Sentenza n. 3 del 2006

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SENTENZA N. 3

ANNO 2006

 

Commento alla decisione di

 

Carlo Padula

La Corte costituzionale e l'interesse a ricorrere nel giudizio in via principale: verso la fine delle oscillazioni?

 

 

(per gentile concessione del Forum di Quaderni Costituzionali)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-   Franco                                         BILE                                              Presidente

-   Giovanni Maria                             FLICK                                            Giudice

-   Francesco                                     AMIRANTE                                         "

-   Ugo                                              DE SIERVO                                         "

-   Romano                                        VACCARELLA                                   "

-   Paolo                                            MADDALENA                                    "

-   Alfio                                             FINOCCHIARO                                  "

-   Alfonso                                        Quaranta                                       "

-   Franco                                         GALLO                                                "

-   Luigi                                             MAZZELLA                                         "

-   Gaetano                                       SILVESTRI                                          "

-   Sabino                                          CASSESE                                            "

-   Maria Rita                                    SAULLE                                               "

-   Giuseppe                                      TESAURO                                           "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4, 6, comma 2, 7, comma 2, 21, 25, commi 2, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Marche 16 dicembre 2004, n. 27 (Norme per l’elezione del Consiglio e del Presidente della Giunta regionale), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 7 febbraio 2005, depositato il 15 febbraio 2005 ed iscritto al n. 20 del registro ricorsi 2005.

Visto l’atto di costituzione della Regione Marche;

udito nell’udienza pubblica del 13 dicembre 2005 il Giudice relatore Franco Bile;

uditi l’avvocato dello Stato Giuseppe Nucaro per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 7 febbraio 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, in via principale, l’art. 4 [«e le disposizioni ad esso connesse: quali l’art. 6, comma 2, e 25, comma 4, lettera a)»], l’art. 7, comma 2, l’art. 21 e l’art. 25, commi 2, 3 e 4, della legge della Regione Marche 16 dicembre 2004, n. 27 (Norme per l’elezione del Consiglio e del Presidente della Giunta regionale).

Il ricorrente osserva che la potestà legislativa prevista dall’art. 122, primo comma, della Costituzione incontra, oltre ai limiti determinati dai principi fondamentali stabiliti con legge dello Stato, anche i limiti derivanti da «riserve di statuto» [che al momento della proposizione del ricorso non risulta(va) ancora promulgato] e dagli insegnamenti dati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 196 del 2003. E, poiché la legge regionale impugnata prevede, all’art. 25, comma 3, che «Le disposizioni di cui ai titoli I, II e III si applicano a seguito dell’entrata in vigore del nuovo statuto regionale», alla difesa erariale «appare doveroso» – in previsione dell’imminente svolgimento della consultazione elettorale – dare della legge impugnata (ed in particolare del combinato disposto degli artt. 7, comma 2, e 25, commi 3 e 4, in tema di indizione delle elezioni e di presentazione delle liste) un’interpretazione che ne escluda l’applicabilità immediata.

Altre censure riguardano l’art. 4, comma 1, della legge, che prevede un Consiglio regionale «composto da 42 consiglieri e dal Presidente della Giunta regionale». Secondo il ricorrente – essendo la composizione del Consiglio regionale riservata dall’art. 123 Cost. allo statuto regionale – il numero dei componenti del Consiglio regionale deve rimanere, fino all’entrata in vigore del «nuovo» statuto, quello definito dalla normativa statale vigente. Inoltre la norma neppure sarebbe coerente con il «nuovo» statuto, che, agli artt. 7, comma 1, e 11, comma 2, stabilisce il numero dei componenti del Consiglio regionale in quarantadue, e non quarantatre.

Pertanto l’art. 4, comma 1 – e le norme ad esso connesse di cui all’art. 6, comma 2 (dal quale dovrebbe essere eliminata la parola «quarantadue»), all’art. 25, comma 4, lettera a) (che dovrebbe essere soppressa), e all’art. 21 (che, riguardando la supplenza dei consiglieri sospesi, dovrebbe essere «ospitata dallo statuto») – contrastano con la «riserva di statuto» prevista dall’art. 123 Cost., e con gli artt. 122 Cost. e 5 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1.

Infine, l’art. 25, comma 2, della legge (in particolare l’aggettivo «necessarie» riferito alle «intese con i competenti organi dello Stato» che il Presidente della Giunta promuove per l’applicazione della legge stessa) violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., in quanto la disposizione – per come è formulata – impone adempimenti ad (imprecisati) organi dello Stato, così invadendo la competenza legislativa esclusiva del Parlamento nazionale.

2. – In ragione della «sopravvenuta legge della Regione Marche 1 febbraio 2005, n. 5», con atto depositato il 15 febbraio 2005, la difesa erariale ha rinunciato all’istanza di sospensione formulata nel ricorso introduttivo, «fermo restando il ricorso».

3. – La Regione Marche si è costituita, concludendo per l’infondatezza del ricorso.

La Regione osserva preliminarmente che la lettura dell’art. 4, comma 1, non può essere disgiunta dalla disciplina transitoria e finale contenuta nell’art. 25 della stessa legge regionale n. 27 del 2004; sicché la norma si limita ad anticipare quanto disposto dagli evocati artt. 7, comma 1, e 11, comma 2, della deliberazione legislativa statutaria [allora] approvata dal Consiglio regionale [poi promulgato con legge statutaria 8 marzo 2005, n. 1].

Altrettanto infondate, per la Regione, sono infine le censure riferite all’art. 21 (giacché la disciplina della supplenza rientra nel «sistema di elezione» di competenza della legge regionale ai sensi dell’art. 122 Cost.) ed all’art. 25, comma 2, che peraltro è stato sostituito dall’art. 1, comma 2, della citata legge regionale n. 5 del 2005.

4. – Nell’imminenza dell’udienza, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria illustrativa in cui – preso atto dell’intervenuta modifica della disciplina transitoria dell’art. 25 della legge regionale impugnata e della entrata in vigore del nuovo statuto regionale ed abbandonata la questione relativa all’art. 21 – modifica le conclusioni formulate nel ricorso, chiedendo la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4 e consequenzialmente dell’art. 6, comma 2, della medesima legge.

 

5. – Anche la Regione Marche ha depositato memoria, assumendo l’inammissibilità delle questioni riguardanti l’art. 4, comma 2, l’art. 6, comma 2, l’art. 7, comma 2 e l’art. 21 della legge regionale in esame (perché tali norme non sono indicate come oggetto di impugnativa dalla delibera governativa di autorizzazione a ricorrere), nonché di quella riguardante l’art. 25, comma 2 e comma 4, lettera a), della legge stessa, sostituito dalla legge regionale n. 5 del 2005.

Preso atto della delimitazione della materia del contendere, la Regione osserva che l’oggetto del giudizio è ormai circoscritto alla questione relativa al solo art. 4, comma 1, della quale eccepisce preliminarmente l’inammissibilità, per difetto di interesse del ricorrente, giacché la norma è stata impugnata prima dell’entrata in vigore del nuovo statuto, contestando una invasione della competenza statutaria non ancora attuale.

Nel merito, la Regione deduce la non fondatezza di tale questione, in quanto la norma – del tutto compatibile con l’autonomia dei consigli regionali nelle scelte sulla forma di governo, con norme sia statutarie (art. 123, primo comma, Cost.) che elettorali (art. 122, primo comma, Cost.) – ha «espressamente indicato il numero dei consiglieri solo con effetti dichiarativi rispetto a quanto stabilito dallo statuto», anticipando e confermando il disposto degli artt. 7, comma 1, e 11 della delibera legislativa statutaria (in quel momento approvata e pubblicata, e in attesa di promulgazione).

Considerato in diritto

1. – Il presente giudizio di costituzionalità riguarda la legge della Regione Marche 16 dicembre 2004, n. 27 (Norme per l’elezione del Consiglio e del Presidente della Giunta regionale).

Di essa il Governo ha impugnato: a) l’art. 7, comma 2 (secondo cui «Il decreto di indizione delle elezioni è pubblicato almeno sessanta giorni prima del giorno delle elezioni»), per contrarietà «a principio fondamentale della legislazione statale», ove non venga interpretato – in combinato disposto con il successivo art. 25, commi 3 e 4 – nel senso della sua inapplicabilità prima dell’entrata in vigore del nuovo statuto della Regione Marche (all’epoca non ancora promulgato); b) l’art. 4, comma 1 (secondo cui «il Consiglio regionale è composto da 42 consiglieri e dal Presidente della Giunta regionale»), per contrasto con la «riserva di statuto» prevista dall’art. 123 della Costituzione, con l’art. 122 Cost. e con l’art. 5 della legge cost. 22 novembre 1999, n. 1, assieme alle «connesse» norme dell’art. 6 comma 2 (dal quale si dovrebbe eliminare la parola «quarantadue»), dell’art. 25, comma 4, lettera a) (da sopprimere), e dell’art. 21, in tema di supplenza dei consiglieri sospesi (che è materia riservata allo statuto); c) l’art. 25, comma 2 (secondo cui «Il Presidente della Giunta promuove tempestivamente le necessarie intese con i competenti organi dello Stato ai fini dell’applicazione della presente legge»), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., in quanto la disposizione – per come è formulata – impone adempimenti ad (imprecisati) organi dello Stato, e perciò invade la competenza legislativa esclusiva del Parlamento nazionale.

2. – La delibera del 28 gennaio 2005, con cui il Consiglio dei ministri ha autorizzato l’impugnazione della legge regionale n. 27 del 2004, richiama la relazione del Ministro per gli affari regionali, che muove rilievi di incostituzionalità ai soli artt. 4, comma 1, 25, comma 2, e 25, comma 4, lettera a), della legge.

La scelta politica del Governo di impugnare norme regionali si esprime nell’indicazione delle specifiche disposizioni ritenute eccedenti le competenze della Regione, salva l’autonomia tecnica dell’Avvocatura dello Stato nell’individuazione dei motivi di censura (sentenza n. 533 del 2002).

Pertanto le questioni proposte nei confronti di norme non considerate da tale scelta politica sono inammissibili (sentenze n. 106 del 2005, n. 166 del 2004 e n. 338 del 2003): nella specie si tratta delle questioni relative agli artt. 6, comma 2, 7, comma 2, 21 e 25, commi 3 e 4, della legge regionale impugnata.

2.1. – Per quanto concerne in particolare il citato art. 25,  l’originario testo della norma, prima della proposizione del giudizio, è stato radicalmente modificato (in senso ampiamente satisfattivo delle pretese del ricorrente) dall’art. 1 della legge regionale 1 febbraio 2005 n. 5 (pubblicata nel bollettino ufficiale della Regione Marche del 2 febbraio 2005, n. 12), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione (art. 3).

Il ricorso introduttivo è stato notificato alla Regione Marche in data 7 febbraio 2005. Pertanto – a parte la già rilevata inammissibilità delle questioni riguardanti i commi 3 e 4 dell’art. 25 – la questione relativa al secondo comma di tale articolo è inammissibile, in quanto riferita ad una norma non più in vigore, che non risulta avere avuto nel frattempo alcuna applicazione, con conseguente difetto originario di interesse a ricorrere.

3. – Questa Corte deve dunque pronunciarsi solo sulle censure concernenti il comma 1 dell’art. 4 della legge regionale impugnata, secondo cui «Il Consiglio regionale è composto da 42 consiglieri e dal Presidente della Giunta regionale».

3.1. – Di tali censure la Regione Marche ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità, per difetto di interesse del ricorrente, perché la norma è stata impugnata dal Governo prima dell’entrata in vigore del nuovo statuto, quando la dedotta invasione della competenza statutaria non era ancora attuale.

L’eccezione è infondata. Incontestata essendo la possibilità per la Regione di emanare una legge elettorale con efficacia differita al momento dell’entrata in vigore dello statuto, il ricorso necessariamente è stato proposto entro i termini perentori di cui agli artt. 127, primo comma, della Costituzione e 31, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

3.2. – Nel merito, la questione non è fondata.

La norma è censurata (in relazione agli artt. 122 e 123 Cost. e all’art. 5 della legge cost. 22 novembre 1999, n. 1) sotto un duplice profilo.

Innanzi tutto il ricorrente deduce che la composizione del Consiglio regionale è materia riservata alla fonte statutaria, onde fino all’entrata in vigore del «nuovo» statuto non può formare oggetto di una legge regionale ordinaria.

Ma l’art. 25 della legge impugnata (nel testo vigente al momento della proposizione del ricorso, risultante dalle modifiche già apportate dall’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 5 del 2005) prevede espressamente che le disposizioni della legge medesima si applicano solo «a seguito dell’entrata in vigore del nuovo statuto regionale». Neppure in astratto avrebbe, dunque, potuto porsi un problema di determinazione dell’ambito della potestà regionale in materia, secondo i canoni del regime transitorio di cui all’art. 5 della legge cost. n. 1 del 1999, che ha efficacia vincolante solo fino all’entrata in vigore dei nuovi statuti regionali (sentenza n. 196 del 2003).

3.3. – Sotto un secondo profilo, la norma impugnata non sarebbe coerente con il «nuovo» statuto, che (agli artt. 7, comma 1, e 11, comma 2) fissa il numero dei componenti del Consiglio medesimo in quarantadue, e non quarantatre.

La norma impugnata non contraddice gli evocati parametri statutari, ma è coerente con essi.

Legittimamente esercitando la propria competenza in ordine alla scelta politica sottesa alla determinazione della «forma di governo» della Regione (art. 123, primo comma, Cost.), il legislatore statutario delle Marche ha infatti stabilito che «Il Presidente della Giunta regionale è eletto a suffragio universale e diretto in concomitanza con l’elezione del Consiglio regionale e fa parte dell’organo consiliare» (art. 7, comma 1) e che «Il Consiglio [regionale] è composto da quarantadue consiglieri» (art. 11, comma 2). Inoltre ha soggiunto che «Sono organi della Regione il Consiglio regionale, la Giunta e il suo Presidente» (art. 6, comma 1) e che «Il Consiglio regionale è l’organo legislativo e della rappresentanza democratica della Regione ed è eletto a suffragio universale e diretto» (art. 11, comma 1).

L’interpretazione letterale e sistematica di tali norme statutarie – in particolare della previsione della «concomitanza» delle due diverse elezioni dei due organi – porta ad escludere che il legislatore statutario della Regione Marche abbia inteso considerare il Presidente della Giunta regionale un componente del Consiglio regionale come gli altri membri di esso, come viceversa è espressamente previsto per il Presidente del medesimo Consiglio, la cui elezione avviene tra i consiglieri (art. 13, comma 1).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, dell’art. 7, comma 2, dell’art. 21 e dell’art. 25, commi 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Marche 16 dicembre 2004, n. 27 (Norme per l’elezione del Consiglio e del Presidente della Giunta regionale), sollevate – in riferimento agli artt. 122 e 123 della Costituzione ed all’art. 5 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 – dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 2, della citata legge della Regione Marche n. 27 del 2004, sollevata – in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione – dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il medesimo ricorso;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della stessa legge della Regione Marche n. 27 del 2004, sollevata – in riferimento agli artt. 122 e 123 della Costituzione ed all’art. 5 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 – dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il predetto ricorso.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 2006.

Franco BILE, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2006.