Sentenza n.38 del 1984

 

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SENTENZA N. 38

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

         Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 22, commi primo e terzo, della legge 18 marzo 1958, n. 311 (Norme sullo stato giuridico ed economico dei professori universitari), 13, commi terzo e quarto, della legge 24 febbraio 1967, n. 62 in relazione all'art. 1, comma secondo, della legge 30 novembre 1970, n. 924 promosso con ordinanza emessa l'11 giugno 1976 dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto dal Ministero della pubblica istruzione c/Vivan Itala, iscritta al n. 746 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 dell'anno 1977. Visti gli atti di costituzione di Vivan Itala e del Ministero per la pubblica istruzione nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 1983 il Giudice relatore dott. Arnaldo Maccarone;

udito l'Avvocato generale dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

La dott.ssa Vivan Itala, insegnante di ruolo di lingua e letteratura inglese presso l'Istituto tecnico "Molinari" di Milano, e comandata presso il Ministero degli affari esteri, chiese di essere Comandata presso l'Università di Bari, dove si era reso vacante un posto di incaricato per il detto insegnamento per l'anno 1974/75.

Il Ministero della Pubblica Istruzione respinse però la domanda e la Vivan promosse giudizio di legittimità del provvedimento di diniego avanti al TAR competente, che annullò il provvedimento stesso. Il Ministero impugnò la decisione e il Consiglio di Stato, con ordinanza 11 giugno 1976, dopo aver precisato che nella specie, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, si trattava di comando e non di incarico e non si potevano quindi applicare le disposizioni regolanti tale ultimo istituto, affermò che a norma degli artt. 22, commi primo e terzo, della legge 18 marzo 1958, n. 311, e 13, commi terzo e quarto, della legge 24 febbraio 1967, n. 62 (il terzo comma sostituito dall'articolo unico legge 24 novembre 1967, n. 1154), il comando avrebbe dovuto essere negato per essere la Vivan sprovvista dell'abilitazione alla libera docenza.

Con la detta ordinanza, il Consiglio di Stato ha precisato al riguardo che dalle disposizioni menzionate discende che gli insegnanti dell'ordine medio, pur potendo ottenere comandi presso le Università per ivi tenere incarichi di insegnamento in materie considerate fondamentali, sono assoggettati ai seguenti limiti: 1) possono ottenere il comando a carico del bilancio dello Stato presso qualunque facoltà di qualsiasi università solo gli insegnanti medi abilitati alla libera docenza; 2) quelli non abilitati possono ottenere il comando solo per l'insegnamento di una lingua straniera da tenersi presso determinati tipi di facoltà universitaria (Economia e Commercio, Scienze politiche, Scienze economiche e bancarie, oppure presso l'Università per stranieri di Perugia).

Tutto ciò pur vigendo attualmente il divieto di bandire esami di abilitazione alla libera docenza, sancito con l'art. 1, secondo comma, della legge 30 novembre 1970, n. 924.

Tanto premesso il Consiglio di Stato, con la menzionata ordinanza, ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle ricordate norme in base alle quali avrebbe dovuto negarsi alla Vivan il richiesto comando, per asserito contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost.. A sostegno della censura osserva che, pur dovendosi riconoscere che la libera docenza costituisce un valido criterio di differenziazione a favore di chi ne sia provvisto, si dovrebbe tuttavia attribuire a tale criterio un valore esclusivamente preferenziale, mentre essa é elevata a presupposto di trattamenti differenziati. Invero in base alle norme impugnate la possibilità di essere comandato sarebbe del tutto preclusa a chi non é in possesso della libera docenza, e tale divieto concreterebbe una ipotesi diversa da quella della pura e semplice preferenza che il titolo potrebbe ragionevolmente costituire ai fini della scelta del comandato fra l'intera categoria degli insegnanti medi, senza che possa rinvenirsi una razionale giustificazione a che gli insegnanti non provvisti di libera docenza siano come accade in virtù delle impugnate disposizioni - comunque idonei ad essere comandati presso Facoltà che nessuno autorizza a ritenere di secondo ordine e quindi adatte ad una ipotizzata minore qualificazione professionale dei non liberi docenti.

E ciò tanto più che gli insegnanti liberi docenti possono essere comandati anche presso le Facoltà per le quali é consentito il comando dei non provvisti del titolo, il che costituirebbe ulteriore motivo di ingiustificato pregiudizio per questi ultimi.

Né si potrebbe obiettare che colui il quale non ha conseguito l'abilitazione alla libera docenza si trovi in posizione deteriore per fatto proprio, in quanto, a partire dal 1970 e cioé da epoca anteriore di quattro anni ai fatti di cui é causa, l'abolizione degli esami di abilitazione alla libera docenza comporta una situazione ormai irreversibile in base alla quale gli insegnanti che non hanno potuto sostenere gli esami prima dell'abolizione sono impossibilitati a conseguire il titolo e quindi in situazione deteriore senza rimedio e non a loro imputabile.

Si é costituita la parte privata Vivan, rappresentata e difesa dagli avv.ti Paolo Arangio Ruiz e Enrico Ciontelli, che hanno depositato nei termini le loro deduzioni difensive.

La difesa della parte privata svolge argomentazioni analoghe a quelle esposte nell'ordinanza di rinvio, ponendo in particolare evidenza che in virtù delle norme impugnate si eleva il possesso della libera docenza a discriminante assoluta ai fini della possibilità di ottenere il comando in discorso, il che costituirebbe violazione di un diritto costituzionalmente sancito a difesa del cittadino, il quale si troverebbe in situazione di grave ingiustizia non causato da fatto proprio, essendo ormai precluso l'accesso al titolo in questione.

Non sarebbero quindi compatibili con l'osservanza dell'art. 3 Cost. le norme impugnate che discriminano in funzione dell'età (invero gli insegnanti più giovani, per effetto dell'abolizione degli esami di abilitazione, non sono più in grado di procurarsi il titolo) ed in funzione comunque di una presunta maggiore importanza di alcuni insegnamenti universitari e di alcune facoltà.

Considerato in diritto

1. - Con l'art. 115 R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, fu stabilito, tra l'altro, che, per provvedere temporaneamente ad insegnamenti di livello superiore, potevano essere comandati presso le Università o Istituti superiori presidi o professori di ruolo degli istituti pubblici di istruzione media.

Tale disposizione di principio venne confermata con l'art. 22 della legge 18 marzo 1958, n. 311, col quale peraltro (comma primo) si restrinse la facoltà di comando prevedendo che in linea di massima il Ministro potesse avvalersene solo se il preside o il professore destinatario del comando fosse in possesso di abilitazione alla libera docenza. Tale requisito era però espressamente escluso per l'incarico di insegnamento di una lingua straniera nelle Facoltà di Economia e Commercio.

Con l'art. 13 l. 24 febbraio 1967, n. 62 la detta possibilità di comando fu estesa anche a favore del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola elementare (comma secondo), sempre a condizione che fosse provvisto della abilitazione alla libera docenza, mentre fu allargata la possibilità di comando senza libera docenza per i professori appartenenti ai ruoli degli Istituti di istruzione secondaria di primo e di secondo grado per le Facoltà di scienze politiche e presso le Facoltà di scienze economiche e bancarie, limitatamente all'insegnamento di lingue straniere (comma quarto).

Con lo stesso art. 13 (comma terzo) si dispose altresì che i comandi del personale provvisto di libera docenza potevano essere disposti anche presso l'Università per stranieri di Perugia, ma con l'articolo unico della l. 24 novembre 1967, n. 1154 tale requisito venne eliminato, restando così aperta la possibilità di comando del citato personale docente presso l'Università per stranieri di Perugia anche in difetto di detta abilitazione.

Infine, con l'art. 1 della L. 30 novembre 1970, n. 924, furono aboliti gli esami di abilitazione alla libera docenza, a partire dalla sessione del 1970.

2. - Secondo l'ordinanza del Consiglio di Stato le norme ricordate, nella parte in cui non consentono agli insegnanti dell'ordine medio privi della abilitazione alla libera docenza di essere comandati per assumere incarichi per materie diverse dalla lingua straniera e presso Facoltà diverse da quella di Economia e Commercio, Scienze politiche, Scienze economiche e bancarie o Università diverse da quelle per stranieri di Perugia, istituirebbero una irrazionale disparità di trattamento a danno degli esclusi. E cio, in quanto, sostanzialmente, secondo l'ordinanza di rinvio, il requisito come sopra richiesto, assumerebbe il carattere non di un pur esigibile titolo preferenziale per l'attribuzione dell'incarico di insegnamento, ma di un vero e proprio presupposto per il conferimento dell'incarico stesso, non razionalmente giustificabile come tale, una volta che sono ammessi all'insegnamento presso talune Facoltà universitarie, non di minore importanza delle altre, docenti non provvisti della abilitazione in parola.

3. - La questione così sollevata non é fondata. É infatti agevole osservare che il legislatore si é indotto alla descritta disciplina del comando universitario nell'intento di sopperire alle carenze di personale denunziate dall'Amministrazione dell'istruzione superiore, e ciò ha fatto tenendo presenti quelli che, a suo giudizio, costituivano requisiti di base atti a garantire appunto che il rimedio utilizzato fosse idoneo allo scopo per la qualità dei docenti designati. Indicando nel possesso della abilitazione alla libera docenza la condizione necessaria per il comando, il legislatore si é mosso nell'ambito della sua discrezionalità, certamente comprensiva della determinazione dei requisiti idonei a garantire l'attitudine del docente allo svolgimento dei compiti affidatigli. Va d'altra parte, riconosciuto che l'abilitazione alla libera docenza ben poteva essere considerata requisito atto allo scopo suddetto; trattavasi invero dell'abilitazione ad impartire insegnamenti universitari aventi lo stesso valore di quelli ufficiali, conseguita all'esito di un apposito esame condotto su prove impegnative, tendenti ad accertare l'idoneità dell'aspirante.

4. - Né giova obiettare, come fa l'ordinanza, che la limitazione a certe Facoltà della condizione per il comando renderebbe irrazionale la differenziazione in vista della pari dignità scientifica delle Facoltà per le quali invece il requisito non é richiesto.

Invero, anche con riguardo a tale scelta il legislatore non ha creato arbitrariamente situazioni di sfavore, ma ha tenuto razionalmente conto delle particolari caratteristiche delle Facoltà che, per l'oggetto delle discipline o per l'orientamento fondamentale e le caratteristiche didattiche, potevano prestarsi per il comando di docenti non provvisti del requisito della libera docenza.

5. - Dette conclusioni sono valide a maggior ragione per quanto riguarda l'esclusione del requisito della libera docenza per i comandi presso l'Università per stranieri di Perugia, il cui carattere, anche per le peculiarità del corpo docente, come si legge nella relazione alla legge 24 novembre 1967, n. 1154, consente che gli insegnanti possiedano una qualificazione professionale indipendente dall'abilitazione alla libera docenza.

6. - Neppure la circostanza che gli abilitati alla libera docenza possono essere destinati anche ai comandi presso Facoltà per le quali il titolo non é richiesto vale a delineare una violazione del principio di eguaglianza nel senso prospettato nell'ordinanza di rinvio, essendo evidente che la detta eventualità é diretta conseguenza della disciplina della materia che, come si é detto, é stata dettata dal legislatore nell'ambito della sua discrezionalità non sindacabile in questa sede.

7. - Né infine può essere condivisa la censura sollevata dal Consiglio di Stato sotto il particolare profilo della lesione del principio di eguaglianza che deriverebbe dalla avvenuta abolizione degli esami di abilitazione alla libera docenza ex art. 1 legge n. 924 del 1970, ed in virtù della quale gli insegnanti che non hanno potuto sostenere gli esami prima dell'abolizione si troverebbero nella impossibilità di conseguire il titolo richiesto dalla norma impugnata, e quindi in una situazione di inferiorità irreversibile, ed a loro non imputabile, nei confronti di coloro che, invece, avendo goduto del regime Precedente, avevano potuto conseguire l'abilitazione.

In sostanza, secondo il giudice a quo, si dovrebbe affermare il contrasto con il principio di eguaglianza delle diverse situazioni conseguenti all'evoluzione nel tempo della disciplina dell'istituto giuridico in discorso.

Al riguardo, peraltro, anche senza entrare nel merito dei motivi che indussero il legislatore ad abolire gli esami di abilitazione alla libera docenza nel quadro della riforma dell'istruzione superiore, non può che confermarsi la costante giurisprudenza della Corte secondo la quale non contrasta con il principio di eguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti ma in momenti diversi nel tempo, giacché lo stesso fluire di questo costituisce di per sé un elemento differenziatore (sentt. 57/73, 92/75, 138/77, 65/79).

D'altra parte, non si tratta di una disposizione isolata, poiché in numerose norme successive alla legge del 1970, soppressiva dell'esame di abilitazione alla libera docenza, si é fatto esplicito riferimento a tale qualifica accademica come titolo valutabile a vari fini (v. ad es. art. 4 D.P.R. 30 dicembre 1971, n. 1252 che approva il regolamento per l'ammissione al concorso per la carriera diplomatica; art. 64 D.P.R. 31 ottobre 1973, n. 1145 che approva il nuovo statuto del Politecnico di Torino; art. 4 D.L. 1 ottobre 1973, n. 580, convertito in legge 30 novembre 1973, n. 766, concernente la nuova disciplina degli incarichi universitari; art. 21 l. 18 aprile 1975, n. 148, sull'assunzione del personale sanitario ospedaliero; art. 3 l. 30 aprile 1976, n. 197 sulla disciplina dei concorsi per trasferimento di notai; art. 12 lett. Q l. 21 febbraio 1980, n. 28 concernente delega al governo per il riordinamento della docenza universitaria).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, commi primo e terzo, della l. 18 marzo 1958, n. 311, e dell'art. 13, commi terzo e quarto (il terzo comma sostituito dall'articolo unico legge 24 novembre 1967, n. 1154), della legge 24 febbraio 1967, n. 62, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., con ordinanza del Consiglio di Stato del'11 giugno 1976.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 febbraio 1984.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE  -Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  -Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 22 febbraio 1984.