ORDINANZA N.
196
ANNO 2011
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo
Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di
attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della
Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi del 4 maggio 2011, promosso da Antonio Di Pietro ed altri nella
qualità di promotori e presentatori della richiesta di referendum abrogativo
della legge 7 aprile 2010, n. 51 (Disposizioni n materia di impedimento a
comparire in udienza), con ricorso depositato in cancelleria in data 11 maggio
2011, ed iscritto al n. 5 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2011,
fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio del 7 giugno 2011 il
Giudice relatore Alessandro Criscuolo.
Ritenuto che, con ricorso depositato l’11 maggio 2011,
Antonio Di Pietro, Vincenzo Maruccio, Benedetta
Parenti e Gianluca De Filio, nella qualità di
promotori e presentatori della richiesta di referendum abrogativo della legge 7
aprile 2010, n. 51 (Disposizioni in materia di impedimento a comparire in
udienza), hanno sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei
confronti della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la
vigilanza dei servizi radiotelevisivi, con riferimento alla delibera approvata
dalla medesima Commissione nella seduta del 4 maggio 2011, contenente
«Disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi autogestiti e informazione
della concessionaria pubblica nonché tribune relative alle campagne per i
referendum popolari indetti per i giorni 12 e 13 giugno 2011», pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 104 del 6 maggio 2011;
che, con riguardo alla ammissibilità del
ricorso, i ricorrenti affermano la sussistenza dei requisiti soggettivi, poiché
la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi, i promotori e i sottoscrittori delle richieste di referendum
abrogativo sono organi esercenti funzioni costituzionali;
che, quanto al profilo oggettivo, i
ricorrenti osservano come la detta Commissione parlamentare, adottando soltanto
in data 4 maggio 2011 la delibera in oggetto, pubblicata, poi, nella G.U. il 6
maggio, nonché introducendo in essa alcune disposizioni (di seguito indicate)
ulteriormente limitative degli spazi temporali a disposizione dei promotori e
dei sottoscrittori, abbia gravemente ristretto la facoltà di partecipazione ai
dibattiti televisivi dei sostenitori del referendum, con conseguente grave
menomazione del potere referendario, quale espressione della sovranità
popolare, riducendo a poco più di due settimane il tempo previsto dal
legislatore per le campagne referendarie sul servizio pubblico radiotelevisivo;
che, in tal modo, secondo i ricorrenti
la Commissione parlamentare avrebbe violato gli articoli 1, 3, 21, 48, 75 della
Costituzione, gli artt. 2, 3, 4, 5 e 9 della legge 22 febbraio 2000, n. 28
(Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le
campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica); l’art. 52
della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla
Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo); gli artt. 1 e 4 della
legge 14 aprile 1975, n. 103 (Nuove norme in materia di diffusione radiofonica
e televisiva); l’art. 1, comma 1, della legge 10 dicembre 1993, n. 515
(Disciplina della campagne elettorali per l’elezione alla Camera dei deputati e
al Senato della Repubblica) e l’art. 3 del decreto legislativo 31 luglio 2005,
n. 177 (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici);
che, in particolare, i ricorrenti, dopo
avere richiamato le disposizioni a loro avviso rilevanti della legge n. 28 del
2000 e la delibera del 29 ottobre 2003 della stessa Commissione parlamentare di
vigilanza, in ordine alla delimitazione dei periodi interessati dalle campagne
elettorali o referendarie, osservano che con decreto del Presidente della
Repubblica 23 marzo 2011 (Indizione del referendum popolare per l’abrogazione
di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento
del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza
penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del
2011 della Corte costituzionale), pubblicato nella G.U. n. 77 del 4 aprile
2011, è stato indetto il referendum popolare per l’abrogazione della citata
legge n. 51 del 2010 e sono stati convocati i relativi comizi per i giorni 12 e
13 giugno 2011;
che, sebbene l’art. 5, comma 1, della
legge n. 28 del 2000 preveda che la Commissione parlamentare per l’indirizzo
generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi debba definire, non oltre
il quinto giorno successivo all'indizione dei comizi elettorali, i criteri
specifici ai quali, fino alla chiusura delle operazioni di voto, la
concessionaria pubblica e le emittenti radiotelevisive private devono
conformarsi nei programmi di informazione, al fine di garantire la parità di
trattamento, l’obiettività, la completezza e l’imparzialità dell’informazione,
la detta Commissione parlamentare solo il 4 maggio 2011 ha approvato la
delibera, poi pubblicata nella G.U. n. 104 del 6 maggio 2011;
che, con riferimento alla delimitazione
dei periodi interessati dalle campagne elettorali o referendarie, i ricorrenti
indicano la delibera del 29 ottobre 2003 con cui la Commissione parlamentare ha
affermato che «i periodi interessati da campagne elettorali o referendarie sono
quelli compresi tra le ore ventiquattro del giorno di pubblicazione del
provvedimento che convoca i comizi elettorali o che indice la consultazione
referendaria, e le ore ventiquattro dell’ultimo giorno nel quale è previsto che
si tengono le votazioni»;
che, dunque, ad avviso dei ricorrenti,
la tardiva approvazione della delibera e la conseguente tardiva pubblicazione
nella G.U. del 6 maggio 2011, avrebbe comportato la menomazione delle
attribuzioni dei promotori e dei sottoscrittori della richiesta referendaria,
sia perché essi non avrebbero potuto esporre le ragioni a sostegno
dell’abrogazione delle norme sul legittimo impedimento, sia perché
l’informazione radiotelevisiva, pubblica e privata, avrebbe taciuto sui temi
referendari, con conseguente pregiudizio del diritto dei cittadini di
informarsi e di maturare una propria opinione;
che, inoltre, i ricorrenti osservano
come anche le disposizioni della delibera, di seguito indicate, sarebbero
lesive delle loro attribuzioni costituzionali, in quanto «tali da restringere
notevolmente i tempi della campagna referendaria», introducendo una serie di
intralci burocratici non conciliabili con l’esigenza di dare una compiuta e
approfondita informazione, perché la detta campagna avrebbe, nella migliore
delle ipotesi, una durata effettiva di poco superiore alle due settimane;
che, in particolare, ciò si
riscontrerebbe: a) per l’art. 3, comma 2, nella parte in cui prevede che le
forze politiche costituenti gruppo in almeno un ramo del Parlamento nazionale,
ovvero che abbiano eletto con proprio simbolo almeno due deputati al Parlamento
europeo, chiedano alla Commissione entro i 5 giorni non festivi successivi alla
pubblicazione sulla G.U. della delibera, di partecipare alle trasmissioni,
indicando preventivamente per ciascun quesito, in relazione al quale intendono
intervenire, se il loro rappresentante sosterrà la posizione favorevole o
quella contraria, ovvero se sono disponibili a farsi rappresentare di volta in
volta da sostenitori di entrambe le opzioni di voto; b) per l’art. 3, comma 3,
là dove dispone che i comitati, le associazioni e gli altri organismi
collettivi comunque denominati, rappresentativi di forze sociali e politiche di
rilevanza nazionale (diverse da quelle riferibili ai soggetti di cui alle
lettere a e b della medesima disposizione), devono essersi costituiti come
organismi collettivi, entro cinque giorni non festivi successivi alla data di
pubblicazione sulla G.U. della delibera in oggetto;
che l’intento della Commissione
parlamentare di vigilanza, volto a comprimere illegittimamente il tempo di
svolgimento della campagna referendaria, emergerebbe anche: 1) dall’art. 4
della delibera, nella parte in cui dispone che la RAI cura l’illustrazione dei
quesiti referendari e delle modalità di votazione a decorrere dal 16 maggio
2011; 2) dall’art. 5, là dove prevede l’obbligo per la RAI di predisporre e
trasmettere un ciclo di tribune riservate ai temi del referendum, televisive e
radiofoniche, a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione della
delibera nella G.U.; 3) dall’art. 6, nella parte in cui differisce la
programmazione dei messaggi politici autogestiti a partire dal quindicesimo
giorno successivo alla pubblicazione del provvedimento nella G.U.; 4) dall’art.
10, nella parte in cui stabilisce che entro dieci giorni dalla pubblicazione
del provvedimento sulla G.U. la RAI comunica all’Autorità per le garanzie nelle
Comunicazioni e alla Commissione il calendario di massima delle trasmissioni di
comunicazione politica ed istituzionale;
che i ricorrenti
richiamano l’ordinanza
di questa Corte n. 171 del 1997 (relativa ad un caso per alcuni aspetti
analogo), con la quale si è affermato che «ogni limitazione della facoltà di
partecipare ai dibattiti televisivi sui referendum potrebbe, in astratto,
ledere l’integrità delle attribuzioni dei comitati promotori»;
che, infine, i ricorrenti formulano una
richiesta di provvedimento cautelare e chiedono alla Corte costituzionale,
previa dichiarazione di ammissibilità del conflitto, «di voler adottare le più
opportune misure cautelari compensative dell’illegittimo ritardo col quale la
delibera è stata adottata» in quanto l’esecuzione dell’atto impugnato
comporterebbe il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse
costituzionale dei promotori e dei sottoscrittori del referendum «e addirittura
un irreparabile pregiudizio al corretto funzionamento dell’ordinamento
giuridico della Repubblica»;
che, in particolare, a sostegno di detta
istanza invocano la giurisprudenza della Corte costituzionale secondo cui, là
dove è previsto un potere di annullamento è, altresì, implicita la previsione
di un potere cautelare (al riguardo sono richiamate le seguenti decisioni: sentenze n. 236 del
2010; n. 318
del 1995; n.
8 del 1982; n.
227 del 1975 e n. 284 del 1974;
ordinanza n. 217
del 2010);
che, con atto depositato il 6 giugno del
2011, i promotori e i presentatori della richiesta di referendum abrogativo
della legge 7 aprile 2010, n. 51 (Disposizioni in materia di impedimento a
comparire in udienza), hanno dichiarato di rinunciare al ricorso.
Considerato che la rinuncia, in questa fase, determina la
necessità di dichiarare, con assoluta precedenza, l’estinzione del processo.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2011.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 giugno
2011.