Sentenza n. 272 del 2016

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SENTENZA N. 272

ANNO 2016

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                          GROSSI                                        Presidente

-           Alessandro                 CRISCUOLO                                            Giudice

-           Giorgio                       LATTANZI                                          ”

-           Aldo                           CAROSI                                               ”

-           Marta                          CARTABIA                                         ”

-           Mario Rosario             MORELLI                                            ”

-           Giancarlo                    CORAGGIO                                        ”

-           Giuliano                      AMATO                                               ”

-           Silvana                        SCIARRA                                            ”

-           Daria                           de PRETIS                                           ”

-           Nicolò                         ZANON                                               ”

-           Augusto Antonio       BARBERA                                          ”

-           Giulio                         PROSPERETTI                                    ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 20, comma 1, e 22 della legge della Regione Liguria 7 aprile 2015, n. 12 (Disposizioni di adeguamento della normativa regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 13 – 17 giugno 2015, depositato in cancelleria il 17 giugno 2015 ed iscritto al n. 65 del registro ricorsi 2015.

Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria;

udito nell’udienza pubblica del 18 ottobre 2016 il Giudice relatore Daria de Pretis;

uditi l’avvocato dello Stato Maria Letizia Guida per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Emanuela Romanelli per la Regione Liguria.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 13 – 17 giugno 2015, depositato il 17 giugno 2015 e iscritto al n. 65 del registro ricorsi 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, fra gli altri, gli artt. 20, comma 1, e 22 della legge della Regione Liguria 7 aprile 2015, n. 12 (Disposizioni di adeguamento della normativa regionale).

1.1.– L’art. 20, comma l, ha inserito il comma l-bis all’art. 5 della legge della Regione Liguria 12 giugno 1989, n. 15 (Abbattimento delle barriere architettoniche e localizzative). Il comma così aggiunto recita: «In caso di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento, ristrutturazione edilizia anche parziale di edifici non già adeguati alle norme sul superamento delle barriere architettoniche che siano sedi di attività aperte al pubblico, le medesime opere non devono determinare un peggioramento delle caratteristiche originarie di accessibilità delle unità immobiliari interessate dalle stesse».

Secondo il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, la disposizione regionale contrasterebbe con l’art. 82 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)» (di seguito TUE), il quale (come statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 111 del 2014) rientra nella materia della «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.

La disposizione statale (di cui vengono citati i commi 1, 2 e 6) impone di adeguare alle norme sull’eliminazione delle barriere architettoniche gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico che presentino accessibilità e visitabilità limitata. La norma regionale censurata, derogando alle disposizioni contenute nella legislazione dello Stato, avrebbe invaso la sfera riservata alla potestà esclusiva dello Stato.

1.2.– L’art. 22 della legge regionale impugnata ha sostituito il comma l dell’art. 6-bis della legge della Regione Liguria 21 luglio 1983, n. 29 (Costruzioni in zone sismiche - Deleghe e norme urbanistiche particolari). Il nuovo comma recita: «Nei comuni individuati ai sensi dell’articolo 83, commi 2 e 3, del d.P.R. 380/2001 e successive modificazioni e integrazioni, di cui all’allegato 1 alla presente legge, la Provincia rilascia la preventiva autorizzazione sismica, di cui all’articolo 94 del d.P.R. n. 380 del 2001 e successive modificazioni e integrazioni, ai fini dell’avvio dei lavori relativi agli interventi di nuova edificazione, di sopraelevazione di cui all’articolo 90, comma 1, del citato decreto ed agli interventi sul patrimonio edilizio esistente individuati ai sensi dell’articolo 5-bis della presente legge, soggetti a permesso di costruire e a denuncia di inizio attività (DIA) di cui agli articoli 23 e 24 della L.R. n. 16/2008 e successive modificazioni e integrazioni, fermo restando anche per gli interventi ricadenti nel campo di applicazione dell’articolo 21-bis della L.R. n. 16/2008 e successive modificazioni e integrazioni il rispetto della normativa statale in materia di norme tecniche per le costruzioni e di costruzioni in zone sismiche. Restano quindi esclusi dalla preventiva autorizzazione sismica gli interventi sul patrimonio edilizio rientranti nel campo di applicazione del predetto articolo 21-bis della L.R. n. 16/2008 e successive modificazioni e integrazioni, che sono trasmessi alla Provincia con le modalità di cui all’articolo 6, comma 3, della presente legge e sui quali la Provincia esegue controlli a campione».

La modifica apportata comporta, tra l’altro, che gli interventi sul patrimonio edilizio soggetti a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) sono sottratti all’obbligo di preventiva autorizzazione sismica.

In ciò il ricorrente ravvisa due concorrenti ragioni di illegittimità costituzionale.

In primo luogo, risulterebbe invasa la competenza esclusiva dello Stato prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. Le disposizioni sulla SCIA, infatti, attengono ai livelli essenziali delle prestazioni e, in base alla legislazione statale, la SCIA non è applicabile agli atti previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche (art. 19, comma l, della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»).

In secondo luogo, la norma regionale sarebbe da ricondurre (al di là del profilo disciplinare relativo alla SCIA) alle materie di competenza legislativa concorrente della «protezione civile» e del «governo del territorio», e contrasterebbe quindi con i principi fondamentali della materia stabiliti dall’art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001. Quest’ultimo infatti dispone che nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, non si possono iniziare lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.

1.3.– Con memoria depositata il 27 settembre 2016, il Governo ha ulteriormente precisato gli argomenti posti a fondamento dell’impugnazione. Ha aggiunto inoltre, sulla seconda questione (in tema di costruzioni realizzate in zona sismica), un profilo di contrasto con l’art. 93 del TUE, di cui non vi è traccia nel ricorso introduttivo del giudizio.

2.– Il 24 luglio 2015 si è costituita la Regione Liguria, la quale, nella memoria depositata il 26 settembre 2016, ha replicato alle censure proposte nel presente giudizio.

2.1.– Sull’art. 20, comma 1, la resistente premette che lo scopo della norma (sollecitata dalla “Consulta regionale per i diritti delle persone handicappate”) sarebbe di evitare che nella ristrutturazione di spazi privati aperti al pubblico (negozi, bar, ristoranti) comunque non adeguati alle norme sul superamento delle barriere architettoniche vengano inseriti elementi di ulteriore ostacolo alla visitabilità dei locali di vendita, per esigenze estetiche o di mera funzionalità commerciale.

Su queste basi, la disposizione non contrasterebbe con nessuno dei commi dell’art. 82 del TUE invocati dal Governo: non con il primo, che si riferisce all’esecuzione ex novo di opere edilizie; non con il secondo, che si riferisce al diverso caso di edifici vincolati, in cui il valore dell’accessibilità può esser realizzato tramite opere provvisionali; non con il sesto, che prevede la inagibilità per le opere delle quali sia resa impossibile l’utilizzazione da parte delle persone portatrici di handicap.

2.2.– Quanto all’art. 22, la resistente replica che la norma esenterebbe dalla previa autorizzazione sismica le sole opere edilizie “minori”, per la cui realizzazione (ai sensi del comma 01 dell’art. 21-bis della legge della Regione Liguria 6 giugno 2008, n. 16, recante «Disciplina dell’attività edilizia») un tecnico abilitato deve attestare la conformità dei lavori (anche) alla normativa antisismica. L’autocertificazione del tecnico assicurerebbe il corretto presidio dei valori che stanno alla base della normativa sulle costruzioni in zone sismiche e, al contempo, realizzerebbe una semplificazione procedurale senza invadere le prerogative statali evocate in ricorso.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso con il ricorso in epigrafe questioni di legittimità costituzionale di alcune norme della legge della Regione Liguria 7 aprile 2015, n. 12 (Disposizioni di adeguamento della normativa regionale), tra le quali gli artt. 20, comma 1 e 22, oggetto del presente giudizio.

1.1.– Vanno riservate a separate pronunce le decisioni sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale proposte con il ricorso in epigrafe.

2.– In primo luogo, il Governo impugna l’art. 20, comma 1, della legge della Regione Liguria n. 12 del 2015, che ha inserito il comma 1-bis all’art. 5 della legge della Regione Liguria 12 giugno 1989, n. 15 (Abbattimento delle barriere architettoniche e localizzative). La disposizione regionale, nella parte in cui prevede che «[i]n caso di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento, ristrutturazione edilizia anche parziale di edifici non già adeguati alle norme sul superamento delle barriere architettoniche che siano sedi di attività aperte al pubblico, le medesime opere non devono determinare un peggioramento delle caratteristiche originarie di accessibilità delle unità immobiliari interessate dalle stesse», violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, in riferimento all’art. 82 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)» (di seguito TUE), il quale impone di adeguare alle norme sulla eliminazione delle barriere architettoniche gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in cui sia limitata l’accessibilità e la visibilità.

2.1.– La questione è fondata.

L’art. 82 del TUE – rubricato «Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico» – prescrive la conformazione degli edifici pubblici e privati aperti al pubblico, di nuova costruzione e già esistenti (qualora siano sottoposti ad interventi di ristrutturazione), ai requisiti costruttivi e funzionali necessari per eliminare ogni ostacolo che si frapponga alla loro utilizzazione da parte di soggetti portatori di deficit anatomici o senso-percettivi.

Le disposizioni in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche, secondo la giurisprudenza costituzionale (da ultimo, la sentenza n. 111 del 2014), attengono alla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. La norma impugnata, avuto riguardo al suo oggetto e alla disciplina che introduce, si colloca nel medesimo ambito di materia riservato allo Stato. A quanto previsto dalla legge statale essa apporta tuttavia una significativa deroga.

In particolare, con riferimento alla realizzazione di opere di «ristrutturazione edilizia anche parziale di edifici non già adeguati alle norme sul superamento delle barriere architettoniche che siano sedi di attività aperte al pubblico», la norma regionale si limita a prescrivere che esse non determinino un «peggioramento delle caratteristiche originarie di accessibilità delle unità immobiliari interessate dalle stesse», e questo a fronte della previsione nella legge statale dell’obbligo generale di conformare le strutture immobiliari ai requisiti costruttivi e funzionali necessari per eliminare ogni barriera architettonica.

Ad escludere il contrasto della previsione regionale con quanto previsto nel TUE – che si traduce in un abbassamento del livello di tutela dei portatori di disabilità – non vale l’argomento difensivo formulato dal resistente, secondo cui l’art. 82, comma 1, del testo unico si riferirebbe soltanto alle nuove costruzioni. È sufficiente infatti osservare che la norma statale si riferisce a «tutte le opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico che sono suscettibili di limitare l’accessibilità e la visitabilità di cui alla sezione prima del presente capo». Il rinvio alla sezione prima del Capo III della Parte II del TUE, dedicata alla disciplina della «Eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati», esclude ogni dubbio sul fatto che l’obbligo di conformazione opera per i progetti relativi non solo alla costruzione di nuovi edifici ma anche alla ristrutturazione di interi edifici, come prescrive espressamente l’art. 77 del TUE. E d’altro canto, confermano il fatto che la norma statale non si riferisce soltanto alle nuove costruzioni anche i successivi commi dell’art. 82 del TUE, che fanno riferimento fra gli altri agli interventi soggetti a DIA (comma 3) e alle modifiche della destinazione d’uso (comma 5).

In conclusione, limitandosi a prescrivere un obbligo di non peggioramento delle «caratteristiche originarie di accessibilità» per la realizzazione di opere edilizie sugli edifici esistenti, la norma regionale impugnata invade l’ambito riservato alla potestà legislativa esclusiva statale di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni rese in favore delle persone portatrici di handicap, alterando la delicata graduazione di interessi rimessa, nel sistema di tutela delle persone disabili, al legislatore statale.

3.– Il Governo impugna inoltre l’art. 22 della legge della Regione Liguria n. 12 del 2015, che ha sostituito il comma 1 dell’art. 6-bis della legge della Regione Liguria 21 luglio 1983, n. 29 (Costruzioni in zone sismiche - Deleghe e norme urbanistiche particolari). La disposizione regionale, nella parte in cui esclude dalla preventiva autorizzazione sismica gli interventi sul patrimonio edilizio soggetti a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), sarebbe illegittima sotto un duplice profilo.

La disposizione regionale violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera m), in quanto le disposizioni in materia di SCIA attengono alla «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» e, in base alla legislazione statale (art. 19, comma l, della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»), la SCIA non è applicabile agli atti previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche.

La norma violerebbe inoltre l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi fondamentali delle materie della «protezione civile» e del «governo del territorio» dettati dall’art. 94 del TUE, secondo cui, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, non si possono iniziare lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.

3.1.– Il preteso contrasto dell’art. 22 della legge regionale impugnata con l’art. 93 del TUE in tema di denuncia dei lavori e presentazione dei progetti, menzionato dal Governo soltanto nella memoria depositata a ridosso dell’udienza pubblica e non nel ricorso introduttivo del giudizio, è estraneo al thema decidendum, in quanto la tardività della deduzione ne comporta l’inammissibilità.

3.2.– La questione è fondata.

Questa Corte ha costantemente ricondotto disposizioni di leggi regionali che disciplinano gli interventi edilizi in zone sismiche all’ambito materiale del «governo del territorio», nonché a quello della «protezione civile», per i profili concernenti «la tutela dell’incolumità pubblica» (sentenza n. 254 del 2010). In entrambe le materie, di potestà legislativa concorrente, spetta allo Stato di fissare i principi fondamentali (tra le tante, sentenze n. 300 e n. 101 del 2013, n. 201 del 2012, n. 254 del 2010, n. 248 del 2009, n. 182 del 2006). Nella richiamata giurisprudenza di questa Corte assumono la valenza di «principio fondamentale» le disposizioni contenute nel Capo IV del TUE, rubricato «Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche», che dispongono determinati adempimenti procedurali, quando rispondono ad esigenze unitarie, da ritenere particolarmente pregnanti di fronte al rischio sismico.

L’art. 94 del TUE, evocato dal Governo a parametro interposto, va qualificato come «principio fondamentale» della materia. La norma prescrive che, nelle località sismiche, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. Considerata la rilevanza del bene protetto, che coinvolge il valore della tutela dell’incolumità pubblica, la quale non tollera alcuna differenziazione collegata ad ambiti territoriali, la norma riveste una posizione «fondante» del settore dell’ordinamento al quale pertiene (ex plurimis, sentenze n. 282 del 2009, n. 364 del 2006, n. 336 del 2005). Nella sentenza n. 182 del 2006, questa Corte ha affermato che il principio della previa autorizzazione scritta desumibile dall’art. 94 del TUE trae il proprio fondamento dall’intento unificatore del legislatore statale, il quale «è palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali». La giurisprudenza successiva – nel confermare l’intento unificatore della disciplina statale in questo ambito (sentenza n. 254 del 2010) – ha ribadito la natura di principio fondamentale della menzionata previsione dell’art. 94 (sentenze n. 64 del 2013 e n. 312 del 2010).

Su queste basi, la norma regionale impugnata, escludendo dalla preventiva autorizzazione sismica gli interventi sul patrimonio edilizio soggetti a SCIA, contrasta con il principio fondamentale secondo cui, nelle zone sismiche, l’autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione condiziona l’effettivo inizio di tutti i lavori, nel senso che in mancanza di essa il soggetto interessato non può intraprendere alcuna opera, pur se in possesso del prescritto titolo abilitativo edilizio.

Non coglie, infine, nel segno l’argomento difensivo della Regione Liguria, secondo cui la disposizione impugnata esenterebbe dalla previa autorizzazione sismica le sole opere “minori” e l’autocertificazione del tecnico sul rispetto della disciplina di settore sarebbe sufficiente a presidiare i valori che stanno alla base della normativa sulle costruzioni in zone sismiche, non coglie nel segno.

In un primo senso, va osservato che l’intera normativa riguardante le opere da realizzarsi in zone dichiarate sismiche ha come ambito di applicazione oggettivo non le nuove costruzioni, ma «tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità» (art. 83 del TUE; lo stesso art. 94 si riferisce genericamente all’inizio di «lavori», senza limitazioni). Il legislatore applica cioè un concetto trasversale molto ampio, indifferente e autonomo rispetto ad altre classificazioni valevoli nella disciplina edilizia, e tendenzialmente omnicomprensivo di tutte le vicende in cui si tratti della realizzazione di un’opera edilizia rilevante per la pubblica incolumità (sul punto, Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 12 giugno 2009, n. 3706). Pertanto, la circostanza che l’opera da realizzare consista in interventi sul patrimonio edilizio esistente – alcuni dei quali possono anche presentare rilevante impatto edilizio, come la manutenzione straordinaria, consistente in frazionamenti ed accorpamenti di unità immobiliari, il restauro e il risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia, anche quella comportante la demolizione e ricostruzione di edifici esistenti (interventi tutti rientranti nel campo di applicazione dell’art. 21-bis della legge della Regione Liguria 6 giugno 2008, n. 16, recante «Disciplina dell’attività edilizia») – non mette in dubbio il fatto che possa trattarsi comunque di una costruzione da realizzarsi in zona sismica, come tale ricompresa nell’ambito di applicazione dell’art. 94 del TUE.

Sotto altro profilo, va sottolineato come l’autorizzazione preventiva costituisca uno strumento tecnico idoneo ad assicurare un livello di protezione dell’incolumità pubblica indubbiamente più forte e capillare rispetto al meccanismo del controllo ex post ed eventuale, proprio della SCIA.

In definitiva, la norma regionale impugnata, poiché introduce una deroga al principio fondamentale espresso dall’art. 94 del TUE, è costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

3.3.– Resta assorbito il concorrente profilo di censura sollevato dal Governo con riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservate a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso in epigrafe;

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 20, comma 1, e 22 della legge della Regione Liguria 7 aprile 2015, n. 12 (Disposizioni di adeguamento della normativa regionale).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 ottobre 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Daria de PRETIS, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 2016.