Sentenza n. 488 del 1992

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SENTENZA N. 488

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;

Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia riapprovata il 6 agosto 1992 dal Consiglio regionale, avente per oggetto: "Modificazioni ed integrazioni alle disposizioni dell'art. 22 della legge regionale 1° agosto 1979, n. 42 'Ordinamento dei servizi e degli uffici della giunta regionale', e successive modificazioni ed integrazioni", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 2 settembre 1992, depositato in cancelleria l'11 successivo ed iscritto al n. 63 del registro ricorsi 1992;

Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia;

Udito nell'udienza pubblica del 1° dicembre 1992 il Giudice relatore Mauro Ferri;

Uditi l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno, per il ricorrente, e l'Avv. Valerio Onida per la Regione;

Ritenuto in fatto

  1. - Con ricorso notificato il 2 settembre 1992, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 97 e 117 della Costituzione, della legge della Regione Lombardia riapprovata il 6 agosto 1992 e comunicata al Presidente del Consiglio dei ministri il 19 agosto 1992, recante "Modificazioni e integrazioni alle disposizioni dell'art. 22 della l.r. 1° agosto 1979, n. 42 'Ordinamento dei servizi e degli uffici della giunta regionale' e successive modificazioni e integrazioni".

L'Avvocatura dello Stato premette che con la delibera impugnata la Regione Lombardia intende modificare l'art. 22 della legge regionale n. 42/79 che prevede, nell'ordinamento organizzativo della Regione, la presenza delle segreterie particolari, strutture con compiti ben definiti dalla legge, a supporto diretto delle esigenze operative del presidente, del vice presidente e degli assessori della giunta regionale. L'art. 1 e l'annessa tabella A rideterminano il contingente massimo del personale assegnabile alle segreterie particolari, specificando, altresì, la composizione degli organici-tipo delle stesse, con la previsione della figura dirigenziale (1ª, qualifica dirigenziale) per l'incarico di responsabile della struttura. All'art. 3 viene, di conseguenza, abrogato il terzo comma dell'art. 22 della legge regionale 1° agosto 1979, n. 42 e successive integrazioni e modificazioni, già disciplinante gli organici delle segreterie.

La delibera impugnata, prosegue il ricorrente, è illegittima per quanto riguarda l'art. 2, che estende anche al personale semplicemente addetto alle segreterie - non solo ai responsabili delle stesse, come consentito già in altri ordinamenti regionali - la disposizione dell'art. 2, terzo comma, della legge regionale n. 31 del 1977, la quale prevede, per il personale assegnato ai gruppi consiliari con la qualifica inferiore a quella propria del posto di contingente tabellare coperto, un assegno personale integrativo non pensionabile e non riassorbibile, pari alla differenza tra i trattamenti economici iniziali corrispondenti alle due qualifiche.

L'art. 2, attribuendo al personale comunque assegnato alle segreterie particolari il trattamento economico previsto per la qualifica funzionale superiore corrispondente alle attribuzioni conferite con il provvedimento di incarico, indipendentemente dalla qualifica di appartenenza, configura, invero, un ingiustificato beneficio e si pone in contrasto con i principi di omogeneizzazione, trasparenza dei trattamenti economici, onnicomprensività e divieto di trattamenti economici integrativi di cui agli artt. 4 e 11 della legge-quadro per il pubblico impiego n. 93 del 1983.

La stessa disposizione, conclude l'Avvocatura, conferendo anche al personale comandato il surriferito trattamento di maggior favore, non è altresì in linea con i principi della normativa sul trattamento economico del personale comandato che impone il mantenimento della retribuzione già in godimento presso l'ente o l'amministrazione di provenienza.

  1. - Si è costituita la Regione Lombardia concludendo per il rigetto del ricorso.

Osserva la Regione che entrambe le contestazioni svolte nel ricorso appaiono frutto di una mancata comprensione dei presupposti che fondano il riconoscimento dell'assegno integrativo di cui alla norma regionale in questa sede impugnata.

Le attribuzioni delle segreterie particolari del presidente, del vicepresidente e degli assessori prevedono lo svolgimento di attività del tutto diverse da quelle proprie delle altre unità organizzative dell'ente, come è facilmente riscontrabile dall'esemplificazione contenuta nell'allegato (parte seconda) della legge regionale 1° agosto 1979, n. 42.

Si pone quindi con tutta evidenza, nel caso del personale assegnato a tale particolare struttura, il problema della corrispondenza fra il livello delle mansioni svolte e quello delle mansioni inerenti alla qualifica rivestita. Quando ciò si verifica evidentemente non sorge alcun problema, rispetto al diritto riconosciuto ai dipendenti di svolgere le funzioni inerenti alla qualifica rivestita. Quando invece, per effetto dell'assegnazione alle segreterie particolari dei massimi responsabili dell'ente, il dipendente si trova a svolgere mansioni diverse da quelle proprie della qualifica di appartenenza - e quindi, in sostanza, gli vengono conferite con atto dell'amministrazione "mansioni superiori" - non vi è dubbio che ad esso spetti anche il riconoscimento del relativo trattamento economico.

Nel caso di specie la norma quindi non attribuisce affatto un trattamento "integrativo" al personale in ragione dell'assegnazione ad una diversa struttura organizzativa - il che potrebbe in ipotesi costituire una violazione delle norme e dei principi invocati nel ricorso - ma provvede soltanto a far corrispondere il trattamento economico alle mansioni effettivamente e formalmente conferite.

Tale corrispondenza, costituendo una conseguenza immediata del principio costituzionale della giusta retribuzione di cui all'art. 36 della Costituzione, rappresenta un diritto per il personale interessato, che sussisterebbe anche indipendentemente dal riconoscimento normativo di cui alla norma regionale in questa sede contestata.

Infatti, dopo le pronunce di questa Corte (sent. n. 57 del 1990 - recte, del 1989 - e ord. n. 908 del 1988), la giurisprudenza amministrativa si è orientata nel senso di affermare che al pubblico dipendente spetta la retribuzione corrispondente alle mansioni di fatto svolte purché l'amministrazione abbia, implicitamente o esplicitamente, accettato volontariamente la prestazione. La retribuzione corrispondente alle mansioni di qualifica superiore spetta a maggior ragione quando l'incarico derivi da una previsione di legge o comunque da un atto formale (Consiglio di Stato, Sez. V, 27 maggio 1991 n. 847).

La norma regionale in questione quindi, essendo tesa a riconoscere al personale assegnato alle segreterie particolari - e addetto a mansioni superiori a quelle proprie della qualifica di provenienza - un trattamento economico corrispondente a tali mansioni formalmente conferite, non si pone affatto in contrasto con i principi propri del pubblico impiego ma ne costituisce piuttosto esatta applicazione.

Del resto, lo stesso ricorrente sembra ammettere la legittimità della corresponsione del trattamento limitatamente ai responsabili delle segreterie particolari, che occupano posti di qualifica funzionale dirigenziale, ma la nega per ciò che riguarda il restante personale addetto alle segreterie. Il che è contraddittorio: non si vede perché il principio di corrispondenza fra retribuzione e mansioni proprie della qualifica in atto attribuita nell'organico della segreteria particolare debba valere per il responsabile e non per gli altri addetti all'ufficio, per i quali pure la legge - non diversamente che per il responsabile - precisa le qualifiche funzionali corrispondenti ai posti ricoperti.

Circa, poi, l'ulteriore contestazione, svolta nel ricorso, del conferimento di tale trattamento economico integrativo al personale comandato, va detto che la regola del mantenimento della retribuzione già in godimento presso l'ente o l'amministrazione di provenienza può valere solo a parità di mansioni effettivamente svolte. In caso contrario - quando cioè al personale comandato siano formalmente conferite mansioni superiori - non vi è ragione per non applicare anche a tale personale il principio di corrispondenza tra mansioni e trattamento economico.

In caso contrario si avrebbe una ingiustificata differenziazione tra il personale comandato e quello proprio dell'ente, in aperta violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Osserva, infine, la Regione che l'art. 2 della legge regionale impugnata realizza la piena equiparazione tra personale addetto alle segreterie particolari e personale addetto ai gruppi consiliari. Il beneficio economico di cui si tratta era stato infatti riconosciuto al personale assegnato ai gruppi con l'art. 2, terzo comma, della legge regionale n. 31 del 1977, senza che tale disposizione sia stata mai oggetto di alcuna contestazione.

Ora, con la norma in questa sede impugnata, il regime del personale addetto alle segreterie particolari si adegua, con riferimento al medesimo beneficio, a quello del personale addetto ai gruppi consiliari: il che è del tutto logico e conforme al principio di uguaglianza, trattandosi in entrambi i casi di strutture organizzative con compiti peculiari del tutto analoghi.

Considerato in diritto

  1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri solleva questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 97 e 117 della Costituzione - dell'art. 2 della legge della Regione Lombardia riapprovata il 6 agosto 1992, recante "Modificazioni ed integrazioni alle disposizioni dell'art. 22 della l.r. 1° agosto 1979, n. 42 'Ordinamento dei servizi e degli uffici della giunta regionale', e successive modificazioni e integrazioni". Il predetto art. 22 della legge regionale n. 42 del 1979 ha istituito, nell'ambito delle strutture organizzative dipendenti dalla giunta regionale (cfr. art. 9), le segreterie particolari del presidente, del vice presidente e di ciascun assessore, "per lo svolgimento delle attività di ausilio immediato" a questi ultimi, meglio specificate nella seconda parte dell'allegato alla legge medesima.

La legge riapprovata dal Consiglio regionale il 6 agosto 1992, da un lato (art. 1) stabilisce analiticamente, mediante l'allegata tabella, le qualifiche funzionali che deve rivestire il personale assegnato alle dette segreterie (ed abroga di conseguenza con l'art. 3 la più generica previsione contenuta nel terzo comma del citato art. 22); dall'altro prevede, con la norma che forma esclusivo oggetto del presente giudizio (art. 2), che al predetto personale "appartenente ai ruoli organici della Regione o comandato presso la medesima, si applicano le disposizioni previste dal terzo comma dell'art. 2 della l.r. 23 giugno 1977, n. 31 'Assegnazione di personale ai gruppi consiliari' e successive modificazioni ed integrazioni". Quest'ultima norma stabilisce che "a coloro che rivestono qualifica inferiore a quella propria del posto di contingente tabellare coperto spetta, limitatamente al periodo di servizio presso il gruppo, un assegno personale integrativo, non pensionabile e non riassorbibile per effetto della progressione economica e di altri aumenti di retribuzione, pari alla differenza tra i trattamenti economici iniziali lordi corrispondenti alle due qualifiche".

Ad avviso del ricorrente, la norma impugnata, attribuendo (mediante il rinvio alla legge n. 31 del 1977) a tutto il personale assegnato alle segreterie particolari - e non solo ai responsabili delle stesse, come già consentito in altre regioni - il menzionato diritto al trattamento economico integrativo ove rivesta qualifica inferiore a quella propria del posto coperto, configura un ingiustificato beneficio e si pone in contrasto con i principi di omogeneizzazione delle posizioni giuridiche, trasparenza dei trattamenti economici, onnicomprensività e divieto di trattamenti economici integrativi di cui agli artt. 4 e 11 della legge-quadro sul pubblico impiego n. 93 del 1983. Inoltre, la norma medesima, estendendo il suddetto beneficio anche al personale comandato presso la Regione, violerebbe altresì i principi vigenti in tema di trattamento economico di detto personale, che impongono il mantenimento della retribuzione già in godimento presso l'amministrazione o l'ente di provenienza.

  1. - La questione non è fondata.

Come esattamente rileva la Regione resistente, la norma impugnata si limita, in realtà, a riconoscere un diritto che rinviene la sua fonte direttamente in un principio costituzionale e che, pertanto, dovrebbe comunque trovare applicazione.

Questa Corte, invero, ha già più volte avuto modo di affermare (cfr. ord. n. 908 del 1988 e sentt. nn. 57 del 1989, 296 del 1990 e 236 del 1992) il "diritto dell'impiegato, assegnato a mansioni superiori alla sua qualifica, di percepire il trattamento economico della qualifica corrispondente, giusta il principio di equa retribuzione sancito dall'art. 36 Cost." (v. cit. sent. n. 236 del 1992), riconosciuto direttamente applicabile anche nel caso - che ovviamente non rileva nella fattispecie - di mancanza di un atto formale di preposizione alle mansioni superiori (art. 2126, primo comma, del codice civile).

È pur vero che nella sentenza da ultimo citata questa Corte ha anche affermato che "ciò non significa che l'art. 36 debba trovare incondizionata applicazione ogni volta che il pubblico impiegato venga adibito a mansioni superiori". Ma certamente nel caso in esame non ricorrono quelle condizioni allora individuate (assegnazione meramente temporanea per esigenze eccezionali di buon andamento dei servizi; intervento legislativo che regolarizzi ex post le posizioni, riconoscendo agevolazioni e vantaggi tali da compensare il mancato riconoscimento, per il passato, del trattamento economico superiore), che possono, in ipotesi, costituire un giustificato limite all'attuazione del richiamato principio.

Le considerazioni fin qui esposte sono di per sé sufficienti ad escludere qualsivoglia violazione delle norme costituzionali invocate dal ricorrente. Ma si può inoltre rilevare che lo stesso legislatore statale ha recentemente affermato, con norma espressamente qualificata come principio fondamentale ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, che nel pubblico impiego la temporanea assegnazione alle mansioni superiori comporta "il riconoscimento del diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta" (art. 2, primo comma, lett. n, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, recante "Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale").

Quanto, infine, al profilo di censura relativo all'applicabilità della norma impugnata non solo al personale di ruolo della Regione, ma anche a quello comandato presso la medesima, va osservato che il richiamato principio di equa retribuzione di cui all'art. 36 della Costituzione - che importa, come detto, salvo casi eccezionali, la corrispondenza del trattamento economico alla qualità del lavoro effettivamente prestato - non può non avere ovviamente valenza generale, quale che sia la posizione, di ruolo o di comando, del dipendente; esso pertanto deve essere applicato anche al personale comandato che versi nella situazione prevista nella norma censurata (e ciò a prescindere dal rilievo che l'opposta soluzione darebbe luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento).

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge della Regione Lombardia riapprovata il 6 agosto 1992 (Modificazioni ed integrazioni alle disposizioni dell'art. 22 della l.r. 1° agosto 1979, n. 42 "Ordinamento dei servizi e degli uffici della giunta regionale" e successive modificazioni e integrazioni), sollevata, in riferimento agli artt. 97 e 117 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1992.

Il Presidente: CASAVOLA

Il redattore: FERRI

Il cancelliere: DI PAOLA

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1992.

Il direttore della cancelleria: DI PAOLA