CONSULTA ONLINE
SENTENZA N. 340
ANNO 1983
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori Giudici:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Prof. Antonino DE STEFANO
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità
costituzionale della legge 27 dicembre 1977, n. 984 (Coordinamento degli
interventi pubblici nei settori della zootecnia, della produzione ortoflorofrutticola, della forestazione,
dell'irrigazione, e delle grandi colture mediterranee, dei terreni collinari e
montani, promossi con ricorsi dei Presidenti della Regione Friuli Venezia
Giulia, e delle Province di Trento e Bolzano, notificati il 4 e 7 febbraio
1978, depositati in cancelleria l'11 e il 15 successivi ed iscritti ai nn. 3, 4 e 5 del registro ricorsi 1978.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 1983 il
Giudice relatore Antonio
uditi l'avv. Gaspare Pacia
per
Ritenuto in fatto
1. - Con tre ricorsi
2. - La prima ricorrente - richiamato, con particolare riferimento ai primi
sette articoli, il disposto della legge impugnata - afferma che questa, pur adottando soluzioni di notevole rilievo in tema di
coordinamento delle attività amministrative delle Regioni a Statuto ordinario,
lede però la sfera di competenza primaria, ad essa riservata dalle invocate
previsioni statutarie.
Sostiene
Formano poi oggetto di particolare censura:
a) l'art. 2, nella parte in cui ha stabilito che la predetta funzione sia
attribuita ad un organo diverso da quello indicato nell'art. 43 del d.P.R. 902 del 1975;
b) l'art. 3, nella parte in cui non fa riferimento alla necessità di un'intesa
con
c) l'art. 6, perché non prevede alcuna intesa con
d) l'art. 7, per il fatto di predeterminare tassativamente (anche con
riferimento al Friuli Venezia Giulia) i beneficiari
delle provvidenze;
e) gli artt. da
f) infine l'art. 17, per aver implicitamente esteso la settorializzazione del sistema dei finanziamenti anche alla
Regione Friuli Venezia Giulia e per non aver, nemmeno qui, contemplato intese
differenziate con riferimento alla determinazione delle variazioni annuali di
detti finanziamenti.
3. - Con ricorsi di identico contenuto le Province di Trento e Bolzano,
richiamato il disposto della prima parte della legge impugnata, lamentano che
questa abbia equiparato le Province autonome alle altre Regioni, trascurando la loro particolare posizione di autonomia, il cui ambito é
stato notevolmente esteso, grazie alle modifiche apportate allo Statuto
speciale dalla legge costituzionale n. 1 del 1971.
In base all'art. 78 dello Statuto, le Province autonome ricevono una
quota parte delle somme stanziate per interventi generali dello Stato disposti
nel restante territorio nazionale per gli stessi settori di competenza delle
Province, "allo scopo di adeguare le finanze delle Province autonome al raggiungimento
delle finalità ed all'esercizio delle funzioni stabilite dalla legge".
Analoga garanzia é prevista nel campo dei finanziamenti relativi
all'incremento delle attività industriali. Il collegamento esistente fra
competenza e finanziamenti comporta, per le Province di Trento e Bolzano, una
più accentuata autonomia rispetto a quella garantita alle Regioni ordinarie.
Quanto, poi, al coordinamento, lo Statuto lo prevede solo in relazione a
determinate materie e sempre disponendo che esso sia
attuato mediante intese fra Stato e Province. La via dell'intesa é, si
soggiunge, sotto vario riguardo prevista anche dalle
norme di attuazione successive alla modifica dello Statuto. L'art. 3 del d.P.R. 279 del 22 marzo
Le ricorrenti assumono dunque che, là dove forme di coordinamento nei
riguardi delle Province autonome non siano espressamente
previste da fonti sopraordinate (Statuto o norme di attuazione), esse
non possono essere introdotte con legge ordinaria. Diversamente, verrebbe ad
essere violata l'autonomia loro costituzionalmente garantita. A maggior
ragione, dove si versa in materie per le quali la competenza delle ricorrenti é
primaria, lo Stato non può fissare alcun obiettivo (anche di ordine
quantitativo) che
Le relative norme di attuazione avrebbero poi stabilito in maniera
analitica le residue competenze statali ma senza alcuna menzione del potere di
indirizzo e coordinamento. Se così é, indirizzi ed obiettivi non possono essere
perseguiti, si dice, dallo Stato ad alcun titolo: nemmeno attraverso intese con
le Province.
Questo sistema di ripartizione delle competenze sarebbe d'altronde
coerente: attribuite alle Province le rispettive funzioni, i problemi relativi
al coordinamento sono risolti a livello delle norme di attuazione dello
Statuto. Alla legge ordinaria dello Stato non residuerebbe, in proposito, alcun
margine di discrezionalità.
Viene ancora rilevato che gli artt. 11 e 12 della legge n. 984 del 27 dicembre 1977 confliggono con gli artt. 9 n. 9
e 14 dello Statuto, come attuato in concreto dagli articoli da
Si assume infine che l'art. 17 della legge impugnata contrasti con l'art.
78 dello Statuto, per il fatto di non prevedere che l'attribuzione dei fondi
alle Province autonome avvenga in conformità del parametro stabilito dalle
suddette norme statutarie.
4. - Il Presidente del Consiglio, costituitosi con atti di identico
contenuto per il tramite dell'Avvocatura dello Stato in tutti e tre i giudizi
relativi ai ricorsi della Regione Friuli Venezia Giulia e delle Province
autonome di Trento e Bolzano, deduce l'infondatezza delle proposte questioni.
Ad avviso dell'Avvocatura, va in primo luogo disattesa
la tesi delle ricorrenti, secondo cui la funzione di indirizzo e coordinamento
non può essere legittimamente esercitata nei confronti delle Regioni a Statuto
speciale e delle Province autonome.
Come
La legge impugnata deve essere considerata come legge di programma,
diretta a coordinare tutti gli interventi pubblici che in essa
si contemplano; le norme ivi contenute configurano, dunque, un legittimo limite
all'autonomia regionale, ben potendo la legge statale determinare il modo di
inserimento delle Regioni nel quadro della programmazione. D'altra parte,
l'esigenza di armonizzare il programma statale con i poteri delle Regioni
appare pienamente rispettata dalla legge impugnata, che fa partecipi le Regioni
del piano, sia nel momento della predisposizione, sia in quello della
realizzazione. Infondate sarebbero anche le censure mosse dalla Regione Friuli Venezia
Giulia a particolari norme della legge.
L'attribuzione dei poteri di indirizzo e coordinamento al C.I.P.A.A. invece che al Consiglio dei ministri, competente
ai sensi del d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902, viene censurata senza tener conto che il C.I.P.A.A.
ha funzione solo istruttoria, in quanto esclusivamente investito della
predisposizione o del perfezionamento del piano nazionale, il cui testo
definitivo va pur sempre sottoposto all'approvazione del Consiglio dei
ministri.
Quanto, poi, alla doglianza secondo cui gli artt.
3 e 4 avrebbero mancato di adottare il criterio dell'intesa fra Stato e
Regione, viene osservato che l'art. 3, primo comma, fa
riferimento ad una semplice fase propedeutica, e che le intese sono poi
previste nelle fasi successive; il progetto di piano é infatti presentato alle
Regioni, le quali, entro 45 giorni, inviano osservazioni e pareri, insieme ad
un proprio schema di programma. Peraltro,
Infine, se manca l'intesa sul testo definitivo, il Consiglio dei
ministri, prima di adottare le proprie determinazioni, é pur sempre tenuto ad
informarne preventivamente
Non avrebbe poi miglior fondamento la censura che si muove all'art. 6,
sempre per la mancata previsione di un'intesa con
Infondata sarebbe anche la censura rivolta all'art. 7 e
relativa alla predeterminazione dei beneficiari, dal momento che la
legge fa salve le priorità stabilite dagli Statuti e dalle altre leggi
regionali (art. 17, secondo comma). Comunque, prosegue l'Avvocatura, la
fissazione dei destinatari di previdenze é dovuta alla disponibilità dello
Stato e non può costituire un limite dell'autonomia regionale. Del resto,
secondo l'art. 7,
5. - In prossimità dell'udienza le Province di Trento e Bolzano hanno con
memorie di identico contenuto sviluppato le tesi avanzate nei ricorsi. La
funzione di indirizzo e coordinamento non sarebbe, come deduce l'Avvocatura,
solo il risvolto positivo del limite del rispetto degli
interessi nazionali richiamato negli artt. 4 e
8 dello Statuto T.A.A.; la
legge impugnata non rivestirebbe poi il carattere di una legge di programma. La
sentenza invocata dall'Avvocatura (n. 39 del 1971)
- asseriscono comunque, al riguardo, le ricorrenti - non autorizza lo Stato ad
esercitare la funzione di indirizzo e coordinamento nelle forme e con
l'ampiezza ritenuta più opportuna dagli organi centrali.
In relazione alle Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome,
occorre, invece, che la suddetta funzione sia prevista dalle norme statutarie o
almeno da quelle di attuazione. La relativa disciplina non potrebbe quindi
esser posta con la legge ordinaria dello Stato. Ciò sarebbe confermato da
quanto é previsto per
D'altro lato, l'art. 8 prevede, per il soddisfacimento delle esigenze
connesse al coordinamento, la procedura delle intese, frequentemente previste,
come é stato ricordato nell'atto di costituzione, dalle norme di attuazione
dello Statuto.
In subordine, quand'anche si ammetta che allo Stato é riservato il potere
di coordinamento, esso sarebbe, nel caso di specie, tuttavia previsto in
violazione degli invocati precetti costituzionali, per il modo come in concreto
é disciplinato. Questa conclusione si imporrebbe, più di preciso, sia in
relazione ai poteri attribuiti dagli artt. 2, 3, 6 e
17 al C.I.P.A.A. in quanto, nei confronti delle
Regioni a Statuto speciale, devono operare garanzie almeno non inferiori a
quelle previste dall'art. 3 della legge n. 382 del 1975, laddove la legge
impugnata affida stabilmente la funzione suddetta al C.I.P.A.A., che é organo meno rappresentativo del Consiglio dei
ministri e dello stesso C.I.P.E.; sia perché i poteri
ivi configurati vanno ben al di là di quelli comunemente connessi con la
funzione in questione, al punto di vuotare di ogni contenuto l'autonomia delle
Province.
Quanto poi al carattere di legge di programma attribuito alla legge in
questione dall'Avvocatura dello Stato, si richiama la sentenza n. 20 del
1970 di questa Corte, secondo la quale la competenza programmatoria
dello Stato non può mai giungere a compromettere l'autonomia regionale.
Il disposto dell'art. 17 non resisterebbe alle censure delle ricorrenti.
Altrettanto si dice degli artt. 11 e 12. La
loro incostituzionalità deriverebbe anche dal fatto che, in conformità degli artt. 9 n. 9 e 14 dello Statuto, l'utilizzazione delle
acque pubbliche é stata disciplinata dalle relative norme di attuazione (d.P.R. n. 381 del 1974). In particolare, l'art. 14 dello
Statuto e gli artt. 7 e 8 del d.P.R.
n. 381, prevedono la necessità di intese in tale materia. In ogni caso, sebbene
la legge impugnata preveda diverse forme di partecipazione, essa non
attribuisce alle Province autonome quel ruolo di codecisione
nella determinazione del piano, richiesto per contro dall'art. 14 dello
Statuto. Anzitutto le Province non sono ricomprese
nell'art. 3, secondo comma, relativo alle osservazioni
che alle Regioni spetta formulare, né il riferimento può, sulla base di una
recente pronuncia della Corte, intendersi implicito: del resto, anche questo
Collegio avrebbe chiarito la differenza fra le procedure che pongono le
Province autonome su di un piano paritario rispetto al Governo e quelle che
invece prevedono solo l'acquisizione di un loro parere. Analoghe osservazioni
sono prospettate in riferimento alla previsione del
successivo art. 4.
Le disposizioni censurate contrasterebbero in modo ancora più evidente
con il quinto comma dell'art. 8 del d.P.R. n. 381 del
1974, contenente la normativa di attuazione dello Statuto.
Infatti quest'ultima norma statuisce che il
piano é deliberato definitivamente in conformità di un'intesa fra i
rappresentanti statali e provinciali; esso é reso esecutivo con decreto del
Presidente della Repubblica su proposta conforme all'intesa raggiunta del
Ministro per i lavori pubblici e del Presidente della Giunta provinciale
interessata.
Considerato in diritto
1. - Oggetto del presente giudizio é la legge 27 dicembre 1977, n. 984
("Coordinamento degli interventi pubblici nei settori della zootecnia,
della produzione ortoflorofrutticola, della forestazione, dell'irrigazione, delle grandi colture
mediterranee, della vitivinicoltura e
dell'utilizzazione e valorizzazione dei terreni collinari e montani"). Qui
importa ricordare, prima di tutto, che detta legge individua gli organi
competenti a fissare gli indirizzi generali e gli obiettivi concernenti lo
sviluppo dell'economia agricola nazionale, nonché a coordinare gli interventi pubblici
nei diversi settori da essa contemplati (art. 1). A
questo riguardo, essa istituisce, nell'ambito del C.I.P.E., il Comitato interministeriale per la politica agricola ed
alimentare (C.I.P.A.A.), e ne regola la composizione
e le attribuzioni (artt. 2 e 3). É
infatti previsto che al C.I.P.A.A. competa:
a) predisporre lo schema di un piano nazionale, che in relazione ai
settori anzidetti deve occuparsi delle materie elencate all'art. 3, ed é
assoggettato alla procedura di approvazione, appositamente dettata negli artt. 3 e 4, nella quale sono a vario
titolo coinvolte, in una prima fase le singole Regioni (art. 3, secondo
comma), e successivamente una commissione composta da un rappresentante di
ciascuna Regione e delle Province autonome di Trento e Bolzano (art. 4, primo
comma); dopo l'approvazione del piano nazionale le Regioni vengono dal canto
loro chiamate ad approvare propri programmi di settore e a coordinarli con gli
altri eventuali programmi generali regionali e di assetto territoriale (art.
5);
b) coordinare gli interventi di competenza nazionale;
c) valutare annualmente lo stato di attuazione del piano nazionale e dei
programmi regionali e proporne eventuali variazioni ed aggiornamenti, che
richiedono la stessa procedura prescritta, nell'art. 4, per l'approvazione del
piano nazionale;
d) presentare annualmente al Parlamento una relazione dettagliata sullo
stato di attuazione del piano nazionale e dei programmi regionali (art. 6).
Altre disposizioni riguardano le provvidenze finanziarie ed indicano i soggetti
che ne possono beneficiare, secondo le priorità stabilite dagli Statuti e dalle
leggi regionali (art. 7); altre ancora specificano, con riguardo a ciascun
settore, l'oggetto degli indirizzi generali e degli interventi da attuare in
conformità del piano nazionale. Infine, la legge detta il
regime dei finanziamenti, degli stanziamenti e delle autorizzazioni delle
relative spese, distintamente previste per l'esercizio 1978 e per ciascuno
degli esercizi inclusi in due successivi stadi temporali (1979-1982;
1983-1987); spese suddivise, a norma dell'art.
2.1. - La disciplina testé richiamata é impugnata dalla Regione Friuli Venezia
Giulia, nonché dalle Province autonome di Trento e Bolzano.
L'impugnativa é proposta sull'assunto che lo Stato abbia nella specie inteso esplicare - in materia di agricoltura e
foreste e a livello legislativo, secondo la previsione dell'art. 3 della legge
n. 382 del 1975 - la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività
amministrative regionali. Tale funzione si concreterebbe, tuttavia, in un
limite per la potestà amministrativa della Regione, correlativo, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, a quello che, per la potestà legislativa
regionale, discende dai principi stabiliti dalle leggi dello Stato; esso non
potrebbe dunque riferirsi che alle attività amministrative regionali nelle
materie di competenza ripartita e sarebbe stato configurato precisamente in
questo senso nell'art. 43 del d.P.R. 25 novembre 1975,
n. 902. Posto ciò, la ricorrente asserisce di essere secondo
Statuto investita di competenza primaria per la materia che lo Stato ha
nel presente caso regolato e deduce in conseguenza la incostituzionalità di
tutte le disposizioni della legge in esame sotto un duplice riflesso: per la
parte in cui in esse non si attribuisce alla Regione Friuli Venezia Giulia il
ruolo che costituzionalmente le spetta nella determinazione degli indirizzi,
degli obiettivi e degli interventi contemplati dalla legge stessa; per la parte
in cui la funzione statale d'indirizzo e coordinamento viene con esse
implicitamente estesa anche alle attività amministrative della Regione in
materia di agricoltura e foreste.
Altre censure sono poi mosse, sempre in relazione agli invocati parametri,
nei confronti di puntuali statuizioni, le quali offenderebbero in particolare
l'autonomia della ricorrente. Tali, si assume, sono le norme che,
nell'estendere alla sfera delle ricorrenti la funzione statale di indirizzo e
coordinamento, attribuiscono per di più questa funzione ad un organo diverso da
quello indicato nell'art. 43 del citato d.P.R.
902/1975 (art. 2); non prescrivono l'intesa della Regione Friuli Venezia Giulia
né in sede di predisposizione dello schema di piano nazionale, per quanto
concerne la ricorrente, né in sede di previsione degli interventi di competenza
nazionale da attuarsi nel suo territorio (art. 3). L'impugnativa investe ad egual ragione le disposizioni che mancano di subordinare
all'intesa "necessaria e differenziata" della Regione: l'adozione del
testo definitivo del piano nazionale, da sottoporre al Consiglio dei ministri
(art. 4), la valutazione dello stato di attuazione del programma regionale e
l'elaborazione delle relative proposte di variazione e di aggiornamento (art.
6), l'operatività nell'ambito territoriale del Friuli Venezia
Giulia dei previsti indirizzi obiettivi ed interventi (artt.
da
2.2. - Le Province autonome di Trento e Bolzano impugnano esse pure,
prima ancora che singole statuizioni, la legge n. 984/77 nella sua interezza,
per preteso contrasto con l'art. 8 n. 21 dello Statuto del Trentino-Alto Adige,
e con i relativi decreti di attuazione (d.P.R. nn. 279/74 e 381/74). L'invocata norma statutaria
stabilisce la competenza provinciale in tema di "agricoltura, foreste e
corpo forestale, patrimonio zootecnico ed ittico, istituti
fitopatologici, consorzi agrari e stazioni agrarie
sperimentali, bonifica".
La sfera assegnata alle Province sarebbe stata ampliata e meglio
garantita, grazie alla legge costituzionale n. 1/71 e alle norme di attuazione
successivamente emanate proprio nella materia di cui si occupa la legge
impugnata. A parte la specifica previsione, in Statuto, della competenza,
peraltro primaria, che si assume violata, ve ne sarebbero altre, dalle quali
risulta che le Province di Trento e Bolzano godono di un grado di autonomia diverso
e più intenso rispetto a quello delle altre Regioni: così, l'art. 78 dello
Statuto speciale riserva alle Province una quota parte delle somme stanziate
"per interventi generali dello Stato" disposti negli stessi settori
di competenza delle province "allo scopo di adeguare le finanze delle
Province autonome al raggiungimento delle finalità e all'esercizio delle
funzioni stabilite dalla legge". Questo criterio del collegamento fra
competenza e finanziamento, si soggiunge, sta a significare che esclusivamente
le Province sono responsabili della gestione delle materie di loro competenza e
costituisce un'ulteriore e specifica conseguenza del vincolo che, posto nei
confronti della legge statale a tutela delle ricorrenti, non potrebbe, poi, non
operare anche per quanto concerne le esigenze del coordinamento. La fonte
statutaria e la normativa di attuazione avrebbero infatti
soddisfatto queste esigenze, in coerenza con la dedotta guarentigia
dell'autonomia provinciale, solo limitatamente a determinate materie e
rimettendone in ogni caso la disciplina a dirette intese fra Stato e Regione.
Deporrebbero in questo senso l'art. 14, secondo comma, dello Statuto (opere
idrauliche), 15 (industria ed edilizia scolastica) e
fra le norme di attuazione adottate dopo l'entrata in vigore della legge
costituzionale n. 1 del 1971, gli artt. 3, 4, 5 e 8 d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279 (agricolture e foreste), 7-10
(acque pubbliche), 20 e 21 (urbanistica e opere pubbliche di interesse e
competenze dello Stato) del d.P.R. 22 marzo 1974, n.
381.
Nessun cenno della funzione di indirizzo e coordinamento, si afferma,
figura del resto nello Statuto della Provincia o nella normativa di attuazione,
nemmeno nelle specifiche disposizioni attuative che,
in materia di agricoltura e foreste, definiscono le residue competenze dello
Stato.
Diversa soluzione, si osserva poi, é accolta negli
ordinamenti di altre Regioni a Statuto speciale, nei quali la funzione in
discorso é espressamente assegnata allo Stato (art. 2, secondo comma, d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, norme di attuazione dello
Statuto per
In via subordinata, le ricorrenti deducono che, se pure la funzione di
indirizzo e coordinamento dovesse essere riconosciuta agli organi statali, essa
risulterebbe, ai fini del presente giudizio, comunque illegittimamente
configurata: sia perché ne é attributario un comitato
interministeriale, il C.I.P.A.A.,
in luogo degli organi, Parlamento e Consiglio dei ministri, istituzionalmente
preposti a questa funzione nelle massime sedi rappresentative, e perché questa
deroga al normale regime delle competenze avrebbe indebitamente attenuato una
garanzia procedimentale già assicurata dalla testé
citata previsione della legge n. 382 del 1975 alle Regioni comuni, della quale
dovevano a maggior ragione godere le ricorrenti e le Regioni a Statuto
speciale; sia per il rilievo che l'indirizzo ed il coordinamento, da attuarsi,
com'é previsto nella legge, soprattutto con il piano nazionale, avrebbe
carattere talmente analitico, puntuale e vincolante da non lasciare a Regioni o
Province margini di effettiva autonomia.
Con altri motivi del ricorso sono inoltre dedotti specifici profili di
incostituzionalità, che investono solo in parte la disciplina contenuta nella
legge in questione. Sempre sull'assunto che, riguardo alle Province autonome,
difetti il supporto costituzionale della funzione qui esplicata dallo Stato, si
censurano, ancora in riferimento alla norma statutaria
sopra indicata, le disposizioni concernenti gli obiettivi specifici da
perseguire, anche quantitativi, quali sono quelli indicati agli artt. 8, 9, 10, 11, 12, 13, 15, che alle ricorrenti
sarebbero imposti, in forza del secondo comma dell'art. 4, pur se da esse apertamente contrastati. Gli artt.
11 e 12, relativi al settore delle irrigazioni, sono altresì impugnati in riferimento agli artt. 9 n. 9 e
14 dello Statuto, quali concretamente attuati dagli artt.
da
3. - I ricorsi in esame sollevano questioni strettamente connesse. I
relativi giudizi sono pertanto riuniti e congiuntamente decisi.
4. - Delle impugnative proposte vanno anzitutto considerate quelle che
investono la legge n. 984 del 1977 nella sua interezza. Le ricorrenti avanzano
a questo riguardo due ordini di rilievi: le Province di Trento e Bolzano
deducono che la funzione in discorso non é nei loro confronti
contemplata, né dallo Statuto, né dalle connesse disposizioni attuative, e lamentano quindi che essa sia stata introdotta
nella specie unilateralmente dallo Stato, mediante legge ordinaria,
5. - Il motivo di ricorso dedotto dalle Province di Trento e Bolzano non
merita accoglimento. La funzione statale di indirizzo e coordinamento va, come
6. - L'assunto della Regione Friuli Venezia Giulia é, per quel che ora
importa precisare, il seguente: l'indirizzo ed il coordinamento esercitato
dagli organi centrali grava l'attività amministrativa regionale di un limite
che, secondo la giurisprudenza della Corte, deve corrispondere a quello
stabilito, per la sfera dell'autonomia legislativa, dalla legislazione statale
di principio. Questo limite, si soggiunge, vale però
solo nei confronti della competenza ripartita, laddove la legge impugnata
concerne materia di competenza primaria della Regione. L'Avvocatura dello Stato
replica che la previsione dell'indirizzo e del coordinamento trova piena e
puntuale giustificazione nell'interesse nazionale, sottostante alla normativa
censurata e al suo carattere di legge-programma; ciò, precisamente, in quanto
il limite dell'interesse nazionale é consacrato in Statuto fra quelli che
circondano la stessa competenza primaria delle ricorrenti (cfr.
art. 4 dello Statuto speciale del Friuli Venezia
Giulia e art. 4 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige).
Il titolo della contestata ingerenza dello Stato - di fronte alla sfera
garantita alle ricorrenti - risiede, allora, nella funzione di indirizzo e
coordinamento. In effetti, tutto il corpo della
normativa, che la legge impugnata contiene, é preordinato all'esercizio di
detta funzione: la definizione analitica degli indirizzi che individuano gli
obiettivi di ciascun settore, la previsione dei criteri di massima per le
esigenze da soddisfare, il conseguente sistema dei finanziamenti sono
strumentalmente connessi con il coordinamento degli interventi pubblici,
effettuato in sede di programmazione con le procedure e dagli organi
appositamente previsti. Non é poi controverso che la varia materia di cui si
occupa la legge ricada nell'ambito della competenza
primaria delle ricorrenti, così come risulta configurata, in relazione
all'agricoltura e foreste, sia nelle previsioni statutarie, sia nelle norme di
attuazione invocate in giudizio.
6.1. - Poste queste premesse, va subito aggiunta un'avvertenza: la
funzione di indirizzo e coordinamento, qual é contemplata nelle norme di attuazione
dello Statuto del Friuli Venezia Giulia (art. 43 d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902), non può essere intesa,
come detta Regione ha sostenuto nel presente giudizio, nel senso che essa si
riferisce necessariamente solo alle materie di competenza ripartita.
Alla stregua delle precedenti pronunzie di questo Collegio, si deve
escludere che la funzione in discorso serva ad introdurre nuovi limiti rispetto
a quelli già stabiliti, nel vigente sistema costituzionale, in ordine alla
sfera dell'autonomia regionale. Resta fermo, però, che l'indirizzo e coordinamento
posti in essere dallo Stato abbracciano tutto l'ambito dei poteri
costituzionalmente garantiti alle Regioni e alle Province di Trento e Bolzano.
Il corretto esercizio di questa funzione implica, infatti, che le attività
regionali restino assoggettate al vincolo scaturente dalla legge o dal
provvedimento degli organi centrali. Tale vincolo (cfr.
sentenza n. 150/1982) é, poi, pienamente giustificato
dalla necessità di soddisfare le istanze unitarie: esso deve quindi poter
operare, come esige la giurisprudenza della Corte, senza che rilevi la
distinzione fra Statuto speciale e Statuto ordinario, o tra tipi e gradi di
competenza degli enti autonomi.
6.2. - Quanto si é sopra detto non toglie, bensì presuppone, che nella
specie vadano soddisfatte le condizioni perché il vincolo costituito
dall'indirizzo e coordinamento dispieghi effetti pur nei confronti della
competenza primaria delle ricorrenti, e anche se questa competenza discende da
uno Statuto di autonomia differenziata. É qui, anzi, il punto sul quale va
fermata l'attenzione.
Il richiamo dell'interesse nazionale che ha ispirato il legislatore
statale nel regolare il coordinamento e la stessa programmazione degli
interventi pubblici nel settore in considerazione non vale, come vorrebbe
l'Avvocatura, a fugare il dubbio di un'indebita compressione della speciale
autonomia garantita alle ricorrenti. Il perseguimento delle esigenze unitarie,
e così degli interessi che trascendono l'ambito dell'ente autonomo, resta certo
il necessario presupposto giustificativo della funzione di indirizzo e
coordinamento. Ma si tratta pur sempre di una funzione istituzionalmente
destinata a comporre le esigenze unitarie e le istanze dell'autonomia in
conformità dei fondamentali criteri che presiedono alla distribuzione delle competenze
fra Stato e Regioni. Dove opera la guarentigia dello Statuto speciale, le
esigenze unitarie legittimano, sì, l'esercizio dell'indirizzo e del
coordinamento, ma in presenza di un interesse, che
deve nettamente configurarsi come insuscettibile di
frazionamento o localizzazione territoriale. Gli organi centrali possono in
proposito intervenire fin dove l'interesse da soddisfare sfugge
necessariamente, per natura o dimensione, all'apprezzamento dei legislatori e
delle amministrazioni locali. Altrimenti, va fatta salva la competenza
dell'ente autonomo: il quale gode in questo caso, proprio in considerazione
delle forme e condizioni particolari del suo status, di maggiori possibilità di
valutazione e di scelta, rispetto alla Regione di diritto comune.
Nella presente controversia, ci troviamo di fronte a un diffuso e
dettagliato complesso di prescrizioni, che investono la materia
dell'agricoltura e foreste sotto i molteplici aspetti sopra richiamati (v. n.
1). Si é così delineata una capillare e penetrante interferenza della
normazione statale nella sfera che si assume lesa. Ora, la legge in esame ha
come suo titolo giustificativo esclusivamente quello di organizzare l'indirizzo
ed il coordinamento delle attività regionali nei settori ivi previsti. Essa eccede,
tuttavia, dai confini entro cui l'accentramento e l'uniformità della disciplina
consentiti dall'interesse nazionale sarebbero risultati
compatibili con il rispetto dell'invocato Statuto speciale. L'assetto normativo
sottoposto al sindacato della Corte potrebbe, quindi, uscire indenne da censura
solo se le esigenze unitarie, che qui si connettono con l'indirizzo ed il
coordinamento, fossero perseguite anche in forza, e con il supporto, di un
qualche altro limite dei poteri di autonomia: limite, s'intende, sempre sancito
in una fonte di rango costituzionale. Così non é, però, nel caso attuale; e
d'altra parte non é nemmeno dedotto dall'Avvocatura che la legge dello Stato
abbia per via delle sue previsioni programmatorie posto principi dell'ordinamento giuridico, o prodotto norme
fondamentali delle riforme economico-sociali, o comunque configurato altre
idonee limitazioni delle competenze delle Regioni o delle Province, ai sensi
dei rispettivi Statuti speciali. Difettano insomma i requisiti sopra enucleati,
indispensabili perché la previsione dell'indirizzo e del coordinamento, com'é
congegnata nella specie, possa operare nei confronti delle ricorrenti: e dunque
sussiste la dedotta violazione della competenza loro costituzionalmente
garantita in materia di agricoltura e foreste. Questa conclusione vale
evidentemente allo stesso titolo per
7. - Un'ultima precisazione va fatta a proposito del risultato cui
PER QUESTI MOTIVI
dichiara l'illegittimità costituzionale della
legge n. 984 del 27 dicembre 1977 ("Coordinamento degli interventi
pubblici nei settori della zootecnia, della produzione ortoflorofrutticola,
della forestazione, dell'irrigazione, e delle grandi
colture mediterranee, della vitivinicoltura e
dell'utilizzazione e valorizzazione dei terreni collinari e montani") per
la parte in cui la disciplina in essa prevista concerne
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 14 dicembre 1983.
Leopoldo ELIA - Antonino DE
STEFANO - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto
MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 14 dicembre 1983.