SENTENZA N. 35
ANNO 2012
Commento alla decisione di
Filippo Benelli
per gentile
concessione del Forum di Quaderni
Costituzionali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo
Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale dell’articolo 2 della legge della Regione Calabria 7 marzo 2011,
n. 4 (Misure per garantire la legalità e la trasparenza
dei finanziamenti erogati dalla Regione Calabria), promosso dal Presidente del Consiglio
dei ministri con ricorso notificato il 13-18 maggio 2011, depositato in
cancelleria il 23 maggio 2011 ed iscritto al n. 49 del registro ricorsi 2011.
Udito nell’udienza pubblica del 24 gennaio
2012 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;
udito l’avvocato dello Stato Giacomo Aiello
per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso
notificato il 13 maggio 2011 e depositato il successivo 23 maggio (reg. ric. n.
49 del 2011) il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di
legittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge della Regione Calabria 7
marzo 2011, n. 4 (Misure per garantire
la legalità e la trasparenza dei finanziamenti erogati dalla Regione Calabria), in riferimento all’articolo 117, secondo
comma, lettere e) e h), della Costituzione.
La
disposizione impugnata stabilisce che «al fine di garantire la legalità,
la trasparenza delle operazioni finanziarie ed amministrative della Regione
Calabria e la tracciabilità dei flussi finanziari, tutti i beneficiari pubblici
e privati che usufruiscono di finanziamenti regionali, devono utilizzare un
conto corrente unico dedicato per l’accredito ed utilizzo dei suddetti fondi in
conformità e secondo le procedure previste nella legge
13 agosto 2010, n. 136 così come modificata dalla legge 17 dicembre 2010, n. 217 per importi di
ammontare uguali o superiori a euro 10.000,00 (euro diecimila)».
A parere dell’Avvocatura, con simile previsione normativa
Per tale ragione la norma impugnata violerebbe la sfera di competenza
legislativa nazionale. Inoltre, nell’imporre la tracciabilità di pagamenti e di
addebiti a partire dalla soglia di euro 10.000, la disposizione si porrebbe in
contrasto con l’art. 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136 (Piano straordinario
contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia),
poiché sottrarrebbe alla procedura di tracciabilità i movimenti di denaro
inferiori a 10.000 euro, che invece vi sarebbero comunque soggetti, alla luce
della disciplina statale.
2.–
Considerato in diritto
1.– Il Presidente
del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale
dell’articolo 2 della legge della Regione Calabria 7 marzo 2011, n. 4 (Misure
per garantire la legalità e la trasparenza dei finanziamenti erogati dalla
Regione Calabria), in riferimento
all’articolo 117, secondo comma, lettere e)
e h), della Costituzione.
Tale
disposizione prevede, secondo l’art. 1 della legge impugnata, una misura
apprestata «contro i rischi di infiltrazione ‘ndranghetista, nell’ambito della
più globale strategia di contrasto all’illegalità in Calabria». In particolare,
stabilisce che chiunque riceva ed utilizzi finanziamenti regionali per importi
pari o superiori ad euro 10.000 debba impiegare un conto corrente unico e
dedicato a tali operazioni, in conformità e secondo le procedure previste dalla
legge 13 agosto 2010, n. 136 (Piano
straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa
antimafia).
Secondo il ricorrente, sarebbe in tal
modo lesa una duplice competenza legislativa esclusiva dello Stato: quella in
materia di ordine pubblico e sicurezza (art. 117, secondo comma, lettera h, Cost.), e quella in materia di
moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari (art. 117, secondo comma,
lettera e, Cost.).
2.– La questione basata sulla violazione
dell’art. 117, secondo comma, lettera h),
Cost. è fondata.
Questa Corte ha ripetutamente affermato
che l’ordine pubblico e la sicurezza, ai fini del riparto della competenza
legislativa, hanno per oggetto le «misure inerenti alla prevenzione dei reati o
al mantenimento dell’ordine pubblico» (sentenza n. 407 del
2002; in seguito, ex plurimis,
sentenze n. 35
del 2011, n.
226 del 2010, n.
50 del 2008, n.
222 del 2006, n.
428 del 2004).
Nell’esercizio di tale competenza il
legislatore statale, in particolar modo nel settore degli appalti pubblici, è già
intervenuto allo scopo specifico di assicurare la tracciabilità dei flussi
finanziari, e così di prevenire la commissione di reati che possano originarsi
dal maneggio del pubblico denaro, con riferimento soprattutto all’infiltrazione
criminale e al riciclaggio.
L’art. 176, comma 3, lettera e), del decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), ha incluso,
in questa direzione, tra le misure di monitoraggio nel campo degli appalti
pubblici il «controllo dei flussi finanziari connessi alla realizzazione
dell’opera»; la tracciabilità è stata poi estesa all’impiego delle risorse
derivanti dai Fondi strutturali comunitari e dal Fondo per le aree
sottoutilizzate (art. 14 della legge 18 giugno 2009, n. 69 recante
«Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività
nonché in materia di processo civile») e agli interventi di realizzazione degli
istituti penitenziari (art. 17-quater
del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 recante «Disposizioni urgenti per la
cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione
Campania, per l’avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione
Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio
dei Ministri ed alla protezione civile», convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 26).
Da ultimo, l’art. 3 della legge n. 136
del 2010, con cui il ricorrente ritiene in contrasto la disposizione impugnata,
proprio per garantire la tracciabilità dei flussi finanziari finalizzata a
prevenire infiltrazioni criminali nel settore degli appalti pubblici, ha
prescritto l’apertura di uno o più conti correnti bancari o postali dedicati,
anche in via non esclusiva, alle commesse pubbliche.
L’art. 2 della legge della Regione
Calabria n. 4 del 2011, oggetto di censura, utilizza, pertanto, una tecnica
elaborata dalla legislazione statale al precipuo scopo di prevenire reati, per
farne applicazione, tra l’altro, nel campo materiale già selezionato dalla
normativa dello Stato. Per giunta, per la parte relativa alle risorse pubbliche
impiegate per gli appalti, una simile sovrapposizione determina un potenziale
contrasto con l’art. 3 della legge n. 136 del 2010, con riguardo sia al divieto
di impiegare una pluralità di conti, sia e soprattutto alla soglia di euro
10.000 il cui raggiungimento determina l’obbligo del conto dedicato, che è
invece assente nella disciplina nazionale.
È da aggiungere che lo scopo che ha
mosso il legislatore regionale consiste dichiaratamente nella prevenzione dei
rischi connessi all’infiltrazione della criminalità organizzata.
In altri termini: sia la finalità della
legge impugnata, sia l’oggetto materiale su cui impatta, sia lo strumento
normativo impiegato, gravitano nel campo già occupato dalla normativa statale,
nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di ordine pubblico e
sicurezza, rispetto alla quale il legislatore regionale è invece estraneo.
Non è infatti in discussione, nel
peculiare caso di specie, un’attività che, per quanto connessa a fenomeni
criminali, sia tuttavia «tale da poter essere ricondott(a) a materie o funzioni
di spettanza regionale ovvero a interessi di rilievo regionale», la cui
disciplina possa per tale motivo venire assegnata alla legge regionale (sentenza n. 4 del
1991; in seguito, sentenze n. 167 del 2010
e n. 105 del
2006). La promozione della legalità, in quanto tesa alla diffusione dei
valori di civiltà e pacifica convivenza su cui si regge
La disposizione impugnata, esorbitando
da tali limiti, ha invece invaso la sfera di competenza legislativa dello
Stato, e va pertanto dichiarata costituzionalmente illegittima. Ne deriva in
via consequenziale l’illegittimità costituzionale dell’intera legge della
Regione Calabria n. 4 del 2011, posto che, in assenza dell’art. 2, l’art. 1,
sulle finalità, e l’art. 3, sull’entrata in vigore, risultano privi di
significato normativo.
3.– La questione concernente la
violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. è assorbita.
Per questi motivi
dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della
Regione Calabria 7 marzo 2011, n. 4 (Misure per garantire la legalità e la
trasparenza dei finanziamenti erogati dalla Regione Calabria).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15
febbraio 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2012.