Sentenza n. 190 del 2017

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 190

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Paolo                      GROSSI                                              Presidente

-    Giorgio                   LATTANZI                                          Giudice

-    Aldo                       CAROSI                                                     ”

-    Marta                     CARTABIA                                               ”

-    Mario Rosario        MORELLI                                                  ”

-    Giancarlo               CORAGGIO                                              ”

-    Giuliano                 AMATO                                                     ”

-    Silvana                   SCIARRA                                                  ”

-    Daria                      de PRETIS                                                 ”

-    Nicolò                    ZANON                                                     ”

-    Franco                    MODUGNO                                              ”

-    Augusto Antonio   BARBERA                                                ”

-    Giulio                     PROSPERETTI                                          ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, lettere b) e c), e 3 della legge della Regione Calabria 20 aprile 2016, n. 11 (Istituzione dei servizi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico sanitarie, tecniche della prevenzione e delle professioni sociali − modifiche alla legge regionale 7 agosto 2002, n. 29), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 20-22 giugno 2016, depositato in cancelleria il 28 giugno 2016 ed iscritto al n. 37 del registro ricorsi 2016.

Visto l’atto di costituzione, fuori termine, della Regione Calabria; 

udito nell’udienza pubblica del 23 maggio 2017 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

udito l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 1, comma 1, lettere b) e c), e 3 della legge della Regione Calabria 20 aprile 2016, n. 11 (Istituzione dei servizi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico sanitarie, tecniche della prevenzione e delle professioni sociali − modifiche alla legge regionale 7 agosto 2002, n. 29), per contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 120, secondo comma, della Costituzione.

2.− Premette il ricorrente che la Regione Calabria, in seguito a una situazione di grave squilibrio economico-finanziario nel settore sanitario, ha stipulato con il Ministero della salute e il Ministero dell’economia e delle finanze un accordo volto a individuare gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)».

Non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal piano di rientro nei tempi e nei modi previsti dal citato art. 1, comma 180, dall’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 e dai successivi interventi legislativi in materia, la Regione è stata commissariata ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, e nella seduta del 30 luglio 2010 il Consiglio dei ministri ha nominato commissario ad acta il Presidente pro tempore della Regione medesima.

Con delibera n. 44 del 3 agosto 2010, il commissario, ai sensi dell’art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», ha approvato i programmi operativi 2013-2015 per la prosecuzione del piano di rientro.

Il Consiglio dei ministri, con delibera del 12 marzo 2015, ai sensi dell’art. 1, comma 569, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», ha quindi conferito a un nuovo soggetto l’incarico di commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro.

Con tale delibera è stato attribuito al nuovo commissario il medesimo mandato già affidato al precedente, ricomprensivo del compito di adottare il «provvedimento di riassetto della rete di assistenza territoriale, in coerenza con quanto specificamente previsto dal patto per la salute 2014/2016» (punto n. 4), e il «provvedimento di riassetto della rete ospedaliera» (punto n. 1).

La sopravvenuta legge regionale n. 11 del 2016, in modifica della legge della Regione Calabria 7 agosto 2002, n. 29 (Approvazione disposizioni normative collegate alla legge finanziaria regionale relative al Settore Sanità), ha inteso regolamentare i servizi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative tecnico-sanitarie, tecniche della prevenzione e delle professioni sociali.

3.− Osserva, in particolare, il ricorrente che l’art. 1, comma 1, lettere b) e c) della legge regionale n. 11 del 2016 istituisce «b) […] il Servizio delle professioni sanitarie (SPS) in tutte le Aziende sanitarie provinciali, ospedaliere, universitarie e presso il dipartimento Tutela della salute della Regione Calabria; c) […] il Servizio sociale professionale (SSP) in tutte le Aziende sanitarie provinciali, ospedaliere, universitarie e presso il dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria».

3.1.– Tale norma, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, nonostante l’espressa menzione del  decreto n. 130 del 16 dicembre 2015 del commissario ad acta, se ne discosterebbe in maniera sostanziale.

Con il citato decreto, infatti, il commissario, nell’approvare le relative linee guida, avrebbe fornito alle aziende del servizio sanitario regionale criteri condivisi per l’adozione dei singoli atti aziendali, nell’ambito dei quali esercitare la propria autonomia organizzativa.

Sulla base di tali linee guida, in particolare, le singole aziende sanitarie possono istituire il Servizio delle professioni sanitarie (SPS) e il Servizio sociale professionale (SSP), conformemente all’art. 7 della legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica).

Il contrasto delle disposizioni censurate con il decreto commissariale sarebbe allora evidente, perché le prime, istituendo direttamente i menzionati servizi, avrebbero sostanzialmente avocato al Consiglio regionale una competenza propria delle aziende sanitarie, il cui esercizio avrebbe dovuto essere vagliato dalla struttura commissariale.

3.2.– La norma censurata sarebbe dunque incostituzionale sotto un duplice profilo.

Per un verso, essa interferirebbe con le valutazioni e i poteri del commissario ad acta, e tale semplice interferenza determinerebbe la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.

Per altro verso, essa si sovrapporrebbe alle previsioni del piano di rientro, e in particolare alle azioni di governance di cui al programma operativo 2013/2015, n. 10 (approvato con decreto del commissario ad acta n. 14 del 2 aprile 2015), e per ciò solo contrasterebbe, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., con i princìpi fondamentali della legislazione statale diretti alla tutela della salute e al contenimento della spesa pubblica in materia sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali gli interventi previsti nell’accordo Stato-Regioni e nel piano di rientro sono vincolanti per la Regione.

4.– Incostituzionale, secondo il ricorrente, è anche l’art. 3 della legge regionale n. 11 del 2016, ai sensi del quale «[a]l comma 3 dell’art. 20 della legge regionale 7 agosto 2002, n. 29 (Approvazione disposizioni normative collegate alla legge finanziaria regionale relative al Settore Sanità), la parola “sei” è sostituita dalla parola “dodici”».

Precisa l’Avvocatura generale dello Stato che il testo originario della norma modificata attribuiva alla Giunta regionale, «[p]er esigenze di carattere straordinario», la facoltà di nominare commissari nelle aziende sanitarie e in quelle ospedaliere «per un periodo di sei mesi eventualmente rinnovabile per una sola volta fino ad un massimo di sei mesi».

La disposizione censurata è dunque intervenuta sulla durata dell’incarico dei commissari straordinari regionali, innalzandolo a dodici mesi (rinnovabili), il che contrasterebbe con il carattere temporaneo ed eccezionale proprio delle gestioni commissariali.

In tal modo la disposizione impugnata finirebbe, infatti, con il configurare il commissariamento come una sorta di gestione ordinaria, con elusione delle norme che prevedono i requisiti per la nomina a direttore generale, e in particolare dell’art. 3-bis del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), recante principi fondamentali nella materia «tutela della salute», con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

5.– Con memoria depositata il 9 settembre 2016 si è costituita la Regione Calabria, eccependo, in primo luogo, che la legge regionale impugnata non costituisce ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro e dei suoi programmi operativi, poiché i suoi contenuti non interferirebbero in alcun modo con il mandato commissariale.

5.1.– In particolare, l’art. 1, comma 1, della legge Reg. Calabri n. 11 del 2016 non si porrebbe in contrasto con le linee guida fornite dal commissario ad acta con il decreto n. 130 del 2015, poiché solo apparentemente imputerebbe al Consiglio regionale delle competenze proprie delle aziende sanitarie e ospedaliere, come sarebbe reso evidente dalla lettera d) del comma 1 medesimo, che «delega la Giunta regionale della Calabria, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, all’emanazione, di concerto con il dipartimento Tutela della Salute e con il Commissario ad acta, di un apposito atto regolamentare teso a promuovere e valorizzare le funzioni e il ruolo delle professioni sanitarie disciplinate dalla L. 251/2000, definendone gli aspetti organizzativi, gestionali e dirigenziali».

La norma sarebbe legittima perché la materia dell’organizzazione sanitaria e amministrativa delle aziende sanitarie e ospedaliere, fermi i princìpi del d.lgs. n. 502 del 1992, rientrerebbe nella potestà legislativa regionale in forza dell’art. 117, terzo comma, Cost.; perché al commissario ad acta spetterebbero competenze amministrative e non legislative; e perché, a fronte di provvedimenti legislativi regionali che interferiscano con il piano, il commissario è legittimato a richiedere al Consiglio regionale la loro rimozione ai sensi dell’art. 2, comma 80, della citata legge n. 191 del 2009.

5.2.– Quanto alla censura relativa all’art. 3 della legge regionale n. 11 del 2016, la Regione Calabria eccepisce che, pur con la modifica temporale contestata, il commissariamento delle aziende sanitarie e ospedaliere resta di carattere straordinario, trattandosi di organo di durata annuale prorogabile solo per un altro anno.

Ad opinare diversamente, il medesimo problema si porrebbe per le norme statali che prevedono il commissariamento delle Regioni per l’esecuzione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, anche perché vi sono commissariamenti statali «che ormai durano da oltre sette anni».

La disposizione in esame, pertanto, non sarebbe in contrasto con l’art. 3-bis del d.lgs. n. 502 del 1992 e, conseguentemente, non violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost.

Considerato in diritto

1.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 1, comma 1, lettere b) e c), della legge della Regione Calabria 20 aprile 2016, n. 11 (Istituzione dei servizi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico sanitarie, tecniche della prevenzione e delle professioni sociali − modifiche alla legge regionale 7 agosto 2002, n. 29).

Secondo il ricorrente, le disposizioni impugnate, nell’istituire il Servizio delle professioni sanitarie (SPS) in tutte le aziende sanitarie provinciali, ospedaliere, universitarie e presso il dipartimento Tutela della salute della Regione Calabria (lettera b), e il Servizio sociale professionale (SSP) in tutte le aziende sanitarie provinciali, ospedaliere, universitarie e presso il dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria (lettera c), violerebbero, in primo luogo, l’art. 120, secondo comma, della Costituzione, perché interferirebbero con le funzioni demandate al commissario ad acta, sovrapponendosi alle previsioni del piano di rientro e «alle azioni di governance di cui al programma operativo» 2013-2015 (approvato con decreto del commissario ad acta n. 14 del 2 aprile 2015), e disattendendo quanto disposto dal decreto commissariale n. 130 del 16 dicembre 2015.

Le disposizioni, inoltre, violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost., perché contrasterebbero con i princìpi fondamentali della legislazione statale diretti alla tutela della salute e al contenimento della spesa pubblica in materia sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010), secondo cui gli interventi previsti nell’accordo Stato-Regioni e nel piano di rientro sono vincolanti per la Regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, che siano di ostacolo alla loro attuazione e a non adottarne di nuovi.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi impugnato l’art. 3 della legge della Regione Calabria n. 11 del 2016, perché, nell’innalzare da sei a dodici mesi (rinnovabili) la durata del mandato dei commissari straordinari, di nomina regionale, presso le Aziende sanitarie e ospedaliere, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., con riferimento al parametro interposto dell’art. 3-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), espressione di un principio fondamentale nella materia sanitaria.

2.− In via preliminare, va rilevata la tardività della costituzione della Regione Calabria, avvenuta il 9 settembre 2016.

Ai sensi dell’art. 19, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, «[l]a parte convenuta può costituirsi in cancelleria entro il termine perentorio di 30 giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso»; ai sensi dell’art. 31, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il deposito del ricorso deve avvenire entro 10 giorni dalla notificazione.

Nel caso di specie, il ricorso è stato notificato il 22 giugno 2016 e quindi il termine stabilito per il suo deposito era il 3 luglio 2016 e − non applicandosi ai giudizi costituzionali l’istituto della sospensione feriale dei termini processuali (sentenze n. 332, n. 310 e n. 46 del 2011) − il termine ultimo per la costituzione della Regione Calabria era il 2 agosto 2016.

3.− Ancora in via preliminare deve essere rilevata l’utilizzabilità dei documenti prodotti in giudizio dall’Avvocatura generale dello Stato in prossimità dell’udienza pubblica di discussione: «l’assenza di preclusioni al loro esame si ricava implicitamente dagli ampli poteri istruttori di questa Corte, che, ai sensi dell’art. 12 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, “dispone con ordinanza i mezzi di prova che ritenga opportuni e stabilisce i tempi e i modi da osservarsi per la loro assunzione”» (sentenza n. 14 del 2017).

4.− La questione di costituzionalità dell’art. 1, comma 1, lettere b) e c), della legge della Regione Calabria n. 11 del 2016 è fondata.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «costituisce un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quanto stabilito dall’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, per cui sono vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli accordi previsti dall’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)”», finalizzati al contenimento della spesa sanitaria e al ripianamento dei debiti (da ultimo, sentenza n. 227 del 2015)» (sentenze n. 14 del 2017 e n. 266 del 2016).

Si è anche costantemente affermato che, «[q]ualora poi si verifichi una persistente inerzia della Regione rispetto alle attività richieste dai suddetti accordi e concordate con lo Stato, l’art. 120, secondo comma, Cost. consente l’esercizio del potere sostitutivo straordinario del Governo, al fine di assicurare contemporaneamente l’unità economica della Repubblica e i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.). A tal fine il Governo può nominare un commissario ad acta, le cui funzioni, come definite nel mandato conferitogli e come specificate dai programmi operativi (ex art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009), pur avendo carattere amministrativo e non legislativo (sentenza n. 361 del 2010), devono restare, fino all’esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali – anche qualora questi agissero per via legislativa – pena la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 278 e n. 110 del 2014, n. 228, n. 219, n. 180 e n. 28 del 2013 e già n. 78 del 2011). L’illegittimità costituzionale della legge regionale sussiste anche quando l’interferenza è meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di attuare il piano di rientro (sentenza n. 110 del 2014)» (sentenze n. 14 del 2017 e n. 227 del 2015).

Nel caso di specie l’interferenza sussiste, poiché le disposizioni impugnate istituiscono in via legislativa il Servizio delle professioni sanitarie (SPS) e il Servizio sociale professionale (SSP) presso tutte le aziende sanitarie e ospedaliere, mentre il decreto commissariale n. 130 del 2015 − adottato nell’esercizio dei poteri di riassetto delle reti ospedaliera e di assistenza territoriale conferiti con il mandato del 20 marzo 2015 − rimette (in conformità all’art. 7 della legge 10 agosto 2000, n. 251, recante «Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica») l’istituzione (anche) di tali strutture operative ad atti aziendali, di competenza dei dirigenti generali, soggetti all’approvazione del commissario medesimo.

5.− Rileva inoltre questa Corte che interferisce con le funzioni commissariali anche la non impugnata lettera d) del comma 1 dell’art. 1, nella parte in cui demanda a un regolamento di Giunta la definizione degli «aspetti organizzativi, gestionali e dirigenziali» relativi ai menzionati servizi.

La norma è infatti in rapporto di stretta connessione e inscindibilità funzionale con quella che prevede la loro istituzione: ad essa va pertanto estesa, in via consequenziale, la dichiarazione di illegittimità costituzionale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).

6.− Non è fondata, invece, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Calabria n. 11 del 2016, che innalza da sei a dodici mesi (rinnovabili) la durata del mandato dei commissari straordinari, di nomina regionale, presso le aziende sanitarie e ospedaliere.

L’assunto del ricorrente è che il prolungamento della durata di queste gestioni straordinarie (previste dagli artt. 3, comma 8, e 20, comma 3, della legge della Regione Calabria 7 agosto 2002, n. 29, recante «Approvazione disposizioni normative collegate alla legge finanziaria regionale relative al Settore Sanità») determinerebbe la loro equiparazione alla gestione ordinaria, in violazione dell’art. 3-bis, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, che pone determinati requisiti per la nomina a direttore generale delle aziende sanitarie.

L’assunto non può essere condiviso.

La durata del mandato commissariale, pur prolungato ad un anno, non è infatti equiparabile a quella del direttore generale, che va da tre a cinque anni (in questo senso non solo il d.P.C.m. 31 maggio 2001, n. 319, ma anche e soprattutto l’art. 3-bis, comma 8, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e l’art. 2 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, recante «Attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera p, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria»).

Il prolungamento non è, all’evidenza, finalizzato a rendere ordinaria la gestione commissariale, ma solo a consentire che essa abbia – secondo la non irragionevole valutazione del legislatore regionale – una durata adeguata alla delicatezza e alla complessità dell’incarico.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettere b) e c), della legge della Regione Calabria 20 aprile 2016, n. 11 (Istituzione dei servizi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico sanitarie, tecniche della prevenzione e delle professioni sociali − modifiche alla legge regionale 7 agosto 2002, n. 29);

2) dichiara, in applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera d), della legge della Regione Calabria n. 11 del 2016, limitatamente all’inciso «, definendone gli aspetti organizzativi, gestionali e dirigenziali»;

3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Calabria n. 11 del 2016, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2017.