Sentenza n. 101 del 2013

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SENTENZA N. 101

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Franco                         GALLO                                            Presidente

-           Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

-           Gaetano                       SILVESTRI                                             ”

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5, commi 1, 2 e 3, 6 e 7 della legge della Regione Toscana 31 gennaio 2012, n. 4 (Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 “Norme per il governo del territorio” e della legge regionale 16 ottobre 2009, n. 58 “Norme in materia di prevenzione e riduzione del rischio sismico”), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 5 aprile 2012, depositato in cancelleria il 10 aprile 2012 ed iscritto al n. 68 del registro ricorsi 2012.

Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;

udito nell’udienza pubblica del 27 febbraio 2013 il Giudice relatore Sergio Mattarella;

uditi l’avvocato dello Stato Ettore Figliolia per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Toscana.

Ritenuto in fatto

1.— Con ricorso notificato il 2 aprile 2012 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 10 aprile 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli 5, commi 1, 2 e 3, 6 e 7 della legge della Regione Toscana 31 gennaio 2012, n. 4 (Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 «Norme per il governo del territorio» e della legge regionale 16 ottobre 2009, n. 58 «Norme in materia di prevenzione e riduzione del rischio sismico»).

Nel ricorso si afferma che l’art. 5 della legge impugnata sostituisce l’art. 118, commi 1 e 2, della legge della Regione Toscana 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio), introducendo la possibilità di ottenere il permesso in sanatoria per le opere ivi previste che risultano conformi alla normativa tecnico-sismica vigente soltanto al momento della loro realizzazione, o al momento dell’inizio dei lavori, e non anche al momento della presentazione dell’istanza per ottenere l’accertamento di conformità in sanatoria. Inoltre, lo stesso art. 5, comma 3, novellando il citato art. 118, prevede la possibilità di accedere all’accertamento di conformità anche per le opere realizzate in difformità dalla normativa tecnica vigente al momento della loro realizzazione.

L’art. 6 inserisce l’art. 118-bis, dopo l’art. 118, nella legge regionale n. 1 del 2005, e disciplina il «procedimento per accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità».

Infine, l’impugnato art. 7 modifica il comma 5 dell’art. 140 della legge regionale n. 1 del 2005 inserendo, prima delle parole «La domanda di attestazione», le seguenti: «Fermo restando quanto previsto dagli artt. 118 e 118-bis».

2.— Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, le disposizioni censurate contrastano con il principio fondamentale previsto dall’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), che subordina il rilascio dell’accertamento in sanatoria ivi previsto alla conformità degli interventi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente: tale conformità deve sussistere, diversamente da quanto previsto dall’art. 5 impugnato, sia al momento della presentazione della domanda che al momento della realizzazione dell’intervento stesso.

Il ricorrente richiama la sentenza n. 182 del 2006, pronunciata da questa Corte nel giudizio di legittimità costituzionale di alcune norme contenute nella legge della Regione Toscana n. 1 del 2005, che ha ribadito che «l’intento unificatore della legislazione statale è palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali».

Secondo la prospettazione del Presidente del Consiglio, l’art. 5 della legge in esame è, pertanto, incostituzionale, dal momento che, violando la norma statale di principio richiamata, viola l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto eccede la sfera di attribuzioni regionale nella materia relativa al governo del territorio.

Infine, il ricorrente sostiene che anche gli artt. 6 e 7 della legge regionale impugnata sono viziati dalla descritta illegittimità, in quanto rinviano al contenuto dell’art. 5.

3.— Nel giudizio davanti alla Corte si è costituita la Regione Toscana, per chiedere che il ricorso sia rigettato in quanto infondato.

In primo luogo la Regione, al fine di sostenere l’autonomia delle norme sismiche da quelle edilizie, osserva che l’invocato art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 è collocato nella parte I (Attività edilizia), titolo IV (Vigilanza sull’attività urbanistico edilizia, responsabilità e sanzioni), capo II (Sanzioni), mentre la disciplina per le costruzioni nelle zone sismiche è contenuta nella parte II (Normativa tecnica per l’edilizia), capo IV (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche) del medesimo decreto recante il testo unico dell’edilizia.

L’articolo 36 citato, rubricato «accertamento di conformità», al comma 1 recita: «In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 22, comma 3, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda».

La Regione Toscana afferma che tale norma é stata recepita nell’ordinamento regionale con l’art. 140 della legge regionale n. 1 del 2005, secondo cui: «Fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 132, comma 3, per i casi di opere e interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire o in totale difformità o con variazioni essenziali, o dei termini stabiliti nell’ordinanza del comune di cui all’articolo 132, comma 5, nonché, nei casi di parziale difformità, nel termine di cui all’articolo 139, comma 1, oppure nei casi di opere e interventi eseguiti in assenza di SCIA o in difformità da essa, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente titolo, l’avente titolo può ottenere il permesso di costruire o l’attestazione di conformità rilasciata dal comune in sanatoria quando l’intervento realizzato è conforme agli strumenti urbanistici generali e agli atti di governo del territorio, nonché al regolamento edilizio vigenti sia al momento della realizzazione dell’opera che al momento della presentazione della domanda».

Il comma 5 dello stesso articolo, modificato dall’impugnato art. 7 recita: «Fermo restando quanto previsto dagli articoli 118 e 118-bis la domanda di attestazione di conformità in sanatoria deve essere corredata dalla documentazione prevista dall’articolo 84».

La Regione afferma che, in virtù di tale richiamo all’articolo 84 della legge regionale n. 1 del 2005, rimasto invariato, la procedura di accertamento di conformità in sanatoria si articola, da una parte, nell’accertamento della conformità edilizio-urbanistica (che ai sensi del comma 1 dello stesso art. 140, richiede la verifica della c.d. doppia conformità agli strumenti urbanistici generali e agli atti di governo del territorio, nonché al regolamento edilizio) e, dall’altra, nell’accertamento della conformità alle altre normative di settore, tra cui la normativa antisismica.

Su questa preesistente normativa regionale riguardante il permesso in sanatoria, rimasta invariata, si é inserita la legge regionale n. 4 del 2012, oggetto del presente giudizio.

Il novellato articolo 118 della legge regionale n. 1 del 2005, come modificato dall’articolo 5 della legge regionale n. 4 del 2012, indica i requisiti sulla base dei quali l’ufficio tecnico regionale si esprime in merito alla conformità sismica, relativamente ai progetti di opere collocati in aree sismiche, per cui sia richiesto l’accertamento di conformità in sanatoria.

Secondo la Regione tale norma prevede, nel dettaglio, le varie ipotesi che si possono presentare nella pratica all’ufficio regionale, e risulta formulata sul presupposto secondo il quale il principio della doppia conformità edilizia ed urbanistica non possa applicarsi alla disciplina antisismica, che per sua natura attiene al distinto settore delle norme tecniche di costruzione.

In questa prospettazione, l’articolo 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 non include la normativa sismica tra le discipline di cui si debba verificare la persistenza della conformità, ab origine ed attuale, secondo il principio statale invocato nel ricorso. La ratio della cosiddetta doppia conformità è infatti diversa, e mira ad impedire che le scelte regolamentari e pianificatorie in materia urbanistica, espressione di volontà politica locale, possano determinare la sanatoria di intere aree già costruite abusivamente; del tutto diversa, sempre secondo la Regione, appare invece l’ipotesi in cui i mutamenti della normativa tecnica dipendano esclusivamente da progressi tecnico-scientifici e siano stabiliti a livello nazionale.

Nel quadro descritto, ad avviso della Regione Toscana, non avrebbe alcun senso escludere la possibilità di sanatoria per opere che siano conformi o si siano adeguate alle normative antisismiche più recenti, sulla base del fatto che al momento della loro costruzione non rispondevano a requisiti tecnici ormai considerati superati.

Inoltre, nell’atto di costituzione si osserva che l’esplicitata distinzione, tra la normativa edilizia-urbanistica e quella tecnico-sismica, è confermata da svariate pronunce delle sezioni penali della Corte di cassazione, che definiscono la portata della norma dell’articolo 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, escludendo da tale previsione gli aspetti riconducibili alla normativa antisismica, paesaggistica, o relativa alla costruzione in cemento armato.

In particolare, la Regione afferma che la Corte di cassazione, valutando gli effetti estintivi dei reati che derivano dal rilascio di provvedimenti di sanatoria, ha costantemente affermato che il permesso di costruire rilasciato ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 estingue, a norma dell’art. 45 dello stesso decreto, «i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti e non si estende ad altri reati correlati alla tutela di interessi diversi rispetto a quelli che riguardano l’assetto del territorio sotto il profilo edilizio, quali i reati previsti dalla normativa sulle opere in cemento armato, sulle costruzioni in zone sismiche, sulla tutela delle zone di particolare interesse paesaggistico ed ambientale» (sentenza 5 marzo 2009, n. 9922; nello stesso senso, la Regione richiama le pronunce della medesima Corte 9 marzo 2011, n. 9277, e 23 marzo 2006, n. 10205).

La non fondatezza della questione sollevata in riferimento all’art. 5 della legge regionale n. 4 del 2012 comporterebbe, per la resistente, la medesima conclusione in relazione agli artt. 5 e 6 della stessa legge.

Secondo la Regione Toscana, l’art. 6 non potrebbe essere dichiarato illegittimo neppure se si ritenesse fondata la questione relativa all’art. 5, dal momento che esso introduce l’art. 118-bis nella legge regionale n. 1 del 2005, che si limita a regolare il procedimento mediante il quale l’ufficio tecnico regionale procede all’accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità, senza condizionarne l’esito in alcun modo. La neutralità di tale disciplina procedimentale, impedisce di ritenere la consequenzialità dell’illegittimità dell’art. 6 in virtù del semplice richiamo operato dall’art. 5 della legge impugnata.

4.— In prossimità della data dell’udienza di discussione, la Regione ha presentato una memoria, insistendo nelle conclusioni rassegnate.

Considerato in diritto

1.— Il Presidente del Consiglio dubita, in riferimento all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale degli articoli 5, commi 1, 2 e 3, 6 e 7 della legge della Regione Toscana 31 gennaio 2012, n. 4, (Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 «Norme per il governo del territorio» e della legge regionale 16 ottobre 2009, n. 58 «Norme in materia di prevenzione e riduzione del rischio sismico»).

L’impugnato art. 5 sostituisce l’art. 118 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio), e introduce:

– al comma 1, la possibilità di ottenere l’accertamento di conformità in sanatoria, di cui all’art. 140 della stessa legge regionale, per le opere edilizie realizzate nei comuni già classificati sismici, in assenza dell’autorizzazione o dell’attestato di avvenuto deposito, che risultano conformi alla normativa tecnico-sismica vigente soltanto al momento della loro realizzazione; indicando anche, alle lettere a) e b), la documentazione necessaria ad ottenere il suddetto accertamento;

– al comma 2, la possibilità di ottenere il medesimo accertamento di conformità in sanatoria per le opere in corso di realizzazione nei comuni sopra indicati in assenza dell’autorizzazione o dell’attestato di avvenuto deposito, e che risultano conformi alla normativa tecnica vigente al momento dell’inizio dei lavori;

– al comma 3, la possibilità di accedere al suddetto accertamento di conformità anche per le opere realizzate, o in corso di realizzazione, in assenza dell’autorizzazione o dell’attestato sopra indicati, ed in difformità dalla normativa tecnica vigente al momento della loro realizzazione;

– al comma 4, l’indicazione dei documenti che l’interessato è tenuto ad inviare ai fini dell’accertamento di conformità per le opere realizzate nei comuni anteriormente alla classificazione sismica degli stessi.

I commi 1, 2 e 3 dell’art. 5 in questione indicano anche la documentazione che l’interessato deve trasmettere alla struttura regionale competente per ottenere l’accertamento in sanatoria.

Il censurato art. 6 inserisce l’art. 118-bis nella legge regionale n. 1 del 2005 e disciplina il «procedimento per accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità», indicando, in riferimento alle opere realizzate nelle zone di cui all’art. 118, i termini entro i quali la struttura regionale competente è tenuta al rilascio dell’autorizzazione in sanatoria e l’attestato di avvenuto deposito e, per i progetti di adeguamento di cui al comma 3 dell’art. 118 della stessa legge regionale, le modalità di trasmissione al comune per le relative verifiche di conformità urbanistica ed edilizia.

Infine, l’impugnato art. 7 modifica il comma 5 dell’art. 140 della legge della Regione Toscana n. 1 del 2005, inserendo, prima delle parole «La domanda di attestazione», le seguenti: «Fermo restando quanto previsto dagli artt. 118 e 118-bis».

Il Presidente del Consiglio dei ministri afferma che tali disposizioni si pongono in contrasto con il principio della doppia conformità previsto dall’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), rientrante nella materia relativa al governo del territorio, di competenza concorrente tra Stato e Regioni ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., che subordina il rilascio dell’accertamento in sanatoria alla conformità degli interventi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente: tale conformità deve sussistere sia al momento della presentazione della domanda che al momento della realizzazione dell’intervento edilizio per il quale si richiede l’accertamento.

In particolare, ad avviso del ricorrente, l’art. 5 della legge della Regione Toscana n. 4 del 2012 viola tale principio, consentendo l’accertamento di conformità in sanatoria per opere conformi alla normativa tecnico-sismica vigente soltanto al momento della loro realizzazione (comma 1) ovvero, per quelle in corso di realizzazione, al momento dell’inizio dei lavori (comma 2) e non anche al momento della presentazione dell’istanza, e prevedendo, al comma 3, la possibilità di accedere all’accertamento di conformità anche per le opere realizzate in difformità dalla normativa tecnica vigente al momento della loro realizzazione. Sempre secondo il ricorrente, anche gli artt. 6 e 7 della legge regionale impugnata sono viziati dalla descritta illegittimità, in quanto rinviano al contenuto dell’art. 5.

2.— Preliminarmente, si rileva che il Presidente del Consiglio dei ministri impugna l’intero art. 5 della legge della Regione Toscana n. 4 del 2012, ma rivolge le proprie censure unicamente nei confronti dei commi 1, 2 e 3 dello stesso articolo. Pertanto, si deve ritenere che la questione sollevata abbia ad oggetto tali commi 1, 2 e 3, con esclusione dell’art. 5, comma 4, della legge censurata.

3.— Nel merito, la questione è fondata.

Al fine di individuare la materia nella quale rientrano le disposizioni impugnate, è opportuno premettere che l’accertamento di conformità in sanatoria per le opere edilizie è stato previsto, per la prima volta, dall’art. 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), e successivamente è stato recepito dalla più recente e completa regolazione prevista dal testo unico approvato con d.P.R. n. 380 del 2001 che, all’art. 1, comma 1, qualifica le norme in esso contenute come «principi fondamentali e generali […] per la disciplina dell’attività edilizia».

In particolare, si osserva che le norme censurate intervengono nell’ambito della disciplina delle costruzioni nelle zone sismiche, dettando specifiche disposizioni ai fini del conseguimento del suddetto accertamento di conformità nei casi di interventi edilizi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità, o in corso di realizzazione in tali zone.

Questa Corte si è, in più occasioni, pronunciata con riguardo alla legittimità di disposizioni regionali intervenute nella disciplina delle costruzioni nelle zone sismiche, valutandone la coerenza con le norme statali di principio contenute nel richiamato testo unico di cui al d.P.R. n. 380 del 2001. Nella sentenza n. 182 del 2006, la Corte ha dichiarato illegittima, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., una disposizione della legge della Regione Toscana n. 1 del 2005 in considerazione del mancato rispetto, sotto un diverso profilo, di una norma statale di principio prevista dall’art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001 sul controllo delle costruzioni a rischio sismico, nella parte in cui non stabiliva che non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione. La disposizione regionale prevedeva, infatti, il semplice preavviso alla struttura regionale competente, senza richiedere la predetta autorizzazione.

Più in generale, in questa pronuncia la Corte ha affermato che «l’intento unificatore della legislazione statale è palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali».

Inoltre, con sentenza n. 201 del 2012, è stata dichiarata l’illegittimità di una disposizione della legge della Regione Molise 9 settembre 2011, n. 25 (Procedure per l’autorizzazione sismica degli interventi edilizi e la relativa vigilanza, nonché per la prevenzione del rischio sismico mediante la pianificazione urbanistica), che, disciplinando le procedure per l’autorizzazione sismica per gli interventi edilizi, prevedeva, in caso di modifica architettonica che comportasse un aumento dei carichi superiore al 20%, l’obbligo di redazione di una variante progettuale da depositare preventivamente, mentre per le modifiche inferiori a questo limite si richiedeva il deposito della sola verifica strutturale nell’ambito della direzione dei lavori. Questa Corte ha ritenuto che la norma regionale violasse il principio di cui all’art. 88 del d.P.R. n. 380 del 2001.

Anche in questo caso la Corte ha ribadito che «la normativa regionale impugnata, occupandosi degli interventi edilizi in zone sismiche e della relativa vigilanza, rientra nella materia della protezione civile, oggetto di competenza legislativa concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.».

Tale inquadramento, recentemente ribadito nella sentenza n. 64 del 2013, era peraltro già stato affermato nelle sentenze n. 254 del 2010 e n. 248 del 2009, in riferimento alla illegittimità di deroghe regionali alla normativa statale per l’edilizia in zone sismiche, ed in relazione al titolo competenziale di tale normativa: la Corte ha ritenuto che essa rientri nell’ambito del governo del territorio, nonché nella materia della protezione civile, per i profili concernenti «la tutela dell’incolumità pubblica» (sentenza n. 254 del 2010).

Di conseguenza, nel contesto legislativo e giurisprudenziale, ora sinteticamente richiamato, deve ritenersi che le norme impugnate nel presente giudizio – che riguardano la disciplina dei requisiti per ottenere l’accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi edilizi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità, il relativo procedimento, ed il collegamento di tali disposizioni con la procedura di accertamento di conformità in sanatoria per le opere edilizie di cui all’art. 140 della legge regionale n. 1 del 2005 – rientrano anch’esse nelle materie relative al governo del territorio e, per i profili indicati, alla protezione civile, e non costituiscono norme tecniche che esulano da tali ambiti.

4.— Il principio della doppia conformità, invocato dal Presidente del Consiglio dei ministri, è previsto dall’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, che così recita:

« 1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 22, comma 3, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.

3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende respinta.»

Come è evidente dal contenuto letterale della norma, tale principio risulta finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della «disciplina urbanistica ed edilizia» durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità.

Il rigore insito nel principio in questione trova conferma anche nell’interpretazione della giurisprudenza amministrativa, la quale afferma che, ai fini della concedibilità del permesso di costruire in sanatoria, di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, è necessario che le opere realizzate siano assentibili alla stregua non solo della disciplina urbanistica vigente al momento della domanda di sanatoria, ma anche di quella in vigore all’epoca di esecuzione degli abusi (pronunce del Consiglio di Stato, sezione IV, 21 dicembre 2012, n. 6657; sezione IV, 2 novembre 2009, n. 6784; sezione V, 29 maggio 2006, n. 3267; sezione IV, 26 aprile 2006, n. 2306).

In tal senso, la stessa giurisprudenza afferma che la sanatoria in questione – in ciò distinguendosi da un vero e proprio condono – è stata deliberatamente circoscritta dal legislatore ai soli abusi «formali», ossia dovuti alla carenza del titolo abilitativo, rendendo così palese la ratio ispiratrice della previsione della sanatoria in esame, «anche di natura preventiva e deterrente», finalizzata a frenare l’abusivismo edilizio, in modo da escludere letture «sostanzialiste» della norma che consentano la possibilità di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, ma con essa conformi solo al momento della presentazione dell’ istanza per l’accertamento di conformità (citata pronuncia del Consiglio di Stato, sezione IV, 21 dicembre 2012, n. 6657).

Ora, risulta pacifico, anche dalle argomentazioni della Regione Toscana, che le disposizioni di cui all’art. 5 della legge regionale impugnata non rispettano il principio di doppia conformità, inteso nel senso sopra descritto, ma prevedono tre distinte ipotesi di contrasto con le norme sismiche di opere già realizzate, ovvero in corso di realizzazione, senza richiedere che la sostanziale conformità alle medesime norme sussista sia nel momento della realizzazione che in quello di presentazione dell’istanza per ottenere la sanatoria. Discostandosi nettamente da tale principio, il comma 3 dell’art. 5 consente persino la regolarizzazione di opere realizzate o in corso di realizzazione, mediante la presentazione di un «progetto di adeguamento conforme alla normativa tecnica vigente al momento di presentazione della stessa».

La Regione Toscana giustifica il mancato rispetto del principio della doppia conformità edilizia ed urbanistica nelle norme impugnate con una serie di argomentazioni fondate sul presupposto interpretativo secondo il quale tale principio non possa applicarsi alla disciplina antisismica, che per sua natura rientrerebbe nelle norme tecniche di costruzione.

Peraltro, dall’esame del quadro normativo di riferimento nel quale si inseriscono le norme censurate, tale presupposto interpretativo risulta errato.

In primo luogo, la Regione afferma che l’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 è collocato nella parte I (Attività edilizia), titolo IV (Vigilanza sull’attività urbanistico edilizia, responsabilità e sanzioni), capo II (Sanzioni), mentre la disciplina per le costruzioni nelle zone sismiche è contenuta nella parte II (Normativa tecnica per l’edilizia), capo IV (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche) del medesimo decreto recante il testo unico dell’edilizia. Da tale collocazione la Regione desume un argomento a favore dell’autonomia della verifica dell’osservanza delle norme sismiche rispetto a quella richiesta dall’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, che si riferisce alla normativa urbanistica ed edilizia, nella quale non rientrerebbe la disciplina delle costruzioni in zone sismiche.

Questa ricostruzione non è condivisibile, dal momento che risulta contraddetta dalla stessa lettura sistematica delle norme richiamate.

In particolare, il capo IV della parte II del testo unico di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, reca il titolo «Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche». Il termine «particolari» indica evidentemente che si tratta di prescrizioni aggiuntive, e non alternative, a quelle generali per l’edilizia, come è confermato dall’inserimento del citato capo IV nell’ambito della Parte II dello stesso testo unico, dedicata alla «Normativa tecnica per l’edilizia».

Pertanto, le «particolari prescrizioni» antisismiche sono parte della normativa tecnica generale sull’edilizia e non ne sono separate o autonome, come invece sostiene la Regione Toscana.

In secondo luogo, dall’esame delle norme statali di principio e financo da quelle regionali, traspare evidente il necessario collegamento tra i vari accertamenti concernenti il rispetto delle normative di settore e il rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria di cui all’art. 36 del testo unico. In riferimento alle prime, l’art. 20, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, che disciplina il procedimento per il rilascio del permesso di costruire, prevede che la relativa domanda sia accompagnata dalla dichiarazione del progettista che asseveri la conformità del progetto oltre che agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi, anche alle altre normative di settore, tra le quali la disposizione statale, significativamente, richiama «in particolare» le «norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie». Parimenti, l’art. 23, comma 1-bis, dello stesso decreto, collocato nel capo III, concernente la denuncia di inizio attività, esclude che l’autocertificazione consentita in tali casi possa estendersi al rispetto, tra le altre, della «normativa antisismica». Inoltre, l’art. 94, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, dispone che «Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche […] non si possono iniziare i lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione», e questa Corte ha ritenuto illegittima la sostituzione dell’autorizzazione con un semplice preavviso (sentenza n. 182 del 2006).

Se pertanto, nel sistema dei principi delineati dalla normativa statale, sia gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, sia quelli consentiti a seguito di denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del rispetto delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che la verifica della doppia conformità, alla quale l’art. 36 del testo unico subordina il rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l’edilizia, sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento di presentazione della domanda di sanatoria.

Inoltre, il collegamento tra la verifica del rispetto della normativa per gli interventi in zone sismiche e il procedimento di accertamento di conformità edilizia, disciplinato dall’art. 140 della legge regionale toscana n. 1 del 2005, nel testo in vigore fino all’approvazione delle norme impugnate, è evidente anche nel richiamo, operato dal comma 3 di quest’ultimo articolo, all’art. 83 della stessa legge regionale, al fine di indicare le norme generali sul procedimento ed i requisiti per ottenere il permesso di costruire in sanatoria. In particolare, il comma 4 dell’art. 83 prevede che «la domanda è accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che assevera la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati oppure adottati, ai regolamenti edilizi vigenti e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico sanitarie […]».

Nel medesimo senso, va osservato che l’art. 140, come riconosciuto anche dalla Regione, richiama l’art. 84 della stessa legge regionale n. 1 del 2005, che per le opere soggette a SCIA dispone che la relazione del progettista abilitato asseveri la conformità delle opere a tutte le norme edilizie, e «in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie […]».

Sotto un ulteriore profilo, va rilevato che la pretesa autonomia del procedimento di «accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità» non trova alcun riferimento nella normativa statale di principio contenuta nel testo unico approvato con il d.P.R. n. 380 del 2001, che disciplina esclusivamente l’accertamento di conformità di cui all’art. 36, a sua volta riferito alla sanatoria di «interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all’art. 22, comma 3, o in difformità da essa».

4.1.— Deve pertanto ritenersi che l’accertamento del rispetto delle specifiche norme tecniche antisismiche è sempre un presupposto necessario per conseguire il titolo che consente di edificare, al quale si riferisce il criterio della doppia conformità.

Inoltre, non può essere condivisa l’argomentazione della difesa della Regione, che desume dalle disposizioni contenute negli articoli 98 e 100 del d.P.R. 380 del 2001 un indirizzo legislativo favorevole all’adeguamento alle norme antisismiche, piuttosto che alla sanzione, nei casi di opere edilizie non in regola con tali norme.

In particolare, il richiamato art. 98 prevede che il giudice, con il provvedimento di condanna in sede penale, in alternativa alla demolizione del manufatto, possa impartire le prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi alle norme sismiche. Al riguardo, si osserva che l’applicazione di tale disposizione, che disciplina una facoltà del giudice penale, presuppone l’accertamento del reato e, quindi, la violazione delle norme sismiche.

Tutt’altra ipotesi si rinviene nella norma impugnata che consente una possibilità di sanatoria delle violazioni delle norme sismiche e che attribuisce al privato interessato una posizione soggettiva tutelata nei confronti dell’amministrazione, al fine di ottenere l’accertamento di conformità.

Parimenti, anche la competenza rimessa alla regione dall’articolo 100 del d.P.R. 380 del 2001, secondo la quale la regione può ordinare «la demolizione delle opere o delle parti di esse eseguite in violazione delle norme del capo I del testo unico e delle norme tecniche di cui agli articoli 52 e 83, ovvero l’esecuzione di modifiche idonee a renderle conformi alle norme stesse», presuppone sempre l’accertamento di un reato, anche se estinto per qualsiasi causa, e pertanto disciplina una fattispecie nettamente distinta da quelle previste dall’articolo 5 impugnato.

4.2.— Infine, quanto alla ratio del principio statale sul quale si fonda la previsione della sanatoria di cui all’art. 36, deve osservarsi che il requisito della doppia conformità risulta strettamente correlato alla natura della violazione edilizia sottostante, che come si è visto deve essere di tipo «puramente formale».

All’opposto, sembra invece evidente che l’interpretazione proposta dalla Regione condurrebbe alla previsione di un vero e proprio condono edilizio, vanificando l’intento perseguito dal legislatore statale con l’adozione delle norme antisismiche. Come si è ricordato, questa Corte ha ritenuto che tale intento è «palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali» (sentenza n. 182 del 2006). La Corte ha anche affermato che le norme sismiche dettano «una disciplina unitaria a tutela dell’incolumità pubblica, mirando a garantire, per ragioni di sussidiarietà e di adeguatezza, una normativa unica, valida per tutto il territorio nazionale» (sentenze n. 201 del 2012 e n. 254 del 2010).

5.— Un ulteriore argomento prospettato dalla Regione Toscana si fonda sulla valenza da attribuire alla giurisprudenza della Corte di cassazione, che limita ai soli reati edilizi gli effetti estintivi, a norma dell’art. 45 del d.P.R. n. 380 del 2001, del rilascio dell’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 dello stesso decreto, restando punibili i connessi reati previsti dalle norme sismiche. Da questa limitazione, la Regione ricava un argomento aggiuntivo per sostenente l’autonomia delle norme sismiche rispetto a quelle edilizie e, di conseguenza, la riferibilità del principio della doppia conformità alle sole norme edilizie e non anche a quelle sismiche.

In particolare, la Regione afferma che la Corte di cassazione, valutando gli effetti estintivi dei reati che derivano dal rilascio di provvedimenti di sanatoria, ha costantemente affermato che il permesso di costruire rilasciato ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 estingue, a norma dell’art. 45 dello stesso decreto, «i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti e non si estende ad altri reati correlati alla tutela di interessi diversi rispetto a quelli che riguardano l’assetto del territorio sotto il profilo edilizio, quali i reati previsti dalla normativa sulle opere in cemento armato, sulle costruzioni in zone sismiche, sulla tutela delle zone di particolare interesse paesaggistico ed ambientale» (sentenza della Corte di cassazione, 5 marzo 2009, n. 9922; nello stesso senso, la Regione richiama le sentenze della medesima Corte 9 marzo 2011, n. 9277, e 23 marzo 2006, n. 10205).

Anche questa argomentazione non risulta conferente.

Al riguardo, deve innanzitutto rilevarsi che l’oggetto del giudizio penale di accertamento dei vari reati previsti dall’ordinamento a tutela del rispetto delle norme edilizie, urbanistiche, sismiche, igieniche, paesaggistiche ed ambientali, risulta nettamente distinto da quello del presente giudizio.

Nella materia dell’edilizia il legislatore ha previsto che vari comportamenti siano puniti con sanzioni amministrative e penali, a maggior tutela del rispetto delle disposizioni contenute nei diversi settori in cui si articola la medesima materia. In tal senso, nel testo unico contenuto nel d.P.R. n. 380 del 2001, si rinvengono sanzioni penali in caso di comportamenti che vanno dalla lottizzazione abusiva (art. 44) alla violazione di tutte le norme sismiche previste dal capo IV dello stesso decreto (art. 95). Nella sede penale il giudice è pertanto tenuto alla individuazione dei reati sulla base dei principi di stretta legalità e di tipicità, accertando caso per caso la sussistenza dei requisiti richiesti dalle singole fattispecie criminose che il legislatore ha previsto nei vari ambiti suddetti.

In particolare, i reati previsti a tutela della normativa sismica non sono considerati dall’art 45, del d.P.R. n. 380 del 2001, specificamente dedicato alle «norme relative all’azione penale», che al comma 3 prevede che «il rilascio in sanatoria del permesso di costruire estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti».

Come risulta evidente dal suo contenuto letterale, tale disposizione è finalizzata a disciplinare gli effetti estintivi per i soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche, ma non contribuisce in alcun modo a definire il contenuto e la portata delle norme che delineano il principio della doppia conformità ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, che presuppone il rispetto delle norme edilizie.

Pertanto, l’oggetto dei giudizi penali definiti dalla richiamata giurisprudenza della Corte di cassazione, e le disposizioni in quei casi applicate, previste dall’art. 45 del d.P.R. n. 380 del 2001, sono del tutto estranee all’oggetto del presente giudizio, nel quale rileva l’individuazione dell’area applicativa del principio generale della doppia conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia, contenuto nell’ articolo 36 dello stesso decreto e compreso nell’ambito delle materie del governo del territorio e della protezione civile alle quali afferiscono le norme sismiche, come ha chiarito la giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata.

6.— In riferimento al censurato art. 6 della legge della Regione Toscana n. 4 del 2012, la Regione afferma che non potrebbe essere dichiarato illegittimo neppure se si ritenesse fondata la questione relativa all’art. 5, dal momento che esso introduce l’art. 118-bis nella legge regionale n. 1 del 2005, che si limita a regolare il procedimento mediante il quale l’ufficio tecnico regionale procede all’accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità, senza condizionarne l’esito in alcun modo. In questa prospettazione, si sostiene che la neutralità di tale disciplina procedimentale, impedisce di ritenere la consequenzialità dell’illegittimità dell’art. 6 in virtù del semplice richiamo operato dall’art. 5 della legge impugnata.

Anche questa affermazione della Regione contrasta con il contenuto della disposizione impugnata che, in particolare, recita: «1. Dopo l’articolo 118 della L.R. 1/2005 è inserito il seguente:

“Art. 118-bis

Procedimento per accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità

1. Per le opere realizzate nelle zone sismiche, nei casi di cui all’articolo 118, commi 1 e 2, la struttura regionale competente rilascia l’autorizzazione in sanatoria entro sessanta giorni dalla trasmissione della relativa istanza.

2. Per le opere realizzate nelle zone a bassa sismicità, nei casi di cui all’articolo 118, commi 1, 2 e 3, la struttura regionale competente rilascia l’attestato di avvenuto deposito in sanatoria nei quindici giorni successivi alla trasmissione della relativa istanza. Il progetto delle opere da sanare è assoggettato alle procedure di cui all’articolo 105-quater, comma 5.

3. Entro sessanta giorni dalla trasmissione della relativa istanza, per le opere realizzate nelle zone sismiche, nei casi di cui all’articolo 118, comma 3, la struttura regionale competente accerta la conformità del progetto di adeguamento alle norme tecniche vigenti e rilascia l’autorizzazione in sanatoria a condizione che siano eseguite le opere di adeguamento ivi previste.

4. Il progetto delle opere di adeguamento di cui all’articolo 118, comma 3, lettera b) è trasmesso anche al comune, per le relative verifiche di conformità urbanistica ed edilizia. Le opere di adeguamento sono eseguite a seguito del rilascio da parte del comune del titolo edilizio in sanatoria di cui all’articolo 140, che ne autorizza l’esecuzione. Il titolo edilizio in sanatoria acquista efficacia a seguito della trasmissione al comune degli atti di cui al comma 5.

5. Al termine dei lavori relativi alle opere di adeguamento, l’interessato inoltra gli atti, di cui all’articolo 109, alla struttura regionale competente, che provvede alla vidimazione e all’inoltro al comune interessato. A tale inoltro al comune, può provvedere direttamente anche l’interessato».

Come emerge dal loro contenuto letterale, le disposizioni dell’art. 6 si pongono in stretta correlazione con quelle previste dall’art. 5 della legge regionale impugnata, come confermato dai richiami ai commi 1, 2, e 3 del nuovo testo dell’art. 118 della legge regionale n. 1 del 2005, introdotto dallo stesso art. 5.

In particolare, le norme procedimentali di cui all’art. 6 sono direttamente strumentali al rilascio dell’ autorizzazione in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone sismiche secondo le previsioni contenute nel censurato art. 5, e costituiscono il necessario completamento della disciplina del rilascio dell’accertamento di conformità in violazione del principio della doppia conformità. Consegue da questa stretta compenetrazione tra le norme impugnate, l’illegittimità dell’art. 6 della legge della Regione Toscana n. 4 del 2012 per le motivazioni sopra indicate.

7.— Infine, il censurato art. 7, facendo salva l’applicazione delle disposizioni contenute nel nuovo testo dell’art. 118 della legge della Regione Toscana n. 1 del 2005, sancisce la separazione e l’autonomia dell’accertamento di conformità relativo alle norme sismiche dal generale accertamento di conformità relativo alle norme edilizie ed urbanistiche, garantendo l’effetto voluto dalla Regione con la normativa impugnata, ma che, per le ragioni anzidette, risulta lesivo del richiamato principio fondamentale della doppia conformità.

Pertanto, va dichiarata l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 7 della legge della Regione Toscana n. 4 del 2012.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 5, commi 1, 2 e 3, 6 e 7 della legge della Regione Toscana 31 gennaio 2012, n. 4 (Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 «Norme per il governo del territorio» e della legge regionale 16 ottobre 2009, n. 58 «Norme in materia di prevenzione e riduzione del rischio sismico»).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2013.

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Sergio MATTARELLA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2013.