Sentenza n. 310 del 1983

 CONSULTA ONLINE 


SENTENZA N. 310

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

          Prof. Virgilio ANDRIOLI  

          Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria) e degli artt. da 46 a 57 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento dei redditi), promossi con le ordinanze emesse il 30 giugno 1977, il 9 aprile 1980 e il 22 ottobre 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, il 3 aprile 1978 e il 12 dicembre 1981 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria, il 15 dicembre 1978 dalla Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, il 12 marzo 1980 dalla Commissione tributaria di primo grado di Ivrea, il 6 marzo 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Belluno, il 25 giugno 1981 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Imperia, il 30 ottobre 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Lamezia Terme, il 3 novembre 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Udine e l'11 novembre 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Imperia, rispettivamente iscritte al n. 423 del registro ordinanze 1977, al n. 207 del registro ordinanze 1981 e al n. 92 del registro ordinanze 1982, al n. 403 del registro ordinanze 1978 e al n. 178 del registro ordinanze 1982, al n. 441 del registro ordinanze 1979, al n. 782 del registro ordinanze 1980, ai nn. 463, 690 e 837 del registro ordinanze 1981 ed ai nn. 266 e 267 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 306 del 1977, n. 186 del 1981 e n. 164 del 1982, n. 313 del 1978 e n. 248 del 1982, n. 210 del 1979, nn. 27 e 464 del 1981 e nn. 26, 116, 262 e 269 del 1982.

Visti gli atti di costituzione di Velati Bellini Lionello e di Portalone Leonardo e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito, nell'udienza pubblica dell'8 febbraio 1983, il Giudice relatore Antonino De Stefano;

uditi l'avv. Marcello Cogliati Dezza, per Velati Bellini Lionello e per Portalone Leonardo, e l'avvocato dello Stato Carlo Salimei, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con tre ordinanze emesse, la prima il 30 giugno 1977, la seconda il 9 aprile 1980 e la terza il 22 ottobre 1981, con motivazioni in gran parte identiche, la Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, ritenuto che la norma dell'art. 47 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che stabilisce le pene pecuniarie da infliggere per "violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta", sia viziata da illegittimità costituzionale, in quanto la legge 9 ottobre 1971, n. 825, in base alla cui delega é stata emanata la norma impugnata, non appare, all'art. 10, n. 11, conforme all'art. 76 (ma nella motivazione delle ordinanze si fa richiamo anche all'art. 23) della Costituzione, ha sottoposto la questione, a suo avviso non manifestamente infondata, all'esame di questa Corte.

I giudizi, nei quali la questione é sorta, risultano promossi con ricorsi, rispettivamente, dell'avvocato Pierangelo Fioretto (curatore della Società per azioni "Smalteria e Metallurgica Veneta", già dichiarata fallita e in liquidazione); dei signori Gianfranco Mozzi e Milena Lanero in Mozzi, e, infine, del signor Nicola Ramonda, contro gli accertamenti, loro notificati dall'Ufficio II.DD. di Bassano (rispettivamente in data 9 settembre 1976, 19 aprile 1979 e 28 ottobre 1980), di pene pecuniarie, rispettivamente di lire 771.147.000, lire 1.551.000 e lire 36.297.000, inflitte ai sensi dell'art. 47, comma primo, d.P.R. n. 600 del 1973, per la constatata violazione delle norme dell'art. 7 dello stesso decreto circa l'obbligo della dichiarazione, da parte dei sostituti d'imposta, riguardo alle ritenute d'acconto sulle somme da essi corrisposte a lavoratori dipendenti (e per quanto riguardava la società Smalteria e Metallurgica anche a lavoratori autonomi), per avere rispettivamente tale società presentato la dichiarazione (modello 770) per l'anno 1975, in data 30 aprile 1976, ma compilata nel solo frontespizio e senza la indicazione di alcuno degli elementi richiesti (per cui la dichiarazione stessa doveva considerarsi "nulla e a tutti gli effetti omessa"), ed i coniugi Mozzi e la ditta Ramonda, per non avere presentato la dichiarazione, relativamente agli anni 1974, 1975 e 1976 i primi e agli anni 1974 e 1975 la seconda, con il prescritto modello 770.

Come riferisce la Commissione tributaria, nel primo giudizio il curatore della suindicata società (al quale nel ricorso si erano associati i due liquidatori), nell'opporsi all'accertamento, aveva sostenuto che la dichiarazione era stata presentata in termini e che l'omissione del contenuto (elencazione, nelle forme prescritte, di tutti i redditi corrisposti ai dipendenti e ai lavoratori autonomi e allegazione delle ricevute di versamento sulle ritenute IRPEF operate alla fonte) si doveva a "forza maggiore", in quanto l'occupazione della fabbrica e degli uffici, avvenuta in quei giorni da parte delle maestranze, aveva impedito ai responsabili di accedere ai registri e alle scritture contabili della società. In contrario l'Ufficio aveva assunto che la causa di forza maggiore - se ritenuta effettivamente sussistente - avrebbe potuto portare ad escludere l'esistenza di un comportamento colpevole, senza però esercitare alcuna influenza sull'applicazione delle pene pecuniarie. Priva com'era di contenuto, la dichiarazione stessa non avrebbe, infatti, potuto ritenersi come validamente presentata.

A loro volta, i coniugi Mozzi avevano eccepito di aver regolarmente provveduto ai pagamenti dell'imposta, e di aver prodotto la dichiarazione (anche se, erroneamente, con il mod. 740 anziché, come prescritto con il mod. 770); mentre il Ramonda, sostenendo anch'egli di aver regolarmente provveduto ai pagamenti dell'imposta, aveva affermato di aver prodotto le dichiarazioni, seppure, a causa di un disguido, tardivamente.

Ciò premesso, la Commissione tributaria, nel motivare, con argomentazioni ripetute allo stesso modo in tutte e tre le ordinanze, la trasmissione degli atti a questa Corte, osserva che nell'art. 10, n. 11 della legge delega n. 825 del 1971, i principi e i criteri a cui, nello stabilire le previste sanzioni in ordine alle diverse violazioni delle norme della riforma tributaria, avrebbe dovuto attenersi il legislatore delegato, non risultano fissati conformemente all'art. 76 della Costituzione. Nella norma della legge delega, infatti, si accenna solo, genericamente, alle finalità della normativa da emanare (perfezionamento del sistema delle sanzioni amministrative e penali e migliore commisurazione delle sanzioni alla effettiva entità oggettiva e soggettiva delle violazioni), ma senza alcuna specifica indicazione (a parte il limite massimo di cinque anni di reclusione per i fatti più gravi) circa i modi in cui tali finalità si sarebbero dovute poi realizzare. Anche in ordine ai criteri di determinazione della "gravità" delle violazioni da colpire, nessun criterio direttivo risulta impartito. Con la delega in questione - che ad avviso del giudice a quo ben potrebbe dirsi "in bianco" - si é così venuto ad attribuire al legislatore delegato il più illimitato potere di scelta circa i tipi di sanzione utilizzabili per colpire gli illeciti e circa la classificazione dei fatti cui estenderne nei diversi casi l'applicazione. La incoerenza e la contraddittorietà, di cui si hanno non pochi esempi nel complesso delle norme, in materia di sanzioni, dei diversi decreti legislativi emanati per la riforma tributaria (concernenti oltre all'imposta sui redditi, l'IVA, l'INVIM, ecc.), sono evidente conseguenza di tale indeterminatezza di criteri direttivi. In relazione agli artt. 23 e 76 della Costituzione appare quindi non del tutto infondata la questione di legittimità costituzionale della norma dell'art. 10, n. 11 della legge n. 825 del 1971, legge di delegazione alla cui validità é subordinata quella del decreto delegato n. 600 del 1973, che all'art. 47 prevede le sanzioni irrogate nei casi in questione ai ricorrenti.

2. - Adempiute le formalità di rito per le notifiche, comunicazioni e pubblicazione delle ordinanze suddette, nel giudizio promosso con la prima di esse, con atti di deduzioni, separati ma di identico contenuto, depositati, rispettivamente, il 12 settembre e il 25 novembre 1977, si sono costituiti innanzi alla Corte i liquidatori della Società Smalteria e Metallurgica, ing. Lionello Velati Bellini e ing. Leonardo Portalone, chiedendo che sia accolta la sollevata eccezione di illegittimità costituzionale. La difesa dei liquidatori lamenta, invero, che il giudice a quo, disponendo senz'altro la trasmissione degli atti alla Corte, non abbia preso in esame la tesi dei ricorrenti (circa le cause di forza maggiore che come sopra si é riferito, avrebbero impedito ai rappresentanti della società di presentare regolarmente la loro dichiarazione di sostituti d'imposta), tendente ad escludere, pur nell'ambito dell'ordinamento vigente, una qualsiasi loro responsabilità. Non dubita, tuttavia, che l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, n. 11, della legge di delegazione n. 825 del 1971, e, di riflesso, dell'art. 47 del d.P.R. n. 600 del 1973, sussista, condividendo i rilievi svolti in proposito nell'ordinanza di rinvio.

Intervenuta in rappresentanza e difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, con atto depositato il 25 novembre 1977, l'Avvocatura dello Stato ha chiesto, invece, che la Cortedichiari la questione infondata. Secondo l'Avvocatura, infatti, le disposizioni della legge di delegazione fissano principi e criteri direttivi dettagliati e precisi, sia in ordine all'oggetto delle norme delegate, sia in ordine al loro contenuto. A tali principi e criteri il Governo si sarebbe puntualmente attenuto con la norma dell'art. 47 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Successivamente, in una memoria presentata il 24 gennaio 1983, la difesa dei liquidatori della Società, riprendendo, con più ampio svolgimento, la tesi già preliminarmente prospettata nell'atto di deduzioni, esprime anzitutto il convincimento che nella specie la sollevata eccezione di illegittimità costituzionale sia irrilevante. Nel giudizio a quo - essa sostiene - era infatti incontroverso che se la dichiarazione di sostituto d'imposta per la Società Smalteria e Metallurgica non era stata regolarmente presentata, ciò era avvenuto a causa di forza maggiore (occupazione della fabbrica). Tralasciando del tutto, nella motivazione dell'ordinanza di rinvio, di prendere in considerazione questa circostanza, in base alla quale il ricorso dei liquidatori avrebbe dovuto essere senz'altro accolto, la Commissione aveva invece ritenuto di risolvere la questione dell'applicabilità o meno, nel caso, delle sanzioni previste dall'art. 47 d.P.R. n. 600 del 1973, sollevando la sua accennata questione di legittimità costituzionale. La decisione doveva perciò ritenersi viziata, per "irrilevanza" e per "insufficienza di motivazione sulla rilevanza". Tuttavia, se la Corte, disattendendo i suesposti argomenti, dovesse, riguardo alla "rilevanza", andare in contrario avviso, la eccezione di illegittimità costituzionale, per le ragioni svolte nell'atto di deduzioni, dovrebbe essere riconosciuta fondata.

Anche nel giudizio promosso con la seconda delle suindicate ordinanze, con atto depositato il 27 luglio 1981, é intervenuta, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, la quale, nel ribadire la richiesta che la questione sia dichiarata priva di fondamento, fa tuttavia presente la eventualità di una rimessione degli atti al giudice a quo, per ius superveniens. Invero, dopo aver svolto deduzioni identiche a quelle già esposte nel suo intervento nel precedente giudizio, l'Avvocatura, richiamata la legge di sanatoria, nel frattempo emanata, 22 dicembre 1980, n. 882, osserva che, siccome nella specie si tratta della applicazione della pena pecuniaria di cui all'art. 47, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, inflitta per la mancata o irregolare presentazione (prima del 31 agosto 1980) della dichiarazione dei sostituti d'imposta, e dato che secondo gli artt. 1 e 4 della legge di sanatoria, a tale infrazione la sanzione suddetta non sarebbe più applicabile, appare necessario che, in relazione alla normativa sopravvenuta, l'esame della rilevanza sia dal giudice a quo rinnovato.

Anche nel giudizio promosso con la terza ordinanza é intervenuta, per il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto di deduzioni depositato il 6 luglio 1982, l'Avvocatura dello Stato, con conclusioni e deduzioni che non si discostano da quelle dell'atto di intervento nel giudizio promosso con la prima ordinanza.

3. - Una questione sotto vari aspetti analoga a quella sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, é stata proposta, con ordinanza 6 marzo 1981, nei confronti degli artt. 47 del d.P.R. n. 600 del 1973, e 10, n. 11 della legge n. 825 del 1971, dalla Commissione tributaria di primo grado di Belluno.

L'ordinanza é stata emessa nel corso di un giudizio promosso con ricorso della Latteria Turnaria Cooperativa di Frontin, in Comune di Trichiana, in seguito all'avviso di accertamento con cui le era stata notificata, in data 6 maggio 1980, per mancata presentazione della dichiarazione mod. 770 relativa al 1977, l'irrogazione della pena pecuniaria di lire 797.000, pari a due volte l'importo delle ritenute dovute dalla Latteria, quale sostituto d'imposta, in relazione alla retribuzione da essa corrisposta ad un dipendente. Come si riferisce nel provvedimento di rimessione, la ricorrente, dopo aver trasmesso all'Ufficio (in risposta a un questionario inviatole) 12 bollettini di versamento, sosteneva che avendo provveduto, per il suddetto dipendente, al regolare pagamento mensile delle ritenute IRPEF, l'omessa presentazione del mod. 770, dovuta probabilmente ad una errata interpretazione della legge da parte della Associazione Cooperative incaricata di provvedervi, doveva considerarsi come un fatto formale e non sostanziale e che certo non comportava evasione. Faceva inoltre presente che sull'art. 47, comma primo, del d.P.R. n. 600 del 1973, in base al quale la suddetta pena pecuniaria le era stata inflitta, pendevano questioni innanzi alla Corte costituzionale.

Ciò premesso in fatto, nella motivazione dell'ordinanza di rinvio la Commissione tributaria di Belluno poneva la questione stessa in termini assai simili, ma non del tutto coincidenti, a quelli in precedenza esposti dalla Commissione di Bassano del Grappa. Mentre, infatti, i dispositivi delle ordinanze sono identici, la Commissione tributaria di Belluno, in motivazione (pur facendo richiamo, come la Commissione tributaria di Bassano del Grappa, all'art. 23 della Costituzione, non richiamato nel dispositivo), osserva, fra l'altro, che la formulazione dell'art. 47 del d.P.R. n. 600 del 1973, appare viziata da illegittimità costituzionale, "in quanto la legge delegata non risulta conforme alla legge delegante dal momento che l'aspetto sanzionatorio non risulta conformato alla migliore commisurazione delle sanzioni alla effettiva entità oggettiva e soggettiva delle violazioni". Infatti - prosegue l'ordinanza - la particolare gravità delle sanzioni di cui all'art. 47, primo comma, si evidenzia in tutti quei casi, come quello in esame, in cui le imposte risultano regolarmente versate, anche se ad esse non é seguita la dichiarazione mod. 770, "che in definitiva non é richiesta ai fini della tassazione ma soltanto ai fini ricognitivi".

4. - Eseguiti gli adempimenti di rito, con atto depositato il 17 novembre 1981, é intervenuta, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

La prospettazione dell'ordinanza di rinvio, secondo cui la severità della sanzione di cui all'art. 47 del d.P.R. n. 600 del 1973 sarebbe sperequata rispetto al danno che dalla violazione, a cui la sanzione deve essere commisurata, non potrebbe condividersi. L'entità oggettiva e soggettiva della violazione, a cui la sanzione deve essere commisurata, non potrebbe infatti limitarsi al danno corrispondente al mancato pagamento dell'imposta, ma va riferita ad ogni aspetto della violazione, in relazione all'interesse pubblico corrispondente al puntuale adempimento di ciascun obbligo tributario. Anzi, il danno che subisce l'erario per il mancato pagamento dell'imposta é automaticamente considerato nella commisurazione della specifica sanzione di cui agli artt. 92 e segg. del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 ed é parzialmente risarcito (art. 9 d.P.R. n. 600 del 1973) attraverso l'applicazione degli interessi di mora. Nella specie, invece, si tratta della omissione della denuncia dei sostituti d'imposta, denuncia che ha lo scopo, oltre che di documentare e garantire la ritenuta operata a carico del contribuente, anche di permettere la esatta tassazione dei redditi di questo. Si tratta, cioè, di un obbligo, che ha diretto "rilievo ai fini dell'accertamento dei redditi altrui", e per il quale la sanzione, anche secondo la legge di delega, deve essere commisurata ad un criterio di particolare rigore. La norma dell'art. 47, primo comma, del decreto n. 600 del 1973, appare quindi del tutto conforme alla legge di delega, e la violazione dell'art. 76 della Costituzione é perciò del tutto insussistente.

Per quanto poi riguarda la indicazione, nella ordinanza di rinvio, dell'ulteriore parametro costituzionale dell'art. 23 - prosegue l'Avvocatura - se esatta, essa é del tutto fuori di luogo perché nella specie si tratta di una sanzione stabilita dalla legge, mentre, se inesatta, e il giudice a quo, evocando l'art. 23, avesse voluto invece riferirsi all'art. 53 della Costituzione, la indicazione stessa sarebbe egualmente fuori di luogo, perché il principio della capacità contributiva regola il regime di tassazione e non può essere applicato al sistema sanzionatorio delle violazioni in materia tributaria.

5. - Con riferimento all'art. 76 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, n. 11 della legge n. 825 del 1971, e degli artt. da 46 a 57 del d.P.R. n. 600 del 1973, é stata dichiarata non manifestamente infondata, con ordinanza 3 novembre 1981, dalla Commissione tributaria di primo grado di Udine, nel corso di un giudizio promosso, con diversi ricorsi, riuniti, dalla S.d.f. Bacci Mareno e Maristo.

La Commissione osserva che il dubbio di illegittimità costituzionale, espresso nei ricorsi e da essa condiviso, "investe non già le norme del decreto delegato in rapporto alla legge di delega", sibbene più direttamente "la stessa norma della legge di delega (art. 10, n. 11)", in quanto sarebbe stata elusa la necessità della determinazione dei principi e criteri direttivi, in materia per di più oggetto di riserva di legge.

Adempiute le formalità di rito, con atto depositato il 12 ottobre 1982, é intervenuta in giudizio, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la Corte dichiari la questione infondata, in quanto é sufficiente confrontare il sistema previgente con quello introdotto dal legislatore delegato per constatare che i limiti fissati nella delega non sono evanescenti e indefinibili, ma concreti e perfettamente individuabili.

6. - Con ordinanza 3 aprile 1978, in riferimento agli artt. 76, 77 e 3 della Costituzione, la Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria ha sollevato, d'ufficio, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 47,46 e 55 del d.P.R. n. 600 del 1973.

La questione é sorta in seguito a ricorso della Cassa mutua coltivatori diretti di Albera Ligure, contro un accertamento (notificatole il 5 febbraio 1977) dell'Ufficio II.DD. di Novi Ligure, con il quale, avendo la Cassa presentato la dichiarazione dei sostituti d'imposta per l'anno 1975, il 20 maggio 1976, e quindi dopo la scadenza del termine ultimo fissato dall'art. 27 della legge 2 dicembre 1975, n. 576, al 30 aprile 1976, le era stata irrogata, a norma degli artt. 46, 47 e 55 del citato d.P.R., la pena pecuniaria di lire 168.000, pari alla metà delle ritenute dalla stessa Cassa operate nell'anno 1975. Sosteneva la ricorrente che la tardiva presentazione del modello 770 era dipesa esclusivamente dalla confusione prodotta dalle non sempre esatte notizie diffuse in quei giorni riguardo al termine di presentazione. Faceva altresì presente che nella specie, chiaramente, nessun danno aveva subito l'erario.

Respinto il ricorso dalla Commissione tributaria di primo grado, e investita della questione, con successivo appello della Cassa mutua, la Commissione di secondo grado, questa ultima, riconoscendo anch'essa - come già, nell'appellata decisione, la Commissione di primo grado - che l'operato dell'Ufficio era stato del tutto conforme alla normativa vigente, decideva di sollevare questione di legittimità costituzionale nei termini dianzi esposti, in quanto il legislatore delegato non si sarebbe attenuto ai principi e criteri direttivi dettati dall'art. 10, n. 11, della legge di delega. Le denunciate norme, inoltre, violerebbero il principio di eguaglianza, per disparità dei trattamenti riservati ai contribuenti.

Eseguiti gli adempimenti di rito, con atto depositato il 28 novembre 1978, é intervenuta, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'infondatezza.

7. - In relazione agli artt. 76,77 e 3 della Costituzione, gli artt. 46, 47 e 55 del d.P.R. n. 600 del 1973 vengono impugnati innanzi alla Corte anche con una ordinanza, emessa il 15 dicembre 1978 dalla Commissione tributaria di primo grado di Bolzano. La questione é stata sollevata d'ufficio, nel corso di un giudizio promosso dal sig. Gotthard Platzgummer contro il verbale di accertamento, con cui l'Ufficio II.DD. di Silandro gli aveva contestato la tardiva presentazione del modello 770 per l'anno 1975, segnalando l'ammontare della pena pecuniaria determinata in applicazione del terzo comma dell'art. 47 del d.P.R. n. 600 del 1973.

La motivazione dell'ordinanza di rinvio é fondata sulla pretesa disparità di trattamento fra le infrazioni tributarie, per cui l'art. 55 del d.P.R. n. 600 del 1973 ammette la conciliazione amministrativa, e le infrazioni - come quella riscontrata nel caso in questione - cui, solo perché non contestate in occasione degli accessi, ispezioni e verifiche ai quali l'art. 55 fa esclusivo riferimento, la conciliazione amministrativa non é possibile.

Notificata, comunicata e regolarmente pubblicata l'ordinanza di rinvio, con atto depositato il 13 agosto 1979 é intervenuta innanzi alla Corte, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'infondatezza. Per il denunciato art. 55, peraltro, l'Avvocatura eccepisce la irrilevanza, in quanto la possibilità della conciliazione amministrativa é prevista solo per le violazioni che non danno luogo ad accertamenti, mentre nella fattispecie si trattava di violazione che dava luogo ad accertamento di imposta.

8. - Con ordinanza 12 marzo 1980, la Commissione tributaria di primo grado di Ivrea, in base agli artt. 76 e 77 della Costituzione, ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dai ricorrenti, degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 600, in quanto la sproporzione della pena pecuniaria sarebbe in contrasto con i criteri fissati dall'art. 10, n. 11, della legge di delega n. 825 del 1971.

Il giudizio, nel corso del quale la questione é sorta, verte su un ricorso dei signori Luigi Valperga di Masino e Vittoria Leumann, proposto in seguito all'applicazione, nei loro confronti, da parte dell'ufficio II.DD. di Ivrea, in base agli artt. 47 e 46 in relazione all'art. 9, del d.P.R. n. 600 del 1973, di una penale, rispettivamente, di lire 420.000 e lire 616.000 per avere essi presentato il mod. 770 per il 1977, il 1 luglio anziché - come avrebbero dovuto - il 30 giugno 1978.

Adempiute le formalità di rito, anche in questo giudizio, con atto depositato il 17 febbraio 1981, é intervenuta, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'infondatezza.

9. - Investono gli artt. 47 e 55 del d.P.R. n. 600 del 1973 - impugnati in riferimento agli artt. 76, 77 e 3 della Costituzione - le questioni sollevate innanzi alla Corte con altre due ordinanze: la prima, in data 25 giugno 1981, della Commissione tributaria di secondo grado di Imperia, e la seconda, in data 11 novembre 1981, emessa dalla Commissione tributaria di primo grado della stessa città.

Il giudizio nel quale é stata emessa la prima ordinanza verte sui ricorsi presentati dal sig. Valerio Agnesi alla Commissione tributaria di primo grado, avverso gli avvisi di accertamento notificatigli il 18 febbraio 1980, con cui l'Ufficio II.DD. di Imperia gli aveva contestato per gli anni 1974, 1975 e 1976, l'omessa presentazione della dichiarazione dei sostituti d'imposta (mod. 770), nonché, per i primi due anni, di non avere operato le ritenute e di non averle quindi versate, irrogando le relative sanzioni ai sensi degli artt. 47 d.P.R. n. 600 e 92 e 95 d.P.R. n. 602 del 1973. Come si riferisce nell'ordinanza il ricorrente, pur ammettendo le violazioni accertate, eccepiva in via pregiudiziale la illegittimità costituzionale dei suindicati artt. 47 e 55. Respinta dalla Commissione di primo grado, tale eccezione veniva riproposta nel successivo appello alla Commissione di secondo grado, che, come sopra detto, la riteneva non manifestamente infondata.

A sua volta, l'altro giudizio, pendente innanzi alla Commissione tributaria di primo grado, nel quale é stata emessa la seconda ordinanza, verte su un ricorso del sig. Alfonso Rigoni, rappresentante della società di fatto "Alfonso Rigoni e C.", contro un avviso di accertamento dell'Ufficio II.DD. di Imperia, notificato il 6 agosto 1980, con cui gli era stata contestata la mancata presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta per l'anno 1974, pur avendo egli, per l'anno suddetto, corrisposto ai suoi dipendenti emolumenti per lire 3.952.000. Per cui, calcolata in lire 149.000 la ritenuta d'acconto, oltre a chiedere il pagamento delle somme dovute, era stata applicata una pena pecuniaria di lire 105.000 per il mancato pagamento delle imposte. Come ancora si riferisce nella ordinanza, il ricorrente sosteneva invece di aver provveduto al regolare versamento delle ritenute d'acconto, come da ricevute allegate in copia. E ritenendo illegittima la richiesta di duplice pagamento (dell'imposta e della soprattassa), trattandosi di omissione formale e che non arrecava danno all'erario, eccepiva la illegittimità costituzionale dell'art. 47 d.P.R. n. 600 del 1973.

Sulla base di queste premesse di fatto, le motivazioni delle due ordinanze sono pressocché identiche, ravvisando contrasto dei denunciati artt. 47 e 55 del d.P.R. n. 600 del 1973 con i principi fissati dall'art. 10, n. 11, della legge di delega n. 825 del 1971, e dunque violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione. L'art. 55, comma terzo, dello stesso decreto, violerebbe anche l'art. 3 della Costituzione, dando luogo ad una discriminazione con il consentire la riduzione della pena soltanto se la violazione sia stata contestata in occasione di accessi, ispezioni e verifiche.

In entrambi i giudizi, eseguiti gli adempimenti di rito, con atti depositati rispettivamente il 16 febbraio e il 19 ottobre 1982, é intervenuta, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'infondatezza con argomenti già prospettati in quelli precedenti.

10. - Con ordinanza emessa in data 12 dicembre 1981, la Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria, nel corso di un giudizio proposto con ricorso dalla S.p.a. Tacchella Macchine, ha dichiarato non manifestamente infondata, investendone la Corte, la questione di legittimità costituzionale, in relazione all'art. 76 della Costituzione, dell'art. 46 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell'art. 10 della legge n. 825 del 1971.

Notificata, comunicata e pubblicata l'ordinanza di rinvio, con atto depositato il 28 settembre 1982, é intervenuta in giudizio, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la Corte dichiari la questione inammissibile per carenza di motivazione sulla rilevanza o, in subordinata, la dichiari infondata.

11. - Infine, la Commissione tributaria di primo grado di Lamezia Terme, con ordinanza in data 30 ottobre 1981, ha sollevato, d'ufficio, questione di legittimità costituzionale degli artt. 46,47 e 55 del d.P.R. n. 600 del 1973, per violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione, in quanto il legislatore delegato non si sarebbe uniformato ai criteri fissati dalla legge di delega n. 825 del 1971 all'art. 10, n. 11. Inoltre, l'art. 47, prevedendo un trattamento di ingiustificato rigore, concreterebbe una violazione dell'art. 3 della Costituzione.

L'ordinanza é stata emessa, nel corso di un giudizio promosso con ricorsi (poi riuniti) del notaio Fortunato Galati contro tre distinti avvisi di accertamento per "omessa" presentazione della dichiarazione di cui all'art. 7 d.P.R. n. 600 del 1973, per gli anni 1976, 1977 e 1978, con irrogazione a suo carico delle pene pecuniarie di cui all'art. 47, comma primo, dello stesso decreto. Come anche riferisce il giudice a quo, nel contesto degli avvisi lo stesso Ufficio aveva riconosciuto che il complessivo ammontare delle "ritenute" da operarsi sui compensi per "lavoro dipendente", era stato versato regolarmente, e che solo per l'anno 1977 vi era stato un versamento inferiore al dovuto, per la somma di lire 56.000, per il quale veniva infatti comminata la penale di cui all'art. 92, comma primo, d.P.R. n. 602 del 1973.

Notificata, comunicata e regolarmente pubblicata l'ordinanza di rinvio, innanzi alla Corte non si sono avute costituzioni di parti, né é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

12. - All'udienza pubblica dell'8 febbraio 1983, dopo la relazione svolta dal Giudice Antonino De Stefano, l'avv. Marcello Cogliati Dezza, per gl'ingegneri Lionello Velati Bellini e Leonardo Portalone, ha chiesto che la questione sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, con l'ordinanza del 30 giugno 1977, sia dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza, e in subordine ha insistito per la fondatezza. L'avvocato dello Stato Carlo Salimei ha fatto presente che la maggior parte delle questioni é stata sollevata in giudizi concernenti irregolarità formali, per le quali é sopravvenuta la legge di sanatoria 22 dicembre 1980, n. 882, ed ha perciò prospettato l'opportunità della restituzione ai giudici a quibus per nuovo esame della rilevanza; mentre ha insistito per la infondatezza delle residue questioni.

Considerato in diritto

1. - Le questioni sollevate con le dodici ordinanze delle varie Commissioni tributarie hanno tutte ad oggetto le sanzioni previste dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per le violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta, prescritta dall'art. 7 dello stesso decreto; pertanto i relativi giudizi vengono riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. - La Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria ha deferito a questa Corte, come risulta dal dispositivo dell'ordinanza emessa in data 12 dicembre 1981, la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dell'art. 46 del d.P .R. n. 600 del 1973, che commina le sanzioni per i casi di omissione, incompletezza ed infedeltà della dichiarazione dei redditi, e dell'art. 10 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, con la quale fu conferita al Governo la delega per la riforma tributaria, "in quanto la delega legislativa non indica i criteri idonei ad informare le norme delegate". L'affermazione contenuta nell'ordinanza medesima, che tali norme devono essere applicate nel giudizio a quo, non é, peraltro, suffragata da alcuna, sia pur succinta motivazione, né da alcun riferimento alla fattispecie. Ché anzi - come nota l'Avvocatura dello Stato nel suo atto di intervento - nella parte motiva dell'ordinanza il sospetto di illegittimità costituzionale risulta esteso non solo all'art. 47 dello stesso decreto, che commina le sanzioni per le violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta, ma anche al successivo art. 55, che disciplinando le modalità d'applicazione delle pene pecuniarie, attiene a materia diversa da quelle formanti oggetto delle altre due disposizioni. Né a tale carenza può sopperire la semplice indicazione, che trattasi di questioni sollevate dal contribuente appellante, restando anche in tal caso insoddisfatta la fondamentale esigenza della chiara e generale conoscenza, attraverso l'apposito regime di pubblicità delle relative ordinanze, delle questioni di legittimità costituzionale deferite alla Corte, nel duplice aspetto della loro rilevanza nel giudizio a quo e della loro non manifesta infondatezza; esigenza costantemente affermata dalla giurisprudenza di questa Corte (da ultimo ordinanza n. 140, sentenze nn. 250 e 252 del 1983).

Va pertanto dichiarata la inammissibilità della sollevata questione, per carenza di motivazione in ordine alla sua rilevanza nel giudizio a quo.

3. - Anche l'ordinanza emessa il 3 novembre 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Udine, con la quale viene deferita a questa Corte la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dell'art. 10, n. 11, della legge di delega n. 825 del 1971, e degli articoli da 46 a 57 del d.P.R. n. 600 del 1973, é carente di qualsiasi motivazione in ordine alla rilevanza. Il giudice a quo denunzia l'intero Titolo V del d.P.R. n. 600 del 1973, che prevede appunto negli artt. da 46 a 57 le sanzioni per tutte le infrazioni contemplate nello stesso decreto, senza indicare per quale di tali sanzioni si controverta nella fattispecie. Va, dunque, dichiarata la inammissibilità anche di tale questione, per carenza di motivazione in ordine alla sua rilevanza nel giudizio a quo.

4. - Dalle altre dieci ordinanze la Corte é chiamata a pronunciarsi sull'art. 47 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all'art. 10, n. 11, della legge n. 825 del 1971. L'art. 47 dispone, al primo comma, che nel caso di omessa presentazione della dichiarazione dei sostituti d'imposta, prescritta dall'art. 7 dello stesso decreto, si applichi una pena pecuniaria da due a quattro volte l'ammontare complessivo delle ritenute relative ai compensi, interessi ed altre somme non dichiarati. Tale pena viene ridotta ad un quarto, per effetto del rinvio dell'ultimo comma dell'art. 47 all'ultimo comma dell'art. 46 dello stesso decreto, se la dichiarazione é stata presentata con ritardo non superiore ad un mese.

Ora la suindicata norma é sospettata di illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, 76 e 77 della Costituzione. Alcuni dei giudici a quibus ritengono, infatti, che l'art. 10, n. 11, della legge n. 825 del 1971, che essi egualmente denunciano per violazione dell'art. 76 della Costituzione, nel conferire al Governo delega legislativa in una materia, come quella delle sanzioni per gl'illeciti tributari, non estranea al principio della riserva di legge di cui all'art. 23 della Costituzione, avrebbe omesso di stabilire adeguati criteri e limiti ai poteri del legislatore delegato; e che, conseguentemente, le disposizioni del citato art. 47 dovrebbero, in via derivata, essere dichiarate anch'esse costituzionalmente illegittime, perché emanate in base alla suddetta norma della legge di delega. Altri giudici a quibus ritengono, invece, che lo stesso art. 47, nella parte in cui sanziona la omessa dichiarazione del sostituto d'imposta con pena pecuniaria da due a quattro volte l'importo delle ritenute dovute, anche quando queste siano state regolarmente versate, violerebbe gli artt. 76 e 77, nonché l'art. 3 della Costituzione, atteso che, assoggettando alla medesima sanzione la fattispecie suddetta e quella in cui all'omessa dichiarazione si accompagni l'intento di evadere il tributo, si porrebbe in contrasto con l'art. 10, n. 11, della suindicata legge di delega, che vuole le sanzioni tributarie commisurate alla effettiva gravità delle violazioni colpite, sia con il principio di eguaglianza, il quale vieta che situazioni nettamente differenziate siano trattate dalla legge in identico modo.

5. - Successivamente alla emissione di talune delle suddette ordinanze, é intervenuta la legge 22 dicembre 1980, n. 882, che ha disposto la sanatoria di irregolarità formali e di minori infrazioni in materia tributaria. In particolare, nell'ambito di tale sanatoria, sono state, fra l'altro, considerate valide le dichiarazioni dei redditi redatte su stampati non conformi al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, se contengono i dati e gli elementi necessari (art. 3, n. 1); nonché le dichiarazioni di cui al titolo I (che comprende l'art. 7 relativo alla dichiarazione dei sostituti d'imposta) del d.P.R. n. 600 del 1973, considerate omesse perché pervenute all'ufficio competente oltre i termini previsti dalla legge, a condizione che siano state presentate, anche ad ufficio incompetente, entro il 31 agosto 1980 (art. 3, n. 2). Inoltre, non si applicano le pene pecuniarie previste dall'art. 47, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, per le dichiarazioni di cui al n. 2 del precedente art. 3 (art. 4, n. 1); né quelle previste dall'art. 47, ultimo comma, dello stesso decreto, per le dichiarazioni presentate o pervenute all'ufficio competente con ritardo non superiore ad un mese (art. 4, n. 2).

In siffatta mutata prospettiva va tenuto presente che l'ordinanza emessa il 30 giugno 1977 dalla Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa si riferisce alla irrogazione della pena pecuniaria prevista dall'art. 47, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere i ricorrenti presentato la dichiarazione dei sostituti d'imposta compilata nel solo frontespizio; e la successiva ordinanza emessa il 9 aprile 1980 dalla stessa Commissione si riferisce alla irrogazione della medesima pena per avere i ricorrenti presentato la dichiarazione anzidetta non con il prescritto mod. 770, ma con il mod. 740. Le ordinanze emesse il 3 aprile 1978, il 15 dicembre 1978 e il 12 marzo 1980, rispettivamente dalla Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria, dalla Commissione tributaria di primo grado di Bolzano e dalla Commissione tributaria di primo grado di Ivrea, si riferiscono poi tutte alla irrogazione della pena pecuniaria prevista dall'art. 47, ultimo comma, del d.P .R. n. 600 del 1973, per avere i ricorrenti presentato la dichiarazione dei sostituti di imposta con ritardo non superiore ad un mese.

Si rende pertanto necessario, come richiesto anche dall'Avvocatura dello Stato, restituire gli atti alle Commissioni tributarie sopra indicate, perché accertino, alla stregua della sopravvenuta normativa, se le questioni sollevate siano tuttora rilevanti.

6. - Le residue cinque ordinanze sono state emesse allorché era già entrata in vigore (28 dicembre 1980) la menzionata legge di sanatoria n. 882 del 1980: rispettivamente in data 6 marzo 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Belluno, in data 25 giugno 1981 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Imperia, in data 22 ottobre 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Bassano del Grappa, in data 30 ottobre 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Lamezia Terme, in data 11 novembre 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Imperia.

Tutte le suddette ordinanze riguardano casi di omessa presentazione della dichiarazione dei sostituti d'imposta, prescritta dall'art. 7 del d.P.R. n. 600 del 1973, per i quali si é inflitta la pena pecuniaria prevista dal denunciato art. 47 dello stesso decreto.

Ora, nelle more del giudizio, é intervenuta la legge 12 febbraio 1983, n. 27, che ha convertito con modificazioni il d.l. 15 dicembre 1982, n. 916. Tra le modificazioni apportate dall'art. 1 di detta legge vi é quella operata con l'aggiunta al decreto legge convertito dell'art. 2 ter, a norma del quale i sostituti d'imposta, tenuti alla presentazione della dichiarazione prevista dall'art. 7 del d.P.R. n.600 del 1973, "per i periodi d'imposta relativamente ai quali il termine per la presentazione della dichiarazione é scaduto anteriormente al 1 agosto 1982, sempreché non sia intervenuto accertamento definitivo, sono ammessi a presentare dichiarazioni integrative in luogo di quelle omesse". Dispone poi l'ottavo comma del citato art. 2 ter che le sanzioni amministrative previste dal titolo V del d.P.R. n. 600 del 1973 (tra le quali rientrano quelle previste dal denunciato art. 47) "non si applicano se l'ammontare delle ritenute resta definito per l'importo corrispondente alle dichiarazioni integrative".

Anche per tali ordinanze, pertanto, si rende necessario restituire gli atti alle Commissioni tributarie sopra indicate, perché accertino, nella ipotesi che i ricorrenti si siano avvalsi della sopravvenuta normativa, se le questioni sollevate siano tuttora rilevanti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i procedimenti iscritti ai nn. 423 R.O. 1977, 403 R.O. 1978, 441 R.O. 1979, 782 R.O. 1980, 207, 463, 690 e 837 R.O. 1981, 92, 178, 266 e 267 R.O. 1982,

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 46 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) e 10 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria), sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, con l'ordinanza emessa il 12 dicembre 1981 (R.O. n. 178 del 1982) dalla Commissione tributaria di secondo grado di Alessandria;

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, n. 11, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria) e degli artt. da 46 a 57 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, con l'ordinanza emessa il 3 novembre 1981 (R.O. n. 266 del 1982) dalla Commissione tributaria di primo grado di Udine;

3) ordina la restituzione degli atti alle Commissioni tributarie indicate in epigrafe, per quanto concerne tutti gli altri giudizi.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale Palazzo della Consulta, il 30 settembre 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 30 settembre 1983.