Sentenza n. 177 del 2018

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SENTENZA N. 177

ANNO 2018

 

 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Giorgio                       LATTANZI                                       Presidente

-      Aldo                           CAROSI                                            Giudice

-      Marta                          CARTABIA                                              ”

-      Mario Rosario             MORELLI                                                 ”

-      Giancarlo                    CORAGGIO                                             ”

-      Giuliano                      AMATO                                                    ”

-      Silvana                        SCIARRA                                                 ”

-      Daria                           de PRETIS                                                 ”

-      Nicolò                         ZANON                                                     ”

-      Franco                         MODUGNO                                             ”

-      Augusto Antonio        BARBERA                                                ”

-      Giulio                          PROSPERETTI                                         ”

-      Giovanni                     AMOROSO                                               ”

-      Francesco                    VIGANÒ                                                   ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 15, commi 3 e 4, della legge della Regione Campania 5 aprile 2016, n. 6 (Prime misure per la razionalizzazione della spesa e il rilancio dell’economia campana - Legge collegata alla legge regionale di stabilità per l’anno 2016), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania, nel procedimento vertente tra Fort@Energy srl e la Regione Campania, con ordinanza del 1° aprile 2017, iscritta al n. 140 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visto l’atto di costituzione della Regione Campania;

udito nell’udienza pubblica del 20 giugno 2018 il Giudice relatore Aldo Carosi;

udito l’avvocato Rosanna Panariello per la Regione Campania.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 1° aprile 2017 il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 15, commi 3 e 4, della legge della Regione Campania 5 aprile 2016, n. 6 (Prime misure per la razionalizzazione della spesa e il rilancio dell’economia campana - Legge collegata alla legge regionale di stabilità per l’anno 2016), in riferimento agli artt. 41, 97 e 117, primo e terzo comma, della Costituzione e in relazione all’art. 12, comma 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), e all’art. 13 della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.

1.1.– I commi censurati prevedono la sospensione del rilascio, rispettivamente, dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianti eolici e dell’autorizzazione regionale per impianti di produzione energetica con utilizzo di biomasse fino al verificarsi delle condizioni contemplate dal medesimo art. 15 della legge reg. Campania n. 6 del 2016.

Ad avviso del rimettente, tali norme sarebbero riconducibili, oltre che alla materia «tutela dell’ambiente», anche a quella «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.

In detto ambito, l’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003 – che prevede un termine massimo non superiore a novanta giorni, al netto dei tempi previsti per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale, per la conclusione del procedimento autorizzatorio – esprimerebbe un principio fondamentale della materia, con il quale colliderebbe la moratoria prevista dalle norme censurate.

Il citato principio, peraltro, sarebbe stato originariamente attuativo dell’art. 6 della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità – secondo cui «[g]li Stati membri […] valutano l’attuale quadro legislativo e regolamentare esistente delle procedure di autorizzazione o delle altre procedure di cui all’articolo 4 della direttiva 96/92/CE applicabili agli impianti per la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili allo scopo di: […] ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili, […] razionalizzare e accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo» – e sarebbe ora attuativo, dell’art. 13 della direttiva 2009/28/CE – secondo cui «[g]li Stati membri assicurano che le norme nazionali in materia di procedure di autorizzazione […] applicabili agli impianti […] per la produzione di elettricità […] a partire da fonti energetiche rinnovabili e al processo di trasformazione della biomassa in biocarburanti o altri prodotti energetici siano proporzionate e necessarie. Gli Stati membri prendono in particolare le misure appropriate per assicurare che: […] c) le procedure amministrative siano semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato […]» – con la conseguenza che le norme censurate contrasterebbero anche con detta disposizione e, suo tramite, con l’art. 117, primo comma, Cost.

Infine, l’art. 15, commi 3 e 4, della legge reg. Campania n. 6 del 2016 violerebbe gli artt. 97 e 41 Cost., in quanto la sospensione del potere autorizzativo relativo a un’attività non solo consentita, ma anche promossa e incentivata dall’ordinamento nazionale ed europeo, non troverebbe giustificazione nel buon andamento dell’amministrazione e costituirebbe un grave ostacolo all’iniziativa economica nel campo della produzione energetica da fonti rinnovabili.

1.2.– Il rimettente riferisce che la società ricorrente aveva chiesto alla Regione Campania il rilascio di due autorizzazioni relative alla costruzione e all’esercizio di altrettanti impianti di produzione di energia elettrica da fonte eolica. Nonostante il favorevole esito dell’istruttoria svolta, tali istanze, in applicazione della normativa censurata, non erano state accolte. Di qui la rilevanza delle questioni sollevate.

2.– Si è costituita in giudizio la Regione Campania, parte nel giudizio a quo, limitandosi a chiedere che le questioni sollevate siano dichiarate inammissibili o, comunque, non fondate.

Con successiva memoria illustrativa, depositata in prossimità dell’udienza, la Regione ha anzitutto sollecitato la restituzione degli atti al rimettente in considerazione: a) dell’art. 1, comma 59, della legge della Regione Campania 31 marzo 2017, n. 10 (Misure per l’efficientamento dell’azione amministrativa e l’attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2017 - Collegato alla stabilità regionale per il 2017), che ha introdotto nell’art. 15 della legge reg. n. 6 del 2016 il comma 1-bis, in virtù del quale i procedimenti amministrativi per il rilascio dell’autorizzazione unica non conclusi alla data del 6 aprile 2016 (data di entrata in vigore della legge reg. Campania n. 6 del 2016) o avviati successivamente «si perfezionano nel rispetto delle previsioni dettate nella delibera di Giunta regionale di cui al comma 1», ossia debbono rispettare le indicazioni, ivi contenute, circa i criteri e le aree inidonee alla realizzazione di impianti eolici; b) della riferita reiezione delle istanze di autorizzazione unica avanzate dalla ricorrente nel giudizio principale in ragione dell’inidoneità delle aree di ubicazione alla stregua dell’asserito intervento delle deliberazioni della Giunta regionale richiamate nella normativa censurata.

In secondo luogo, la Regione deduce l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 4, della legge reg. Campania n. 6 del 2016, in quanto prive di rilevanza, trattandosi di norma relativa a impianti di produzione energetica con utilizzo di biomasse e non da fonte eolica.

Nel merito, la Regione afferma di aver già raggiunto gli obiettivi fissati a livello europeo e nazionale di sviluppo energetico da fonte eolica e che, pertanto, si poneva l’urgente necessità di contemperare l’esigenza di produzione di energia «pulita» con quella di tutela del paesaggio in quelle poche aree del territorio campano in cui si concentrano gli impianti. Di qui la ragionevolezza della moratoria prevista – peraltro, contenuta entro termini ristretti e certi – onde evitare che l’individuazione una tantum di indirizzi e criteri, a bilanciamento degli interessi antagonisti nel rispetto del quadro normativo fissato dal legislatore statale, si traducesse in un inutile esercizio di stile.

Considerato in diritto

1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 15, commi 3 e 4, della legge della Regione Campania 5 aprile 2016, n. 6 (Prime misure per la razionalizzazione della spesa e il rilancio dell’economia campana - Legge collegata alla legge regionale di stabilità per l’anno 2016), in riferimento agli artt. 41, 97 e 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 12, comma 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), e all’art. 13 della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.

I due commi censurati prevedono la sospensione, rispettivamente, del rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianti eolici e dell’autorizzazione regionale per impianti di produzione energetica con utilizzo di biomasse, fino al verificarsi delle condizioni contemplate dal medesimo art. 15 della legge regionale.

Ad avviso del rimettente, tali norme sarebbero riconducibili, oltre che alla materia «tutela dell’ambiente», anche a quella «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.

In detto ambito, l’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003 – che prevede un termine massimo non superiore a novanta giorni, al netto dei tempi previsti per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale, per la conclusione del procedimento autorizzatorio – costituirebbe principio fondamentale della materia, con il quale colliderebbe la moratoria prevista.

Il citato principio, peraltro, sarebbe stato attuativo, originariamente, dell’art. 6 della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità e, attualmente, dell’art. 13 della direttiva n. 2009/28/CE, il quale prescrive agli Stati membri di assumere le misure appropriate per assicurare che le procedure di autorizzazione di impianti per la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili «siano semplificate e accelerate». Conseguentemente, le norme censurate contrasterebbero anche con detta previsione e, suo tramite, con l’art. 117, primo comma, Cost.

Infine, l’art. 15, commi 3 e 4, della legge reg. Campania n. 6 del 2016 violerebbe gli artt. 97 e 41 Cost., in quanto la sospensione del potere autorizzativo relativo a un’attività non solo consentita, ma anche promossa e incentivata dall’ordinamento nazionale ed europeo, non troverebbe giustificazione nel buon andamento dell’amministrazione e costituirebbe un grave ostacolo all’iniziativa economica nel campo della produzione energetica da fonti rinnovabili.

In punto di rilevanza, il rimettente riferisce che la società ricorrente aveva chiesto alla Regione Campania il rilascio di due autorizzazioni relative alla costruzione e all’esercizio di altrettanti impianti di produzione di energia elettrica da fonte eolica e che, nonostante il favorevole esito dell’istruttoria svolta, tali istanze, in applicazione della normativa censurata, non erano state accolte. Di qui l’impugnativa dell’atto di mancato accoglimento.

2.– Preliminarmente, occorre esaminare la richiesta, formulata dalla Regione Campania nella memoria illustrativa, di restituzione degli atti al giudice a quo, affinché proceda a un rinnovato esame della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni alla luce dello ius superveniens rappresentato dall’art. 1, comma 59, della legge della Regione Campania 31 marzo 2017, n. 10 (Misure per l’efficientamento dell’azione amministrativa e l’attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2017 - Collegato alla stabilità regionale per il 2017), che, inserendo nell’art. 15 della legge reg. Campania n. 6 del 2016 il comma 1-bis, ha espressamente previsto l’applicabilità delle prescrizioni contenute nella delibera della Giunta regionale – la quale, frattanto, sarebbe effettivamente intervenuta – circa i criteri e le aree inidonee alla realizzazione di impianti eolici ai procedimenti non conclusi alla data del 6 aprile 2016, di entrata in vigore della legge reg. Campania n. 6 del 2016.

La richiesta avanzata non può essere accolta.

L’art. 1, comma 59, della legge reg. Campania n. 10 del 2017 – che, peraltro, non incide sulla sospensione disposta dalle norme censurate, ma ne presuppone il venir meno – non è successiva all’ordinanza di rimessione, in quanto contenuta in una legge pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania del 31 marzo 2017, n. 28, ed entrata in vigore il giorno stesso del deposito dell’ordinanza di rimessione (il 1° aprile 2017).

La citata disposizione, inoltre, non produce un effetto diverso da quello automaticamente conseguente al principio tempus regit actum, atteso che, anche in mancanza di esplicita previsione, la sospensione prevista dalle norme censurate avrebbe comunque determinato l’applicabilità delle determinazioni della Giunta regionale – eventualmente sopravvenute – in ordine all’idoneità delle aree di incidenza, una volta cessata la moratoria per effetto delle medesime determinazioni.

Dunque, il citato ius superveniens è ininfluente nel giudizio a quo (ex multis, ordinanza n. 76 del 2018).

Né rileva che, in seguito, come sostenuto dalla Regione, le istanze di autorizzazione unica avanzate dalla ricorrente siano state definitivamente rigettate in sede amministrativa, atteso che il giudizio di costituzionalità non risente delle vicende di fatto successive all’ordinanza di rimessione (ex plurimis, sentenza n. 264 del 2017).

3.– In accoglimento dell’eccezione formulata dalla Regione, devono essere dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 4, della legge reg. Campania n. 6 del 2016.

La norma sospende il rilascio delle autorizzazioni regionali per impianti di produzione di energia con utilizzo di biomasse, ai quali, tuttavia, per espressa indicazione del rimettente, non si riferiscono le richieste di autorizzazione unica avanzate dalla società ricorrente, viceversa afferenti alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica da fonte eolica.

Nella fattispecie, dunque, il giudice a quo non deve fare applicazione del censurato comma 4 dell’art. 15 al fine di sindacare la legittimità dell’atto impugnato, onde l’inammissibilità per difetto di rilevanza delle questioni sollevate.

4.– Tanto premesso, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3, della legge reg. Campania n. 6 del 2016 sono fondate in riferimento a tutti i parametri evocati.

4.1.– Con riguardo alle censure sollevate in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., la previsione della sospensione del rilascio di nuove autorizzazioni per impianti eolici nel territorio regionale produce un effetto di procrastinazione che contravviene al principio fondamentale espresso dall’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003 (sentenze n. 192 del 2011, n. 168 e n. 124 del 2010, n. 282 del 2009 e n. 364 del 2006). Tale contrasto comporta la violazione del predetto parametro.

Infatti, secondo il costante orientamento di questa Corte, la disciplina del regime abilitativo degli impianti di energia da fonti rinnovabili rientra, oltre che nella materia «tutela dell’ambiente», anche nella competenza legislativa concorrente, in quanto riconducibile a «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» (art. 117, terzo comma, Cost.), nel cui ambito i principi fondamentali sono dettati anche dal d.lgs. n. 387 del 2003 e, in specie, dall’art. 12 (ex multis, sentenza n. 14 del 2018).

Più in particolare, questa Corte ha espressamente affermato che «[l]’indicazione del termine, contenuto nell’art. 12, comma 4, deve qualificarsi quale principio fondamentale in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, in quanto tale disposizione risulta ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità garantendo, in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito del procedimento autorizzativo» (sentenza n. 156 del 2016).

4.2.– La norma impugnata collide con l’art. 117, primo comma, Cost. anche per il sostanziale contrasto con la prescrizione dell’art. 13 della direttiva 2009/28/CE.

Come già rilevato da questa Corte, «la normativa comunitaria promuove […] il maggiore ricorso all’energia da fonti rinnovabili, espressamente collegandolo alla necessità di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, e dunque anche al rispetto del protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in una prospettiva di modifica radicale della politica energetica dell’Unione. […] Il percorso tracciato, a partire dalla direttiva 2001/77/CE (art. 6), ha avuto come prioritario obiettivo la creazione di un mercato interno dell’energia da fonti rinnovabili, e in questa direzione la normativa comunitaria ha richiesto agli Stati membri di dettare regole certe, trasparenti e non discriminatorie, in grado di orientare le scelte degli operatori economici, favorendo gli investimenti nel settore. In una diversa, non meno importante, direzione, la normativa comunitaria ha richiesto agli Stati membri di semplificare i procedimenti autorizzatori» (sentenza n. 275 del 2012).

Il percorso inaugurato dalla menzionata direttiva 2001/77/CE, cui è stata data attuazione con il d.lgs. n. 387 del 2003, è proseguito con la direttiva 2009/28/CE, sostitutiva della precedente, che ha ricevuto attuazione con il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE).

Quest’ultima direttiva, all’art. 13, prevede che gli Stati membri adottino misure «appropriate per assicurare che: […] c) le procedure amministrative siano semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato; d) le norme in materia di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze siano […] proporzionate […] e tengano pienamente conto delle specificità di ogni singola tecnologia per le energie rinnovabili».

La normativa europea, dunque, da un lato, esige che la procedura amministrativa si ispiri a canoni di semplificazione e rapidità – esigenza cui risponde il procedimento di autorizzazione unica – e, dall’altro, richiede che in tale contesto confluiscano, per essere ponderati, gli interessi correlati alla tipologia di impianto, quale, nel caso di impianti energetici da fonte eolica, quello, potenzialmente confliggente, della tutela del territorio nella dimensione paesaggistica.

La sospensione disposta in via generale dalla disposizione censurata collide con le norme di principio della legge nazionale in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e con le ricordate norme europee che, per i termini in cui sono formulate, mostrano chiaramente di non tollerare condizionamenti anche se giustificati da un’asserita esigenza di tutela dell’ambiente.

La moratoria prevista dalla Regione Campania, infatti, si inserisce in una cornice normativa interna e sovranazionale diversa da quella relativa alle fattispecie recentemente scrutinate da questa Corte con le sentenze n. 151 e n. 150 del 2018, in quanto connotata dalla presenza degli evidenziati principi e criteri direttivi che impediscono l’arresto dei procedimenti autorizzatori in nome della salvaguardia di interessi ulteriori, i quali possono comunque trovare considerazione nel contesto procedimentale unificato, attraverso una concreta ponderazione della fattispecie in sede amministrativa.

4.3.– Per ragioni parzialmente coincidenti con quelle poc’anzi esposte, è fondata anche la censura posta in riferimento all’art. 97 Cost.

A proposito degli impianti da fonte di energia rinnovabile, questa Corte ha evidenziato che «[è] nella sede procedimentale […] che può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l’interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunità, e che trovano nei princìpi costituzionali la loro previsione e tutela. La struttura del procedimento amministrativo, infatti, rende possibili l’emersione di tali interessi, la loro adeguata prospettazione, nonché la pubblicità e la trasparenza della loro valutazione, in attuazione dei princìpi di cui all’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi): efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza. Viene in tal modo garantita, in primo luogo, l’imparzialità della scelta, alla stregua dell’art. 97 Cost., ma poi anche il perseguimento, nel modo più adeguato ed efficace, dell’interesse primario, in attuazione del principio del buon andamento dell’amministrazione, di cui allo stesso art. 97 Cost.» (sentenza n. 69 del 2018).

La scelta della norma censurata di sospendere il rilascio dell’autorizzazione unica non solo trascura completamente le istanze recate dalle normative europea e nazionale precedentemente richiamate, ma paralizza – seppur momentaneamente – la stessa sede in cui tutti gli interessi coinvolti debbono confluire per trovare adeguato contemperamento onde garantire il buon andamento dell’azione amministrativa.

In altre parole, l’esigenza della Regione di assicurarsi gli spazi deliberativi di cui all’art. 15, commi 1 e 2, della legge reg. Campania n. 6 del 2016, è stata fatta valere al di fuori degli schemi procedimentali tipizzati dal legislatore competente e sostanzialmente si è tradotta, per il periodo della moratoria, in una sottrazione dell’intero territorio regionale alla costruzione e all’esercizio di impianti eolici. Ciò è in contrasto con quanto affermato da questa Corte proprio nei confronti della Regione Campania con riguardo a uno degli spazi rimessi all’iniziativa regionale in rilievo, vale a dire che «il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale per individuare “le aree e i siti non idonei” alla installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile ai sensi dell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 e del paragrafo 17 delle linee guida, non permette in alcun modo che le Regioni prescrivano limiti generali, valevoli sull’intero territorio regionale […] perché ciò contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformità alla normativa dell’Unione europea» (sentenza n. 13 del 2014).

4.4.– Merita, infine, accoglimento anche la censura posta in riferimento all’art. 41 Cost.

Prevedendo la sospensione del rilascio di nuove autorizzazioni per impianti eolici, la disposizione censurata ha alterato il contesto normativo esistente al momento della presentazione della richiesta di autorizzazione unica, caratterizzato da una tempistica certa e celere, in coerenza con il particolare favor riconosciuto alle fonti energetiche rinnovabili dalla disciplina interna e sovranazionale.

Sotto tale profilo essa sacrifica l’interesse del richiedente alla tempestiva disamina dell’istanza, che concorre a influenzare la relativa scelta di sfruttamento imprenditoriale. Occorre al riguardo precisare che la posizione del richiedente non consiste in un diritto al rilascio dell’autorizzazione, bensì in un interesse qualificato all’esame dell’istanza a legislazione vigente, secondo il procedimento valutativo integrato precedentemente descritto.

Dunque, «il legislatore regionale ha inserito una norma non coordinata, sotto il profilo […] temporale, con l’esigenza di concentrare [i] tempi […] degli accertamenti confluenti nell’autorizzazione finale. Il risultato di tale operazione non conforme al dettato costituzionale è quello di penalizzare, attraverso non ordinati “schermi burocratici” […] le strategie industriali di settore, che non possono prescindere dal fattore tempo» (sentenza n. 267 del 2016). Né la moratoria può essere giustificata con diverso e qualificato interesse d’ordine generale, poiché, alla luce di quanto in precedenza evidenziato, nella specifica fattispecie l’interesse alla tutela del territorio nella dimensione paesaggistica trova adeguata valorizzazione all’interno degli schemi procedimentali tipizzati dal legislatore competente.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3, della legge della Regione Campania 5 aprile 2016, n. 6 (Prime misure per la razionalizzazione della spesa e il rilancio dell’economia campana - Legge collegata alla legge regionale di stabilità per l’anno 2016);

2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 4, della legge reg. Campania n. 6 del 2016, sollevate, in riferimento agli artt. 41, 97 e 117, primo e terzo comma, della Costituzione e in relazione all’art. 12, comma 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), e all’art. 13 della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2018.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2018.