Sentenza n. 245 del 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2011, n. 10, nella parte in cui introduce, in particolare, i periodi secondo e terzo del comma 5-quinquies dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), promosso dalla Corte di cassazione, sezione quinta civile, nel procedimento vertente tra l’Agenzia delle dogane e Kuwait Petroleum Italia spa, con ordinanza del 4 febbraio 2021, iscritta al n. 60 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visti l’atto di costituzione di Kuwait Petroleum Italia spa, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 18 ottobre 2022 il Giudice relatore Luca Antonini;

uditi l’avvocato Livia Salvini per Kuwait Petroleum Italia spa e l’avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 18 ottobre 2022.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 4 febbraio 2021, iscritta al n. 60 del registro ordinanze 2021, la Corte di cassazione, sezione quinta civile, ha sollevato, in riferimento all’art. 77, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2011, n. 10, nella parte in cui introduce, in particolare, i periodi secondo e terzo del comma 5-quinquies dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile).

Tali periodi prevedono che «[q]ualora sia utilizzato il fondo [di riserva per le spese impreviste del bilancio dello Stato] di cui all’articolo 28 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il fondo è corrispondentemente e obbligatoriamente reintegrato in pari misura con le maggiori entrate derivanti dall’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo, nonché dell’aliquota dell’accisa sul gasolio usato come carburante di cui all’allegato I del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni. La misura dell’aumento, comunque non superiore a cinque centesimi al litro, è stabilita con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane in misura tale da determinare maggiori entrate corrispondenti all’importo prelevato dal fondo di riserva».

1.1.– La Corte di cassazione rimettente riferisce che la questione trae origine dalla presentazione da parte della Kuwait Petroleum Italia spa (in seguito: Kuwait spa) di un’istanza di rimborso avente ad oggetto il «differenziale di aliquota» dell’accisa sui carburanti per autotrazione versato per il 28 giugno 2011, giorno di entrata in vigore della determinazione direttoriale dell’Agenzia delle dogane prot. 77579, adottata in pari data, che, in applicazione dei censurati periodi secondo e terzo del comma 5-quinquies dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992, ne aveva appunto disposto l’aumento per il periodo dal 28 al 30 giugno 2011.

Precisa il giudice a quo che la società si doleva di non aver potuto esercitare il proprio diritto di rivalsa sui soggetti cessionari poiché la pubblicazione del provvedimento direttoriale sul sito dell’agenzia fiscale sarebbe avvenuta solo nel pomeriggio del giorno di entrata in vigore, ancorché con decorrenza fin dalle ore 00.00 del giorno medesimo, e «il prezzo di cessione dei prodotti secondo gli accordi contrattuali, appunto al netto dell’aumento temporaneo dell’aliquota dell’accisa», sarebbe stato già stabilito il giorno precedente.

1.2.– Riferisce altresì il rimettente che: a) la Kuwait spa aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli avverso il diniego espresso di rimborso eccependo, in via preliminare, l’illegittimità costituzionale del secondo e terzo periodo dell’art. 5, comma 5-quinquies, della legge n. 225 del 1992, come introdotti in sede di conversione del d.l. n. 225 del 2010, unitamente alla deduzione di altri vizi; b) l’adita CTP, ritenuta manifestamente infondata la prospettata questione di legittimità costituzionale, aveva rigettato il ricorso; c) la Commissione tributaria regionale della Campania, investita dell’appello, aveva accolto le richieste della Kuwait spa, ritenendo illegittimo il diniego di rimborso per contrasto sia con il principio di irretroattività di cui all’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), sia con il principio dell’affidamento e di buona fede di cui all’art. 10 della medesima legge; d) l’Agenzia delle dogane aveva impugnato la decisione con ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi.

1.2.1.– Ciò esposto, la Corte rimettente precisa che all’esame di questi ultimi deve, d’ufficio, premettere il vaglio della questione di legittimità costituzionale «proposta dalla società contribuente fin dal ricorso introduttivo della presente lite».

1.3.– Quanto alla rilevanza, il giudice a quo ritiene sufficiente constatare che l’istanza di rimborso oggetto della controversia riguarda l’aumento temporaneo dell’aliquota dell’accisa sui carburanti per autotrazione disposto dal direttore dell’Agenzia delle dogane «proprio ed esclusivamente» sulla base delle norme censurate, essendo peraltro «incontestato in fatto» che la società contribuente non ha esercitato la rivalsa (facoltativa) nei confronti dei propri clienti cessionari ed essendo «irrilevante in diritto» che ciò fosse o meno avvenuto, «trattandosi di un rapporto meramente privatistico», quindi «non incidente su quello fiscale esclusivamente intercorrente tra l’Ente impositore e la Kuwait stessa» (è citata la sentenza della Corte di cassazione, sezione quinta civile, 7 novembre 2019, n. 28675).

E infatti, a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale della disciplina censurata, il provvedimento direttoriale, che nella stessa affonda le proprie radici, smarrirebbe la propria «base normativa», dando così «sicuro fondamento alla pretesa creditoria restitutoria azionata dalla società contribuente, sicché non è dubbia la rilevanza della questione».

1.4.– Quanto alla non manifesta infondatezza, ad avviso del rimettente non si potrebbe prescindere dalla già intervenuta dichiarazione d’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-quater, del d.l. n. 225 del 2010, come convertito, nella parte in cui ha aggiunto i commi 5-quater e 5-quinquies, primo periodo, nell’art. 5 della legge n. 225 del 1992, pronunciata da questa Corte con sentenza n. 22 del 2012, in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., essendo «palese l’estraneità delle norme impugnate rispetto all’oggetto e alle finalità del decreto-legge cosiddetto “milleproroghe” […]».

Si sarebbe, infatti, in presenza della stessa tecnica normativa, costituita dall’introduzione nel decreto-legge (caratterizzato da un contenuto omogeneo), ad opera della legge di conversione, di nuove disposizioni – secondo il rimettente – del tutto «spurie».

Dunque, le motivazioni del richiamato precedente di questa Corte avrebbero un’evidente «portata generale» nella configurazione dei limiti di legittimità costituzionale dell’ampliamento dell’oggetto normativo di un decreto-legge da parte della legge di conversione.

Da qui, il giudice a quo conclude che, anche con riferimento ai periodi secondo e terzo del comma 5-quinquies dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992, si rinverrebbero le stesse caratteristiche «genetiche» e quindi «ontologiche» delle disposizioni già dichiarate costituzionalmente illegittime. Le norme censurate, infatti, ne condividerebbero la «genesi» e la «ratio», ponendo gli stessi dubbi di costituzionalità.

Anzi, proprio la natura «complementare» del potere affidato al direttore dell’Agenzia delle dogane, di aumento dell’aliquota dell’accisa, rispetto all’analogo potere conferito al Presidente della regione dal precedente comma 5-quater renderebbe evidente la «“comunanza” a dette disposizioni del “vizio procedimentale” in violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., quale realizzato con la loro introduzione nella legge di conversione in aggiunta, innovativa ed eterogenea, del testo originario del d.l. 225/2010».

Ciò confermerebbe che, come rilevato dalla sentenza n. 22 del 2012, tali disposizioni nulla avevano a che fare con lo scopo del decreto-legge ovverosia con la proroga dei termini legali in scadenza di tipo tributario e per il sostegno delle imprese e delle famiglie.

2.– La Kuwait spa ha depositato atto di costituzione in giudizio, chiedendo l’accoglimento della questione.

A sostegno della non manifesta infondatezza, dopo aver ripercorso i passaggi fondamentali della citata sentenza n. 22 del 2012, la parte richiama le numerose pronunce di questa Corte che hanno confermato il medesimo indirizzo interpretativo.

La Kuwait spa precisa poi che la natura «latamente “tributaria”» della disciplina censurata non potrebbe consentire di ravvisare una omogeneità di fondo con il contenuto del decreto-legge. Ciò sia perché l’aumento temporaneo delle accise sarebbe «funzionale al finanziamento degli interventi di Protezione civile nelle situazioni di dichiarata emergenza nazionale», sia perché il potere affidato al direttore dell’Agenzia delle dogane non sarebbe riferibile «ex ante a situazioni particolari e contingenti (per le quali sono state pensate le disposizioni del decreto mille-proroghe)», ma deve essere esercitato «pro-futuro e in via permanente per una serie indefinita di situazioni di emergenza nazionale».

3.– Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

La difesa statale premette che l’eventuale accoglimento resterebbe circoscritto al periodo di vigenza della disciplina censurata. Ciò in quanto il giudizio verte sull’art. 2, comma 2-quater, del d.l. n. 225 del 2010, come convertito, nella parte in cui ha introdotto i periodi secondo e terzo del comma 5-quinquies dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992, e quest’ultima disposizione, all’esito della citata sentenza n. 22 del 2012, è stata dapprima interamente sostituita dall’art. 1, comma 1, lettera c), numero 10), del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59 (Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2012, n. 100, e successivamente nuovamente modificata fino alla definitiva abrogazione disposta con l’art. 48, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della protezione civile).

Nel merito, l’Avvocatura generale rileva che le motivazioni della citata pronuncia d’illegittimità costituzionale non sarebbero «meccanicamente» applicabili al secondo e al terzo periodo dell’art. 5, comma 5-quinquies, della legge n. 225 del 1992.

In particolare, le disposizioni oggetto di scrutinio avrebbero «chiaramente natura tributaria, poiché regol[erebbero] l’aumento temporaneo dell’accisa sul gasolio, in funzione dell’integrazione del fondo di riserva di cui all’art. 28 l. 196/2009» e proprio la natura tributaria di tali disposizioni le renderebbe pienamente omogenee «sia all’oggetto del D.L. 225/2010, (recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria …”), sia alle sue finalità e alla sua ratio complessiva, risultanti dalla motivazione contenuta nell’epigrafe», secondo quanto emergerebbe anche dal preambolo del provvedimento legislativo.

A ciò l’interveniente aggiunge che le norme censurate, proprio in forza del loro carattere tributario, risulterebbero coerenti con la finalità e con la ratio complessiva del decreto-legge in quanto, in sede di conversione, sarebbero state inserite al fine di provvedere, «anche in via integrativa, alla immediata copertura di oneri conseguenti all’applicazione delle misure urgenti varate».

4.– In data 26 settembre 2022 la Kuwait spa ha depositato memoria, con cui replica alle deduzioni dell’Avvocatura generale, insistendo per l’accoglimento della questione.

La parte contesta che «la natura latamente “tributaria”» della normativa censurata consenta di affermarne l’omogeneità al decreto-legge.

Infatti l’aumento delle accise sarebbe stato previsto a regime come metodo di finanziamento degli interventi di protezione civile nelle situazioni di dichiarata emergenza nazionale e solo entro questo ambito, a differenza di quelli considerati nel testo originario del decreto-legge, il direttore dell’Agenzia delle dogane avrebbe esercitato il potere di incrementare l’aliquota dell’accisa sui carburanti per autotrazione.

5.– All’udienza le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate nei rispettivi atti.

Considerato in diritto

1.– Con ordinanza del 4 febbraio 2021, iscritta al n. 60 del registro ordinanze 2021, la Corte di cassazione, sezione quinta civile, ha sollevato, in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-quater, del d.l. n. 225 del 2010, inserito in sede di conversione, nella parte in cui introduce, in particolare, i periodi secondo e terzo del comma 5-quinquies dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992.

Tali periodi prevedono che «[q]ualora sia utilizzato il fondo [di riserva per le spese impreviste del bilancio dello Stato] di cui all’articolo 28 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il fondo è corrispondentemente e obbligatoriamente reintegrato in pari misura con le maggiori entrate derivanti dall’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo, nonché dell’aliquota dell’accisa sul gasolio usato come carburante di cui all’allegato I del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni. La misura dell’aumento, comunque non superiore a cinque centesimi al litro, è stabilita con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane in misura tale da determinare maggiori entrate corrispondenti all’importo prelevato dal fondo di riserva».

1.2.– La Corte di cassazione rimettente precisa che all’esame dei motivi del ricorso deve premettere il vaglio della questione di legittimità costituzionale della disciplina censurata, posto che, in caso di accoglimento, il provvedimento direttoriale, presupposto di quello inizialmente impugnato e che nella predetta disciplina affonda le proprie radici, smarrirebbe la propria «base normativa», dando così «sicuro fondamento alla pretesa creditoria restitutoria azionata dalla società contribuente, sicché non è dubbia la rilevanza della questione».

1.3.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente ritiene che non si possa prescindere dalla già intervenuta dichiarazione d’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-quater, del d.l. n. 225 del 2010, nella parte in cui ha aggiunto i commi 5-quater e 5-quinquies, primo periodo, nell’art. 5 della legge n. 225 del 1992, pronunciata da questa Corte con sentenza n. 22 del 2012, in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., essendo «palese l’estraneità delle norme impugnate rispetto all’oggetto e alle finalità del decreto-legge cosiddetto “milleproroghe” […]».

Secondo il rimettente, le motivazioni di tale precedente avrebbero una evidente «portata generale» nella configurazione dei limiti di legittimità costituzionale dell’ampliamento dell’oggetto normativo di un decreto-legge da parte della legge di conversione.

Pertanto, esse sarebbero «un riferimento univoco ed ineludibile» anche nel caso in esame, rispetto al quale, peraltro, si rinverrebbero le stesse caratteristiche «genetiche» e quindi «ontologiche» delle disposizioni già dichiarate costituzionalmente illegittime.

In altri termini, la disciplina censurata, inserita in sede di conversione in legge, violerebbe l’art. 77, secondo comma, Cost., in quanto del tutto estranea «rispetto all’oggetto e alle finalità del decreto-legge cosiddetto “milleproroghe” […]», che riguardava la «proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese o alle famiglie». E infatti, la legge di conversione, intervenendo sull’art. 5 della legge n. 225 del 1992, relativo a «stato di emergenza e potere di ordinanza» nell’ambito della regolamentazione a regime del servizio della protezione civile, avrebbe «spezza[to] il legame essenziale tra decretazione di urgenza e potere di conversione».

In particolare, proprio la natura «complementare» del potere affidato al Direttore dell’Agenzia delle dogane, di aumento dell’aliquota dell’accisa, rispetto all’analogo potere conferito al Presidente della regione dal comma 5-quater del richiamato art. 5, renderebbe evidente la «“comunanza” a dette disposizioni del “vizio procedimentale” in violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., quale realizzato con la loro introduzione nella legge di conversione in aggiunta, innovativa ed eterogenea, del testo originario del d.l. 225/2010».

2.– La questione è fondata.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, la legge di conversione deve avere un contenuto omogeneo a quello del decreto-legge, poiché l’art. 77, secondo comma, Cost. stabilisce un nesso di interrelazione funzionale tra il decreto-legge, che è adottato dal Governo in casi straordinari di necessità e urgenza, e la legge di conversione, che è caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario (sentenza n. 22 del 2012).

Poiché la legge di conversione riveste i caratteri di una fonte «funzionalizzata e specializzata» o «a competenza tipica» (ex plurimis, sentenza n. 32 del 2014), il decreto-legge è quindi a emendabilità limitata, essendone consentita la modifica, in sede di conversione, soltanto attraverso disposizioni che siano ricollegabili, dal punto di vista materiale o da quello finalistico (ex plurimis, sentenza n. 8 del 2022), a quelle in esso originariamente contemplate.

La legge di conversione, in altre parole, non può aprirsi a qualsiasi contenuto ulteriore, «essenzialmente per evitare che il relativo iter procedimentale semplificato, previsto dai regolamenti parlamentari, possa essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano il decreto-legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto parlamentare» (sentenza n. 226 del 2019).

2.1.– Tale conclusione è stata confermata anche in riferimento a provvedimenti governativi ab origine a contenuto plurimo, precisandosi che ogni ulteriore disposizione introdotta in sede di conversione deve essere collegata a uno dei contenuti già disciplinati dal decreto-legge, ovvero alla sua ratio dominante (ex plurimis, sentenza n. 32 del 2014).

2.2.– La giurisprudenza di questa Corte ha altresì precisato che la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. si verifica solo quando le disposizioni aggiunte in sede di conversione siano totalmente «estranee» o addirittura «intruse», cioè tali da interrompere ogni correlazione tra il decreto-legge e la legge di conversione (sentenza n. 251 del 2014), rimarcando che solo la palese estraneità delle norme impugnate rispetto all’oggetto e alle finalità del decreto-legge (sentenza n. 22 del 2012), oppure la «evidente o manifesta mancanza di ogni nesso di interrelazione tra le disposizioni incorporate nella legge di conversione e quelle dell’originario decreto-legge» (sentenza n. 154 del 2015), possono inficiare di per sé la legittimità costituzionale della norma introdotta con la legge di conversione (sentenze n. 247 e n. 226 del 2019).

2.3.– Nei termini appena ricordati questa Corte, a partire dalla sentenza n. 22 del 2012 – che ha riguardato norme contigue a quelle qui censurate –, ha quindi affermato il divieto, in sede di conversione, di alterare «l’omogeneità di fondo della normativa urgente, quale risulta dal testo originario» e ha precisato che «resta ovviamente salva la possibilità che la materia regolata dagli emendamenti estranei al decreto-legge formi oggetto di un separato disegno di legge, da discutersi secondo le ordinarie modalità previste dall’art. 72 Cost.» (sentenza n. 32 del 2014).

L’esigenza di preservare l’ordinaria funzionalità del procedimento legislativo di cui all’art. 72, primo comma, Cost. – che permette una partecipazione parlamentare ben più efficace di quella consentita dall’iter, peculiare e contratto, della legge di conversione – si pone, del resto, in tendenziale coerenza, ma per diversi profili, con la giurisprudenza di questa Corte sull’uso improprio e strumentale del decreto-legge, già indirizzata a evitare deviazioni dal sistema costituzionale delle fonti normative e in fondo dalla stessa centralità, in questo riconosciuta, alla legge ordinaria (ex plurimis, sentenze n. 171 del 2007 e n. 29 del 1995, nonché sentenze n. 8 del 2022 e n. 128 del 2008).

3.– Da quanto detto deriva che questa Corte è chiamata a verificare se il contenuto delle disposizioni censurate, introdotte in fase di conversione, sia o meno funzionalmente correlato al d.l. n. 225 del 2010.

3.1.– A tal fine va osservato che quest’ultimo, nel suo testo originario, si componeva di quattro articoli: l’art. 1, relativo alle «Proroghe non onerose di termini in scadenza», l’art. 2, relativo alle «Proroghe onerose di termini», l’art. 3, relativo alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal predetto art. 2, e l’art. 4, relativo all’entrata in vigore.

Si trattava, in sostanza, di un cosiddetto “decreto-milleproroghe”, ovvero di una tipologia di decreto-legge connotato dalla «ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o di incidere su situazioni esistenti – pur attinenti ad oggetti e materie diversi – che richiedono interventi regolatori di natura temporale» (sentenza n. 22 del 2012).

In tale provvedimento le norme censurate sono state inserite per il tramite del comma 2-quater, aggiunto, in sede di conversione, all’art. 2 del d.l. n. 225 del 2010. Si è così introdotto il comma 5-quinquies, che include i periodi secondo e terzo oggetto delle odierne censure e si colloca a monte di altre disposizioni inserite anch’esse per regolamentare “a regime” diversi aspetti della disciplina relativa al servizio della protezione civile.

Tale comma 2-quater è stato inizialmente previsto nell’emendamento, presentato nella seduta di giovedì 27 gennaio 2011 delle Commissioni 1ª e 5ª riunite del Senato della Repubblica (A.S. n. 2518 – XVI Legislatura), ed è poi confluito, nella versione definitiva, nel maxiemendamento 1.900 presentato dal Governo il giorno seguente, sul quale lo stesso Governo ha posto la questione di fiducia nella seduta del Senato di martedì 15 febbraio 2011.

3.2.– Da questo punto di vista, la genesi delle norme censurate si presenta del tutto analoga a quella delle disposizioni già dichiarate costituzionalmente illegittime, per violazione degli artt. 23, 77, secondo comma, 119, primo, quarto e quinto comma, e 123 Cost., con la sentenza n. 22 del 2012.

La comunanza attiene anche ai contenuti, dal momento che le norme oggetto dell’odierna censura sono andate a modificare, come quelle considerate nella sentenza n. 22 del 2012, l’art. 5 della legge n. 225 del 1992 con riferimento ai meccanismi ordinari di finanziamento del Servizio nazionale della protezione civile.

3.3.– Tali elementi di comunanza, invero, non varrebbero a far ritenere, di per sé, che le conclusioni allora raggiunte nel citato precedente possano «meccanicamente» – come osserva l’Avvocatura generale dello Stato – essere trasposte alle norme ora censurate.

Secondo la difesa statale queste, avendo «chiaramente natura tributaria», potrebbero trovare un punto di correlazione con l’originario contenuto del decreto a motivo del riferimento alla materia tributaria enunciato, in aggiunta al riferimento alla proroga dei termini, nell’epigrafe e nel preambolo del d.l. n. 225 del 2010.

L’epigrafe, infatti, reca «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie» e il preambolo fa riferimento alla «straordinaria necessità ed urgenza di provvedere alla proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di adottare misure in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie».

Le norme censurate, quindi, proprio in forza del loro carattere tributario – ad avviso dell’interveniente – risulterebbero coerenti con la finalità e con la ratio complessiva del decreto-legge in quanto, in sede di conversione, sarebbero state inserite al fine di provvedere, «anche in via integrativa, alla immediata copertura di oneri conseguenti all’applicazione delle misure urgenti varate».

3.4.– Tuttavia, l’assunto dell’Avvocatura generale dello Stato non può essere condiviso.

In realtà, le norme censurate, nel più ampio contesto in cui sono inserite, stabiliscono che, qualora per il finanziamento delle spese conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza per eventi calamitosi non sia sufficiente il ricorso al fondo nazionale della protezione civile e si renda necessario l’utilizzo del fondo di riserva per spese impreviste, quest’ultimo deve essere immediatamente reintegrato per la parte corrispondente all’utilizzo mediante l’incremento dell’accisa sui carburanti deliberato dall’Agenzia delle dogane.

Si tratta, nell’insieme, di un meccanismo di carattere ordinamentale che attiene all’operatività, a regime, del servizio della protezione civile, cioè a un oggetto nemmeno latamente considerato, ab origine, dal decreto-legge essenzialmente relativo alla proroga di termini, come dimostrato dalle rubriche dei singoli articoli che lo componevano. Le coperture necessarie per gli oneri derivanti dagli interventi in essi originariamente contemplati erano, inoltre, già tutte specificamente previste nell’art. 3 del decreto-legge (senza quindi necessità delle coperture «anche in via integrativa» sostenute dalla difesa erariale).

Né il punto di correlazione può essere ricavato agganciando il generico riferimento alla «materia tributaria» contenuto nell’epigrafe e nel preambolo del decreto-legge al profilo fiscale della disciplina introdotta, in quanto questo è meramente e strettamente ancillare alla disciplina sostanziale cui si riferisce, del tutto estranea, come si è detto, al contenuto e alle finalità del decreto-legge originario.

A ragionare altrimenti, si giungerebbe, infatti, al paradosso che la semplice evocazione della materia tributaria nell’epigrafe e/o nel preambolo potrebbe, proprio in un ambito anche storicamente caratterizzato dal rilievo dei parlamenti (evocato dal principio “no taxation without representation”), diventare lo strumento per vanificare i limiti costituzionali all’emendabilità del decreto-legge in sede di conversione; ciò a detrimento delle ordinarie dinamiche del confronto parlamentare, così prefigurando un procedimento legislativo alternativo a quello ordinario, anche mediante il ricorso al maxiemendamento e alla questione di fiducia.

3.5.– Del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha già precisato, più in generale, che la “materia finanziaria” risulta concettualmente “anodina” «– dal momento che ogni intervento normativo può, in sé, generare profili che interagiscono anche con aspetti di natura “finanziaria” –», per cui «il riferimento ad essa, come identità di ratio, risulta in concreto non pertinente a fronte di una disposizione i cui effetti finanziari sono indiretti rispetto all’oggetto principale che essa disciplina, giacché – ove così non fosse – le possibilità di “innesto” in sede di conversione dei decreti-legge di norme “intruse” rispetto al contenuto ed alla ratio complessiva del provvedimento di urgenza risulterebbero, nei fatti, privat[e] di criteri e quindi anche di scrutinabilità costituzionale» (sentenza n. 247 del 2019).

Peraltro, in ogni caso in cui discipline anche tributarie, estranee alla ratio unitaria del decreto-legge, «presentassero, secondo il giudizio politico del Governo, profili autonomi di necessità e urgenza, le stesse ben potrebbero essere contenute in atti normativi urgenti del potere esecutivo distinti e separati» (sentenza n. 22 del 2012).

3.6.– Deve quindi essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-quater, del d.l. n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 10 del 2011, nella parte in cui introduce i periodi secondo e terzo del comma 5-quinquies dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992.

4.– Va infine precisato che – come correttamente osservato dall’Avvocatura generale dello Stato – la pronuncia di accoglimento spiega i suoi effetti limitatamente al secondo e terzo periodo dell’art. 5, comma 5-quinquies, della legge n. 225 del 1992, come introdotti dall’art. 2, comma 2-quater, del d.l. n. 225 del 2010, come convertito, nel lasso di tempo della loro vigenza, ovverosia dal 27 febbraio 2011 al 16 maggio 2012, stante che, successivamente alla sentenza n. 22 del 2012 di questa Corte, la disciplina censurata è stata sostituita, con decorrenza 17 maggio 2012, dall’art. 1, comma 1, lettera c), numero 10), del d.l. n. 59 del 2012, come convertito, venendo poi nuovamente modificata, fino all’abrogazione disposta con l’art. 48, comma 1, lettera m), del d.lgs. n. 1 del 2018.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2011, n. 10, nella parte in cui introduce i periodi secondo e terzo del comma 5-quinquies dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 ottobre 2022.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Luca ANTONINI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 9 dicembre 2022.