Sentenza n. 105 del 2006

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N.105

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Annibale             MARINI          Presidente

- Franco                BILE                Giudice

- Giovanni Maria   FLICK                  "

- Francesco           AMIRANTE         "

- Ugo                    DE SIERVO         "

- Romano              VACCARELLA    "

- Paolo                  MADDALENA     "

- Alfio                  FINOCCHIARO   "

- Alfonso              QUARANTA        "

- Franco                GALLO                "

- Luigi                  MAZZELLA         "

- Gaetano              SILVESTRI          "

- Sabino                CASSESE             "

- Maria Rita          SAULLE              "

- Giuseppe            TESAURO            "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 6 e 7, lettere e) ed f), della legge della Regione Abruzzo del 12 novembre 2004, n. 40 (Interventi regionali per promuovere l'educazione alla legalità e per garantire il diritto alla sicurezza dei cittadini), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 25 gennaio 2005, depositato in cancelleria il 31 gennaio 2005 ed iscritto al n. 14 del registro ricorsi 2005.

    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo;

    udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 2006 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick;

    uditi l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Sandro Pasquali per la Regione Abruzzo.

Ritenuto in fatto

    1. – Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, lettere e) ed f), della legge della Regione Abruzzo 12 novembre 2004, n. 40 (Interventi regionali per promuovere l'educazione alla legalità e per garantire il diritto alla sicurezza dei cittadini).

    Il ricorrente premette che, con la legge citata, la Regione Abruzzo – dichiarato l'intento di «concorre[re] a garantire nel proprio territorio condizioni di sicurezza dei cittadini» e di sostenere «iniziative tendenti all'integrazione delle politiche sociali e territoriali sulla sicurezza di competenza regionale e degli Enti locali con l'azione di contrasto della criminalità, di competenza degli organi dello Stato» (art. 1, commi 1 e 2) – promuove una serie di interventi ed iniziative in materia di sicurezza dei cittadini, volti «alla prevenzione e diffusione della cultura della legalità in accordo con lo Stato, cui resta attribuita la potestà legislativa esclusiva» (art. 2, lettera f).

    Il ricorrente evidenzia che l'art. 6 della normativa regionale censurata reca la previsione, quale organo di consulenza della Giunta regionale, del «Comitato scientifico regionale permanente per le politiche della sicurezza e della legalità», le cui funzioni sono disciplinate dal successivo art. 7: tra di esse, nella lettera e) di quest'ultimo articolo, si individua una particolare competenza del Comitato, in forza della quale esso «presenta alla Giunta regionale una relazione annuale sullo stato della sicurezza del territorio della Regione Abruzzo»; mentre la successiva lettera f) stabilisce che il Comitato «svolge attività di studio e ricerca dei sistemi avanzati di sicurezza nel campo nazionale e dell'Unione Europea». Tali attribuzioni, connotate da ampiezza e genericità, violerebbero la riserva di legge attribuita in via esclusiva allo Stato nella materia della “sicurezza pubblica”, sancita dall'art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione.

    A parere del ricorrente, la nozione di “sicurezza pubblica” – quale si trae anche dalla elaborazione della giurisprudenza costituzionale − è da configurare, in contrapposizione ai compiti di polizia amministrativa e locale, in un ambito teorico di stretta connessione con quello dell'ordine pubblico: e, d'altra parte, quest'ultimo, in quanto relativo «alle misure inerenti alla prevenzione dei reati o al mantenimento dell'ordine», risulta oggetto di riserva a favore dello Stato già prima della riforma del Titolo V della Costituzione. In tale competenza statale rientra la c.d. “polizia di sicurezza”, alla quale soltanto spetta l'adozione di «misure preventive e repressive dirette al mantenimento dell'ordine pubblico […] nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni», secondo le costanti affermazioni di questa Corte. Per contro, le previsioni di cui alle lettere e) ed f) dell'art. 7 della legge della Regione Abruzzo n. 40 del 2004, esulando dalla competenza regionale in materia di “polizia amministrativa locale”, individuano funzioni tipicamente spettanti allo Stato in via esclusiva, in quanto rientranti nella materia della “sicurezza pubblica” intesa quale attività di prevenzione e repressione di tutti i comportamenti criminosi.

    In forza di tali argomenti, il Presidente del Consiglio ha richiesto dichiararsi «l'illegittimità costituzionale delle suindicate disposizioni della legge regionale in epigrafe».

    2. – Si è costituita la Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta, chiedendo che il ricorso sia rigettato.

    La Regione osserva preliminarmente come le disposizioni impugnate non soffrano della genericità ed ampiezza apoditticamente asserite nel ricorso dello Stato: per contro, nell'atto di impugnativa si ipotizza una pretesa invasione nella sfera di riserva esclusiva dello Stato, «senza specificare ed indicare quali aspetti della sicurezza ed ordine pubblico siano indebitamente disciplinati con la legge regionale in esame».

    La Regione – analizzata la definizione di “polizia amministrativa locale” – assume che le competenze attribuite al Comitato scientifico regionale non concernono funzioni caratterizzate da misure preventive e repressive per il mantenimento dell'ordine pubblico, non involgendo forme di intervento a tutela di beni giuridici fondamentali e interessi pubblici primari. A parere della resistente, la prima delle funzioni contestate – vale a dire la relazione annuale sullo stato della sicurezza nel territorio della Regione – riveste «un mero ruolo informativo e statistico», nell'ambito di un'attività di prevenzione dei danni o pregiudizi pertinente alle funzioni di “polizia amministrativa locale”; mentre la seconda funzione censurata – inerente all'attività di studio e ricerca dei sistemi avanzati di sicurezza in ambito nazionale ed europeo – è caratterizzata da evidenti  finalità di studio, analisi ed informazione e, pertanto, risulta estranea a qualunque misura preventiva e repressiva che connota l'attività di sicurezza pubblica.

    La Regione evidenzia, in conclusione, il corretto esercizio della propria potestà legislativa, sostenendo la piena compatibilità, con le competenze esclusive dello Stato, di una normativa regionale emanata nella puntuale attuazione del principio di leale collaborazione con esso ed in ossequio alle linee guida che, nella giurisprudenza costituzionale, differenziano la materia della “sicurezza pubblica”, quale settore riservato allo Stato, dalla “polizia amministrativa locale”, di competenza regionale.

Considerato in diritto

    1. − Il giudizio in via principale promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso in epigrafe, ha ad oggetto l'art. 7, lettere e) ed f), della legge della Regione Abruzzo 12 novembre 2004, n. 40 (Interventi regionali per promuovere l'educazione alla legalità e per garantire il diritto alla sicurezza dei cittadini), per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale.

    Oggetto della censura sono le norme che − nell'ambito di una disciplina regionale finalizzata ad interventi di promozione della legalità e di garanzia della sicurezza dei cittadini − prevedono alcune delle funzioni del «Comitato scientifico regionale permanente per le politiche della sicurezza e della legalità», quale organo di consulenza della Giunta regionale, attribuendo ad esso sia il compito di «presenta[re] alla Giunta regionale una relazione annuale sullo stato della sicurezza del territorio della Regione Abruzzo» (art. 7, lettera e), sia quello di «svolge[re] attività di studio e ricerca dei sistemi avanzati di sicurezza nel campo nazionale e dell'Unione Europea» (art. 7, lettera f).

    Secondo il ricorrente, tali norme, anche per la genericità ed ampiezza della loro portata, esulano dalla competenza regionale in materia di polizia amministrativa locale ed afferiscono, piuttosto, alle funzioni di prevenzione e repressione delle condotte criminose, proprie della materia della sicurezza pubblica: così impegnando competenze tipicamente spettanti allo Stato in via esclusiva, a norma dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.

    2. − Il ricorso non è fondato.

    Prima di esaminare gli specifici profili di merito della censura, è opportuno evidenziare, in via generale, come la legge 12 novembre 2004, n. 40, della Regione Abruzzo prospetti − in termini analoghi a quelli di numerose altre normative regionali vigenti − una serie di  interventi che, «nel rispetto dei principi costituzionali», come precisato dall'art. 1, concorrono «a garantire nel proprio territorio condizioni di sicurezza dei cittadini» e «a diffondere i principi di un'ordinata e pacifica convivenza civile nella legalità democratica». La normativa regionale in questione si propone inoltre, in collaborazione con le altre autonomie locali, di sostenere le «iniziative tendenti all'integrazione delle politiche sociali e territoriali sulla sicurezza di competenza regionale e degli Enti locali con l'azione di contrasto della criminalità, di competenza degli organi dello Stato»; e, d'intesa con le autonomie locali, di attivare «forme di collaborazione tra le Polizie locali della Regione, incentivando le forme associate per la gestione coordinata dei servizi di Polizia locale».

    Nell'ambito di tali finalità e dei progetti ed interventi − descritti, in dettaglio, nell'art. 2 della legge regionale − che ne costituiscono attuazione, si colloca la previsione di un «Comitato scientifico regionale permanente per le politiche della sicurezza e della legalità» (art. 6), funzionale ad una attività essenzialmente di consultazione dell'organo di governo regionale, a beneficio del quale l'organismo suddetto esprime parere circa gli indirizzi, criteri e modalità per il finanziamento dei progetti previsti dalla legge medesima, nonché per la valutazione di questi ultimi in relazione alle finalità della legge (art. 7, lettere a e b).

    La caratterizzazione del Comitato scientifico regionale quale organismo deputato allo studio ed alla ricerca documentata, per la successiva consulenza alla Giunta regionale, emerge, poi, da quelle disposizioni che gli assegnano la funzione di promuovere, d'intesa ed in collaborazione con l'Osservatorio regionale della Polizia locale, «attività di studio e ricerca documentaria sui temi della devianza, della dispersione scolastica, della criminalità, della droga e di tutti gli aspetti della patologia sociale» (art. 7, lettera c); ovvero quella di analizzare «problematiche specifiche sulla sicurezza attraverso l'esame dei dati o del monitoraggio dei fenomeni criminosi, elaborati e prodotti dall'Osservatorio regionale della Polizia Locale» (art. 7, lettera d).

    3. − In tale quadro normativo trovano collocazione le disposizioni oggetto della specifica censura da parte dello Stato. Alla stregua di esse, il Comitato scientifico regionale «presenta alla Giunta regionale una relazione annuale sullo stato della sicurezza del territorio della Regione Abruzzo» (art. 7, lettera e), e «svolge attività di studio e ricerca dei sistemi avanzati di sicurezza nel campo nazionale e dell'Unione Europea» (art. 7, lettera f). L'una e l'altra previsione, in armonia con la generale connotazione di tale organismo, attengono a competenze e funzioni caratterizzate, rispettivamente, da una attività di analisi e studio dei fenomeni criminosi in senso lato, previa ricognizione di dati significanti sul territorio regionale; e da una attività di ricerca mirata, nel più ampio orizzonte nazionale ed europeo, all'approfondimento delle tecniche e dei sistemi di sicurezza: funzioni che, in entrambe le ipotesi, proprio perché incentrate su prospettive di indagine scientifica, risultano in sé strutturalmente inidonee a ledere la dedotta attribuzione di competenza legislativa statale.

    Le attività in questione, in ragione delle loro rilevate caratteristiche e della loro complessiva finalità, non sono suscettibili di una teorica collocazione nell'ambito della nozione di “sicurezza pubblica”, quale è delineata dalla giurisprudenza di questa Corte (v. sentenze n. 313 del 2003 e n. 407 del 2002) e rispetto a cui, già prima della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, «la riserva allo Stato riguarda le funzioni primariamente dirette a tutelare beni fondamentali, quali l'integrità fisica o psichica delle persone, la sicurezza dei possessi ed ogni altro bene che assume prioritaria importanza per l'esistenza stessa dell'ordinamento» (v. sentenza n. 290 del 2001). Al di là, cioè, dell'ampiezza della nozione di sicurezza e ordine pubblico – quale settore di competenza riservata allo Stato, in contrapposizione ai compiti di polizia amministrativa regionale e locale – è la stessa natura dell'attività conoscitiva, in sé estranea a tale orizzonte di competenza, ad escludere la possibilità che la normativa oggetto di censura incida sull'assetto della competenza statale.

    D'altra parte, nella prospettiva di una completa ed articolata attuazione del principio di leale collaborazione tra istituzioni regionali e locali ed istituzioni statali – più volte richiamato da questa Corte – non può escludersi «che l'ordinamento statale persegua opportune forme di coordinamento tra Stato ed enti territoriali in materia di ordine e sicurezza pubblica» (v. sentenza n. 55 del 2001), volte, evidentemente, a migliorare le condizioni di sicurezza dei cittadini e del territorio, “auspicabili” e suscettibili di trovare il loro fondamento anche “in accordi fra gli enti interessati”, oltre che nella legislazione statale (v. sentenza n. 134 del 2004): auspicio, questo, che  necessariamente presuppone la possibilità, in capo all'ente locale, di apprezzamento − attraverso l'attività di rilevazione, di studio e di ricerca applicata − delle situazioni concrete e storiche riguardanti la sicurezza sul territorio regionale, alla luce delle peculiarità dei dati e delle condizioni che esso offre.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, lettere e) ed f), della legge della Regione Abruzzo 12 novembre 2004, n. 40 (Interventi regionali per promuovere l'educazione alla legalità e per garantire il diritto alla sicurezza dei cittadini), sollevata, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,  l'8 marzo 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2006.