SENTENZA N. 139
ANNO 2009
Commento alla
decisione di
Dimitri Girotto
La
debole riserva di competenza legislativa regionale in materia amministrativa
(per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
-
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
ha pronunciato la seguente
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 35 e 36, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), e dell’art. 27 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, promossi dalla Regione Veneto con ricorsi notificati il 26 febbraio e il 29 aprile 2008, depositati in cancelleria il 5 marzo e il 7 maggio 2008 ed iscritti ai numeri 19 e 24 del registro ricorsi 2008.
Visti gli atti di costituzione del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 24 febbraio
2009 il Giudice relatore
uditi gli avvocati Mario Bertolissi e
Luigi Manzi per
Ritenuto in fatto
1. ¾
La ricorrente sostiene, preliminarmente ed in linea più generale, che la mera qualificazione legislativa di «norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali», data dall’art. 3, comma 162, della stessa legge n. 244 del 2007 alle disposizioni in essa contenute, non sarebbe sufficiente perché queste assumano «effettivamente tale carattere», in quanto la norma statale di coordinamento della finanza pubblica deve essere, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., una norma che si limita a determinare i soli principi fondamentali regolatori della materia e ciò non si riscontrerebbe per buona parte delle norme denunciate.
Tanto premesso, nel ricorso si rammenta che il
denunciato comma 35 dell’art. 2 stabilisce che: «Entro un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano provvedono alla riduzione del numero dei componenti dei
consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi tra i comuni
compresi nei bacini imbriferi montani, costituiti ai sensi dell’articolo 1
della legge 27 dicembre 1953, n. 959, nonché dei consorzi di bonifica e di
miglioramento fondiario di cui al capo I, del titolo V del regio decreto 13 febbraio
1933, n. 215, e successive modificazioni. La riduzione del numero dei
componenti degli organi di cui al presente comma deve essere conforme a quanto
previsto per le società partecipate totalmente anche in via indiretta dagli
enti locali, ai sensi dell’articolo 1, comma 729, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296». A sua volta, il censurato comma 36 dello stesso art. 2 prevede che:
«In alternativa a quanto previsto dal comma 35 ed entro il medesimo termine, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano d’intesa con lo Stato
possono procedere alla soppressione o al riordino di consorzi, di cui al
medesimo comma 35, facendo comunque salvi le funzioni e i compiti attualmente
svolti dai medesimi consorzi e le relative risorse, ivi inclusa qualsiasi forma
di contribuzione di carattere statale o regionale. In caso di soppressione le
regioni adottano disposizioni al fine di garantire che la difesa del suolo sia
attuata in maniera coordinata fra gli enti che hanno competenza al riguardo,
nel rispetto dei principi dettati dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, e successive modificazioni, e delle competenze delle province fissate
dall’articolo 19 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti
locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, evitando ogni
duplicazione di opere o di interventi, disponendo il subentro in tutti i
rapporti attivi e passivi facenti capo ai consorzi suddetti. Per l’adempimento
dei fini istituzionali dei medesimi consorzi, agli enti subentranti è attribuita
la potestà, già riconosciuta agli stessi consorzi, di cui all’articolo 59 del
regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, di imporre contributi alle proprietà
consorziate nei limiti di costi sostenuti per le citate attività. Nel rispetto
di quanto previsto dal comma 37, il personale che al momento della soppressione
risulti alle dipendenze dei consorzi di bonifica passa alle dipendenze delle
regioni, delle province e dei comuni, secondo modalità determinate dalle
regioni, sentita
Le anzidette disposizioni imporrebbero, dunque, alle Regioni di provvedere, nel termine di un anno, «o alla riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario, nonché dei consorzi tra comuni compresi in bacini imbriferi montani; o, in alternativa, alla soppressione o al riordino dei suddetti consorzi d’intesa con lo Stato».
Inoltre, tali enti opererebbero prevalentemente nell’ambito della materia “agricoltura e foreste”, già di competenza legislativa concorrente delle Regioni ed oggi, dopo la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, da reputarsi ricompresa nella loro potestà residuale.
Ad avviso della ricorrente, le disposizioni denunciate violerebbero pertanto l’art. 117 Cost., «dal momento che, tramite esse, il legislatore statale ha inteso intervenire in un ambito materiale su cui la competenza della regione è esclusiva».
Peraltro, nel ricorso si contesta la possibilità che
la disciplina normativa oggetto di censura venga ricondotta nell’alveo della
competenza concorrente Stato-Regione in materia di “coordinamento della
finanza” di cui all’art. 117, terzo comma, Cost..
Laddove poi si ritenesse di ravvisare proprio il
suddetto titolo di competenza concorrente,
Infine, i denunciati commi 35 e 36, nell’imporre alle Regioni «un drastico taglio dei componenti dei principali organi dei consorzi o, in alternativa, la soppressione o il riordino di questi ultimi», determinerebbero, secondo la ricorrente, «un’inaccettabile ingerenza nell’autonomia amministrativa-organizzativa regionale garantita all’art. 118 Cost.».
1.1. ¾ Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni vengano dichiarate non fondate.
Ad avviso della difesa erariale, sarebbe «di tutta evidenza» che le norme denunciate applicherebbero il principio di coordinamento della finanza pubblica di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost., risultando inesistenti le dedotte violazioni del principio di leale collaborazione in materia di legislazione concorrente, prevedendosi peraltro «soluzioni alternative» la cui scelta è «nella piena ed esclusiva disponibilità regionale».
2. ¾ Con ulteriore ricorso, notificato il 29 aprile 2008 e
depositato il successivo 7 maggio,
La ricorrente, nel rammentare preliminarmente di aver
già denunciato (con il ricorso iscritto al n. 19 del registro ricorsi del 2008)
i commi 35 e 36 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007, riguardanti
l’organizzazione dei consorzi di bacini imbriferi, di bonifica e di
miglioramento fondiario, osserva che, dopo «soli sette giorni dall’approvazione
della legge finanziaria per il 2008», è intervenuto il citato decreto-legge,
così detto “Milleproroghe”, il cui art.
In particolare, la disposizione censurata stabilisce: «Entro il termine del 30 giugno 2008, le regioni possono procedere al riordino, anche mediante accorpamento o eventuale soppressione di singoli consorzi, dei consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario di cui al capo I del titolo V del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni, secondo criteri definiti di intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta dei Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e delle infrastrutture. Sono fatti salvi le funzioni e i compiti attualmente svolti dai medesimi consorzi e le relative risorse, ivi inclusa qualsiasi forma di contribuzione di carattere statale o regionale; i contributi consortili devono essere contenuti nei limiti dei costi sostenuti per l’attività istituzionale. La riduzione prevista dal comma 35 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, non si applica ai membri eletti dai consorziati utenti che partecipano agli organi a titolo gratuito. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. [comma 1]. I commi 36 e 37 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono abrogati. [comma 2]».
Ad avviso della Regione Veneto, il censurato art. 27 vulnererebbe gli artt. 117 e 118 Cost. per le medesime ragioni e sotto gli stessi profili già dedotti con il ricorso iscritto al n. 19 del registro ricorsi dell’anno 2008.
La ricorrente sostiene, altresì, che la disposizione censurata violerebbe anche l’autonomia finanziaria di spesa prevista e garantita alle Regioni dall’art. 119 Cost., giacché lo Stato, nel disciplinare come le Regioni medesime «debbano procedere al riordino dei consorzi e alla riduzione del numero dei componenti dei loro organi», finirebbe con l’imporre ad esse un vincolo «nella scelta sul “se” e “quanto” spendere per i consorzi che si trovano nel proprio territorio».
2.1. ¾ Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per sentir dichiarare inammissibile o, comunque, infondata la questione sollevata.
Secondo la difesa erariale, la norma censurata – come già i commi 35 e 36 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007 sui quali essa incide – sarebbe «espressione del principio di coordinamento della finanza pubblica, previsto dall’art. 117, terzo comma, Cost., che impedisce, tra l’altro, di rilevare una presunta violazione del principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni, trattandosi di materia di legislazione concorrente».
Osserva l’Avvocatura che, in materia di consorzi di bonifica
non vi sarebbe, poi, «una competenza esclusiva regionale», giacché
In siffatta prospettiva, e nonostante si verta in un ambito di competenza concorrente, il legislatore statale avrebbe altresì valorizzato «il ruolo dell’intesa nella determinazione dei criteri da seguire nell’attività di riorganizzazione consortile a esclusivo vantaggio delle Regioni».
In forza di tali considerazioni cadrebbero, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, anche le censure che fanno leva sul dedotto contrasto con gli artt. 118 e 119 Cost.
3. ¾ In prossimità dell’udienza,
Considerato in diritto
1. ¾
Con successivo ricorso, iscritto al n. 24 del registro
ricorsi del 2008,
Le norme denunciate, come reso palese dalla loro formulazione in precedenza trascritta, dispongono, in estrema sintesi, che le Regioni debbano provvedere, in un termine prefissato, alla riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario, nonché dei consorzi tra Comuni compresi in bacini imbriferi montani; si prevede, inoltre, che le Regioni possano procedere al riordino, anche mediante accorpamento o eventuale soppressione, di singoli consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario.
Secondo la ricorrente, dette disposizioni – sulla premessa che i “consorzi” vadano annoverati tra gli «enti pubblici locali operanti nelle materie di competenza regionale», ovvero tra gli «enti amministrativi dipendenti dalla regione» (sentenza n. 326 del 1998 della Corte costituzionale), e che siano quindi destinati ad operare prevalentemente nell’ambito della materia “agricoltura e foreste”, ricompresa nella potestà residuale delle Regioni – violerebbero, anzitutto, l’art. 117 Cost., «dal momento che, tramite esse, il legislatore statale ha inteso intervenire in un ambito materiale su cui la competenza della regione è esclusiva».
Sarebbe poi vulnerato l’art. 118 Cost., giacché, nell’imporre alle Regioni «un drastico taglio dei componenti dei principali organi dei consorzi o, in alternativa, la soppressione o il riordino di questi ultimi», determinerebbero «un’inaccettabile ingerenza nell’autonomia amministrativa-organizzativa regionale».
Inoltre, ove si ritenesse di ravvisare la sussistenza della competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., le norme denunciate integrerebbero una lesione del principio di leale collaborazione, non essendo stati predisposti strumenti adeguati di coinvolgimento regionale.
Infine, quanto al censurato art. 27 del decreto-legge n. 248 del 2007, sussisterebbe anche la violazione dell’art. 119 Cost., giacché detta disposizione finirebbe «con il vincolare la regione nella scelta sul “se” e “quanto” spendere per i consorzi che si trovano nel proprio territorio», così da vulnerarne l’autonomia finanziaria di spesa.
2. ¾ I giudizi
promossi dalla Regione Veneto vanno riuniti e decisi con un’unica pronuncia,
giacché i ricorsi che li hanno originati sollevano questioni tra loro connesse,
sia sotto il profilo della disciplina recata dalle norme denunciate, che dei
profili di censura sviluppati.
2.1. ¾ In via
preliminare, quanto alla censura, proposta con il ricorso iscritto al n. 19 del
registro ricorsi del 2008, del comma 36 dell’art. 2 della legge 24
dicembre 2007, n. 244, concernente la previsione sulla soppressione o sul
riordino dei consorzi, deve osservarsi che detta disposizione è stata abrogata
dall’art. 27 del d.l. n. 248 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 31 del
In ragione della mancata attuazione medio tempore della norma impugnata e successivamente abrogata – quale circostanza che trova conforto non solo dall’assenza di rilievi contrari da parte della Regione ricorrente, ma anche, e soprattutto, dal fatto che emanazione ed abrogazione della disposizione censurata si sono prodotte in un lasso di tempo assai ravvicinato – deve dichiararsi cessata la materia del contendere in ordine alla specifica denuncia del citato comma 36 (tra le tante, v. sentenza n. 438 del 2008).
2.2. ¾ Sempre in via
preliminare, va altresì rilevato che, successivamente alla proposizione
del ricorso iscritto al n. 24 del registro ricorso del 2008 (notificato il 29
aprile 2008 e depositato il successivo 7 maggio), l’art. 27 del d.l. n. 248 del
2007 è stato oggetto di modificazione da parte dell’art. 4-bis, comma 14, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97 (Disposizioni
urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione
della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini),
convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, che ha
provveduto a sostituire il termine del “30 giugno
Alla luce di quanto evidenziato in ordine alla rispettiva portata delle anzidette disposizioni succedutesi nel tempo e dovendo, quindi, ravvisarsi una sostanziale identità del contenuto precettivo della norma modificata rispetto a quella che è stata oggetto di modifica, lo scrutinio di costituzionalità deve essere trasferito sulla norma modificata, sebbene essa non sia stata impugnata (tra le altre, v. sentenze nn. 289 e 168 del 2008).
3. ¾ Nel merito, le
questioni proposte con entrambi i ricorsi non sono fondate.
3.1. ¾ Si pone, anzitutto, il problema di determinare quale
sia la materia nella quale iscrivere le disposizioni impugnate e, a tal fine,
occorre, come più volte è stato ribadito da questa Corte, individuare l’oggetto
della disciplina stessa, ovvero l’interesse che essa tutela. E deve affermarsi
che l’oggetto della disciplina delle disposizioni statali impugnate dalla
Regione Veneto non è riferibile alla materia “agricoltura e foreste”, né a
quella dell’“ordinamento dei consorzi”, che
Depone in tal senso non tanto l’autoqualificazione di cui all’art. 3, comma 162, della stessa legge n. 244 del 2007, ma quanto emerge dal contenuto delle norme denunciate, caratterizzato dall’obiettivo di un contenimento della spesa pubblica in relazione all’organizzazione dei consorzi di bonifica. Sempre in siffatta direzione, conferma ulteriore giunge dal fatto che l’art. 27 del d.l. n. 248 del 2007 (ma, analogamente, già il comma 37 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007, poi abrogato dal citato art. 27) impone che «dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica», là dove tra dette disposizioni è compresa anche quella di cui al censurato comma 35 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007.
Inoltre, la circostanza che l’art. 27 del d.l. n. 248 del 2007 precisa la portata del comma 35 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007 – nel senso che la riduzione ivi prevista «non si applica ai membri eletti dai consorziati utenti che partecipano agli organi a titolo gratuito» – conferma che la disposizione non riguarda l’organizzazione dell’ente, ma l’esigenza di contenere i “costi di esercizio”.
Ed ancora, rileva nella anzidetta ottica anche il richiamo che il comma 35 citato opera, ai fini della riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi, alla previsione normativa di cui all’art. 1, comma 729, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), concernente il numero dei componenti dei consigli di amministrazione delle società partecipate dagli enti locali.
Detta ultima disposizione, unitamente ad altre norme
della stessa legge n. 296 del 2006 (commi da
In siffatta prospettiva, risulta quindi decisivo verificare se la norma statale, emanata nell’esercizio della competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, sia di principio ovvero di dettaglio, dovendosi considerare soltanto in quest’ultimo caso illegittima. Né, ove fosse di principio, sarebbe necessaria la previsione di un meccanismo di coinvolgimento regionale nella scelta dei contenuti della relativa disciplina.
Come è noto, la portata di principio fondamentale va riscontrata con riguardo alla peculiarità della materia. Poiché, come si è detto, questa è identificata nel coordinamento della finanza pubblica, ciò che viene in particolare evidenza è la finalità cui la disciplina tende, da individuare – nella specie – nella riduzione, da parte delle Regioni, dei costi di organizzazione di enti regionali, quali sono i consorzi in oggetto.
3.2. ¾ Venendo, quindi, alle singole censure, non è fondata,
anzitutto, quella proposta in riferimento al comma 35 dell’art. 2 della legge n.
244 del 2007, giacché la mera previsione di una riduzione dei componenti dei
consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi di bonifica e
consorzi BIM non eccede dal carattere di norma di principio, lasciando
ampiamente alla Regione il compito di svolgerne
Né vulnera i parametri evocati l’inciso che intende
conformare detta riduzione alla previsione recata dal comma 729 dell’art. 1
della legge n. 296 del
Anche la disposizione di cui all’art. 27 del d.l. n.
248 del 2007, nell’attribuire alle Regioni la facoltà di procedere al riordino
dei consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario, anche mediante
accorpamento o eventuale soppressione di singoli consorzi, detta una norma di
principio che abilita le Regioni stesse a determinare i contenuti di tale
riordino, peraltro in base a criteri generali individuati d’intesa con lo Stato
in sede di Conferenza permanente, ferme restando le funzioni ed i compiti
attualmente svolti dai consorzi, nonché le relative risorse.
per questi motivi
riservata a separate pronunce la decisione delle restanti questioni di legittimità costituzionale della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), promosse con il ricorso iscritto al n. 19 del registro ricorsi dell’anno 2008;
riuniti i giudizi,
dichiara cessata la materia del contendere in
ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 36,
della anzidetta legge 24 dicembre 2007, n. 244, sollevata, in riferimento agli
artt. 117 e 118 della Costituzione, nonché agli artt. 5 e 120, secondo comma,
della Costituzione, e all’art. 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al titolo V della parte II della Costituzione), con il ricorso
iscritto al n. 19 del registro ricorsi del 2008;
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 2, comma 35, della stessa legge n. 244 del 2007,
sollevata, in riferimento ai medesimi parametri, con il ricorso iscritto al n.
19 del registro ricorsi del 2008;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 27 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, nel testo modificato dall’art. 4-bis, comma 14, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97 (Disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, sollevata, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost., nonché agli artt. 5 e 120 della Costituzione e 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, con il ricorso iscritto al n. 24 del registro ricorsi del 2008.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 2009.
F.to:
Giuseppe
DI PAOLA, Cancelliere
Depositata
in