Sentenza n. 431 del 2007

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SENTENZA N. 431

ANNO 2007

 

 

Commento alla decisione di

Guerino Fares

Appalti pubblici e misure pro-concorrenziali: ancora da decifrare gli spazi per l’intervento normativo delle regioni

 

nella Rubrica Studi di Consulta OnLine

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-     Franco                    BILE                                  Presidente

-     Giovanni Maria       FLICK                                 Giudice

-     Francesco                AMIRANTE                            "

-     Ugo                        DE SIERVO                            "

-     Paolo                      MADDALENA                        "

-     Alfio                      FINOCCHIARO                      "

-     Alfonso                  QUARANTA                           "

-     Franco                    GALLO                                   "

-     Luigi                      MAZZELLA                            "

-     Gaetano                  SILVESTRI                             "

-     Sabino                    CASSESE                                "

-     Maria Rita               SAULLE                                 "

-     Giuseppe                 TESAURO                               "

-     Paolo Maria             NAPOLITANO                        "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 27 (recte: 27, comma 3), 35, 36, 37, 38, 39, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57 e 58 del titolo III della legge della Regione Campania 20 giugno 2006, n. 12 (Disposizioni in materia di amministrazione e contabilità regionale del Consiglio regionale della Campania), e dell’art. 12 della legge della Regione Abruzzo 20 dicembre 2000, n. 115 (Nuove norme per l’edilizia scolastica), come sostituito dall’art. 2, comma 2, della legge della Regione Abruzzo 8 novembre 2006, n. 33 (Modifiche e integrazioni di leggi regionali concernenti i lavori pubblici e l’edilizia residenziale pubblica) e dell’art. 7, comma 1, della legge regionale n. 33 del 2006, promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri, notificati il 30 agosto 2006 e 22 gennaio 2007, depositati in cancelleria l’11 settembre 2006 e 30 gennaio 2007, rispettivamente iscritti al n. 97 del registro ricorsi 2006 ed al n. 4 del registro ricorsi 2007.

Visto l’atto di costituzione della Regione Abruzzo;

udito nell’udienza pubblica del 23 ottobre 2007 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;

uditi gli avvocati dello Stato Marco Corsini e Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Sandro Pasquali per la Regione Abruzzo.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato in data 30 agosto 2006 e depositato il successivo 11 settembre, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in via principale, degli artt. 27 (recte: 27, comma 3), 35, 36, 37, 38, 39, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57 e 58 del titolo III della legge della Regione Campania del 20 giugno 2006, n. 12 (Disposizioni in materia di amministrazione e contabilità regionale del Consiglio regionale della Campania), in riferimento all’art. 117, «primo comma» (recte: secondo comma), della Costituzione nonché, «ove occorra», ai «principi comunitari in materia di libera concorrenza, libera circolazione e libertà di stabilimento (artt. 2, 3, 4, 39 e segg., 81 e segg. del Trattato CEE)».

1.1. – Il ricorrente premette che la legge regionale n. 12 del 2006, che ha ad oggetto la disciplina generale dell’ordinamento contabile dell’amministrazione regionale e della gestione delle risorse finanziarie necessarie, al titolo III (nel quale sono contenute le disposizioni impugnate), detta norme in materia di attività contrattuale del Consiglio regionale inerenti anche al profilo della scelta del contraente ed all’esecuzione dei contratti. I contratti assoggettati alla disciplina legislativa regionale sono essenzialmente gli appalti di forniture e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, quelli di importo superiore qualora diversi da quelli menzionati dalle direttive comunitarie, nonché gli appalti di lavori pubblici di qualunque importo e i contratti d’opera professionale.

La difesa erariale sostiene che le richiamate disposizioni regionali determinerebbero un’invasione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza nonché in materia di ordinamento civile. Infatti, da un lato, le disposizioni volte a disciplinare le procedure di scelta del contraente (art. 35), lo svolgimento delle gare e di scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 36), la pubblicità dei bandi di gara (art. 37), le cause di esclusione dalle gare (art. 38), la qualificazione delle gare per l’affidamento di servizi e forniture, il modo di invitare i concorrenti, i requisiti formali e giuridici dell’offerta nonché di talune operazioni di gara (art. 39), l’asta pubblica, la licitazione privata, l’appalto-concorso, l’anomalia dell’offerta, nonché la trattativa privata (artt. 43-48), in quanto riferibili alla fase di affidamento dell’appalto, sarebbero riconducibili alla regolamentazione della concorrenza e del mercato, di competenza statale, in linea peraltro con il riconoscimento, già operato dalla giurisprudenza costituzionale, del rilievo fondamentale assunto dalle procedure ad evidenza pubblica ai fini della tutela della concorrenza tra i vari operatori economici interessati alle commesse pubbliche.

Dall’altro lato, le disposizioni inerenti ai contratti pubblici affidati dalla Regione Campania in esito alle proprie procedure (artt. 51-58 del capo III del titolo III della legge regionale in esame) sarebbero riconducibili alla disciplina civilistica dell’esecuzione del contratto in tutte le sue articolazioni (garanzie, forme di stipula, termini, prezzo, varianti, spese, verifiche e collaudi) e rientrerebbero, quindi, nella materia dell’ordinamento civile.

2. – Con ricorso, notificato il 22 gennaio 2007 e depositato il successivo 30 gennaio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale in via principale degli artt. 2, comma 2, e 7, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 8 novembre 2006, n. 33 (Modifiche e integrazioni di leggi regionali concernenti i lavori pubblici e l’edilizia residenziale pubblica), in riferimento all’art. 117, secondo comma, della Costituzione.

2.1. – Il ricorrente premette che, con la predetta legge regionale n. 33 del 2006, sono state apportate modifiche ed integrazioni ad una serie di leggi concernenti le materie dei lavori pubblici e dell’edilizia residenziale pubblica.

In particolare, le norme contenute negli artt. 2, comma 2, e 7, comma 1, le quali intervengono in materia di collaudo e mantengono in vigore, per detto àmbito, le vigenti norme regionali di settore, si porrebbero in contrasto con la normativa nazionale contenuta nel decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

La difesa erariale ritiene, infatti, che l’art. 4 del d.lgs. n. 163 del 2006 abbia delineato l’assetto delle competenze legislative di Stato, Regioni e Province autonome, in conformità all’art. 117 della Costituzione, riconducendo, tra l’altro, la disciplina del collaudo fra le materie di competenza esclusiva statale, il che escluderebbe che le Regioni possano stabilire una disciplina diversa da quella del Codice dei contratti pubblici.

2.2. – Si è costituita nel giudizio la Regione Abruzzo, chiedendo che la Corte costituzionale dichiari inammissibili e/o infondate le questioni di legittimità costituzionale.

In primo luogo, la Regione sostiene l’inammissibilità del ricorso in quanto basato su un’indicazione generica della norma assunta a parametro di costituzionalità.

In secondo luogo, la resistente osserva che l’elencazione delle materie contenuta nell’art. 117, secondo comma, della Costituzione è tassativa e non è suscettibile di interpretazione estensiva, analogica o integrativa: non possono, pertanto, essere aggiunte altre materie rispetto a quelle specificamente indicate in tale norma. Pertanto, posto che l’art. 117, secondo comma, della Costituzione, contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, non contiene tra le materie rimesse alla esclusiva competenza statale quella inerente ai lavori pubblici, sarebbe l’art. 4, comma 3, del codice dei contratti pubblici, indicato come parametro della dedotta illegittimità costituzionale delle norme regionali impugnate, nella parte in cui estende ingiustificatamente l’àmbito della competenza esclusiva statale, ad essere in contrasto con l’art. 117, secondo comma, della Costituzione, per violazione del riparto di competenze tra Stato e Regioni.

3. – All’udienza pubblica le parti hanno insistito nelle conclusioni formulate nelle memorie scritte.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, in via principale, nei confronti degli artt. 27 (recte: 27, comma 3), 35, 36, 37, 38, 39, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57 e 58 del titolo III della legge della Regione Campania del 20 giugno 2006, n. 12 (Disposizioni in materia di amministrazione e contabilità regionale del Consiglio regionale della Campania), in riferimento all’art. 117, primo comma (recte: secondo comma), della Costituzione nonché, «ove occorra», ai «principi comunitari, in materia di libera concorrenza, libera circolazione e libertà di stabilimento (artt. 2, 3, 4, 39 e segg., 81 e segg. del Trattato CEE)».

1.1. – Il ricorrente impugna le disposizioni di cui al titolo III della richiamata legge regionale – aventi ad oggetto l’attività contrattuale del Consiglio regionale relativa agli appalti di forniture e di servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, quelli di importo superiore qualora diversi da quelli menzionati dalle direttive comunitarie, nonché gli appalti di lavori pubblici di qualunque importo e i contratti d’opera professionale – in quanto ritenute lesive della competenza legislativa statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza e di ordinamento civile.

In particolare, le disposizioni che disciplinano la fase di affidamento dell’appalto – relative alle procedure di scelta del contraente (art. 35), allo svolgimento delle gare (artt. 36, 37 e 39) ed alle modalità di svolgimento dell’asta pubblica, della licitazione privata, dell’appalto-concorso, nonché della trattativa privata (artt. 43-48) – sarebbero costituzionalmente illegittime, in quanto riferibili alla materia della tutela della concorrenza di competenza esclusiva dello Stato.

Le restanti norme regionali denunciate, inerenti ai contratti pubblici affidati dalla Regione Campania in esito alle proprie procedure (artt. 51-58 del capo III del titolo III della legge regionale in esame), determinerebbero invece un’invasione della sfera di competenza esclusiva statale in tema di ordinamento civile, in quanto riconducibili alla disciplina civilistica dell’esecuzione del contratto in tutte le sue articolazioni (garanzie, forme di stipula, termini, prezzo, varianti, spese, verifiche e collaudi).

2. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha altresì proposto questioni di legittimità costituzionale in via principale degli artt. 2, comma 2, e 7, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 8 novembre 2006, n. 33 (Modifiche e integrazioni di leggi regionali concernenti i lavori pubblici e l’edilizia residenziale pubblica), in riferimento all’art. 117, secondo comma, della Costituzione.

2.1. – Secondo il ricorrente, le norme contenute negli artt. 2, comma 2, e 7, comma 1, della legge regionale n. 33 del 2006, nella parte in cui – introducendo modifiche ed integrazioni ad una serie di leggi aventi ad oggetto le materie dei lavori pubblici e dell’edilizia residenziale pubblica – intervengono in materia di collaudo e mantengono in vigore, per detto àmbito, le vigenti norme regionali di settore, si pongono in contrasto con le disposizioni contenute nel decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE). Quest’ultimo avrebbe espressamente stabilito l’assetto delle competenze legislative di Stato, Regioni e Province autonome, in conformità all’art. 117 della Costituzione, facendo rientrare, tra l’altro, la disciplina del collaudo fra le materie di competenza esclusiva statale: la sua violazione si risolverebbe, pertanto, nella violazione dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione.

3. – Ponendo i predetti ricorsi questioni analoghe, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi ai fini di una trattazione unitaria e di un’unica decisione.

4. – Le questioni aventi ad oggetto gli artt. 27 (recte: 27, comma 3), 35, 36, 37, 38, 39, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57 e 58 del titolo III della legge della Regione Campania n. 12 del 2006, in riferimento ai «principi comunitari in materia di libera concorrenza, libera circolazione e libertà di stabilimento» è inammissibile. Le relative censure sono, infatti, formulate genericamente e non sono sorrette da specifiche argomentazioni (sentenze n. 256 del 2007, n. 64 del 2007, n. 176 del 2004), essendosi il ricorrente limitato ad affermare in maniera apodittica la violazione dei predetti princípi comunitari.

5. – Le questioni aventi ad oggetto gli artt. 35, 36, 37, 38, 39, 43, 44, 45, 46, 47 e 48 della legge della Regione Campania n. 12 del 2006, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, sono fondate.

Questa Corte, di recente, ha affermato che, nel settore degli appalti pubblici, la disciplina delle procedure di gara e in particolare la regolamentazione della qualificazione e selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione mirano a garantire che le medesime si svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali e dei princípi comunitari della libera circolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, della libertà di stabilimento, nonché dei princípi costituzionali di trasparenza e parità di trattamento (sentenza n. 401 del 2007). Esse, in quanto volte a consentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti, sono dunque riconducibili all’àmbito della tutela della concorrenza ex art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, di esclusiva competenza del legislatore statale (sentenze n. 401 del 2007, n. 345 del 2004).

L’esclusività di siffatta competenza si esprime nella ammissibilità della formulazione, da parte del legislatore statale, di una disciplina integrale e dettagliata delle richiamate procedure e nell’inderogabilità delle relative disposizioni, le quali legittimamente incidono, nei limiti della loro specificità e dei contenuti normativi che di esse sono propri, sulla totalità degli àmbiti materiali entro i quali si applicano (sentenza n. 430 del 2007), senza che ciò determini una compressione irragionevole e sproporzionata di alcuna sfera di competenza regionale. Il carattere trasversale della tutela della concorrenza (sentenze n. 401 del 2007, n. 272 del 2004), infatti, implica che essa, avendo ad oggetto la disciplina del mercato di riferimento delle attività economiche, può influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle Regioni (sentenza n. 430 del 2007).

Peraltro, detto carattere, al fine di evitare che siano vanificate le competenze delle Regioni, comporta anche che norme regionali riconducibili a queste competenze abbiano effetti proconcorrenziali. Ciò deve ritenersi ammissibile purché tali effetti, connessi alla specificità dei settori disciplinati, siano indiretti e marginali e non si pongano in contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza (sentenza n. 430 del 2007).

Le disposizioni regionali in esame – nell’ambito della legge regionale n. 12 del 2006, che ha ad oggetto la disciplina generale dell’ordinamento contabile dell’amministrazione regionale e della gestione delle risorse finanziarie necessarie – regolamentano l’attività del Consiglio regionale inerente all’affidamento di appalti di forniture e di servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, di appalti di importo superiore qualora diversi da quelli menzionati dalle direttive comunitarie, di appalti di lavori pubblici di qualunque importo e la relativa attività contrattuale, nonché la stipulazione di contratti d’opera professionale.

In particolare, disciplinano, in termini generali, la fase dell’affidamento degli appalti, dettando le regole relative alle procedure di scelta del contraente (art. 35), ai criteri di aggiudicazione ed in specie all’identificazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 36), alla pubblicità dei bandi di gara (art. 37), alle cause di esclusione dalle gare (art. 38), all’asta pubblica (art. 43), alla licitazione privata (art. 44), all’appalto-concorso (art. 45), all’anomalia dell’offerta (art. 46), alla trattativa privata (artt. 47 e 48). In base ai criteri già individuati da questa Corte e sopra richiamati, è evidente che le norme sono tutte riconducibili alla materia «tutela della concorrenza», avendo ad oggetto direttamente e principalmente le procedure di gara, il cui scopo, come già affermato (sentenza n. 401 del 2007), è quello di consentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti: pertanto esse invadono la sfera di competenza esclusiva del legislatore statale, tra l’altro esercitata con il d. lgs. n. 163 del 2006 (sentenza n. 401 del 2007), le cui disposizioni sono inderogabili.

6. – Le censure sollevate nei confronti degli artt. 51-58 del capo III del titolo III della legge regionale campana n. 12 del 2006, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, sono fondate.

Le disposizioni pongono la disciplina dei contratti pubblici affidati dalla Regione Campania in esito alle proprie procedure di scelta del contraente ed in particolare intervengono a dettare norme in tema di garanzie del contratto (art. 51), di modalità di stipulazione (art. 52) e di durata dello stesso (art. 53), di anticipazione e revisione dei prezzi (art. 54), di subappalto e cessione del contratto (art. 55), di aumento o diminuzione della prestazione (art. 56), di spese contrattuali (art. 57) e di verifica e collaudo (art. 58). Esse attengono a quella fase inerente all’attività contrattuale della pubblica amministrazione che ha inizio con la stipulazione del contratto, nella quale l’amministrazione agisce nell’esercizio della propria autonomia negoziale. Tale fase – come questa Corte ha già affermato (sentenza n. 401 del 2007) – comprende l’intera disciplina di esecuzione del rapporto contrattuale e si connota per l’assenza di poteri autoritativi in capo al soggetto pubblico: pertanto, la disciplina della predetta fase, inerendo a rapporti di natura privatistica, in relazione ai quali sussistono imprescindibili esigenze di garanzia di uniformità di trattamento sull’intero territorio nazionale, riferite alla conclusione ed esecuzione dei contratti di appalto, deve essere ricondotta all’àmbito dell’ordinamento civile, di spettanza esclusiva del legislatore statale.

Le disposizioni impugnate sono, quindi, costituzionalmente illegittime.

7. – Alla luce dei suesposti principi, sono fondate anche le censure aventi ad oggetto l’art. 27, comma 3,  della citata legge regionale campana n. 12 del 2006, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

Questa norma, nella parte in cui stabilisce che «l’attività contrattuale relativa ai lavori e alle opere di competenza del Consiglio regionale è disciplinata dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109 – Legge quadro in materia di lavori pubblici – e dal relativo regolamento di attuazione di cui al decreto del  Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 e successive modificazioni», regolamenta àmbiti assegnati alla competenza esclusiva del legislatore statale. Questa Corte ha infatti affermato (sentenza n. 401 del 2007) che l’attività contrattuale della pubblica amministrazione inerente agli appalti pubblici consta di due fasi, la prima delle quali, relativa alla scelta del contraente, si articola nella disciplina delle procedure di gara, riconducibile alla tutela della concorrenza; la seconda, che ha inizio con la stipulazione del contratto, corrisponde alla disciplina della esecuzione del contratto e deve essere ascritta all’àmbito materiale dell’ordinamento civile.

8. – Fondate sono, infine, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, che sostituisce l’art. 12 della legge della Regione Abruzzo 20 dicembre 2000, n. 115, e dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione Abruzzo n. 33 del 2006, sollevate in riferimento all’art. 117, secondo comma, della Costituzione.

Le disposizioni disciplinano il collaudo di lavori pubblici, che inerisce alla ricordata seconda fase in cui si articola l’attività contrattuale della pubblica amministrazione, la quale ha inizio con la stipulazione del contratto e comprende l’intera esecuzione del rapporto contrattuale, da questa Corte ricondotta alla materia dell’ordinamento civile, di esclusiva competenza del legislatore statale (sentenza n. 401 del 2007). In particolare, il collaudo costituisce un istituto tipico del contratto di appalto, come tale disciplinato dal codice civile (art. 1665 e segg.), il quale, pur caratterizzato da elementi di matrice pubblicistica, conserva prevalente natura privatistica e rientra, quindi, nell’àmbito materiale dell’ordinamento civile.

D’altra parte, questa Corte ha già rilevato che, anche in riferimento al collaudo è ravvisabile una ulteriore funzione di garanzia della concorrenzialità nel mercato, funzione in corrispondenza della quale si delinea l’ulteriore competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza (sentenza n. 401 del 2007).

PER QUESTI MOTIVI

 LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 27, comma 3, 35, 36, 37, 38, 39, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57 e 58 del titolo III della legge della Regione Campania 20 giugno 2006, n. 12 (Disposizioni in materia di amministrazione e contabilità regionale del Consiglio regionale della Campania), promosse, in riferimento ai «principi comunitari in materia di libera concorrenza, libera circolazione e libertà di stabilimento (artt. 2, 3, 4, 39 e segg., 81 e segg. del Trattato CEE)» dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 27, comma 3, 35, 36, 37, 38, 39, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57 e 58 del titolo III della legge della Regione Campania 20 giugno 2006, n. 12;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 12 della legge della Regione Abruzzo 20 dicembre 2000, n. 115 (Nuove norme per l’edilizia scolastica), come sostituito dall’art. 2, comma 2, della legge della Regione Abruzzo 8 novembre 2006, n. 33 (Modifiche e integrazioni di leggi regionali concernenti i lavori pubblici e l’edilizia residenziale pubblica) e dell’art. 7, comma 1, della legge regionale n. 33 del 2006.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 dicembre 2007.