Sentenza n. 363/2000

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SENTENZA N. 363

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI 

- Massimo VARI   

- Cesare RUPERTO  

- Riccardo CHIEPPA  

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA  

- Fernanda CONTRI  

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI  

- Annibale MARINI  

- Franco BILE   

- Giovanni Maria FLICK  

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota del Ministero della pubblica istruzione n. 8414/H/2 del 23 ottobre 1997 riguardante la competenza ad autorizzare, nel territorio della Regione siciliana, i corsi di specializzazione per docenti di sostegno di cui al d.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, promosso con ricorso della Regione siciliana, notificato il 18 marzo 1998, depositato in cancelleria il 23 successivo e iscritto al n. 9 del registro conflitti 1998.

 Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nell’udienza pubblica del 4 luglio 2000 il Giudice relatore Francesco Guizzi;

 uditi l’avvocato Giovanni Lo Bue per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 1. La Regione siciliana ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato affinché sia dichiarata la sua competenza ad autorizzare, nel proprio territorio, i corsi di specializzazione degli insegnanti di sostegno per i disabili, contemplati dall’art. 8 del d.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, e quindi - per violazione dell’art. 14, lettera r), dell’art. 17, lettera d), dello Statuto speciale della Regione, e delle norme di attuazione di esso in materia di pubblica istruzione approvate con d.P.R. 14 maggio 1985, n. 246 - sia annullata la nota del Ministero della pubblica istruzione del 23 ottobre 1997, prot. n. 8414/H/2, che, secondo la ricorrente, afferma l’esclusivo potere autorizzatorio dello Stato.

 La Regione ricorda, in via preliminare, di avere avuto cognizione della nota, ora menzionata, il 20 gennaio 1998, a seguito della notifica di un ricorso proposto da una insegnante innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia: ricorso volto ad annullare un provvedimento del provveditorato agli studi, il quale risolveva il contratto di lavoro a tempo indeterminato con essa stipulato per svolgere attività di sostegno presso una scuola materna statale.

 Dal ricorso si apprende che la risoluzione del contratto di lavoro è stata determinata dal mancato riconoscimento, da parte del Ministero della pubblica istruzione, della validità del diploma di specializzazione quale insegnante di sostegno, rilasciato a conclusione di un corso autorizzato dalla Regione siciliana. Secondo l’Amministrazione centrale la competenza ad autorizzare detti corsi, ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 970 del 1975, spetterebbe allo Stato, e non alla Regione, risultando trasferite esclusivamente le materie di cui ai decreti presidenziali nn. 416 e 419 del 1974 e non anche quelle oggetto del citato d.P.R. n. 970.

 In punto di ammissibilità, la Regione osserva che il conflitto per menomazione è configurabile non soltanto nelle ipotesi di atti formali, ma anche con riguardo ad atti interni idonei ad esplicare effetti per i terzi, e in riferimento a comportamenti concludenti (sentenze di questa Corte nn. 163 del 1997, 211 del 1994, 771 del 1988, 40 del 1977). Nella vicenda in esame, il Ministero della pubblica istruzione avrebbe posto in essere un comportamento di rilevanza esterna invasivo delle attribuzioni regionali.

 In base all’art. 14, lettera r), e all’art. 17, lettera d), dello Statuto speciale, la Regione ha competenza “primaria” in materia di istruzione elementare, e concorrente per l’istruzione media e universitaria. Nelle norme di attuazione approvate con il citato d.P.R. n. 246 del 1985, è presente una clausola generale, ai sensi della quale nel territorio della Regione le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in materia di pubblica istruzione sono esercitate dall’amministrazione regionale; e in queste - si osserva nel ricorso - rientrano le funzioni degli organi centrali e periferici dello Stato concernenti le materie di cui al d.P.R. 31 maggio 1974, n. 416 (scuola materna, elementare, secondaria e artistica: v. l’art. 1 del citato d.P.R. n. 246).

 Per effetto di tale devoluzione, generale, la ricorrente afferma che tutte le attribuzioni di competenza statale concernenti la pubblica istruzione le sono trasferite; e che si tratti di una generale devoluzione sarebbe altresì confermato dall’art. 4 delle norme di attuazione, ove si enumerano espressamente le attribuzioni non trasferite, quindi di competenza statale (ordinamento degli studi e degli esami, programmi di insegnamento, esami di stato, status e trattamento economico del personale). Nel conflitto si ricorda, poi, che in base all’art. 8 del d.P.R. n. 246 hanno valore legale in tutto il territorio della Repubblica i titoli di studio, già conseguiti o da conseguire, nelle scuole e negli istituti parificati e legalmente riconosciuti dalla Regione.

 Non si può dunque dubitare, ad avviso della ricorrente, della validità dei titoli di specializzazione conseguiti a conclusione dei corsi da essa autorizzati che, d’altronde, sono conformi alle prescrizioni dettate dall’ordinamento statale. Il diploma rilasciato dalla Regione siciliana è controfirmato dal provveditore agli studi (il quale ne ha curato l’istruttoria) e non differisce dagli altri titoli conseguiti nel restante territorio dello Stato, se non per il fatto che il corso è stato autorizzato dall’Assessore regionale, che svolge nella Regione - ai sensi dell’art. 20 dello Statuto - le funzioni esecutive concernenti le materie di cui agli articoli 14, 15 e 17 dello Statuto stesso.

 La Regione aggiunge, infine, che l’Assessore competente si è comunque uniformato alla disciplina nazionale sopravvenuta, sospendendo le procedure di riconoscimento di nuovi corsi di specializzazione, a seguito di quanto disposto dal Ministro della pubblica istruzione con le ordinanze del 17 marzo e del 9 dicembre 1997.

 2. — Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, nel senso della inammissibilità e comunque dell’infondatezza del ricorso.

 3. — Nella memoria presentata nell’imminenza dell’udienza, l’Avvocatura dello Stato richiama l’art. 325 del testo unico in materia di istruzione, approvato con decreto legislativo n. 297 del 1994, l’art. 4 della legge n. 341 del 1990 e, soprattutto, il d.P.R. n. 470 del 1996, che ha dato attuazione alla citata legge n. 341 per la formazione in ambito universitario di tali insegnanti, sostenendo che la competenza attinente allo svolgimento dei menzionati corsi di specializzazione, al pari delle procedure concorsuali, non rientra fra quelle regionali.

 La disciplina dei titoli di accesso all’insegnamento - prosegue la memoria - sarebbe componente imprescindibile del sistema di reclutamento disciplinato dal legislatore nazionale, secondo quanto si desume dal decreto delegato n. 417 del 1974 e dal testo unico approvato con decreto legislativo n. 297 del 1994, che nella parte terza pone norme sul reclutamento e sui titoli di accesso.

 La materia dello stato giuridico del personale rientra invero fra le attribuzioni che restano di titolarità dello Stato, ai sensi dell’art. 4 del d.P.R. n. 246 del 1985; andrebbe dunque riconosciuta, per i diplomi abilitanti, la competenza del Ministero della pubblica istruzione e, al termine del regime transitorio, quella delle università.

 L’Avvocatura rileva, poi, che spetta comunque allo Stato introdurre le norme generali sull’istruzione, ai sensi dell’art. 33 della Costituzione, anche con riferimento ai requisiti di idoneità del personale insegnante. Quella in esame sarebbe un’“abilitazione specifica” all’insegnamento per i disabili, la quale si deve concludere con un “esame di Stato”, conformemente al disposto dell’art. 33, quinto comma, della Costituzione, il che non avviene nel corso di specializzazione autorizzato dalla Regione siciliana (si cita in proposito l’art. 13 dell’ordinanza assessoriale n. 1502 del 1995).

 Ulteriore argomento a sostegno della estraneità della materia all’ambito delle potestà regionali si rinviene, infine, nel carattere transitorio del vigente regime, alla luce dei decreti presidenziali nn. 470 e 471 del 1996 prima citati; sì che sarebbe escluso il trasferimento di competenze, dallo Stato alla Regione, nel momento di innovazione del sistema.

 4. — Nell’udienza pubblica del 4 luglio 2000, la Regione siciliana ha presentato una nota a sostegno degli argomenti svolti nel ricorso, eccependo l’irregolarità dell’atto di costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, perché esso non contiene alcun motivo e rinvia interamente alla memoria depositata nell’imminenza dell’udienza, nella quale l’Avvocatura ha svolto argomenti nel senso dell’infondatezza; comportamento, questo, che avrebbe impedito alla difesa della Regione di controdedurre per iscritto, obbligandola a replicare soltanto in udienza.

Considerato in diritto

 1. — La Regione siciliana ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato affinché sia dichiarata la sua competenza ad autorizzare, nel proprio territorio, i corsi di specializzazione degli insegnanti di sostegno per disabili contemplati dall’art. 8 del d.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, e chiede quindi l’annullamento della nota del Ministero della pubblica istruzione del 23 ottobre 1997, prot. n. 8414/H/2, invocando quali parametri l’art. 14, lettera r), l’art. 17, lettera d), dello Statuto speciale della Regione, e le norme di attuazione di esso, in materia di pubblica istruzione, approvate con d.P.R. 14 maggio 1985, n. 246. La Regione dichiara altresì, in punto di ammissibilità, di aver preso formale cognizione della nota ministeriale, ora menzionata, in occasione della notifica di un ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia proposto da un’insegnante di sostegno per disabili: in detto ricorso, unitamente alla nota ministeriale del 23 ottobre 1997, si impugna la decisione del Provveditore agli studi di Vicenza che disconosce la validità del titolo di specializzazione perché conseguito in un corso autorizzato dalla Regione siciliana, a ciò non abilitata.

 2. — Questa Corte deve preliminarmente rilevare, con riguardo alla nota di udienza presentata dalla Regione siciliana, che non possono essere prese in considerazione memorie depositate in udienza, oltre il termine posto dall’art. 10 delle norme integrative per i giudizi davanti a questa Corte.

 Con specifico riferimento, poi, alla regolarità della costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei ministri, basti qui osservare che essa risulta tempestiva, con l’indicazione - sia pure estremamente sommaria - della posizione processuale del Presidente del Consiglio, nel senso di ritenere infondato, e ancor prima inammissibile, il conflitto. E’ vero che le motivazioni a sostegno di tale posizione si rinvengono solo nella memoria pervenuta alla cancelleria di questa Corte entro il termine posto dall’art. 10 delle norme integrative e che l’atto di costituzione - preso a sé - appare decisamente scarno; cionondimeno, la ricorrente ha replicato ampiamente nel corso della discussione orale.

  3. — Occorre ora analizzare il contenuto della nota ministeriale così impugnata.

 Il Provveditore agli studi di Vicenza aveva chiesto al Ministero della pubblica istruzione indicazioni circa la validità, sul territorio nazionale, del diploma di specializzazione polivalente rilasciato dalla Regione siciliana; il Ministero aveva quindi trasmesso “per opportuna conoscenza” due avvisi espressi dal Dipartimento della funzione pubblica e dal Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio: avvisi resi - lo ricorda la nota ministeriale - al Consiglio di Stato, che a sua volta era stato chiamato a pronunciarsi sull’esperibilità da parte dello Stato del conflitto costituzionale di attribuzione sull’autorizzazione di detti corsi, ma che poi ha dichiarato il “non luogo a esprimere il parere”, visto che la sua funzione consultiva è “a tutela oggettiva dell’ordinamento giuridico” (Sezione seconda, adunanza dell’11 giugno 1997).

 Nient’altro afferma la comunicazione ministeriale, che d’altronde si autoqualifica “atto di trasmissione” degli avvisi resi dai due Dipartimenti della Presidenza del Consiglio. E’ dunque evidente che la nota impugnata non è atto che afferma una potestà pubblica o che esprime una pretesa dello Stato idonea a invadere - e comunque a menomare - l’ambito delle attribuzioni regionali costituzionalmente protette (v. in special modo le sentenze nn. 365 del 1999, 211 del 1994, 278 del 1991, 771 del 1988); sì che non può dirsi sussistente un conflitto costituzionale fra enti (oltre quelle citate, v. le sentenze nn. 27 del 1996 e 215 del 1993).

 Il ricorso per conflitto di attribuzione presentato dalla Regione siciliana deve essere quindi dichiarato inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione promosso dalla Regione siciliana nei confronti dello Stato, in relazione alla nota del Ministero della pubblica istruzione del 23 ottobre 1997, prot. n. 8414/H/2, sulla validità del titolo di specializzazione per insegnanti di sostegno rilasciato dalla Regione siciliana.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 26 luglio 2000.