finanziate, se non integralmente, quanto meno in modo adeguato, al fine di non impedire o rendere troppo difficile lo svolgimento dei compiti e dei servizi che costituiscono esplicazione delle predette funzioni. In particolare, la Provincia di Vercelli avrebbe dedotto, senza essere contestata sul punto, di aver ricevuto la somma di euro 1.200.000,00 per il solo 2018 e di non aver ricevuto alcuna risorsa per gli anni 2019 e 2020. Questa circostanza le avrebbe impedito di redigere il bilancio di previsione per dette annualità e di svolgere le proprie funzioni fondamentali. Altre province, per le medesime annualità (2019 e 2020), avrebbero invece ingiustificatamente ottenuto fondi consistenti.

1.8.– Il criterio di ripartizione dettato dal censurato art. l, comma 838, della legge n. 205 del 2017 inciderebbe, quindi, in modo significativo sull’autonomia finanziaria degli enti locali di cui all’art. 119, primo comma, Cost. Tale incisione si rinverrebbe anche nella scelta – operata dalla disposizione in esame – di assumere a parametro per la ripartizione dei trasferimenti statali un algoritmo matematico relativamente al quale viene attribuita rilevanza al fattore della spesa del personale (al netto della riduzione della spesa di personale, di cui al comma 421 dell’art. l della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015») che, di per sé, non si presterebbe a un utilizzo comune su scala nazionale, atteso che ogni regione, nell’attuare il decentramento amministrativo, avrebbe adottato determinazioni diverse con conseguente disomogeneità nelle scelte riallocative del proprio personale.

La ripartizione dei contributi statali, basandosi sul predetto fattore (che si fonderebbe su una coincidenza fra percentuale di personale trasferito e risparmi realizzati da Stato o regioni, con conseguente contrazione della spesa relativa alla retribuzione di tale personale) avrebbe pregiudicato la Provincia di Vercelli, posto che nei ruoli del proprio personale sono stati considerati dipendenti che svolgevano funzioni delegate dalla Regione e per tale ragione retribuiti con fondi di pertinenza di quest’ultima.

In altri termini, poiché alcune delle funzioni originariamente attribuite alla Provincia di Vercelli erano svolte da personale assegnato e retribuito dalla Regione Piemonte (che aveva decentrato alcune delle proprie attribuzioni), il successivo rientro di tale personale nei ruoli della Regione non avrebbe fatto conseguire alcun risparmio di spesa per la Provincia, incidendo negativamente su uno dei parametri considerati ai fini della redistribuzione delle risorse.

Aggiunge il giudice a quo che i risparmi della Provincia di Vercelli derivanti dal processo di riallocazione del predetto personale (e dei relativi fondi) sarebbero quindi inferiori rispetto a quelli previsti e ciò inciderebbe negativamente su uno dei parametri considerati ai fini della redistribuzione delle risorse. Tale evenienza avrebbe reso irrealistica e non perequata l’assegnazione del contributo a favore della Provincia, inducendo un’erronea rappresentazione del fabbisogno finanziario della stessa.

1.9.– Inoltre, posto che il decreto di ripartizione non avrebbe riconosciuto nulla alla Provincia di Vercelli per gli anni successivi al 2018 e considerato che in generale gli enti locali non potrebbero fondare le spese di loro competenza unicamente su entrate proprie, l’autonomia finanziaria di entrata non potrebbe ritenersi del tutto attuata. D’altra parte, proprio in considerazione del fatto che gli enti locali non riuscirebbero a far fronte alle spese di loro competenza unicamente con entrate proprie, sarebbero appositamente previste risorse di provenienza statale: la compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibili al territorio dell’ente unitamente a un fondo perequativo, la cui ratio sarebbe quella di realizzare una compensazione delle risorse tra territori più ricchi e territori maggiormente bisognosi. La riduzione dei trasferimenti da detto fondo perequativo avrebbe dovuto essere compensata dai trasferimenti derivanti dal sopra citato d.m. 19 febbraio 2018, con conseguente violazione dell’art. 119, terzo comma, Cost.

1.10.– La disposizione censurata violerebbe altresì il principio di uguaglianza stabilito dall’art. 3 Cost. e il principio di ragionevolezza. A sostegno di tale assunto, viene evidenziato che la ripartizione operata sulla base del più volte citato comma 838 sarebbe palesemente e ingiustificatamente differente rispetto a quella che si sarebbe ottenuta se si fosse considerato il parametro dell’estensione chilometrica della rete stradale. Da un confronto tra quanto attribuito alla Provincia di Vercelli per il biennio 2019-2020 (nessuna risorsa) e quanto attribuito alle Province di Monza-Brianza (euro 7.996.089,04) e di Prato (euro 2.868.655,64) per lo stesso periodo risulterebbe evidente la sperequazione ove sia considerato che la prima ha un’estensione della rete stradale pari a 971 chilometri, mentre la Provincia di Prato avrebbe una rete stradale di soli 78 chilometri. Ciò dimostrerebbe che il criterio stabilito dalla norma censurata darebbe luogo a disparità irragionevoli.

Tali anomalie evidenzierebbero il contrasto con il principio di ragionevolezza nell’ambito di situazioni del tutto comparabili e, pertanto, suscettibili di essere disciplinate nello stesso modo dal legislatore nell’esercizio della propria discrezionalità.

1.11.– Ritiene il TAR Lazio che il predetto criterio sarebbe in contrasto anche con l’art. 97 Cost., atteso che l’ampia discrezionalità attribuita all’amministrazione statale non consentirebbe agli enti locali di garantire il loro buon andamento.

1.12.– Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale della disposizione in esame anche in riferimento al principio di leale collaborazione che inerirebbe a quello più generale di buon andamento codificato nell’art. 97 Cost. In proposito il rimettente evidenzia che la disposizione censurata prevede, nell’ipotesi di mancato accordo nell’ambito della Conferenza Stato-città e autonomie locali, che la ripartizione del contributo sia determinata unilateralmente con decreto ministeriale. La mancata previsione, per gli anni di riferimento, di un necessario passaggio per la predetta Conferenza e di un intervento ministeriale unilaterale nel caso di inerzia di tale organo, sarebbe parimenti in conflitto con il principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.

1.13.– Infine, un ulteriore indice sintomatico dell’illogicità, o quanto meno dell’incongruità del criterio delineato dal legislatore, sarebbe ravvisabile nella circostanza che le amministrazioni dello Stato coinvolte – allo scopo di superare le criticità emergenti dal criterio delineato dal legislatore che si erano palesate nel contesto del tentativo di intesa in sede di Conferenza – avevano recepito la proposta di modifica della legge statale avanzata dall’UPI impegnandosi, in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, ad avviare un tavolo di confronto con le province al fine di definire le eventuali proposte normative riguardanti i criteri di riparto dei contributi per gli anni successivi al 2018.

2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sollevata sia dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata.

2.1.– Rappresenta il Presidente del Consiglio dei ministri che in data 7 febbraio 2018 si è tenuta la Conferenza Stato-città e autonomie locali in esito alla quale è stata sancita l’intesa ai sensi dell’art. l, comma 838, della legge n. 205 del 2017, sui criteri di ripartizione tra le province delle regioni a statuto ordinario del contributo per l’esercizio delle funzioni fondamentali di 317 milioni di euro per il solo anno 2018.

Come emergerebbe dal verbale della sopra citata Conferenza, l’intesa è stata limitata al solo anno 2018, con esclusione del 2019 e 2020, per i quali l’UPI ha rappresentato l’esigenza di addivenire ad una proposta di modifica legislativa del comma 838 più volte menzionato affinché i contributi statali potessero essere ripartiti in maniera più razionale, anche tenendo conto che dall’anno 2019 sarebbero venute meno le riduzioni di risorse di cui all’art. 47 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 23 giugno 2014, n. 89.

Le amministrazioni dello Stato coinvolte hanno recepito la proposta di modifica avanzata dall’UPI impegnandosi, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, «ad avviare un tavolo di confronto con le Province al fine di definire le eventuali proposte normative riguardanti i criteri di riparto dei (...) contributi per gli anni successivi al 2018».

Afferma il Presidente del Consiglio dei ministri che, decorso il termine di scadenza del 10 febbraio 2018, fissato dal comma 838 dell’art. 1 della legge n. 205 del 2017, il successivo 19 febbraio il Ministero dell’interno ha emanato il decreto ivi previsto dando atto che, per l’anno 2018, la ripartizione del contributo, pari 317 milioni di euro, sarebbe avvenuta in base alla proposta dell’UPI. Per gli anni 2019 e 2020, riscontrando la mancata presentazione di una proposta di ripartizione da parte dell’UPI, è stata data applicazione al criterio indicato dal predetto comma 838, previsto per il caso in cui «l’intesa non sia stata raggiunta, ovvero non sia stata presentata alcuna proposta».

2.2.– Il ricorso al criterio legislativo residuale viene giustificato con la necessità, da parte delle province, di predisporre il bilancio di previsione triennale per gli anni 2018, 2019 e 2020 per cui «occorre necessariamente definire la ripartizione del contributo in parola anche per gli anni 2019 e 2020 sulla base del criterio previsto in assenza di proposta dell’UPI».

Evidenzia l’Avvocatura generale dello Stato che l’UPI, alla quale è stato assegnato dalla norma il compito di proporre un criterio di riparto, ha presentato una proposta esclusivamente per l’annualità 2018, esplicitando, in sede di riunione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, che per le annualità successive non era in grado di presentare alcuna proposta. Le premesse narrative del d.m. 19 febbraio 2018 recano precisamente la difficoltà di trovare un condiviso criterio di riparto anche per gli anni successivi. In particolare, dalla nota metodologica dell’UPI, costituente l’Allegato l al citato decreto ministeriale, emerge come sia stato necessario adottare diversi correttivi al fine di assicurare a tutti gli enti una soglia minima di contributo.

Per le annualità considerate nel bilancio di previsione (2019 e 2020), per le quali l’UPI non era in grado di formulare alcuna proposta, sarebbe stata quindi applicata la disposizione censurata la quale prevede che, in caso di mancata intesa, il riparto avvenga sulla base dei criteri sussunti dalla medesima per consentire alle parti di superare lo stallo procedimentale che non avrebbe arrecato alcun beneficio agli enti territoriali e non avrebbe consentito a questi ultimi di redigere i propri bilanci.

2.3.– Sottolinea altresì la difesa statale che a partire dall’annualità 2021 è previsto un contributo a regime a favore delle province di 180 milioni di euro; e che con decreto ministeriale 25 gennaio 2021 del Capo dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’interno, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato (Riparto a favore delle province delle regioni a statuto ordinario del contributo di 180 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2021, per l'esercizio delle funzioni fondamentali di cui all'articolo 1) è stato adottato un riparto, con intesa sancita in Conferenza Stato-città e autonomie locali del 17 dicembre 2020, sulla base della proposta dell’UPI – e quindi anche della Provincia di Vercelli che vi partecipa – che prevede l’assegnazione di risorse alla Provincia di Vercelli per un importo tale da garantire una sostanziale stabilità di risorse negli anni. Ciò è stato reso possibile dal fatto che l’ammontare complessivo del contributo di cui al comma 838 dell’art. l della legge n. 205 del 2017 è passato da 110 milioni di euro a 180 milioni di euro per gli anni 2021 e successivi, grazie all’aumento delle risorse, previsto dalla stessa norma impugnata, rispetto allo stanziamento di cui al comma 754 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)».

Ritiene quindi l’Avvocatura generale che la Provincia di Vercelli, in accordo con l’UPI (a conferma di ciò rappresenta che non risulta impugnato il citato d.m. del 25 gennaio 2021), avrebbe ritenuto legittimo e rispondente alle proprie esigenze di finanziamento l’ammontare delle risorse complessivamente assegnatele in attuazione dei due interventi normativi sopra richiamati (commi 754 dell’art. 1 della legge n. 205 del 2017 e 838 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015) per gli anni 2021 e successivi, consistente complessivamente in euro 2.088.675,05 annui.

Osserva inoltre la difesa statale che la Provincia di Vercelli sarebbe stata destinataria, per gli anni relativamente ai quali lamenta l’impossibilità a svolgere le funzioni fondamentali, di diversi trasferimenti statali, incrementati nelle annualità 2019 e 2020 di oltre 4 milioni di euro (al netto delle risorse attribuite nell’anno 2020 a sostegno delle minori entrate da emergenza sanitaria). Inoltre, sarebbe venuto meno, a far data dal 2019, il concorso alla finanza pubblica di cui all’art. 47 del d.l. n. 66 del 2014, come convertito, per un importo di circa 3 milioni di euro annui.

Per effetto di tali maggiori trasferimenti erariali e della minor necessità di un concorso alla finanza pubblica, la Provincia di Vercelli sarebbe stata in grado di assicurare nel biennio 2019-2020 livelli di servizi certamente superiori rispetto a quelli del 2018. Per tale motivo, la tesi secondo cui la mancata assegnazione dei fondi ex art. l, comma 838, della legge n. 205 del 2017 per gli anni 2019 e 2020 le avrebbe impedito di svolgere le proprie funzioni, non sarebbe dimostrata.

Da ciò discenderebbe l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 838, della legge n. 205 del 2017, per difetto di motivazione sulla rilevanza.

2.4.– Sostiene inoltre l’Avvocatura generale che il rimettente, nel denunciare la violazione dell’art. 119, terzo comma, Cost. avrebbe dovuto non solo esaminare la disposizione posta a base della misura finanziaria contestata, ma avrebbe altresì dovuto inquadrarla nel complesso delle norme che regolano la situazione finanziaria dell’ente locale. Il TAR Lazio, invece, non avrebbe preso in considerazione né le somme indicate nelle Tabelle 1 e 3 allegate alla legge n. 205 del 2017 né il contributo annuo di cui all’art. 20 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), convertito nella legge 21 giugno 2017, n. 96, e quindi non avrebbe correttamente valutato le modalità di applicazione del criterio indicato dal censurato comma 838. Se il rimettente avesse compiuto tale valutazione, avrebbe concluso che l’applicazione dell’art. l, comma 838, della legge n. 205 del 2017, collegata all’insieme delle altre norme e misure (tra cui, fondamentali, quelle inerenti alla cessazione del concorso delle province al riequilibrio della finanza pubblica), non precluderebbe né renderebbe oltremodo difficile l’esercizio delle funzioni fondamentali della provincia. Tale analisi sarebbe stata indispensabile anche in considerazione del fatto che le risorse di cui all’art. l, comma 838, della legge n. 205 del 2017 non sarebbero le uniche previste per il funzionamento delle province (che deriverebbero dalle altre fonti a cui la suddetta norma rinvia, oltre che dalle entrate proprie), bensì costituirebbero risorse meramente aggiuntive.

Da ciò deriverebbe la mancata dimostrazione della rilevanza della questione e la sua inammissibilità.

2.5.– Quanto al parametro rappresentato dalla violazione del principio di uguaglianza in relazione alla maggiore lunghezza chilometrica delle strade della Provincia di Vercelli rispetto ad altre province, la norma impugnata non vi fa alcun riferimento né diretto né indiretto, ma si tratterebbe di un parametro elaborato autonomamente dall’UPI per ripartire il trenta per cento della somma totale a disposizione per il 2018, unico anno per il quale l’UPI ha formulato una proposta di ripartizione. Per il restante settanta per cento la stessa UPI, per il 2018, rinviava ai criteri generali stabiliti dal censurato l’art. l, comma 838, e in applicazione di tali criteri, per lo stesso anno, alla Provincia di Vercelli non è stato attribuito alcun contributo.

Per gli anni 2019 e 2020, nei quali mancava la proposta dell’UPI, il Ministero non avrebbe potuto che applicare i criteri di legge al cento per cento della somma disponibile. Anche sotto questo profilo, quindi, la questione di legittimità costituzionale sarebbe inammissibile, in quanto riferita a un dato – l’applicazione come criterio di riparto della lunghezza chilometrica delle strade provinciali – che non deriva dalla norma di legge denunciata, ma da una fonte subordinata (la proposta dell’UPI e il correlato decreto ministeriale) relativa, per di più, a un anno (il 2018) estraneo rispetto a quelli dedotti in causa.

2.6.– Sarebbero inammissibili per irrilevanza anche le censure sollevate con riguardo alla questione del personale provinciale retribuito dalla Regione Piemonte. Osserva il Presidente del Consiglio dei ministri che una norma generale come l’art. l, comma 838, della legge n. 205 del 2017 non potrebbe che dettare criteri di riparto unitari per evitare sperequazioni o discriminazioni tra gli enti locali interessati: non potrebbe, al contrario, prendere in considerazione singole libere scelte organizzative degli enti locali, come quella di accettare deleghe di funzioni dalla regione e l’assegnazione ai propri ruoli di personale regionale. Una siffatta ipotesi costituirebbe una evenienza meramente fattuale e del tutto dipendente dalla volontà dell’ente stesso. Il presunto pregiudizio finanziario lamentato deriverebbe, quindi, da tale evenienza di fatto e dalla relativa scelta, non dal dettato della norma generale di finanza pubblica, e sarebbe, conseguentemente, del tutto irrilevante ai fini della conformità a Costituzione della disposizione censurata.

2.7.– Inoltre, sempre in punto di ammissibilità, l’Avvocatura generale eccepisce che la connessione tra la riduzione della spesa per il personale e la riduzione degli organici sarebbe prevista non dalla disposizione censurata, bensì dall’art. l, comma 421, della legge n. 190 del 2014, il quale si basa sulla drastica riduzione delle funzioni delle province operata dalla legge n. 56 del 2014. Il censurato art. l, comma 838 non avrebbe fatto altro che richiamare questo criterio, la cui norma fondante non sarebbe stata, peraltro, censurata.

Il criterio elaborato dalla disposizione in esame, secondo l’Avvocatura generale, sarebbe ragionevole perché terrebbe conto, da un lato, del livello effettivo delle entrate derivate dell’ente e, dall’altro, dell’efficienza di spesa dell’ente medesimo nel gestire quelle stesse entrate. Secondo tale meccanismo, l’erogazione a carico del bilancio statale (cioè della finanza pubblica allargata) sarebbe giustificata come incentivo all’incremento dell’efficienza di spesa, conformemente alla lettera e allo spirito dell’art. 81 Cost. Verrebbe in tal modo esclusa qualsiasi discriminazione arbitraria tra enti, poiché la quota di contributo riconosciuta a ciascuno sarebbe l’esatto riflesso della sua gestione di entrata e di spesa e le differenze di contributo corrisponderebbero a diversità obiettive di condizioni gestionali. Ne deriverebbe, conseguentemente, l’inammissibilità della questione anche sotto questo specifico profilo.

2.8.– Manifestamente infondata sarebbe, infine, la censura inerente alla mancata previsione dell’intervento della Conferenza unificata Stato-città e autonomie locali. La disposizione censurata, difatti, prevederebbe un meccanismo volto a integrare proprio il mancato funzionamento del sistema autogestito di riparto del fondo, cioè del sistema incentrato sulla proposta formulata dall’UPI su accordo di tutte le province interessate. Il “passaggio” in Conferenza unificata dopo tale mancato funzionamento costituirebbe, ad avviso della difesa statale, un evidente appesantimento della procedura e comprometterebbe la certezza delle risorse, che sarebbe invece necessaria all’inizio dell’esercizio affinché l’ente possa adottare le proprie decisioni previsionali di bilancio.

Considerato in diritto

1.– Con ordinanza iscritta al registro ordinanze n. 160 del 2021, il TAR Lazio, sezione prima-ter, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e 119, commi primo, terzo e quarto, Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 838, della legge n. 205 del 2017.

1.1.– Afferma il giudice a quo che la Provincia di Vercelli aveva proposto ricorso contro il Ministero dell’interno e il Ministero dell’economia e delle finanze, costituitisi in giudizio a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, nonché nei confronti della Provincia di Prato, non costituitasi in giudizio, per l’annullamento del d.m. 19 febbraio 2018, adottato ai sensi della norma censurata, recante il riparto a favore delle province e delle regioni a statuto ordinario dei contributi di 317 milioni di euro per l’anno 2018 e di 110 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, per l’esercizio delle funzioni fondamentali di cui all’art. 1 della legge n. 56 del 2014.

1.2.– Riferisce il TAR Lazio che in data 7 febbraio 2018, secondo quanto previsto dal citato comma 838, si è tenuta la Conferenza Stato-città e autonomie locali in esito alla quale, per il 2018, è stato riconosciuto alla Provincia di Vercelli un contributo statale di euro 1.200.000, ma in quella stessa sede non è stata raggiunta l’intesa per gli anni 2019 e 2020, cosicché il Ministero dell’interno, con il d.m. 19 febbraio 2018 sopra ricordato, ha applicato, per il riparto del contributo di euro 110 milioni relativo sia al 2019 che al 2020, il criterio indicato dalla disposizione censurata.

1.3.– La Provincia di Vercelli, non avendo ricevuto contributi per gli anni 2019 e 2020 e ritenendo che fosse stato adottato, per detti anni, un criterio di ripartizione delle risorse destinate a finanziare l’esercizio delle funzioni fondamentali lesivo della propria autonomia finanziaria e organizzativa, ha impugnato davanti al TAR Lazio il d.m. 19 febbraio 2018.

1.4.– Quanto alla rilevanza della questione, afferma il giudice a quo che la lesione, determinata in capo alla Provincia di Vercelli dal criterio di riparto, sarebbe riferibile unicamente al predetto comma 838, di cui il decreto ministeriale costituirebbe automatica applicazione; ciò posto, in caso di declaratoria dell’illegittimità costituzionale della medesima disposizione, il decreto ministeriale ne sarebbe travolto facendo venire meno la lesione stessa.

1.5.– Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, evidenzia il TAR rimettente che l’art. 119 Cost. riconosce, in capo alle province, autonomia finanziaria di entrata e di spesa cosicché la mancata attribuzione di fondi per gli anni 2019 e 2020 avrebbe compromesso la capacità della Provincia di Vercelli di svolgere le funzioni fondamentali ad essa attribuite dalla legge n. 56 del 2014, ledendo la sua sfera di autonomia in ragione della scelta – operata dalla disposizione censurata – di assumere a parametro, per la ripartizione dei trasferimenti statali, un algoritmo matematico il quale attribuisce rilevanza al fattore della spesa del personale che, di per sé, non si presterebbe a un utilizzo comune su scala nazionale, atteso che ogni Regione, nell’attuare il decentramento amministrativo, avrebbe adottato determinazioni diverse, con conseguente disomogeneità nelle scelte riallocative del proprio personale.

La ripartizione dei contributi statali, basandosi sul predetto fattore, avrebbe pregiudicato la Provincia di Vercelli, posto che nei ruoli del proprio personale erano inclusi dipendenti che svolgevano funzioni delegate dalla Regione e perciò retribuiti con fondi da questa trasferiti alla Provincia; il successivo rientro di tale personale nei ruoli della Regione non avrebbe, pertanto, fatto conseguire alcun risparmio di spesa per la Provincia.

1.6.– La disposizione censurata violerebbe altresì il principio di uguaglianza stabilito dall’art. 3 Cost. e il principio di ragionevolezza perché, se si fosse considerato il parametro dell’estensione chilometrica della rete stradale, da un confronto tra il mancato riconoscimento di risorse alla Provincia di Vercelli e quanto invece attribuito alla Provincia di Prato per lo stesso periodo, risulterebbe evidente la sperequazione posto che la prima ha un’estensione della rete stradale ben maggiore della seconda.

1.7.– Ritiene ancora il TAR Lazio che il predetto criterio sarebbe in contrasto anche con il principio di leale collaborazione, che sarebbe riconducibile a quello più generale di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., in quanto, nell’ipotesi di mancato accordo nell’ambito della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, la ripartizione del contributo è determinata unilateralmente con decreto ministeriale.

2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sollevata sia dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata.

2.1.– Rappresenta il Presidente del Consiglio dei ministri che il ricorso al criterio legislativo residuale previsto dalla norma impugnata viene giustificato con la necessità, da parte delle province, di predisporre il bilancio di previsione triennale per gli anni 2018, 2019 e 2020.

2.2.– Sottolinea altresì l’Avvocatura generale che altre norme, non prese in considerazione dal giudice rimettente, avrebbero previsto diversi trasferimenti statali per effetto dei quali la Provincia di Vercelli sarebbe stata in grado di assicurare nel biennio 2019-2020 livelli di servizi certamente superiori rispetto a quelli del 2018. Da ciò discenderebbe l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale per difetto di motivazione sulla rilevanza.

2.3.– Quanto al parametro rappresentato dall’asserita violazione del principio di uguaglianza in relazione alla maggiore lunghezza chilometrica delle strade della Provincia di Vercelli rispetto ad altre province, la difesa statale osserva che detto parametro non sarebbe previsto dalla norma censurata, la quale non vi fa alcun riferimento.

2.4.– Sarebbero inammissibili per irrilevanza anche le censure sollevate con riguardo alla questione del personale provinciale retribuito dalla Regione Piemonte, in quanto una norma generale come quella censurata non potrebbe che dettare criteri di riparto unitari non potendo quindi considerare scelte organizzative dei singoli enti territoriali.

2.5.– Manifestamente infondata sarebbe, infine, la censura inerente alla mancata previsione dell’intervento della Conferenza Stato-città e autonomie locali, in quanto la disposizione oggetto della questione di legittimità costituzionale prevederebbe un necessario meccanismo di supplenza previsto solo per l’ipotesi di mancato funzionamento del sistema autogestito di riparto del fondo.

3.– L’odierna questione di legittimità costituzionale concerne il rapporto tra funzioni attribuite alle province e risorse assegnate. In proposito questa Corte ha già avuto modo di affermare che le province sono chiamate a «rispondere alla primaria e fondamentale esigenza di preordinare, organizzare e qualificare la gestione dei servizi a rilevanza sociale da rendere alle popolazioni interessate. [Pertanto,] la quantificazione delle risorse in modo funzionale e proporzionato alla realizzazione degli obiettivi previsti dalla legislazione vigente diventa fondamentale canone e presupposto del buon andamento dell’amministrazione, cui lo stesso legislatore si deve attenere puntualmente» (sentenza n. 10 del 2016).

Questa Corte ha altresì affermato che una dotazione finanziaria estremamente ridotta e l’incertezza sulla definitiva entità delle risorse disponibili non consentono una proficua utilizzazione delle stesse in quanto «[s]olo in presenza di un ragionevole progetto di impiego è possibile realizzare una corretta ripartizione delle risorse […] e garantire il buon andamento dei servizi con esse finanziati» (sentenza n. 188 del 2015).

4.– Ciò posto, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 838, della legge n. 207 del 2005, sollevata dal TAR Lazio in riferimento agli artt. 3, 97 e 119 commi primo, terzo e quarto Cost. è inammissibile per plurime ragioni, in disparte la considerazione che il rimettente non valuta se per «riduzione della spesa di personale» possa intendersi quella effettiva, ossia quella riferita al personale retribuito dalla Provincia.

5.– È, innanzitutto, fondata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa statale circa l’insufficiente ricostruzione del quadro normativo da parte del giudice rimettente, il quale ha omesso una completa e adeguata ricostruzione della disciplina legislativa in tema di finanziamenti alle province, con relativi riflessi sulla specifica situazione finanziaria della Provincia di Vercelli.

Il giudice rimettente si limita, infatti, a richiamare l’art. 119 Cost., omettendo tuttavia di specificare l’entità dell’asserita compressione dell’autonomia finanziaria (ex plurimis, sentenze n. 168 del 2021 e n. 83 del 2019), senza puntuali riferimenti a dati più analitici relativi alle entrate e alle uscite dell’ente territoriale (sentenze n. 83 del 2019, n. 5 del 2018 e n. 192 del 2017).

In effetti, l’ordinanza di rimessione appare generica, in quanto non enuncia le ragioni per cui i mezzi finanziari effettivamente a disposizione di alcune province, come quella di Vercelli, sarebbero insufficienti ad assicurare loro la possibilità di un adeguato svolgimento delle funzioni fondamentali. Peraltro, l’ordinanza risulta carente anche perché le lamentate violazioni dell’autonomia finanziaria provinciale non sono comprovate da un’adeguata analisi complessiva delle risorse disponibili, posto che «le norme incidenti sull’assetto finanziario degli enti territoriali “non possono essere valutate in modo ‘atomistico’”» (ex multis, sentenza n. 220 del 2021; nello stesso senso, sentenza n. 83 del 2019).

6.– Inoltre, non può non rilevarsi che la questione di legittimità costituzionale è formulata in modo poco chiaro e contraddittorio, con conseguenti ripercussioni in termini di ambiguità e genericità del petitum (ex multis, sentenza n. 177 e ordinanza n. 107 del 2022).

In effetti, dalla lettura dell’ordinanza di rimessione nel suo complesso non è chiaro se il rimettente voglia impugnare il citato comma 838 nella sua interezza (come emergerebbe dalla lettura del dispositivo) o voglia invece limitarsi ad impugnare solo il meccanismo suppletivo previsto in caso di mancato raggiungimento dell’intesa tra le province, in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali (come emergerebbe dalle motivazioni dell’ordinanza).

7.– Pur dovendosi, dunque, per tutte le suddette ragioni, dichiarare l’inammissibilità della predetta questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR Lazio, non può tuttavia non rilevarsi che la fattispecie in esame pone in evidenza l’intricata e farraginosa situazione legislativa da cui dipendono le risorse statali destinate alle province, che, si ricorda, sono indicate nella Costituzione come enti costituenti la Repubblica dotati di autonomia, anche finanziaria (artt. 114 e 119 Cost.), con conseguente necessità che esse siano dotate di risorse finanziarie idonee a garantire, anche nell’ottica della corretta programmazione su un adeguato arco temporale, l’esercizio delle funzioni fondamentali che sono chiamate a svolgere (ex multis, sentenze n. 10 del 2016 e n. 188 del 2015).

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 838, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97 e 119, commi primo, terzo e quarto, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima-ter, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Angelo BUSCEMA, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2023.