Sentenza n. 19 del 1994

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SENTENZA N. 19

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, lett. a), e 3 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 2 aprile 1962, n. 4 (Norme per favorire l'accesso del risparmio popolare ad una abitazione) e dell'art. 43, secondo comma, lett. b) e quinto comma, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 21 novembre 1983, n. 45 (Modifiche all'ordinamento urbanistico provinciale ed alle leggi sulla edilizia agevolata), promosso con ordinanza emessa il 2 giugno 1992 dal Consiglio di Stato - Sezione IV giurisdizionale - sul ricorso proposto da Tiziana Chiti contro la Provincia autonoma di Bolzano ed altri, iscritta al n. 267 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.24, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visti gli atti di costituzione di Chiti Tiziana e della Provincia autonoma di Bolzano;

udito nell'udienza pubblica del 14 dicembre 1993 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

uditi l'Avvocato Giulio Pizzuti per Tiziana Chiti e gli Avvocati Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano.

Ritenuto in fatto

 

l.- Il Consiglio di Stato dubita della legittimità costituzionale dell'art. 2, lettera a), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 2 aprile 1962, n. 4 (Norme per favorire l'accesso del risparmio popolare ad una abitazione), nonche' dell'art. 3 della stessa legge anche nella parte sostituita dall'art. 43, secondo comma, lettera b) e quinto comma, della legge della Provincia di Bolzano 21 novembre 1983, n. 45 (Modifiche all'ordinamento urbanistico provinciale ed alle leggi sulla edilizia agevolata).

Secondo il giudice a quo le predette disposizioni, nel prevedere rispettivamente l'esclusione dalle agevolazioni per l'edilizia popolare di chi non abbia una residenza stabile in un comune della provincia di Bolzano e la revoca dalle agevolazioni medesime nel caso in cui l'abitazione non venga continuativamente occupata, si porrebbero in contrasto con i seguenti parametri costituzionali: a) l'art. 47, secondo comma, della Costituzione, il quale impone al legislatore di favorire l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione: b) l'art. 8, n. 10, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, per violazione del principio di riforma economico-sociale contenuto nell'art. 98 del regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica), a norma del quale sarebbe consentito continuare a godere delle agevolazioni pubbliche per la costruzione della propria abitazione anche a chi, dopo una seria ed effettiva occupazione iniziale, abbia dovuto temporaneamente lasciare la propria residenza per ragioni di famiglia o di lavoro; c) l'art. 3 della Costituzione, che vieta qualsiasi irragionevole diseguaglianza fra la disciplina statale e quella provinciale.

In linea di fatto, il giudice a quo osserva che la controversia amministrativa pendente di fronte a lui ha avuto origine dal ricorso di una socia di una cooperativa alla quale la Commissione di vigilanza sull'edilizia abitativa agevolata della Provincia di Bolzano aveva revocato, con provvedimento in data 30 giugno 1986 (peraltro sospeso cautelarmene dallo stesso giudice a quo), il contributo provinciale su un mutuo edilizio concesso per la costruzione della propria abitazione in cooperativa, a seguito dell'accertamento che la ricorrente non aveva regolarmente e permanentemente dimorato nell'abitazione medesima dopo che quest'ultima le era stata consegnata ed era stata inizialmente occupata.

Premesso che le disposizioni della legge provinciale contestate sono state correttamente interpretate dalla predetta Commissione e che ricorrono i requisiti per la rilevanza della questione, il giudice a quo dubita, innanzitutto, della legittimità costituzionale delle stesse disposizioni con il principio di riforma economico-sociale contenuto nell'art. 98 del regio decreto n. 1165 del 1938, il quale, secondo la costante giurisprudenza amministrativa, impone l'obbligo di occupare seriamente ed effettivamente l'alloggio nel momento iniziale, con la possibilità di operare spostamenti dovuti a esigenze di famiglia o di lavoro e, persino, di omettere l'occupazione iniziale per giustificati motivi. Il contrasto con tale principio deriva, ad avviso del giudice a quo, dal fatto che la disciplina provinciale del 1962 - tanto nel suo testo originario, quanto nel testo novellato (che peraltro si limita a precisare quel che già preesisteva implicitamente nella precedente disposizione) - non ammette alcuna eccezione o deroga al criterio della stabile residenza, sicche' appare irrilevante la circostanza che l'istante nel giudizio a quo non abbia rappresentato alla ricordata Commissione le vicende che l'avevano costretta a trasferirsi in altro Comune di altra provincia e a mettersi anticipatamente in quiescenza, vale a dire l'esigenza di assistere il vecchio padre, affetto da un grave tumore invalidante anche nelle funzioni intellettuali, a partire dall'aprile 1978 sino al 12 gennaio 1984.

Del resto, continua il giudice rimettente, l'unica eccezione che la legge provinciale ammette - cioe' quella contenuta nell'ultimo comma del testo novellato dell'art. 3 - riguarda il caso di chi intenda trasferirsi in altra abitazione popolare nello stesso comune o di chi debba trasferirsi per ragioni di attività professionale sempreche' abbia intenzione di vendere l'abitazione e ottenga l'autorizzazione all'alienazione. Si tratta, dunque, di un'eccezione che non copre le ipotesi di spostamenti necessitati da motivi di famiglia o anche da ragioni di lavoro non accompagnati dall'intenzione di vendere l'alloggio, ma implicanti, come nel caso, l'opposto desiderio di rientrarvi al più presto possibile, tanto da indurre la ricorrente a sopportare tutti gli oneri condominiali e quelli derivanti dai contratti per servizi.

Infine, sempre secondo il giudice rimettente, non avrebbe pregio osservare che, mentre la disciplina statale, a fronte della mancata occupazione iniziale, prevede la decadenza dall'assegnazione dell'alloggio, la disciplina provinciale, invece, dispone soltanto la restituzione dei contributi già ricevuti maggiorati degli interessi o la perdita dei contributi stessi per il futuro. In contrario il giudice a quo rileva che gli effetti riconducibili alle disposizioni provinciali non sono in pratica diversi da quelli derivanti dalle norme statali, poiche', in considerazione delle condizioni di reddito dei potenziali beneficiari dei contributi, la revoca del notevole contributo sul mutuo, accompagnata da un'obbligazione di resa delle erogazioni trascorse maggiorate degli interessi, può prevedibilmente implicare la necessità di cedere l'immobile per far fronte agli oneri conseguenti alla revoca stessa.

Per i motivi già detti, le disposizioni contestate appaiono contrastanti anche con l'art. 47 della Costituzione, in quanto tendono a sfavorire l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, nonche' con l'art. 3 della Costituzione, per l'irrazionale diseguaglianza del sistema provinciale rispetto a quello statale.

2.- E' intervenuta in giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, parte resistente nella controversia pendente di fronte al Consiglio di Stato, per chiedere che la questione sollevata sia dichiarata non fondata.

In primo luogo, la Provincia sostiene che non sia plausibile un raffronto fra le disposizioni della legge provinciale contestate e le norme statali invocate come principi di riforma economico-sociale, dal momento che gli oggetti disciplinati dalle une e dalle altre sarebbero diversi: mentre le prime, infatti, regolerebbero la concessione di contributi su mutui edilizi, le altre, invece, concernerebbero la assegnazione di alloggi a soci di cooperative edilizie. Alla diversità di oggetti corrisponde, ad avviso della Provincia, una differenza di sanzioni (in un caso, la revoca dell'agevolazione finanziaria e, nell'altro, la decadenza dall'assegnazione dell'alloggio), la più tenue delle quali e' quella prevista dalla disciplina provinciale.

In secondo luogo, la Provincia ritiene che il giudice a quo, nel supporre che le disposizioni contestate non tollerino eccezioni di sorta all'occupazione della propria abitazione, muoverebbe da un presupposto interpretativo errato, dal momento che l'art. 3, terzo comma, della legge provinciale n.4 del 1962 prevede (anche nel nuovo testo) che i beneficiari delle agevolazioni cui sia contestata la mancata occupazione hanno la possibilità di esporre all'amministrazione le loro ragioni giustificative e, comunque, non sono soggetti a sanzioni ove si trasferiscano per motivi di lavoro e intendano vendere l'alloggio.

Infine, la Provincia rileva che l'invocato art. 98 del testo unico per l'edilizia popolare non sarebbe in possesso dei requisiti richiesti da questa Corte per essere qualificato come norma fondamentale di riforma economico-sociale, sia perche' sarebbe priva del carattere riformatore, sia perche' sarebbe una norma di dettaglio, non già di principio.

In conclusione, la Provincia osserva che la rilevata non omogeneità degli oggetti regolati dalla disciplina statale e da quella regionale impedirebbe anche di configurare una diseguaglianza ai sensi dell'art.3 della Costituzione.

Tantomeno, poi, sussisterebbe una violazione dell'art. 47, secondo comma, della Costituzione, considerato che rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire i modi e i limiti per favorire l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione.

3.- La parte ricorrente nel giudizio a quo ha depositato un atto di intervento al di là del termine prescritto.

4.- In prossimità dell'udienza la Provincia di Bolzano ha depositato una memoria, con la quale sviluppa ulteriormente gli argomenti addotti a sostegno di una richiesta di non fondatezza, notando, in particolare, che l'art. 98 del testo unico per l'edilizia economica e popolare regola un oggetto corrispondente a quello disciplinato da altre norme provinciali (segnatamente l'art. 46 della legge provinciale 20 agosto 1972, n. 15) e che la già rilevata diversità di oggetti spiegherebbe perche' la disciplina statale dia la prevalenza all'occupazione iniziale dell'alloggio rispetto alla continuità dell'occupazione richiesta dalla disciplina provinciale.

Considerato in diritto

 

l.- Il Consiglio di Stato solleva questione di legittimità costituzionale - per violazione degli artt. 3 e 47, secondo comma, della Costituzione e dell'art. 8, n. 10, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), in relazione all'art. 98 del regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165 (Testo unico delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica) - nei confronti dell'art. 2, lettera a), della legge della Provincia autonomia di Bolzano 2 aprile 1962, n. 4 (Norme per favorire l'accesso del risparmio popola re ad una abitazione), nonche' dell'art. 3 della stessa legge anche nella parte sostituita dall'art. 43, secondo comma, lettera b), e quinto comma, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 21 novembre 1983, n.45 (Modifiche all'ordinamento urbanistico provinciale ed alle leggi sulla edilizia agevolata).

Ad avviso del giudice rimettente, le disposizioni contestate, nel prevedere rispettivamente l'esclusione dalle agevolazioni per l'edilizia popolare di chi non abbia la propria residenza stabile in un comune della Provincia e la revoca delle agevolazioni medesime qualora dovesse venire accertato che l'abitazione non viene occupata, contrasterebbero, innanzitutto, con l'art. 98 del regio decreto n.1165 del 1938, il quale conterrebbe il principio di riforma economico sociale basato sull'esigenza di una presa di possesso effettiva iniziale (entro trenta giorni dalla data del verbale di consegna), cui potrebbero seguire spostamenti dovuti ad esigenze di famiglia o di lavoro.

Inoltre, sempre ad avviso dello stesso giudice, le disposizioni impugnate comporterebbero un'irragionevole diseguaglianza rispetto alla disciplina statale e sfavorirebbero l'accesso del risparmio popola re alla proprietà dell'abitazione in violazione, rispettivamente, dell'art.3 e dell'art. 47, secondo comma, della Costituzione.

2.- Va, innanzitutto, dichiarata l'inammissibilità per irrilevanza della questione di costituzionalità sollevata nei confronti dell'art. 43, secondo comma, lettera b), e quinto comma, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 21 novembre 1983, n. 45, che ha sostituito l'art. 3 della legge provinciale 2 aprile 1962, n. 4. Infatti, dalla lettura dell'ordinanza di rimessione, integrata dall'esame del fascicolo d'ufficio, risulta con estrema chiarezza che la vicenda sottoposta alla cognizione del giudice a quo cade sotto la disciplina degli artt. 2 e 3 della legge provinciale n. 4 del 1962, e non già sotto quella, apparentemente diversa, stabilita dall'art. 43 della legge provinciale n.45 del 1983, che ha modificato e integrato l'art. 3 della precedente legge.

Occorre precisare, prima di ogni altra considerazione, che il testo normativo originariamente contenuto nell'art. 3 della legge n. 4 del 1962 stabiliva semplicemente che "le contravvenzioni alle norme di cui agli artt. 1 e 2" - cioe', per quel che rileva nel presente giudizio, la contravvenzione alla norma che impone di avere "la propria residenza stabile in un Comune della provincia" (art. 2, lettera a) - comportano, qualora siano avvenute nei primi dieci anni dalla concessione delle agevolazioni, la decadenza dalle agevolazioni stesse e l'obbligo della restituzione immediata di quanto percepito dalla Provincia a titolo di contributo.

L'art. 3, inoltre, non prevedeva alcuna sanzione per la stessa contravvenzione qualora questa fosse avvenuta nel decennio successivo.

Nel sostituire integralmente il menzionato art. 3, l'art. 43, secondo comma, della legge provinciale 21 novembre 1983, n. 45, ha invece disposto che, "qualora dopo la concessione del mutuo o del contributo, dovesse venir accertato (...) che l'abitazione non viene occupata" dal beneficiario dell'agevolazione, "si procede alla revoca dell'agevolazione" medesima. Lo stesso articolo precisa subito dopo che "nel primo decennio la revoca comporta l'obbligo della restituzione immediata di quanto percepito dalla Provincia ù a titolo di contributo o di mutuo compresi gli interessi;

nel secondo decennio la revoca comporta l'obbligo della restituzione immediata del mutuo residuo di cui alla lett. a) dell'art. 6, rispettivamente la cessazione immediata delle agevolazioni concesse".

In altri termini, la disciplina normativa contenuta nell'art. 3 della legge provinciale n. 4 del 1962 appare sostanzialmente diversa da quella sostitutiva introdotta con la legge provinciale n. 45 del 1983 tanto in relazione alle condizioni necessarie per il venir meno dei benefici concessi, quanto in relazione alla sanzione e agli obblighi consequenziali. Mentre nel vecchio testo la perdita dei benefici e' condizionata al non aver più, nel decennio successivo alla concessione dei benefici stessi, "la propria residenza stabile in un Comune della provincia", nel nuovo testo, invece, la condizione consiste nella mancata occupazione dell'abitazione da parte del beneficiario nei venti anni successivi alla concessione del mutuo o del contributo. Inoltre, mentre nel testo originario la sanzione e' data dalla decadenza delle agevolazioni e dall'obbligo consequenziale di restituire i contributi percepiti, nel testo novellato, invece, la sanzione consiste nella revoca delle agevolazioni con obblighi consequenziali diversificati a seconda che la contravvenzione sia accertata nel primo decennio successivo (nel qual caso alla restituzione di quanto percepito vanno aggiunti gli interessi) ovvero nel secondo decennio (nel qual caso la cessazione dell'agevolazione va accompagnata dalla restituzione del mutuo residuo).

Allo scopo di definire i confini di rilevanza della sollevata questione, occorre determinare quale delle due menzionate norme sia applicabile al caso dedotto nel giudizio a quo. In considerazione del rilievo che la contestazione, da parte della Provincia, della contravvenzione all'obbligo della stabile residenza in un comune della provincia e' avvenuta con raccomandata del 14 marzo 1983, non vi può esser dubbio che la rilevanza della questione debba esser circoscritta alle disposizioni allora in vigore, e cioe' alla disciplina originariamente stabilita dagli artt. 2 e 3 della legge provinciale n. 4 del 1962. Ciò, del resto, corrisponde alla situazione di diritto sussistente al momento dello svolgimento del procedimento presso la Commissione provinciale di vigilanza sull'edilizia abitativa agevolata, nel corso del quale, tanto la contestazione della contravvenzione, quanto le controdeduzioni della beneficiaria dell'agevolazione (comunicate con raccomandata del 20 maggio 1983), sono avvenute sotto la vigenza della disciplina originariamente contenuta nell'art. 3 della legge provinciale n. 4 del 1962.

3.- La questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge della Provincia di Bolzano n. 4 del 1962, sollevata dal Consiglio di Stato in riferimento all'art.8, n. 10, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, non e' fondata.

Anche se le disposizioni contestate, nel riferirsi al requisito della "propria residenza stabile in un Comune della provincia", sembrano contenere una previsione diversa da quella stabilita nel testo novellato dall'art. 43 della legge provinciale n. 45 del 1983, il quale esige che l'abitazione sia occupata dal beneficiario dell'agevolazione, tuttavia questa Corte non può ignorare il fatto che, se pure nella fase in cui si trova il giudizio amministrativo considerato, il giudice a quo, seguendo l'interpretazione data alle stesse norme dalla Commissione provinciale di vigilanza sull'edilizia abitativa agevolata, attribuisce ai due diversi testi un significato pressoche' identico, consistente nel richiedere al beneficiario dell'agevolazione l'occupazione effettiva, continuativa e stabile della propria abitazione senza alcuna possibilità di spostamenti della stessa dimora anche se dettati da esigenze di lavoro o di famiglia. Il giudice rimettente prospetta il dubbio che, così interpretate, le disposizioni impugnate si pongano in contrasto con la norma deducibile dall'art. 98 del regio decreto n. 1165 del 1938 - qualificata dallo stesso giudice come "norma fondamentale delle riforme economico-sociali" ai sensi dell'art. 8 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige - in base alla quale al beneficiario si richiede l'occupazione effettiva dell'alloggio soltanto nella fase iniziale, tollerandosi per i momenti successivi spostamenti di abitazione dovuti ad esigenze di famiglia o di lavoro.

Il dubbio prospettato dal giudice a quo non può essere condiviso sotto il profilo sollevato, poiche', pur a non considerare l'effettiva natura della norma invocata come espressiva di un principio di riforma economico-sociale, resta il fatto che questa concerne inequivocabilmente oggetti di versi da quelli disciplinati dalle disposizioni contestate.

Mentre queste ultime riguardano le condizioni per il godimento delle agevolazioni creditizie concesse per la costruzione della propria abitazione secondo gli standards dell'edilizia popolare, l'art. 98 del testo unico contenuto nel regio decreto n. 1165 del 1938 disciplina, invece, l'assegnazione degli alloggi ai soci di cooperative edilizie a contributo erariale, nonche' la condizione per non decadere dall'assegnazione stessa, consistente nell'occupazione dell'alloggio assegnato entro trenta giorni dalla data del verbale di consegna. E' evidente, pertanto, che l'occupazione dell'abitazione, riferendosi nelle distinte discipline normative considerate a fattispecie giuridiche diverse, risponde a rationes differenti e presenta nei due casi modalità di svolgimento diverse.

4.- Non fondata nei sensi di cui in motivazione e' la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge provinciale n.4 del 1962 in riferimento all'art.3 della Costituzione.

Il giudice a quo lamenta un'irragionevole differenziazione tra la disciplina statale e quella provinciale, che, ove si proceda a una corretta interpretazione delle disposizioni contestate, si rivela insussistente. Ad avviso del giudice rimettente, gli artt. 2 e 3 della legge provinciale n. 4 del 1962 prevederebbero, come condizione per continuare a godere del contributo provinciale sul mutuo edilizio, l'occupazione effettiva, permanente e stabile dell'abitazione, senza ammettere eccezioni di sorta in ordine all'adempimento del predetto onere, pur se consistenti in spostamenti di dimora temporanei o, comunque, non definitivi, giustificati da esigenze di famiglia o di lavoro.

Non v'e' dubbio che, se le norme impugnate dovessero essere interpretate nel modo indicato dal giudice a quo, risulterebbe evidente l'irragionevole disparità di trattamento rispetto alla disciplina statale a danno dei cittadini residenti nella Provincia di Bolzano. Infatti, questa Corte, con riferimento a rapporti obbligatori disciplinati da norme inerenti all'ordinamento generale dello Stato, ha riconosciuto l'esistenza di un principio di inesigibilità come limite superiore alle pretese creditorie (v. sent. n.149 del 1992). Più precisamente, questa Corte ha affermato che l'interesse del creditore all'adempimento degli obblighi dedotti in obbligazione deve essere inquadrato nell'ambito della gerarchia dei valori comportata dalle norme, di rango costituzionale e ordinario, che regolano la materia in considerazione. E quando, in relazione a un determinato adempimento, l'interesse del creditore entra in conflitto con un interesse del debitore tutelato dall'ordinamento giuridico o, addirittura, dalla Costituzione come valore preminente o, comunque, superiore a quello sotteso alla pretesa creditoria, allora l'inadempimento, nella misura e nei limiti in cui sia necessariamente collegato all'interesse di valore preminente, risulta giuridicamente giustificato.

Questo principio di inesigibilità e' affermato anche dalle supreme magistrature, ordinaria e amministrativa. La giurisprudenza ricordata dal giudice a quo relativamente all'art. 98, terzo comma, del testo unico sull'edilizia economia e popolare, ancorche' riguardante una materia diversa da quella qui in contestazione, e' certamente espressiva dello stesso principio là dove, pur nel silenzio della legge, ammette che l'occupazione iniziale dell'alloggio possa essere omessa "per giustificati motivi" senza comportare pregiudizio all'assegnazione dello stesso. E non v'e' dubbio che il caso di una persona, che non può assolvere alla condizione posta dalla legge per continuare a beneficiare del contributo pubblico sul mutuo edilizio, consistente nell'occupazione effettiva, continuativa e stabile della propria abitazione, a causa dell'esigenza di assistere in altra città il proprio padre gravemente ammalato e incapace di una vita autonoma, rientri fra le ipotesi di contemperamento con un superiore dovere di solidarietà sociale, qualificato come "inderogabile" dagli artt. 2 e 29 della Costituzione, in grado di costituire una ragionevole giustificazione dell'inadempimento del predetto onere.

Contrariamente a quanto mostra di ritenere il giudice a quo, il principio appena ricordato non e' applicabile soltanto nell'ambito dell'ordinamento giuridico statale. Coinvolgendo categorie e valori di rilevanza costituzionale e trattandosi di un principio generale concernente i rapporti obbligatori come tali, esso deve avere applicazione universale nell'ordinamento giuridico e non può, dunque, essere trascurato neppure nell'interpretazione della legge della Provincia autonoma di Bolzano oggetto di contestazione nel presente giudizio.

Quest'ultima, anzi, solo se interpretata in armonia con il ricordato principio, evita di comportare il contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza prospettato dal giudice a quo.

5.- Infine, deve dichiararsi la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge della Provincia di Bolzano n. 4 del 1962 sollevata in riferimento all'art. 47, secondo comma, della Costituzione.

Anche quando ha riconosciuto un diritto sociale all'abitazione (v. sentt. nn. 419 e 142 del 1991; 559 e 252 del 1989; 404 e 217 del 1988) o un diritto all'accesso del risparmio popolare alla proprietà della casa (v. sent. n. 217 del 1988), questa Corte ha sempre tenuto fermo il principio che la garanzia del bene indicato riposa sul ragionevole bilanciamento operato dal legislatore ordinario fra gli interessi costituzionalmente rilevanti al fine di dare graduale applicazione, in relazione alle disponibilità finanziarie esistenti, alla direttiva costituzionale contenuta nell'art. 47, secondo comma, della Carta fondamentale. In riferimento a tali principi, non vi può esser dubbio che, così come e' stata delineata nei punti precedenti della motivazione, la disciplina normativa stabilita dagli artt.2 e 3 della legge provinciale impugnata rappresenti una non irragionevole attuazione della direttiva costituzionale tendente a favorire l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

- dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 2 aprile 1962, n. 4 (Norme per favorire l'accesso del risparmio popolare ad una abitazione), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Consiglio di Stato con l'ordinanza indicata in epigrafe: - dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge provinciale sopra menzionata, sollevate, in riferimento all'art. 8, n. 10, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e all'art. 47, secondo comma, della Costituzione, dal Consiglio di Stato con l'ordinanza indicata in epigrafe;

- dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 43 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 21 novembre 1983, n. 45 (Modifiche all'ordinamento urbanistico provinciale e alle leggi sull'edilizia agevolata), sollevate, in riferimento agli artt.3 e 47, secondo comma, della Costituzione e all'art. 8, n. 10, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, dal Consiglio di Stato con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/01/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Antonio BALDASSARRE, Redattore

Depositata in cancelleria il 03/02/94.