Sentenza n. 250 del 1983

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SENTENZA N. 250

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

P            rof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58, 59, nn. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, e 65 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni degli immobili urbani) promossi con le ordinanze emesse il 10 novembre 1980 dal Pretore di Gorizia, il 15 gennaio 1981 dal Pretore di Voltri, il 2 febbraio 1981 dal Giudice conciliatore di Milano, il 30 gennaio 1981 dal Pretore di Rieti, il 16 luglio 1981 dal Pretore di Milano, il 16 febbraio 1982 dal Tribunale di Milano, il 26 novembre 1981 dal Pretore di Milano e il 15 giugno 1982 dal Giudice conciliatore di Ferrara, rispettivamente iscritte al n. 912 del registro ordinanze 1980, ai nn. 143, 211 e 309 del registro ordinanze 1981 ed ai nn. 237, 377, 608 e 755 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 70, 151, 207 e 262 del 1981, nn. 262 e 317 del 1982 e nn. 39 e 88 del 1983. Visti l'atto di costituzione di Leardi Leardo e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 1983 il Giudice relatore Francesco Saja;

 

udito l'avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un procedimento civile in cui Barnaba Maria Rosa, proprietaria di un appartamento d'abitazione dato in locazione a Leardi Leardo con contratto in corso al momento di entrata in vigore della l. n. 392 del 1978 e non soggetto a proroga, chiedeva al conduttore il rilascio dell'appartamento affermando la necessità di disporne per abitazione propria ed offrendo in cambio altro immobile idoneo, il Pretore di Gorizia, con ordinanza del 10 novembre 1980 (in G. U. n. 70 dell'11 marzo 1981; reg. ord. n. 912 del 1980), sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt. 58, 59 n. 2 e 65 l. cit., in riferimento all'art. 3 Cost. Dubitava il Pretore che il combinato disposto dei detti articoli, escludendo nei contratti non soggetti a proroga la potestà di recesso del locatore che avesse offerto al conduttore altra abitazione idonea, attuasse un'ingiustificata discriminazione rispetto ai locatori con contratto soggetto a proroga, vale a dire con conduttore meno abbiente e perciò non meno bisognoso di tutela.

2. - Le stesse questioni - o analoghe in quanto sempre riferite all'art. 3 Cost. - venivano sollevate dal Pretore di Voltri con ordinanza del 15 gennaio 1981 (in G. U. del 3 giugno 1981; reg. ord. n. 143 del 1981) emessa in causa Sacchi Marilena contro Colombi Giovanni; dal Pretore di Rieti con ordinanza del 30 gennaio 1981 (in G. U. n. 262 del 23 settembre 1981; reg. ord. n. 309 del 1981), emessa nel procedimento civile vertente tra Cellurale Michele, locatore, e Dall'Orso Onelio, conduttore, nella quale la questione di legittimità costituzionale aveva per oggetto il combinato disposto degli artt. 58, 59 n. 3 e 65 l. cit. che, per le locazioni non soggette a proroga, a differenza di quelle prorogate, esclude la potestà di recesso del locatore per indispensabili lavori di restauro dell'immobile locato o perché il conduttore dispone di altra abitazione; dal Conciliatore di Milano con ordinanza del 2 febbraio 1981 (in G. U. n. 207 del 29 luglio 1981; reg. ord. n. 211 del 1981), emessa nel procedimento civile vertente tra Zanotta Attilio, locatore, e Grasso Giacomo, conduttore. Qui il magistrato rimettente dubitava della legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58, 59 n. 6 e 8, 65 l. n. 392 del 1978, il quale nei contratti non soggetti a proroga, a differenza di quelli prorogati, non attribuisce al locatore il diritto di recesso neppure se il conduttore disponga di altro alloggio proprio ovvero non occupi continuativamente l'immobile locato; dal Pretore di Milano con ordinanza del 16 luglio 1981 (in G. U. n. 262 del 22 settembre 1982; reg. ord. n. 237 del 1982) emessa in causa Possomato Vittorio contro Cerruti Alfredo; dal Tribunale di Milano con ordinanza del 16 febbraio 1982 (in G. U. n. 317 del 27 novembre 1982; reg. ord. n. 377 del 1982) in causa Giordano Serafina contro Baccaro Leonardo: in questi ultimi due provvedimenti i giudici rimettenti dubitavano che le norme impugnate dessero luogo ad un'ingiustificata disparità di trattamento non solo tra locatori ma anche tra conduttori; dal Pretore di Milano con ordinanza del 26 novembre 1981 (in G. U. n. 39 del 9 febbraio 1983; reg. ord. n. 608 del 1982) emessa nella causa tra la società Immobiliare Greppiana e Mancuso Matteo, nella quale veniva però impugnato il n. 8 dell'art. 59 (non occupazione continuativa dell'immobile da parte del conduttore senza giustificato motivo); dal Conciliatore di Ferrara con ordinanza del 15 giugno 1982 (in G. U. n. 88 del 30 marzo 1983; reg. ord. n. 755 del 1982) emessa nel procedimento tra Michelini Ermes e Folegani Walter e nella quale l'art. 59 cit. veniva impugnato in tutte le disposizioni contenute dal n. 2 al n. 8.

3. - Nella causa relativa all'ordinanza n. 912 del 1980 si costituiva la parte privata Leardi Leardo, che eccepiva anzitutto la irrilevanza della questione nel giudizio a quo, in cui egli asseriva trattarsi di contratto rinnovato dopo l'entrata in vigore della legge n. 392 del 1978 e perciò non soggetto alla disciplina transitoria di cui agli artt. 58-66. Il Leardi affermava comunque la non fondatezza della questione stessa poiché il differente trattamento, nella detta disciplina transitoria, tra contratti soggetti e contratti non soggetti a proroga non era giustificato - come già stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 22 del 1980 - quando si trattasse della necessità del locatore (art. 59 n. 1), ma era giustificato quando si trattasse della mera volontà del medesimo di recedere dal contratto, come nel caso dell'art. 59 n. 2.

La stessa ragione di non fondatezza della questione veniva addotta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, la quale, intervenuta in tutte le cause suddette, osservava anche che la disciplina transitoria della legge n. 392 del 1978 trattava nel complesso in modo più favorevole gli inquilini "prorogati", rispetto a quelli "non prorogati", ciò che giustificava poi un trattamento più sfavorevole per i primi nei casi previsti dall'art. 59.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze in epigrafe sottopongono all'esame della Corte questioni analoghe o connesse; pertanto i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. - Si deve preliminarmente osservare che l'ordinanza di rimessione del Conciliatore di Ferrara ha completamente omesso il giudizio sulla rilevanza delle sollevate questioni, in quanto essa non contiene alcun riferimento alla fattispecie oggetto del giudizio e non specifica quale ipotesi, tra quelle previste nell'art. 59 dal n. 2 al n. 8, ricorra nel caso concreto. Pertanto, non essendo stato osservato il disposto dell'art. 23 l. 11 marzo 1953 n. 87, le questioni sollevate con il predetto provvedimento debbono essere dichiarate inammissibili.

3. - Rileva quindi la Corte che con le residue ordinanze i giudici a quibus dubitano, com'è specificato nella superiore narrativa, della legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58, 59 nn. 2, 3, 6 e 8 nonché dell'art. 65 l. 27 luglio 1978 n. 392, secondo il quale il locatore può esercitare il diritto di recesso per le varie cause previste dai nn. 2, 3, 6 e 8 del richiamato art. 59 se trattasi di contratti già prorogati nel momento di entrata in vigore della stessa legge n. 392 del 1978 (art. 58), mentre il recesso non é consentito per i contratti non soggetti a proroga a norma delle leggi anteriori, ma la cui efficacia viene pur sempre autoritativamente protratta dal citato art. 65.

Si tratta - rilevano le ordinanze di rimessione - di una mera differenza terminologica tra le suddette categorie di contratti, ma la situazione é sostanzialmente analoga nei due casi, essendovi in entrambi un intervento normativo che protrae coattivamente il rapporto locatizio, sicché non é giustificata la diversa disciplina prevista dalla legge in tema di recesso del locatore, che viene ammesso nel primo caso mentre viene escluso nel secondo.

Le stesse ordinanze ricordano che questa Corte, proprio sul presupposto della sostanziale identità delle due ricordate categorie, con sentenza 22 febbraio 1980 n. 22 ha dichiarato l'illegittimità della stessa previsione normativa relativamente al recesso per necessità del locatore (art. 59, n. 1) ed aggiungono che la medesima ratio ricorre rispetto alle altre cause di recesso previste nell'art. 59 nn. 2, 3, 6 e 8: perciò esse impugnano, deducendo una ingiustificata diversità di trattamento, lo stesso articolo in ordine alle cause ora indicate.

3. - La parte costituita in giudizio Leardo Leardi ha dedotto l'inammissibilità per irrilevanza della questione sollevata nel giudizio principale che la riguarda in quanto, a suo dire, il giudice a quo avrebbe errato nel ritenere che il contratto di locazione, su cui l'avversario fonda la sua pretesa, sia compreso nella categoria prevista dall'art. 65 l. n. 322 del 1978. Ma la qualificazione del rapporto giuridico dedotto rientra fra i compiti esclusivi del giudice rimettente e come tale non risulta sindacabile in questa sede.

4. - Passando al merito, é opportuno premettere che la ricordata sent. n. 22 del 1980 -, che ha preso in considerazione soltanto il caso dedotto della necessità del locatore ex n. 1 dell'art. 59 - concerne tutti i contratti non soggetti a proroga e non soltanto quelli relativi a conduttori con reddito superiore a otto milioni di lire. Qualche sporadico dubbio, che al riguardo é stato avanzato, non sembra avere ragione d'essere in presenza di un inequivocabile dispositivo, al quale, com'è noto, bisogna fare riferimento per stabilire la portata della pronunzia di illegittimità costituzionale. Con esso, infatti, la Corte ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58, 59 n. 1, 65 legge sull'equo canone 27 luglio 1978 n. 392, nella parte in cui esclude il diritto di recesso per necessità del locatore dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga".

Peraltro il riportato dispositivo é del tutto coerente con la motivazione, in quanto da essa risulta chiaramente che la ratio decidendi concerne l'intera categoria dei contratti non soggetti a proroga e non soltanto le locazioni con conduttori aventi un reddito superiore a otto milioni.

É ben vero che nella indicata motivazione vengono più volte richiamate tali locazioni, ma ciò dipende dal fatto che le ordinanze di rimessione si riferivano soltanto ad esse, mentre la effettiva ratio decidendi risiede nella considerazione che, in presenza di una protrazione autoritativa del rapporto locatizio, comunque denominata e articolata, non sono consentite, stante la sostanziale identità delle situazioni, discipline differenziate rispetto al potere di recesso da parte del locatore. Il che, in particolare, viene esplicitamente espresso nella parte finale e conclusiva della stessa motivazione, ove é detto che "il recesso deve trovare applicazione necessaria nei rapporti in corso in virtù di una protrazione imposta autoritativamente dalle leggi, restandone esclusi soltanto quelli pendenti per effetto dell'autonomia negoziale delle parti".

5. - Ora, la Corte ritiene di dover confermare la sua precedente pronuncia, per cui non é possibile distinguere tra i vari casi di contratti non soggetti a proroga (di cui le ordinanze di rimessione deducono tre ipotesi e cioè, oltre quella relativa al reddito del conduttore superiore agli otto milioni, anche l'altra concernente la scadenza convenzionale successiva al 30 luglio 1978 e quella, ritenuta dal giudice a quo, ex art. 1 l. n. 351 del 1974), ponendosi egualmente il problema per l'intera categoria, la quale, ai fini che qui vengono in rilievo, si presenta con indubbio carattere unitario. Tale problema, pertanto, deve essere analogamente risolto nel senso che la coattiva protrazione del rapporto, imposta per disposizione di legge al di là del termine stabilito dalle parti, non consenta una diversità di disciplina: altrimenti risulterebbe violato il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. perché a situazioni ontologicamente identiche corrisponderebbe un trattamento differenziato, che chiaramente si porrebbe in contrasto con il ricordato principio.

6. - Ciò posto, osserva la Corte che, nel solco di quanto deciso con la più volte ricordata sent. n. 22 del 1980 per il recesso ex art. 59 n. 1, deve ritenersi illegittima la (tacita) esclusione delle altre cause di recesso previste dai nn. 2, 3, 6 e 8 dello stesso art. 59.

É ben vero che nelle previsioni contenute nei suddetti numeri dell'art. 59 sono presi in considerazione dal legislatore interessi di varia natura, ma la rilevata eterogeneità non ha qui alcuna incidenza perché, se le varie cause suindicate, pur - ripetesi - nella loro varietà, sono state tutte ritenute egualmente idonee dal legislatore a giustificare il recesso del locatore per una categoria di contratti, non é consentito poi negare la loro operatività per le locazioni che hanno una caratteristica fondamentale comune, consistente nella protrazione del rapporto locativo imposta dalla legge.

Una disciplina discriminatrice, come quella denunziata, viola apertamente il principio di eguaglianza e pertanto le sollevate questioni risultano fondate.

In conseguenza della decisione adottata va anche dichiarata, ex art. 27 l. n. 87 del t953, l'illegittimità costituzionale del residuo disposto dell'art. 59 ossia quello contenuto nei nn. 4, 5 e 7 di detta norma, non essendone possibile, per evidenti ragioni logico - giuridiche, l'ulteriore persistenza nell'ordinamento. Con la pronuncia di illegittimità di tutte le disposizioni previste nei nn. da 2 a 8 del cit. art. 59 la normativa viene a ricomporsi armonicamente, risultando in tal modo i contratti di cui all'art. 58 e quelli di cui all'art. 65 egualmente disciplinati ai fini del recesso del locatore.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Conciliatore di Ferrara con l'ordinanza 15 giugno 1982 indicata in epigrafe;

2) dichiara l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58, 59 nn. 2, 3, 6 e 8 nonché 65 della legge 27 luglio 1978 n. 392, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel cit. art. 59 nn. 2, 3, 6 e 8, dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga;

3) dichiara, in applicazione dell'art. 27 l. 11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58, 59 nn. 4, 5 e 7 nonché 65 della legge 27 luglio 1978 n. 392, nella parte in cui esclude il diritto di recesso del locatore, per i motivi indicati nel cit art. 59 nn. 4, 5 e 7, dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1983.

Leopoldo ELIA -  Antonino DE STEFANO - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI -  Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 15 luglio 1983.