SENTENZA N. 50
ANNO 2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo CORAGGIO
Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio
PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi da 1 a 4, e
2, comma 1, della legge
della Regione Calabria 13 marzo 2019, n. 6 (Integrazione delle Aziende
ospedaliere della città capoluogo della Regione), e dell’art. 9, commi 1, 2 e
4, della legge
della Regione Calabria 30 aprile 2020, n. 1 (Interventi di manutenzione
normativa sulle leggi regionali 19/2002, 14/2014, 9/2018, 32/1996, 9/1992,
28/2010, 5/2018 e 6/2019), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri
con ricorsi notificati il 13-16 maggio 2019 e il 26 giugno-1° luglio 2020,
depositati in cancelleria il 15 maggio 2019 e il 6 luglio 2020, iscritti,
rispettivamente, al n.
58 del registro ricorsi 2019 e al n.
57 del registro ricorsi 2020, e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2019 e n. 34, prima serie
speciale, dell’anno 2020.
Visti gli atti di costituzione della Regione Calabria;
udito nell’udienza pubblica del 27 gennaio 2021 il Giudice relatore Giulio
Prosperetti;
uditi l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Domenico Gullo e Gianclaudio Festa per la
Regione Calabria, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto
del Presidente della Corte del 30 ottobre 2020;
deliberato nella camera di consiglio del 9 febbraio 2021.
1.– Con ricorso notificato il 13-16 maggio 2019 e depositato il 15 maggio
2019 (reg. ric. n. 58 del 2019), il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi da 1 a 4, e 2,
comma 1, della legge della Regione Calabria 13 marzo 2019, n. 6 (Integrazione
delle Aziende ospedaliere della città capoluogo della Regione), in riferimento
agli artt. 117, commi
secondo, lettera l), e terzo, e 120, secondo comma,
della Costituzione.
1.1.– Sono innanzitutto impugnate le disposizioni di cui all’art. 1, commi
1 e 2, della predetta legge reg. Calabria n. 6 del 2019 che prevedono,
rispettivamente, che l’Azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro sia
integrata con l’Azienda ospedaliero-universitaria “Mater Domini”, assumendo la
denominazione di Azienda ospedaliero-universitaria “Mater Domini-Pugliese
Ciaccio” (comma 1), e che la nuova azienda, con sede in Catanzaro e con
personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale, subentra nelle
funzioni e nei rapporti giuridici attivi e passivi delle aziende integrate, con
individuazione degli organi nel direttore generale, nel collegio sindacale e
nell’organo di indirizzo (comma 2).
Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, nonostante l’impiego del
termine improprio “integrazione”, che non identifica con esattezza sul piano
giuridico la vicenda relativa alle aziende coinvolte, la denominazione
attribuita al nuovo soggetto giuridico, la previsione della sua personalità
giuridica e autonomia imprenditoriale, il subentro nelle funzioni e nei
rapporti giuridici facenti capo alle preesistenti aziende, nonché la disposta
cessazione di diritto dei relativi organi renderebbero evidente che, attraverso
la legge regionale impugnata, la Regione Calabria ha costituito una nuova
azienda ospedaliero-universitaria (in seguito, anche: AOU), «secondo modalità
procedimentali diverse da quelle indicate e disciplinate dall’art. 4 del d.lgs.
30 dicembre 1992, n. 502 e senza una – valida […] – previa intesa tra regione e
università prescritta dall’art. 2, comma 7, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n.
517». In tal modo la legge regionale violerebbe «principi fondamentali
stabiliti da leggi dello Stato in materia di tutela della salute, contrastando
quindi con il limite imposto dall’art. 117, comma 3, Cost. alla potestà
legislativa regionale nelle materie oggetto di legislazione concorrente».
L’Avvocatura generale rappresenta che dal combinato disposto delle norme
statali menzionate risulta che «le aziende ospedaliere universitarie,
attraverso le quali si realizza la collaborazione fra il Servizio sanitario
nazionale e le Università, sono infatti costituite secondo il procedimento
previsto dall’art. 4 del d.lgs. n. 502/1992 a mente del quale la proposta
regionale di istituzione di una nuova azienda ospedaliero-universitaria,
formulata d’intesa con l’università (art. 2, comma 7, d.lgs. 517/1999), al
Ministro della salute, è, previa verifica della ricorrenza dei requisiti
indicati dallo stesso art. 4 del d.lgs. n. 502/1992, da questi a sua volta
sottoposta all’esame del Consiglio dei ministri, il quale delibera autorizzando
la regione, con decreto presidenziale, a costituire la nuova azienda
ospedaliero-universitaria».
La disposizione denunciata si porrebbe, altresì, in contrasto con il
vigente Programma operativo 2016-2018, predisposto dal commissario ad acta per
l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria della
Regione Calabria, che individua, tra gli obiettivi di riqualificazione delle
strutture pubbliche, previa intesa con l’Università degli studi “Magna Graecia”, la fusione per incorporazione dell’esistente
Azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro nell’esistente e
preesistente Azienda ospedaliero-universitaria “Mater Domini”, di cui è
programmata la modifica della denominazione in Azienda ospedaliera
universitaria “Renato Dulbecco”, e non già la costituzione di una nuova AOU.
Nell’evidenziare che l’intervento di riorganizzazione delle menzionate
strutture ospedaliere catanzaresi avrebbe dovuto attuarsi mediante l’adozione
di un decreto commissariale e la successiva rimozione, da parte della Regione,
delle norme che ancora prevedono l’esistenza di due distinte aziende
ospedaliere, il ricorrente esclude che le Regioni, tanto più se sottoposte a
commissariamento, come la Regione Calabria, possano costituire nuove aziende
ospedaliero-universitarie, anche per integrazione tra aziende preesistenti, al
di fuori e a prescindere dal procedimento disciplinato in via ordinaria dalle
norme statali richiamate; norme che recano principi fondamentali in materia di
«tutela della salute», vincolanti la potestà legislativa regionale.
1.2.– È, poi, impugnato il comma 3 del medesimo art. 1 della legge reg.
Calabria n. 6 del 2019, che demanda la definizione dei rapporti tra la Regione
Calabria e l’Università degli studi “Magna Graecia”
di Catanzaro, in materia di attività integrate di didattica, ricerca e
assistenza, ad un protocollo d’intesa sottoscritto dal Presidente della Giunta
regionale, dal Rettore dell’Università e dal commissario ad acta per
l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria.
Il ricorrente evidenzia che il punto 15 della lettera b) della delibera del
Consiglio dei ministri 7 dicembre 2018 (nomina del commissario ad acta e del
subcommissario per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del Servizio
sanitario regionale calabrese) – con il quale il Governo ha provveduto alla
nomina di una nuova struttura commissariale con l’incarico di proseguire
l’attuazione dei Programmi operativi 2016-2018 – assegna invece il compito di
definire e stipulare, in coerenza con la normativa vigente, il protocollo
d’intesa con l’Università degli studi “Magna Graecia”
di Catanzaro al solo commissario ad acta e non anche al Presidente della
Regione.
Ne consegue che la previsione denunciata, nella parte in cui stabilisce
l’intervento del Presidente della Giunta regionale, accanto al Rettore
dell’Università e al commissario ad acta, nella stipulazione del riferito
protocollo d’intesa, interferirebbe con le funzioni e con i compiti della
gestione commissariale, determinando la violazione dell’art. 120, secondo
comma, Cost., che prevede il potere sostitutivo del Governo (anche) al fine di
garantire la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali.
1.3.– Viene, altresì, impugnato il comma 4 dello stesso art. 1 della legge
reg. Calabria n. 6 del 2019, secondo cui «[i]n attesa del complessivo riordino
organizzativo del sistema delle aziende del servizio sanitario regionale, il
protocollo d’intesa di cui al comma 3 prevede l’integrazione del presidio
ospedaliero Giovanni Paolo II di Lamezia Terme con l’Azienda
Ospedaliero-Universitaria “Mater Domini-Pugliese Ciaccio”».
La difesa statale afferma che la disposizione, nel contemplare
l’accorpamento del richiamato presidio ospedaliero in una nuova struttura
sanitaria, non pianificato né dal programma operativo vigente né dai decreti
commissariali emanati, violerebbe al contempo l’art. 117, terzo comma, Cost., e
l’art. 120, secondo comma, Cost.
In riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., il ricorrente assume la
lesione del principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica,
concernente il contenimento della spesa pubblica, secondo il quale le
previsioni del piano di rientro dal disavanzo sanitario e dei programmi
operativi, che del primo costituiscono attuazione e aggiornamento ai sensi
dell’art. 2, comma 88-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2010)», sono vincolanti, sia in positivo sia in negativo,
per le Regioni che li hanno sottoscritti, come disposto dall’art. 2, commi 80 e
95, della citata legge n. 191 del 2009. Dette Regioni, pertanto, si impegnano a
rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, che siano di ostacolo alla piena
attuazione del piano. Ciò implica che esse non possono adottare nuovi
provvedimenti che si frappongano all’attuazione del piano stesso, come, invece,
ad avviso della difesa statale, fa la norma censurata ove contempla
l’integrazione del presidio ospedaliero nell’azienda di nuova istituzione,
senza che tale scelta possa ricondursi ad un’iniziativa del commissario ad
acta.
Inoltre, la disposizione regionale ignorerebbe sia gli standard
qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi che, in forza del decreto
del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze 2 aprile 2015, n. 70 (Regolamento recante definizione degli standard
qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza
ospedaliera), debbono presiedere all’organizzazione e alla riorganizzazione
della rete assistenziale ospedaliera; sia l’assegnazione del ruolo di spoke attribuito, con decreto del commissario ad acta 5
luglio 2016, n. 64 di riorganizzazione delle reti assistenziali, alla struttura
ospedaliera di Lamezia Terme – DEA (Dipartimento di emergenza-urgenza e
accettazione di primo livello), ossia di centro ospedaliero periferico di
riferimento dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro.
Quanto alla violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost., la difesa
statale assume che l’intervento normativo sospettato di illegittimità
costituzionale interferisce con le funzioni e i compiti del commissario ad
acta, poiché spetterebbe allo stesso la riorganizzazione della rete
ospedaliera, in attuazione del potere sostitutivo esercitato dal Governo
mediante la disposta gestione commissariale.
1.4.– Da ultimo, il ricorrente impugna l’art. 2, comma 1, della legge reg.
Calabria n. 6 del 2019, nella parte in cui, stabilendo – dal giorno successivo
a quello di pubblicazione del protocollo d’intesa previsto dall’art. 1, comma
3, della stessa legge – la decadenza automatica degli organi delle aziende
integrate nonché dei relativi direttori amministrativi e sanitari, prevede la
«risoluzione dei relativi rapporti di lavoro e senza attribuzione di alcun
indennizzo».
La disposizione regionale, nel divergere dalla disciplina statale di
riferimento, violerebbe la competenza esclusiva dello Stato prevista dall’art.
117, secondo comma, lettera l), Cost. in materia di «ordinamento civile».
Viene richiamata la consolidata giurisprudenza costituzionale secondo cui
le disposizioni, statali o regionali, introduttive di ipotesi di decadenza
automatica da incarichi relativi a funzioni dirigenziali per cause estranee
alle vicende del rapporto e svincolate da qualsiasi valutazione dei risultati
conseguiti sono legittime solo se facciano riferimento ad addetti ad uffici di
diretta collaborazione con l’organo di governo o a figure apicali, mentre sono
incompatibili con il personale dirigenziale non apicale.
Nel caso in esame, la difesa statale evidenzia che si è in presenza di una
decadenza di diritto degli organi e dei rispettivi direttori sanitari e
amministrativi quale effetto dell’integrazione delle due aziende ospedaliere e
della conseguente necessità di procedere alla nomina degli organi e al
conferimento dei relativi incarichi dirigenziali del nuovo soggetto giuridico
costituito. Ciò al fine di «evitare che la disposta riorganizzazione comporti,
con il mantenimento degli organi e dei dirigenti delle aziende “integrate”, una
duplicazione di incarichi e di costi nonché una sovrapposizione di attività e
di competenze».
Tuttavia, il ricorrente afferma che ciò «non legittima, sul piano
costituzionale, l’esclusione – con norma regionale – di qualsivoglia forma di
indennizzo per la cessazione ante tempus dell’incarico e della relativa
retribuzione, tanto più al di fuori delle ipotesi e senza l’osservanza del
procedimento previsti dall’art. 3 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171
e dall’art. 4, comma 2, del decreto legislativo n. 517 del 1999».
2.– Con memoria depositata il 24 giugno 2019 si è costituita in giudizio la
Regione Calabria.
2.1.– In relazione alla censura avanzata nei confronti dei commi 1 e 2
dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 6 del 2019, la resistente,
preliminarmente, ne deduce la inammissibilità in ragione della mancanza di
corrispondenza del motivo sviluppato nel ricorso con la relazione
dipartimentale sottesa alla delibera del Consiglio dei ministri che ha
autorizzato l’impugnazione. Ciò perché tale relazione si sarebbe limitata a
rilevare la genericità e poca chiarezza della norma denunciata, senza alcuna
specificazione circa il riferimento ad un’incorporazione tra aziende ovvero
alla costituzione di una nuova azienda. Viceversa, l’assunto da cui muoverebbe
il motivo dedotto darebbe per scontato che la legge regionale abbia inteso costituire
una nuova AOU.
Nel merito, la Regione osserva che, al fine di migliorare l’offerta
assistenziale mediante razionalizzazione della spesa e ottimizzazione delle
risorse, la norma impugnata avrebbe usato il termine “integrazione”,
richiamando quanto testualmente previsto nel Programma operativo 2016-2018 per
l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale. Aggiunge
che detto programma operativo prevede appunto l’integrazione dell’Azienda
ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro nell’Azienda
ospedaliero-universitaria “Mater Domini” di Catanzaro, allo scopo di realizzare
una sorta di “incorporazione” della prima azienda nella seconda.
Il richiamo dell’art. 1, comma 1, della legge regionale impugnata agli
obiettivi e alle finalità già enunciati dal citato programma operativo sarebbe,
pertanto, elemento idoneo a chiarire che l’uso del termine “integrazione”
assume il significato di “fusione per incorporazione”, con la conseguenza che
anche il comma 2 dovrebbe essere letto nel senso dell’assorbimento dell’una
azienda nell’altra.
2.2.– Riguardo alla censura promossa nei confronti del comma 3 dell’art. 1
della legge reg. Calabria n. 6 del 2019, la resistente obietta che il ricordato
Programma operativo 2016-2018, che prescrive gli interventi per il rientro dal
disavanzo finanziario del settore sanitario regionale, stabilisce che l’azione
volta all’integrazione tra le aziende si snodi secondo le seguenti fasi
procedimentali: a) intesa preliminare tra il Rettore dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro e il commissario ad acta; b) intesa
definitiva tra i medesimi soggetti per l’adozione del decreto commissariale che
dispone la fusione per incorporazione tra le aziende; c) successivo invio al
Consiglio regionale del decreto commissariale, affinché rimuova le disposizioni
di legge regionale che prevedono l’esistenza di due distinte aziende.
Con particolare riferimento alla previsione, su cui si appunta la critica
del ricorrente, dell’intervento del Presidente della Giunta regionale, accanto
al Rettore dell’Università e al commissario ad acta, per la stipulazione del
protocollo d’intesa inerente allo svolgimento delle attività integrate di
didattica, ricerca e assistenza, la difesa regionale rileva che dall’esame
degli atti relativi ai lavori preparatori è ravvisabile la concorde volontà
delle parti di addivenire ad un accordo trilaterale, atto a tenere conto anche
delle prerogative della Regione Calabria, benché commissariata. La resistente
evidenzia che l’intesa propedeutica alla stipula del protocollo definitivo è
stata espressa dal Rettore dell’Università degli studi “Magna Graecia” di Catanzaro, giusta nota del 30 giugno 2016, n.
137 e che, nel corso dell’iter di approvazione della legge regionale impugnata,
il commissario ad acta pro tempore aveva depositato una bozza, che appunto si
riferiva all’intesa tra il Presidente della Regione Calabria, il Rettore
dell’Università e il commissario ad acta. Conseguentemente la Regione nega che,
in base alle manifestazioni di volontà dei soggetti indicati, la norma
denunciata sia stata adottata interferendo indebitamente con l’attività e le
funzioni del commissario ad acta.
2.3.– Quanto all’art. 1, comma 4, della legge reg. Calabria n. 6 del 2019,
la difesa regionale afferma la natura programmatica dell’intervento che prevede
l’integrazione del presidio ospedaliero “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme
nell’Azienda ospedaliero-universitaria “Mater Domini-Pugliese Ciaccio” di
Catanzaro.
2.4.– Da ultimo, in ordine alla censura promossa nei confronti dell’art. 2,
comma 1, della legge regionale impugnata, la resistente sostiene che, essendo
demandato alla legge regionale regolare le vicende modificative/estintive di
enti pubblici, sarebbe del pari riservata alla stessa fonte la disciplina degli
effetti che tali vicende determinano sui rapporti in essere. Cosicché la
soppressione di un ente e la modificazione della sua struttura e delle sue
funzioni costituirebbero giusta causa di risoluzione dei rapporti costituiti in
ragione della struttura e dell’assetto organizzativo modificati. Peraltro, lo
stesso art. 3-bis, comma 8, secondo periodo, del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) espressamente demanderebbe
alla Regione la disciplina delle cause di risoluzione del rapporto con il
direttore amministrativo e il direttore sanitario. Né la regolamentazione di
cui alla norma censurata integrerebbe un’ipotesi di decadenza automatica o
discrezionale riconducibile ad uno spoil system.
3.– Con memoria depositata il 3 marzo 2020, la difesa statale ha replicato
alle deduzioni svolte dalla Regione resistente.
3.1.– In riferimento alla prima questione, concernente l’art. 1, commi 1 e
2, della legge regionale impugnata, l’Avvocatura generale confuta,
innanzitutto, l’eccezione di inammissibilità per asserita non corrispondenza
tra le ragioni esplicate nella delibera autorizzativa del Consiglio dei
ministri e le motivazioni sviluppate nel corpo del ricorso, poiché la determina,
posta a fondamento della prima, precisa, contrariamente all’assunto della
Regione, che le obiezioni sono rivolte verso la costituzione di una nuova AOU.
Nel merito, ribadisce che dal tenore delle disposizioni impugnate si evince
in modo chiaro che la Regione non ha proceduto ad una incorporazione di
un’azienda ospedaliera (in seguito, anche: AO) nell’altra, bensì ha inteso
costituire una nuova azienda, evidenziando aspetti della disciplina regionale
impugnata che depongono in tal senso.
3.2.– Quanto alle argomentazioni opposte dalla difesa regionale alla
censura concernente l’art. 1, comma 3, della legge reg. Calabria n. 6 del 2019,
l’Avvocatura generale dello Stato evidenzia l’irrilevanza dei lavori
preparatori, da cui sarebbe desumibile, secondo la difesa regionale, la volontà
delle parti di coinvolgere la Regione, benché commissariata, nel protocollo
d’intesa volto a definire i rapporti con l’Università.
In ogni caso, la difesa statale rappresenta che, secondo il programma
operativo, la suddetta intesa, sia nella versione preliminare sia in quella
definitiva, avrebbe dovuto interessare il solo Rettore dell’Università
unitamente al commissario ad acta, il quale avrebbe poi dovuto, con proprio
decreto, disporre l’integrazione per incorporazione, e che il ruolo della
Regione era limitato e circoscritto alla sola rimozione, mediante modifica
delle corrispondenti disposizioni di legge, delle norme che, prevedendo o
presupponendo l’esistenza di due distinte aziende ospedaliere, risultavano in
contrasto con lo stesso programma operativo.
La prevista partecipazione alla sottoscrizione del protocollo anche del
Presidente della Regione esprimerebbe, invece, una valenza sostanziale, nella
misura in cui l’organo regionale concorrerebbe alla formazione dell’accordo, e
ciò malgrado la condizione di “interdizione legale” nella quale versa la
Regione Calabria in pendenza, e sino al termine, del commissariamento.
3.3.– Relativamente a quanto dedotto dalla difesa regionale in ordine alla
censura avanzata dal ricorrente nei confronti dell’art. 1, comma 4, della legge
regionale impugnata, l’Avvocatura generale confuta l’assunto secondo cui la
prevista integrazione ad opera del protocollo d’intesa fra il presidio
ospedaliero “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme con la neocostituita AOU
avrebbe mera natura programmatica e come tale sarebbe inidonea ad interferire
con le funzioni commissariali. La disposizione avrebbe, invece, una immediata e
diretta natura precettiva, nella misura in cui determina, in parte qua, il
contenuto dello stipulando protocollo d’intesa, con chiara ed inequivocabile
invasione della sfera di competenza del commissario ad acta.
3.4.– Infine, riguardo alle obiezioni della resistente riferite all’art. 2,
comma 1, della legge regionale impugnata, l’Avvocatura generale puntualizza che
la dedotta violazione del parametro «ordinamento civile» non è rivolta alla
previsione della risoluzione del rapporto di lavoro con il direttore
amministrativo e il direttore sanitario per effetto della soppressione
dell’ente, bensì verso la parte della disposizione regionale che stabilisce
l’esclusione di qualsiasi forma di indennizzo per la cessazione ante tempus
dell’incarico e della relativa retribuzione di tali organi al di fuori delle
ipotesi e senza l’osservanza del procedimento regolato dalla legge statale per
la decadenza dell’incarico.
4.– In data 1° luglio 2020 la difesa statale ha presentato istanza di
rinvio della nuova udienza fissata per l’esame del ricorso, a motivo della
sopravvenuta entrata in vigore della legge della Regione Calabria 30 aprile
2020, n. 1 (Interventi di manutenzione normativa sulle leggi regionali 19/2002,
14/2014, 9/2018, 32/1996, 9/1992, 28/2010, 5/2018 e 6/2019).
Nel rappresentare che l’art. 11, comma 2, di tale legge regionale dispone
l’abrogazione della impugnata legge reg. Calabria n. 6 del 2019, l’Avvocatura
generale dello Stato riferisce di aver notificato il 26 giugno 2020 un ricorso
avverso le disposizioni recate dall’art. 9, commi 1, 2 e 4, della citata legge
reg. Calabria n. 1 del 2020, in quanto riproduttive delle disposizioni previste
dall’art. 1, commi 1, 2 e 3, della abrogata legge regionale n. 6 del 2019 e
che, pertanto, il rinvio è funzionale a consentire la trattazione unitaria dei
due ricorsi.
4.1.– Il 4 gennaio 2021 la difesa statale ha depositato memoria nella quale
ha svolto considerazioni in merito alla sopravvenuta abrogazione della legge
regionale impugnata e agli effetti prodotti sul giudizio.
In particolare, ha rappresentato «che si è ritenuto, in via prudenziale, di
non procedere alla rinuncia alla impugnativa in considerazione degli effetti
che essa avrebbe potuto avere nell’auspicabile ipotesi di accoglimento del
ricorso n. 57/2020 e della conseguente declaratoria dell’illegittimità
costituzionale delle norme impugnate della legge regionale n. 1/2020», e ciò
perché la declaratoria di illegittimità «potrebbe indurre l’Ente territoriale a
sostenere – sia pure infondatamente – che la caducazione delle norme
sopravvenute comporti la reviviscenza di quelle precedenti (abrogate) aventi il
medesimo oggetto delle disposizioni caducate»; e che, pertanto, «malgrado
l’effettivo venir meno dell’oggetto del presente gravame», ha ritenuto
opportuno astenersi «da una formale rinuncia al ricorso […] lasciando e
rimettendo a codesta Ecc.ma Corte ogni decisione al riguardo».
Nel merito la difesa statale ha richiamato le deduzioni e le conclusioni
già rappresentate nei precedenti atti, rinnovando la richiesta di declaratoria
di illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali impugnate.
5.– Con il secondo ricorso, notificato il 26 giugno-1° luglio 2020 e
depositato il 6 luglio 2020 (reg. ric. n. 57 del 2020), il Presidente del
Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale dei
commi 1, 2 e 4 dell’art. 9 della legge reg. Calabria n. 1 del 2020, in
riferimento agli artt. 33, sesto comma, 117, terzo comma, e 120, secondo comma,
Cost.
Nel rappresentare che le predette disposizioni regionali replicano,
rispettivamente, quelle impugnate con il ricorso n. 58 del 2019, previste dai
commi 1, 2 e 3 dell’art. 1 della legge reg. Calabria, n. 6 del 2019, abrogata
dall’art. 11, comma 2, della stessa legge regionale n. 1 del 2020, la difesa
statale richiama «in gran parte trascrivendole per maggior chiarezza e facilità
di consultazione, le motivazioni dell’impugnativa già espresse nel cennato
ricorso in merito alle disposizioni meramente riproduttive di quelle contenute
nella legge n. 6/2019».
5.1.– In ordine alle disposizioni dell’art. 9, commi 1 e 2, della legge
reg. Calabria n. 1 del 2020, la difesa statale, nel rappresentare che esse
ripropongono l’intervento di integrazione dell’Azienda ospedaliera
“Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro con l’Azienda ospedaliero-universitaria “Mater
Domini”, riproduce le medesime argomentazioni svolte nei confronti dell’art. 1,
commi 1 e 2, della abrogata legge reg. Calabria n. 6 del 2019, impugnate con il
ricorso n. 58 del 2019.
Riguardo alla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento
ai principi fondamentali in materia di «tutela della salute», la difesa statale
ribadisce che la disposta integrazione tra le due aziende ospedaliere di
Catanzaro non costituisce una incorporazione della prima in quella
ospedaliero-universitaria, ma dà luogo ad una istituzione di una nuova azienda,
con «modalità procedimentali diverse da quelle indicate e disciplinate
dall’art. 4 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502», senza una «previa intesa tra
regione ed università prescritta dall’art. 2, comma 7, del d.lgs. 21 dicembre
1999, n. 517».
Il ricorrente torna ad affermare che deve escludersi «che nuove aziende
ospedaliero-universitarie – quand’anche risultanti, come nella specie,
dall’”integrazione” tra una preesistente azienda ospedaliera e una preesistente
azienda ospedaliero-universitaria – possano essere costituite dalle regioni –
tanto più se soggette, come la Regione Calabria, a commissariamento – al di
fuori del – e a prescindere dal – procedimento disciplinato in via ordinaria
dalle norme richiamate in precedenza le quali stabiliscono, a tutti gli
effetti, principi fondamentali che, come tali, limitano e vincolano l’esercizio
della potestà legislativa regionale in materia: donde l’illegittimità
costituzionale di quelle disposizioni regionali che, come nel caso, da quei
principi e da quelle norme si discostano».
In aggiunta a tali rinnovate censure, il ricorrente deduce, altresì, la
violazione, da parte delle disposizioni impugnate, dell’art. 33, sesto comma,
Cost., in quanto ritenute lesive del principio dell’autonomia universitaria.
La difesa statale premette che «l’art. 2, comma 2, lett. c) della legge n.
240/2010 sancisce il principio della “inscindibilità delle funzioni
assistenziali [...] da quelle di insegnamento e di ricerca”. Proprio per tale
motivo i protocolli di intesa tra università e regioni, funzionali ad orientare
l’attività assistenziale necessaria per lo svolgimento dei compiti
istituzionali delle università, trovano disciplina nell’art. 1 del d.lgs. 517
del 1999 e nell’art. 6, comma 13, della legge 240/2010 che riaffermano la
competenza statale nello stabilire i criteri minimi cui devono attenersi tali
protocolli nell’integrazione dell’attività di didattica, ricerca e
assistenziale».
Invece, ad avviso del ricorrente, nella disposizione sospettata di
illegittimità costituzionale «tali protocolli costituiscono il cascame di una
legge regionale, che dispone, illegittimamente, la costituzione di una nuova
AOU».
Per queste ragioni la previsione regionale violerebbe, dunque, «nuovamente
il principio dell’autonomia universitaria di cui all’art. 33, ultimo comma,
della Costituzione, poiché, tenuto conto dei requisiti cui debbono ispirarsi
detti protocolli di intesa e le conseguenti attività attuative, determina
inevitabilmente una soluzione di continuità rispetto a tutte quelle attività
dell’Ateneo in corso e fondate sulla programmazione che lo stesso ha
determinato in attuazione del protocollo in atto con la Regione, con
riferimento alle funzioni anche di didattica e di ricerca (di competenza
dell’università) e in particolare in merito all’accreditamento dei corsi di
studio dell’Ateneo dell’area medico sanitaria».
5.2.– Viene altresì impugnato il comma 4 dell’art. 9 della legge reg.
Calabria n. 1 del 2020, che prevede la definizione, tramite un protocollo di
intesa sottoscritto dal Rettore dell’Università degli studi “Magna Graecia”, dal commissario ad acta per l’attuazione del
piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria della Regione Calabria e
dal Presidente della Giunta regionale, dei rapporti tra la Regione e
l’Università in materia di attività integrate di didattica, ricerca e
assistenza.
Il ricorrente, nell’affermare che la disposizione riproduce quanto già
previsto dall’art. 1, comma 3, dell’abrogata legge reg. Calabria n. 6 del 2019,
richiama «pertanto, i motivi formulati avverso siffatta norma, da considerare, mutatis mutandis, riferiti
all’odierno comma 4 dell’art. 9 della l. n. 1/20», e ribadisce che «[t]ale disposizione è anch’essa costituzionalmente illegittima
– per violazione dell’art. 120, comma 2, Cost. – nella misura in cui
interferisce con le funzioni e con i compiti del Commissario ad acta nominato
per l’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria della
Regione Calabria».
In proposito viene richiamato il punto 15 della lettera b) della delibera
del Consiglio dei ministri 7 dicembre 2018 (nomina del commissario ad acta e
del subcommissario per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del
Servizio sanitario regionale calabrese) che assegna il compito di definire e
stipulare, in coerenza con la normativa vigente, il protocollo d’intesa con
l’Università degli studi “Magna Graecia” di Catanzaro
al solo commissario ad acta e non anche al Presidente della Regione.
L’interferenza è, dunque, individuata nella parte della disposizione
impugnata in base alla quale il protocollo fra Rettore dell’Università e
commissario ad acta è sottoscritto anche dal Presidente della Giunta regionale.
Ciò perché, «[i]n pendenza del commissariamento della Regione, la definizione e
la sottoscrizione del protocollo d’intesa con l’Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro è infatti compito e funzione –
prioritaria, precipua ed esclusiva – del Commissario ad acta, compito e funzione
nel cui svolgimento la Regione commissariata non può indebitamente ingerirsi
“affiancandosi”, per via normativa, al Commissario nominato».
Ad avviso del ricorrente, «[l]egiferando in
materia, la Regione Calabria si è perciò illegittimamente riappropriata di un
potere dal cui esercizio è stata temporaneamente interdetta per effetto
dell’esercizio, da parte del Governo, del potere sostitutivo previsto dall’art.
120, comma 2, Cost. – e dalle relative norme statali di attuazione (in
generale, quanto ai modi e ai termini, dall’art. 8 della l. n. 131/2003 e,
nello specifico, dall’art. 4 del d.l. n. 159/2007) –
al fine di garantire “la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali” in materia di prestazioni sanitarie; e,
così facendo, è perciò incorsa, eo ipso, nella
violazione del precetto costituzionale sopra richiamato».
La difesa statale richiama la giurisprudenza costituzionale (tra le altre, sentenze n. 266
del 2016, n.
110 del 2014 e n. 361 del 2010),
relativa alla illegittimità di interventi regionali che interferiscono, anche
in modo potenziale, con l’esercizio dei poteri commissariali di attuazione del
piano di rientro.
6.– La Regione Calabria si è costituita in giudizio con atto depositato il
4 agosto 2020.
6.1.– In ordine alla censura promossa nei confronti dei commi 1 e 2
dell’art. 9 della legge reg. Calabria n. 1 del 2020, la difesa regionale, nel
confutare le deduzioni svolte dall’Avvocatura generale dello Stato, ha
riproposto e meglio precisato l’ordine di argomentazioni illustrato in
riferimento alle analoghe censure avanzate nel ricorso n. 58 del 2019 nei
confronti delle corrispondenti disposizioni recate dall’art. 1, commi 1 e 2,
della legge regionale n. 6 del 2019, inerenti l’integrazione dell’Azienda ospedaliera
“Pugliese-Ciaccio” con l’Azienda universitaria “Mater Domini”.
In particolare, la Regione Calabria ribadisce che da una lettura combinata
dei commi 1 e 2 dell’art. 9 della legge impugnata non sembra che «l’”obiettivo”
perseguito nel Programma operativo sia stato disatteso».
Nel rilevare che il ricorso non disconosce il contenuto del programma
operativo su richiamato, e che anzi, di questo vi è espressa menzione, la
difesa regionale assume che «[l]’obiettivo del programma operativo elaborato
dal Commissario ad acta sottintende la volontà di procedere alla integrazione
delle aziende ospedaliere esistenti: non si tratta, quindi, della costituzione
di una nuova AOU, sicché, non si vede perché dovrebbe applicarsi il
procedimento disciplinato dall’art. 4 del d.lgs. 502/92».
Sul punto viene evidenziato che «[l]e modalità per realizzare la detta
integrazione sono indicate, peraltro, nell’Accordo di programma per il settore
degli investimenti sanitari, approvato con decreto del Commissario ad acta (DCA
n. 124 del 20 settembre 2019). Infatti, nell’Intervento n. 6 (pag. 115 e ss.)
si evidenzia la comune volontà dei soggetti istituzionali coinvolti
(Commissario, Regione ed Università) di perseguire un percorso condiviso al
fine di concretizzare l’accorpamento tra l’Azienda ospedaliera “Pugliese -
Ciaccio” e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Mater Domini”. L’integrazione
si fonda sui presupposti indicati nell’Accordo di programma, che, a sua volta,
richiama il Programma operativo per il triennio 2016/2018 e l’obiettivo
2.1.1.1.».
Inoltre, la difesa regionale rappresenta che «[d]a tali atti, emerge che
l’“integrazione” di che trattasi “è stata fortemente richiesta dal Ministero
dell’Economia e Finanze e dal Ministero della Salute, affiancanti la Regione
Calabria in regime di commissariamento nell’attuazione del Programma operativo,
come risultante dai verbali dei tavoli di monitoraggio del programma”». In
particolare, «[g]li Accordi di programma per il settore degli investimenti
sanitari nella regione Calabria, succedutisi negli anni (2004, 2007 e, da
ultimo, 2019), sottoscritti dal Ministero della Salute, dal Ministero
dell’Economia e Finanze e dalla Regione Calabria, autorizzano l’esecuzione di
programmi ed interventi di razionalizzazione e riqualificazione della rete
sanitaria regionale, nel rispetto della legislazione statale vigente; giova
evidenziare che, nel nuovo Accordo di programma 2019, la cornice normativa
statale ivi richiamata (cfr. “aspetti normativi” per la progettazione del
presidio Mater Domini, pag. 132 e ss.) non contempla la previsione di cui si
assume la violazione».
La resistente aggiunge che, «[s]empre nel
suddetto Accordo, si evidenzia che le parti hanno convenuto sulla necessità di
addivenire in tempi brevi all’integrazione, mediante fusione, delle A.O. su
citate e “ferme restando le prerogative del Consiglio Regionale nell’esercizio
della funzione legislativa in materia, hanno invitato il Consiglio Regionale a
legiferare in tal senso anche eliminando le disposizioni legislative regionali
precedenti che siano di eventuale ostacolo all’integrazione, mediante fusione,
dell’A.O. ‘Pugliese Ciaccio’ nell’A.O.U. ‘Mater
Domini’...”»; e che il menzionato documento programmatico, «in sostanza,
individua un percorso procedimentale che si colloca, in ragione della sua
specificità, al di fuori delle previsioni dell’art. 4 del d.lgs. 502/92,
coinvolgendo tutti gli attori interessati (Commissario, Regione, Università e
Ministeri competenti) per concretizzare l’obiettivo dell’accorpamento delle
aziende ospedaliere preesistenti».
Per quanto così argomentato, la difesa regionale assume che «l’iter per
realizzare la detta integrazione tra le due aziende ospedaliere non è
riconducibile all’art. 4 del D.lgs. 502/92, in combinato disposto con l’art. 2
del d.lgs. 517/99; procedimento applicabile in via ordinaria nei soli casi di
creazione di una nuova azienda ospedaliero-universitaria, ma non applicabile al
caso che ci occupa».
6.2.– In ordine alla censura promossa nei confronti della disposizione di
cui al comma 4 dell’art. 9 della legge regionale n. 1 del 2020 – concernente la
definizione tramite un protocollo d’intesa, sottoscritto tra Rettore
dell’Università degli Studi “Magna Graecia”,
commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo della
spesa sanitaria e Presidente della Giunta regionale, dei rapporti tra Regione e
Università in materia di attività integrate di didattica, ricerca e assistenza
– la difesa regionale ne deduce l’inammissibilità e comunque l’infondatezza.
La disposizione impugnata si limiterebbe a specificare che il protocollo
d’intesa è definito ai sensi dell’art. 1 del decreto legislativo 21 dicembre
1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti tra il Servizio sanitario nazionale e
università a norma dell’articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419), sicché,
essendo richiamati i criteri ivi indicati, ne consegue, secondo la difesa della
Regione Calabria, che «[n]on può, dunque, condividersi quanto diversamente
argomentato in ricorso, secondo cui il protocollo d’intesa di che trattasi
scaturirebbe da una autonoma previsione della legge regionale, in violazione
delle norme statali fondamentali».
La difesa regionale afferma che la censura riferita alla violazione
dell’art. 120, secondo comma, Cost., non sarebbe ammissibile o fondata nella
parte in cui si assume che la previsione dell’intervento del Presidente della
Giunta regionale nella regolamentazione dei rapporti con l’Università andrebbe
ad interferire con i compiti del commissario ad acta.
L’inammissibilità deriverebbe «dalla non corrispondenza del motivo, come
formulato, con la relazione dipartimentale sottesa alla Delibera del Consiglio dei Ministri. In disparte che, nell’enunciato (sia
della relazione che del ricorso), non risulta il richiamo al parametro
costituzionale (art. 120 Cost.), nella detta relazione – a differenza delle
questioni in precedenza trattate – non si rinvengono, infatti, le ragioni
illustrate nel motivo in esame».
Quanto alla infondatezza nel merito, la difesa regionale osserva che «il
principio di leale collaborazione derivante dall’art. 120 Cost. non sembra
violato dalla disposizione in commento, perché la stessa si limita a dare
attuazione alle previsioni contenute nel Piano attuativo e nell’Accordo
programmatico 2019, oltre che nei precedenti Accordi di programma risalenti nel
tempo. Tali documenti vedono coinvolti tutti i soggetti istituzionali
interessati, ovvero i Ministeri competenti, la regione Calabria ed il
Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dal deficit
sanitario».
In particolare, «[d]all’esame dell’Accordo programmatico dell’anno 2019
emerge che lo stesso Commissario ha promosso l’accordo e lo ha successivamente
recepito in un proprio decreto commissariale ed ha richiesto espressamente il
coinvolgimento attivo del Presidente della Regione Calabria e degli altri
soggetti istituzionali, a vano titolo, coinvolti».
Non sussisterebbe, conseguentemente, alcuna indebita ingerenza degli organi
regionali nelle funzioni commissariali, giacché è lo stesso commissario che,
«di propria iniziativa, invita la Regione Calabria all’affiancamento ed il
Consiglio regionale a legiferare nella suddetta materia».
Sul punto, la difesa regionale assume che la previsione impugnata si muove
nell’ambito della cornice normativa delineata dalle norme statali vigenti, in
quanto la Regione non «si sarebbe riappropriata arbitrariamente di funzioni da
cui è stata temporaneamente interdetta a causa del commissariamento», come
sostenuto dal ricorrente, poiché «in realtà – per come emerge dagli atti, è il
Commissario che chiede l’intervento, anche legislativo, della Regione».
La resistente evidenzia che nell’Accordo di programma anno 2019 si
sottolinea che le parti hanno convenuto sulla necessità di addivenire in tempi
brevi all’integrazione, mediante fusione, delle AO su citate e, «ferme restando
le prerogative del Consiglio Regionale nell’esercizio della funzione
legislativa in materia, hanno invitato il Consiglio Regionale a legiferare in
tal senso anche eliminando le disposizioni legislative regionali precedenti che
siano di eventuale ostacolo all’integrazione, mediante fusione, dell’A.O.
“Pugliese Ciaccio” nell’A.O.U. “Mater Domini”».
La Regione Calabria assume che la legge censurata «interviene con norme di
dettaglio, su espressa volontà del Commissario e dei sottoscrittori degli
accordi; per tale ragione, non sembra ricorrere alcuna ingerenza nelle funzioni
commissariali, quanto piuttosto, una concreta e piena attuazione del principio
costituzionale di leale collaborazione».
La difesa regionale prosegue affermando che, «[a]d ulteriore dimostrazione
del fatto che le disposizioni censurate sono state il risultato dell’intesa
raggiunta tra il commissario ad acta e la Regione Calabria, e non un atto di
ingerenza di quest’ultima nelle prerogative commissariali, si evidenzia che,
prima della sua adozione in Consiglio regionale, la proposta di legge è stata
sottoposta alla preventiva valutazione dei Ministeri della Salute e della
Economia e Finanze, con nota sottoscritta dal Commissario pro tempore, S. Cotticelli, e dal sub-commissario, M. Croceo. Proposta
diventata parte integrante della n. 5/XI, al fine di scongiurare una nuova
impugnativa da parte del Governo e superare i rilievi sollevati in relazione
alla l.r. n. 6/2019 (oggi abrogata)».
7.– In prossimità dell’udienza la difesa statale ha depositato memoria
nella quale, ribadite le proprie argomentazioni e conclusioni, ha confutato la
eccezione di inammissibilità della censura di violazione dell’art. 120, secondo
comma, Cost. sollevata dalla Regione Calabria per l’asserita mancata
rispondenza tra il motivo di ricorso e la delibera del Consiglio dei ministri
di autorizzazione all’impugnazione. Ciò perché il predetto
motivo di censura «era già contenuto nella deliberazione dell’organo politico»,
laddove la difesa statale, «nell’esercizio della sua funzione di difensore
tecnico del Governo, si è limitata a sviluppare, sul piano tecnico, i motivi di
censura» già contenuti nella predetta delibera.
Inoltre, la difesa statale ha rappresentato che, con nota del 18 giugno
2020, indirizzata al Dipartimento affari regionali ed autonomie della
Presidenza del Consiglio dei ministri, il Presidente del Consiglio regionale
della Calabria aveva espresso l’intendimento dei competenti organi regionali di
modificare la legge regionale n. 1 del 2020, «al fine di superare i rilievi
espressi dai ministeri interessati», allegando la relativa bozza di proposta di
legge, ma che tale intendimento non aveva poi trovato attuazione.
1.– Questa Corte è chiamata a pronunciarsi su due giudizi promossi, con i
ricorsi indicati in epigrafe, dal Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, avverso due leggi
regionali della Regione Calabria.
1.1.– Con il primo ricorso, depositato il 15 maggio 2019 (reg. ric. n. 58
del 2019), sono impugnate le disposizioni di cui all’art. 1, commi da 1 a 4, e
all’art. 2, comma 1, della legge della Regione Calabria 13 marzo 2019, n. 6
(Integrazione delle Aziende ospedaliere della città capoluogo della Regione),
in riferimento agli artt. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 120,
secondo comma, della Costituzione.
Viene innanzitutto impugnato l’art. 1, commi 1 e 2, della legge reg.
Calabria n. 6 del 2019, nella parte in cui dispone la «integrazione» tra
l’Azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro e l’Azienda
ospedaliero-universitaria “Mater Domini”.
Secondo il ricorrente, tali disposizioni violano principi fondamentali in
materia di «tutela della salute», e dunque l’art. 117, terzo comma, Cost., in
quanto dettano modalità procedimentali per l’integrazione tra le due aziende
ospedaliere «diverse da quelle indicate e disciplinate dall’art. 4 del d.lgs.
30 dicembre 1992, n. 502 e senza una – valida […] – previa intesa tra regione e
università prescritta dall’art. 2, comma 7, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n.
517».
È, altresì, sospettato di illegittimità costituzionale l’art. 1, comma 3,
della legge reg. Calabria n. 6 del 2019, nella parte in cui demanda la
definizione dei rapporti tra la Regione Calabria e l’Università degli studi
“Magna Graecia” di Catanzaro in materia di attività
integrate di didattica, ricerca e assistenza, ad un protocollo d’intesa
sottoscritto anche dal Presidente della Giunta regionale, oltreché dal Rettore
dell’Università e dal commissario ad acta.
Ad avviso della difesa statale, la prevista partecipazione del Presidente
della Giunta regionale si pone in contrasto con l’art. 120, secondo comma,
Cost., perché interferisce con le funzioni e i compiti del commissario ad acta,
che rappresenta manifestazione del potere sostitutivo esercitato dal Governo
nei confronti della Regione e a cui, pertanto, spetta, in via esclusiva, la sottoscrizione
del predetto protocollo d’intesa con il Rettore dell’Università “Magna Graecia”.
Il ricorrente dubita, poi, della legittimità costituzionale dell’art. 1,
comma 4, della legge regionale n. 6 del 2019, nella parte in cui prevede la
«integrazione» del presidio ospedaliero “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme
con la neo costituita Azienda
ospedaliero-universitaria “Mater Domini-Pugliese Ciaccio”.
La difesa statale rappresenta che l’intervento in esame non è contemplato
dal piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale e, per un verso,
«contrasta con il principio, di coordinamento della finanza pubblica, secondo
il quale le previsioni del Piano di rientro dal disavanzo sanitario e dei
programmi operativi – che del primo costituiscono attuazione e aggiornamento
(v. art. 2, comma 88-bis, l. n. 191/2009) – sono vincolanti – in “positivo” e
in “negativo” – per le Regioni che li hanno sottoscritti – con violazione, per
questo riguardo, dell’art. 117, comma 3, Cost.; e, per un altro, interferisce,
ancora una volta, con le funzioni e con i compiti del Commissario ad acta –
così violando l’art. 120, comma 2, Cost.».
Infine, viene impugnato l’art. 2, comma 1, della legge regionale n. 6 del
2019, nella parte in cui stabilisce la cessazione degli organi dell’Azienda
ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro e dell’Azienda
ospedaliero-universitaria “Mater Domini” e dei rispettivi direttori sanitari e
amministrativi, con conseguente risoluzione dei relativi rapporti di lavoro,
senza attribuzione di alcun indennizzo.
Secondo il ricorrente, la disposizione regionale incide sui diritti e sugli
obblighi delle parti di un rapporto di lavoro in essere e in tal modo invade la
potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile»,
in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
1.2.– Con il secondo ricorso, depositato il 6 luglio 2020 (reg. ric. n. 57
del 2020), sono impugnate le disposizioni di cui all’art. 9, commi 1, 2 e 4,
della legge della Regione Calabria 30 aprile 2020, n. 1 (Interventi di
manutenzione normativa sulle leggi regionali 19/2002, 14/2014, 9/2018, 32/1996,
9/1992, 28/2010, 5/2018 e 6/2019), in quanto riprodurrebbero in modo pressoché
letterale quelle rispettivamente dettate dai commi 1, 2 e 3 dell’art. 1 della
legge reg. Calabria n. 6 del 2019, già oggetto di impugnativa con il ricorso
iscritto al n. 58 del reg. ric. 2019, legge abrogata dall’art. 11, comma 2, della
medesima legge regionale n. 1 del 2020.
1.2.1.– Viene, innanzitutto, sospettato di illegittimità costituzionale
l’art. 9, commi 1 e 2, che, ad avviso del ricorrente, ripropone le previsioni
dettate dall’art. 1, commi 1 e 2, della legge reg. Calabria n. 6 del 2019,
concernenti l’integrazione dell’Azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio” di
Catanzaro con l’Azienda universitaria “Mater Domini” di Catanzaro.
La difesa statale assume che anche tale nuovo intervento normativo
regionale prevede non già l’incorporazione della azienda ospedaliera (in
seguito, anche: AO) nella azienda ospedaliero-universitaria (in seguito, anche:
AOU), ma la costituzione di una nuova AOU, senza seguire il procedimento
dettato dal combinato disposto dell’art. 4 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e dell’art. 2, comma 7,
del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti tra
il Servizio sanitario nazionale e università a norma dell’articolo 6 della L.
30 novembre 1998, n. 419), che integra un principio fondamentale posto dallo
Stato in materia di «tutela della salute» e, pertanto, viola l’art. 117, terzo
comma, Cost. per le medesime ragioni già esposte nel ricorso iscritto al n. 58
del reg. ric. 2019.
Il ricorrente afferma, inoltre, che la disposizione regionale si pone in
contrasto con l’art. 33, sesto comma, Cost., in quanto la costituzione della
nuova AOU, nell’incidere su attività di didattica e di ricerca demandate alla
definizione di un protocollo tra Regione e Università competente, lede il
principio dell’autonomia universitaria.
1.2.2.– La seconda questione è promossa nei confronti del comma 4 dell’art.
9 della legge reg. Calabria n. 1 del 2020 che, secondo l’Avvocatura generale
dello Stato, ripropone, a sua volta, quanto già previsto dall’art. 1, comma 3,
della abrogata legge reg. Calabria n. 6 del 2019 circa la definizione, con
protocollo d’intesa sottoscritto dal Rettore, dal commissario ad acta per il
rientro dal disavanzo della spesa sanitaria e dal Presidente della Giunta
regionale, dei rapporti fra la Regione Calabria e l’Università degli studi
“Magna Graecia” di Catanzaro, in materia di attività
integrate di didattica, ricerca e assistenza. Conseguentemente, essa viene
censurata per le medesime ragioni già esposte nel ricorso iscritto al n. 58 del
reg. ric. 2019, poiché il previsto coinvolgimento anche del Presidente della
Giunta regionale nella definizione del protocollo di intesa lederebbe l’art.
120, secondo comma, Cost., in quanto comporterebbe un’interferenza con le
funzioni e i compiti del commissario ad acta, nominato per l’attuazione del
piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria della Regione Calabria e a
cui, pertanto, esclusivamente compete la sottoscrizione del protocollo stesso,
in luogo degli organi regionali ordinariamente competenti.
2.– I due giudizi vanno riuniti, in ragione della coincidenza delle
questioni sollevate nei confronti delle disposizioni dettate dalle leggi
regionali calabresi n. 6 del 2019 e n. 1 del 2020, relative all’integrazione
delle aziende ospedaliere del capoluogo regionale e alla stipula del protocollo
d’intesa per la definizione dei rapporti tra la Regione Calabria e l’Università
degli studi “Magna Graecia” di Catanzaro.
3.– Deve innanzitutto essere dichiarata la cessazione della materia del
contendere in relazione al giudizio originato dal ricorso n. 58 del 2019, per
effetto dell’intervenuta abrogazione dell’intera legge reg. Calabria n. 6 del
2019, ad opera dell’art. 11, comma 2, della legge reg. Calabria n. 1 del 2020.
Le impugnate disposizioni della legge regionale abrogata non hanno trovato,
infatti, applicazione medio tempore, come attestano gli stessi lavori
preparatori della legge reg. Calabria n. 1 del 2020 e la dichiarazione –
allegata dalla difesa regionale – del dirigente generale del dipartimento
Tutela della salute della Regione Calabria, rilasciata in data 16 dicembre
2020, secondo cui «[n]on risulta in atti alcun provvedimento di applicazione
della legge regionale 13 marzo 2019, n. 6 […] né risulta stipulato il
protocollo d’intesa nella stessa richiamato».
Non sussiste, poi, il rischio paventato dalla difesa statale che la
declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni recate dalla
legge reg. Calabria n. 1 del 2020, riproduttive di quelle abrogate della legge
regionale n. 6 del 2019, possa comportarne la reviviscenza. Difatti, la norma
di espressa abrogazione della legge regionale n. 6 del 2019, dettata dall’art.
11, comma 2, della legge reg. Calabria n. 1 del 2020, costituisce una
previsione autonoma, non impugnata.
4.– Passando all’esame del ricorso n. 57 del 2020, è innanzitutto fondata
la questione promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., nei
confronti dei commi 1 e 2 dell’art. 9 della legge reg. Calabria n. 1 del 2020.
Ciò in quanto le modalità con cui essi hanno disposto la «integrazione» delle
due aziende ospedaliere di Catanzaro violano principi fondamentali in materia
di «tutela della salute» posti dalle disposizioni statali evocate come
parametri interposti.
Le disposizioni impugnate – che ripropongono quanto già stabilito dall’art.
1, commi 1 e 2, della abrogata legge reg. Calabria n. 6 del 2019 – prevedono:
«1. Al fine di migliorare l’offerta assistenziale e l’ottimizzazione delle
risorse, l’Azienda Ospedaliera “Pugliese Ciaccio” di Catanzaro è integrata con
l’Azienda Ospedaliero Universitaria “Mater Domini” di Catanzaro ed assume la
denominazione di Azienda Ospedaliero-Universitaria “Mater Domini - Pugliese
Ciaccio”; 2. L’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Mater Domini - Pugliese
Ciaccio” ha sede in Catanzaro, ha personalità giuridica pubblica e autonomia
imprenditoriale ai sensi della vigente normativa e subentra nelle funzioni e
nei rapporti giuridici attivi e passivi dell’Azienda Ospedaliera “Pugliese
Ciaccio” e dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Mater Domini”».
La riportata formulazione attesta in modo inequivoco che si è in presenza
di una fusione realizzata tramite la costituzione di una nuova AOU e non già
attraverso l’incorporazione della azienda ospedaliera nella preesistente AOU
catanzarese.
Difatti, il previsto subentro nelle funzioni e nei rapporti giuridici
attivi e passivi facenti capo ad entrambe le preesistenti aziende ospedaliere
non risulta compatibile con un processo di “integrazione” attraverso la fusione
per incorporazione, che riguarderebbe solo l’azienda incorporata.
A sua volta, la previsione del comma 2 del successivo art. 10 della legge
regionale in esame, non impugnata, recante “Misure di adeguamento” conseguenti
all’integrazione tra le due preesistenti aziende ospedaliere di Catanzaro, nel
disporre che esse sono soppresse dalla data di insediamento del direttore
generale dell’azienda unica, conferma che si è in presenza della costituzione
di una “nuova” azienda ospedaliero-universitaria.
L’intervento regionale contrasta, inoltre, con quanto previsto dagli atti
della gestione commissariale, secondo cui l’integrazione di cui trattasi
avrebbe dovuto essere disposta tramite la fusione per incorporazione della AO
nella AOU, e non attraverso l’istituzione di una nuova azienda
ospedaliero-universitaria (in tal senso il programma operativo 2016-2018,
approvato con delibera commissariale n. 63 del 5 luglio 2016 e il documento
programmatico dell’aprile 2019, richiamato dalla stessa difesa regionale).
Il percorso così delineato dalla gestione commissariale per realizzare
l’integrazione in oggetto, nel rispetto dei ruoli e delle competenze dei
diversi livelli istituzionali e di governo coinvolti, come definiti dalla
disciplina statale di riferimento, è stato, dunque, disatteso dal censurato
intervento normativo regionale.
Nella fattispecie non è del resto ravvisabile, diversamente da quanto
affermato dalla difesa regionale, alcun peculiare “percorso procedimentale” per
concretizzare l’obiettivo dell’accorpamento delle aziende ospedaliere
preesistenti; si è, infatti, realizzata una nuova azienda al di fuori delle
previsioni dettate dall’art. 4 del d.lgs. n. 502 del 1992, in combinato
disposto con l’art. 2 del d.lgs. n. 517 del 1999.
Analogamente non è fondata la argomentazione della Regione, che, sulla
scorta del “principio dell’effetto utile”, fa leva sul conseguimento
sostanziale, da parte delle disposizioni impugnate, dell’obiettivo della
riconduzione «ad unità» delle due aziende ospedaliere di Catanzaro.
La tesi della difesa regionale omette, difatti, di considerare che tale
risultato deve comunque essere perseguito nel doveroso rispetto della normativa
statale e dello stesso programma operativo della gestione commissariale.
L’accoglimento della questione, in riferimento alla dedotta violazione di
principi fondamentali in materia di «tutela della salute», comporta
l’assorbimento della censura relativa alla lesione dell’autonomia universitaria
di cui all’art. 33, sesto comma, Cost.
5.– La seconda questione è promossa, in riferimento all’art. 120 Cost., nei
confronti dell’art. 9, comma 4, della legge reg. Calabria n. 1 del 2020, nella
parte in cui prevede che il protocollo d’intesa per la definizione dei rapporti
tra la Regione Calabria e l’Università degli studi “Magna Graecia”
di Catanzaro, in materia di attività integrate di didattica, ricerca e
assistenza, sia sottoscritto non solo «dal Rettore dell’Università degli Studi»
e «dal Commissario ad acta», ma anche «dal Presidente della Giunta regionale».
5.1.– Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità
sollevata dalla difesa regionale per la mancata corrispondenza, in relazione al
parametro dedotto, dei motivi proposti nel ricorso con quelli indicati nella
delibera del Consiglio dei ministri di autorizzazione all’impugnazione.
Difatti la delibera menziona espressamente la violazione, ad opera della
disposizione impugnata, dell’art. 120 Cost., richiamando quanto indicato nel
ricorso n. 58 del 2019, in relazione alla corrispondente misura disposta
dall’art. 1, comma 3, della legge regionale n. 6 del 2019, di cui riproduce
quindi i contenuti.
5.2.– Nel merito la questione è fondata.
La disposizione censurata risulta lesiva dell’art. 120 Cost., dal momento
che la delibera del Consiglio dei ministri di nomina del commissario ad acta
del 7 dicembre 2018 attribuisce l’incarico di definire e stipulare il
protocollo d’intesa con l’Università, in coerenza con la normativa vigente, al
solo commissario ad acta e non al Presidente della Regione (lettera b, punto
15).
È poi ininfluente la circostanza, dedotta dalla resistente, che i lavori
preparatori evidenzino la volontà delle parti (e, in particolare, del
commissario ad acta pro tempore e del Rettore dell’Università) di coinvolgere
la Regione nel protocollo d’intesa, essendo il settore sanitario della Regione
Calabria sottoposto a commissariamento.
Difatti, la previsione secondo cui il protocollo in oggetto è definito anche
dal Presidente della Giunta regionale costituisce una oggettiva interferenza da
parte del legislatore regionale con le funzioni e i compiti demandati al
commissario ad acta, in violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. (ex multis, sentenze n. 177
e n. 166 del
2020, n. 94
del 2019 e n.
190 del 2017).
Né può sostenersi che la partecipazione del Presidente della Regione alla
sottoscrizione del protocollo d’intesa si risolva in un aspetto meramente
formale. Al contrario, tale partecipazione assume carattere sostanziale, nella
misura in cui l’organo regionale concorre alla definizione dei contenuti del
protocollo, nonostante il commissariamento gli impedisca l’esercizio dei poteri
attribuiti in via ordinaria.
6.– In ragione della decisione assunta, si deve dichiarare, in via
consequenziale, l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 9, commi 3 e 5,
e dell’art. 10 della legge reg. Calabria n. 1 del 2020, in quanto recano
disposizioni strettamente correlate, conseguenti e funzionali alla costituzione
della nuova azienda ospedaliera universitaria prevista dalle impugnate
disposizioni dell’art. 9, commi 1 e 2 della legge stessa.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1, 2 e 4,
della legge della Regione Calabria 30 aprile 2020, n. 1 (Interventi di
manutenzione normativa sulle leggi regionali 19/2002, 14/2014, 9/2018, 32/1996,
9/1992, 28/2010, 5/2018 e 6/2019);
2) dichiara, in via consequenziale, si sensi dell’art. 27 della legge 11
marzo 1953, n. 87 (Nome sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, commi 3 e 5, e
dell’art. 10 della legge reg. Calabria n. 1 del 2020;
3) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 1, commi da 1 a 4, e 2, comma 1, della
legge della Regione Calabria 13 marzo 2019, n. 6 (Integrazione delle Aziende
ospedaliere della città capoluogo della Regione), promosse, in riferimento agli
artt. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, e 120, secondo comma, della
Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso
indicato in epigrafe;
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 9 febbraio 2021.
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 30 marzo 2021.