Sentenza n. 16 del 1982
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SENTENZA N. 16

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 16 della legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'applicazione del Concordato dell'11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Italia, nella parte relativa al matrimonio) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 28 febbraio 1977 dal tribunale per i minorenni di Roma sull'istanza proposta da Marella Laura, iscritta al n. 353 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 272 del 5 ottobre 1977;

2) ordinanza emessa il 16 marzo 1978 dal tribunale di Treviso nel procedimento civile vertente tra il Procuratore della Repubblica di Treviso e Moro Lorella ed altro, iscritta al n. 278 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 del 6 settembre 1978;

3) ordinanza emessa il 13 giugno 1978 dal tribunale di Chiavari nel procedimento civile vertente tra Gianelli Caterina e Di Tullio Cesare, iscritta al n. 465 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 del 3 gennaio 1979.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1981 il Giudice relatore Antonino De Stefano;

udito l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza 28 febbraio 1977 il tribunale per i minorenni di Roma ha sottoposto al giudizio di questa Corte gli artt. 12 e 16 della legge 27 maggio 1929, n. 847 (recante disposizioni per l'applicazione del Concordato dell'11 febbraio 1929 fra la Santa Sede e l'Italia, nella parte relativa al matrimonio; c.d. legge matrimoniale): l'art. 12, nella parte in cui consente che il matrimonio canonico celebrato da un minorenne, secondo la legge dello Stato incapace di scegliere tale rito, per difetto di età (perché al di sotto dei sedici anni) o per difetto di autorizzazione (se ultrasedicenne), venga trascritto nei registri dello stato civile e consegua quindi effetti civili; e l'art. 16, nella parte in cui non consente che in tali ipotesi la trascrizione, se eseguita, possa venire impugnata.

La questione é stata sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nel corso di un procedimento promosso, con istanza 25 novembre 1976, da Marella Laura, minore ultrasedicenne residente a Cisterna. Costei aveva chiesto al tribunale di essere ammessa, benché non ancora maggiorenne, ai sensi dell'art. 84, secondo comma, del codice civile, a contrarre matrimonio. Nessuno degli interessati essendo comparso alle prime due udienze fissate per la loro audizione, alla terza (20 gennaio 1977) la ricorrente annunciava che il matrimonio era già stato celebrato in chiesa, il 26 dicembre, e quindi regolarmente trascritto. Faceva tuttavia presente che se, per qualunque ragione, l'avvenuta trascrizione si fosse dovuta considerare invalida o comunque impugnabile, ella era pronta a riprendere dinanzi al tribunale la procedura intrapresa.

Prodotto dalla Marella un certificato dell'avvenuta trascrizione, l'ufficiale di stato civile di Cisterna, su richiesta del tribunale, attestava che la trascrizione era stata eseguita in ottemperanza di direttive impartite dalla competente Procura della Repubblica di Latina, in base ad una interpretazione degli artt. 12 e 13 della legge matrimoniale, secondo cui i matrimoni celebrati da minorenni con il rito cattolico, dopo eseguiti gli accertamenti (gli unici richiesti espressamente dall'art. 12) riguardo allo stato libero e alla non interdizione per infermità di mente, andavano senz'altro trascritti.

Ciò premesso in fatto, il tribunale, ai fini della non manifesta infondatezza della eccezione sollevata, osserva che tale interpretazione delle disposizioni impugnate, già accolta in passato dalla giurisprudenza e in parte anche dalla dottrina, nonché dalla prassi amministrativa in materia di pubblicazioni (quando sia la legge dello Stato sia il codice di diritto canonico fissavano egualmente l'età minima per il matrimonio a sedici anni per l'uomo e a quattordici per la donna, e non si contestava la competenza della Chiesa per la eventuale "dispensa" per coloro che tale età non avessero ancora raggiunto), poteva trovare conforto nella lettera delle norme contestate. Ma dopo la sentenza n. 32 del 1971 di questa Corte (con la quale fu dichiarata la illegittimità dell'art. 16 della legge matrimoniale, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, "nella parte in cui stabilisce che la trascrizione del matrimonio può essere impugnata solo per una delle cause menzionate nell'art. 12, e non anche perché uno degli sposi fosse, al momento in cui si é determinato a contrarre matrimonio in forma concordataria, in stato di incapacità naturale") la cennata interpretazione ha perduto ogni attendibilità. A maggior ragione poi ciò va detto, se si considerano le innovazioni introdotte in materia, nel 1975, con la riforma del diritto di famiglia. Mentre infatti - si osserva ancora nell'ordinanza - con la su citata sentenza la Corte ha rivendicato esclusivamente allo Stato la disciplina della capacità dei nubenti a scegliere il rito, l'art. 4 della legge n. 151 del 1975 (riforma del diritto di famiglia), modificando l'art. 84 del codice civile, ha ristretto la capacità al matrimonio, ancorandola rigorosamente, per entrambi i nubenti, alla maggiore età (diciotto anni) o, nel caso di ultrasedicenni, al previo accertamento giudiziale della maturità psico-fisica (unicamente a quello della esistenza di gravi motivi).

Dopo aver ricordato il parere del Ministero di grazia e giustizia, pubblicato anche su riviste giuridiche nel 1976, secondo il quale l'ufficiale di stato civile avrebbe dovuto rifiutarsi, nei casi in questione, di procedere alle pubblicazioni matrimoniali, e alla trascrizione del matrimonio celebrato davanti un ministro del culto cattolico, il giudice a quo osserva che, come anche si é precisato nella sentenza n. 32 del 1971, la scelta, da parte dei nubenti, del rito del matrimonio (religioso anziché civile), avendo un'autonomia concettuale e temporale rispetto al rito stesso, non può essere regolata che dall'ordinamento statale, non da quello canonico, cui l'ordinamento statale fa bensì rinvio (con l'art. 5 della legge matrimoniale e l'art. 82 del codice civile), ma solo per quanto riguarda l'atto di matrimonio, non la fase della scelta del rito, che necessariamente lo precede.

Anche se enunciati, nella sentenza n. 32 del 1971, per l'ipotesi della incapacità naturale, tali principi, data la evidente analogia di situazione giuridica, sicuramente si attagliano anche al caso dei nubenti minorenni. Perciò - conclude l'ordinanza - la efficacia della trascrizione e la inoppugnabilità di quest'ultima, desumibili dal letterale disposto dei suddetti artt. 12 e 16, oltre a violare, per motivi di religione, il principio di eguaglianza in tema di capacità giuridica dei cittadini, darebbero vita a conseguenze aberranti e a situazioni irragionevoli; inoltre, appaiono in contrasto con il nuovo principio di ordine pubblico costituito dalla maturità psico-fisica presunta dalla legge al compimento della maggiore età ovvero accertata dal giudice caso per caso solo dopo il compimento del sedicesimo anno (minimo di età invalicabile).

Quanto alla rilevanza della questione nel giudizio a quo, ad avviso del tribunale basterebbe osservare che ove, accolta dalla Corte costituzionale la eccezione di illegittimità costituzionale, dovesse considerarsi requisito di trascrivibilità (o di valida trascrivibilità) del matrimonio concordatario di un minore di età (come nel caso di specie ultrasedicenne) la preventiva ammissione giudiziaria al matrimonio ex art. 84 codice civile, la Marella dovrebbe proseguire la procedura per ottenere il relativo decreto, in tal modo premunendosi anche contro una eventuale impugnativa (possibile senza preclusione temporale da parte del coniuge ex art. 117 codice civile) della trascrizione.

Adempiute le formalità di rito per le notifiche, comunicazioni e pubblicazione dell'ordinanza di rinvio, con atto depositato il 25 ottobre 1977 é intervenuta in giudizio, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la Corte dichiari la questione sollevata inammissibile, per difetto di rilevanza.

Secondo l'Avvocatura, infatti, il giudice a quo non avrebbe, riguardo alla rilevanza, espresso alcun giudizio né dato alcuna motivazione, limitandosi solo ad affermarla apoditticamente. A parte ciò - si sostiene - é innegabile che una eventuale declaratoria di incostituzionalità delle disposizioni impugnate non potrebbe comunque avere alcun effetto sul procedimento in corso. Oggetto del giudizio a quo é infatti l'autorizzazione del matrimonio di un minore che ha compiuto sedici anni e non si vede quindi come, tanto nell'ipotesi in cui il tribunale autorizzi il matrimonio, quanto in quella in cui l'autorizzazione non venga accordata, il diverso problema della trascrivibilità del matrimonio o della impugnazione della trascrizione - su cui verte la eccezione di illegittimità costituzionale - possa incidere sui motivi che giustificano l'autorizzazione.

Prioritaria, peraltro, secondo l'Avvocatura, sarebbe la considerazione che, nel caso di specie, il matrimonio é stato celebrato e trascritto mentre la procedura innanzi al tribunale era ancora in corso. Il giudice a quo, perciò, avrebbe dovuto limitarsi a prenderne atto, dichiarando caducato il ricorso ed esaurito il suo compito, la richiesta autorizzazione non avendo ormai più ragion d'essere.

2. - Con riferimento all'art. 3 della Costituzione, e in relazione all'art. 84 del codice civile, gli artt. 12 e 16 della legge n. 847 del 1929, il primo in quanto consente la trascrizione del matrimonio religioso contratto da un minorenne, e il secondo in quanto non consente la impugnazione della trascrizione di tale matrimonio, sono stati impugnati dinanzi a questa Corte anche con una ordinanza, in data 16 marzo 1978, del tribunale di Treviso.

La questione é stata sollevata, d'ufficio, nel corso di un giudizio promosso dal pubblico ministero presso lo stesso tribunale, con citazione 30 luglio 1977, per l'annullamento della trascrizione di un matrimonio contratto con il rito concordatario da Moro Lorella e Filomeno Luigi, il 1 maggio 1977, quando la Moro, nata il 27 ottobre 1960, era ancora minorenne. L'atto di trascrizione veniva impugnato a norma dell'articolo 16 della legge n. 847 del 1929. Secondo il pubblico ministero, la trascrizione doveva infatti ritenersi invalida per difetto nella sposa del requisito dell'età minima fissato dall'art. 84 del codice civile (come modificato dall'art. 4 della legge n. 151 del 1975). Ritualmente costituitisi, i convenuti chiedevano il rigetto della domanda. Passata la causa, senza alcuna istruttoria, in decisione, il tribunale, sospeso il processo, disponeva la rimessione degli atti a questa Corte.

Nella motivazione dell'ordinanza di rinvio, per quanto attiene alla non manifesta infondatezza, si fa richiamo, essenzialmente, alla sentenza n. 32 del 1971 di questa Corte e ai motivi ampiamente svolti nella surriferita ordinanza del tribunale per i minorenni di Roma. Con l'entrata in vigore del nuovo diritto di famiglia - osserva il tribunale di Treviso - la capacità a contrarre matrimonio é stata, infatti, ancorata rigorosamente e imparzialmente alla maggiore età o, nel caso di minori ultrasedicenni, all'accertamento giudiziale della loro maturità psico-fisica. Quanto alla rilevanza della questione nel giudizio a quo il tribunale afferma che essa sarebbe "più che evidente".

Adempiute le prescritte formalità per l'instaurazione del giudizio di legittimità costituzionale, con atto depositato in data 26 settembre 1978 é intervenuta innanzi alla Corte, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.

Ad avviso dell'Avvocatura, infatti, in punto di rilevanza, l'ordinanza di rinvio sarebbe assolutamente carente di motivazione. Inoltre, dato che la minore, al momento del matrimonio, aveva compiuto i sedici anni, e che nel giudizio promosso per l'annullamento della trascrizione aveva chiesto il rigetto della domanda del pubblico ministero, e posto altresì che l'art. 84 del codice civile, in casi del genere, prevede che il tribunale possa ammettere il minore al matrimonio dopo aver accertato, oltre alla fondatezza delle ragioni addotte, la sua maturità psico-fisica, in proposito avrebbero dovuto essere compiuti degli specifici accertamenti, che, invece, non risultano per nulla effettuati. Ad impedire, nel caso, l'annullamento della trascrizione, anche nell'ipotesi di una pronuncia di fondatezza della Corte costituzionale sulla questione sollevata, starebbe, comunque, l'art. 117, secondo comma, del codice civile, a norma del quale il matrimonio del minore, anche se contratto con violazione dell'art. 84 codice civile, va riconosciuto valido se, al compimento della maggiore età del minore, sia accertata la sua volontà di mantenere in vita il vincolo matrimoniale: circostanze, queste, di cui la seconda già risulta dal comportamento processuale della convenuta, mentre la prima si sarebbe dovuta ritenere di sicura realizzazione, allorché, conclusosi il giudizio incidentale di legittimità costituzionale, gli atti del processo a quo fossero tornati al tribunale di Treviso. Giacché é da escludere - prevede l'Avvocatura che ciò si verifichi prima della data del compimento della maggiore età da parte della Marella, ossia il 27 ottobre 1978. L'irrilevanza della questione, sotto questo profilo, sarebbe dovuta ad un fatto sopravvenuto nelle more del giudizio di legittimità costituzionale, ma non é affatto escluso - si afferma - che in relazione ad esso il giudice a quo non debba procedere a nuova valutazione della rilevanza alla luce dei fatti successivamente intervenuti.

Nel merito l'Avvocatura sostiene che comunque il tribunale, senza sottoporre la questione alla Corte costituzionale, avrebbe potuto, e quindi dovuto, interpretare l'art. 12 della legge matrimoniale nel senso che esso, di per sé, non permette la trascrizione del matrimonio contratto da minorenni. Oltre al parere espresso in tal senso dal Ministero di grazia e giustizia (di cui si fa cenno nella su ricordata ordinanza del tribunale per i minorenni di Roma), anche le chiare opinioni espresse al riguardo in una intervista, nel settembre del 1975, dal Ministro guardasigilli dell'epoca, e gli orientamenti di una parte della dottrina, avrebbero portato a questa soluzione. Non avendo il giudice a quo ritenuto di adottarla, può tuttavia la Corte affermarla, pronunciando una sentenza interpretativa di rigetto.

Sotto il profilo della legittimità costituzionale, comunque, l'Avvocatura rileva che l'eccezione sottoposta alla Corte non troverebbe nella sentenza n. 32 del 1971 quel fondamento che si é creduto di attribuirle. L'ipotesi della incapacità naturale, considerata in quella sentenza, dovrebbe infatti tenersi distinta da quella della minore età, come si sarebbe rilevato sia in giurisprudenza che in dottrina riguardo alle questioni sorte, prima della riforma del diritto di famiglia, circa la trascrivibilità del matrimonio concordatario del minore, celebrato, in contrasto con il disposto dell'art. 84 codice civile (nel testo precedente alla riforma del diritto di famiglia), senza l'assenso del genitore. Sarebbe chiaro, comunque, che agl'inevitabili punti di frizione derivanti dalla diversa disciplina di diritto canonico e di diritto statuale circa l'età necessaria per contrarre matrimonio, debba e possa ovviarsi, dalle parti contraenti, in sede di revisione del Concordato, e comunque dal legislatore ordinario.

3. - Analoga eccezione di illegittimità costituzionale, nei confronti degli artt. 12 e 16 della legge matrimoniale, ma in riferimento all'ipotesi della trascrizione del matrimonio concordatario di minori al di sotto non solo di diciotto, ma dei sedici anni, é stata sollevata, anche questa volta d'ufficio, con una ordinanza del 13 giugno 1978 dal tribunale di Chiavari.

La questione é sorta nel corso di un giudizio promosso da Gianelli Caterina, per l'annullamento della trascrizione del matrimonio, da essa contratto, con il rito cattolico, il 12 luglio 1976, quando per l'appunto, essendo nata l'11 ottobre 1960, non aveva ancora sedici anni. Il coniuge convenuto, Di Tullio Cesare, non si era opposto all'istanza.

Richiamati i motivi svolti nella precedente ordinanza di rinvio del tribunale per i minorenni di Roma, e la sentenza n. 32 del 1971 di questa Corte, il giudice a quo osserva che quanto si afferma in tale sentenza, con riguardo agli orientamenti della giurisdizione e al cosiddetto diritto vivente, circa la tassatività delle ipotesi di divieto della trascrizione del matrimonio concordatario previste dall'art. 12 della legge matrimoniale (e fra esse quella della minore età non é compresa) non consente di risolvere la questione (come l'attrice aveva chiesto) in via puramente interpretativa, ma rende necessario sottoporla - per la sua evidente rilevanza ai fini della decisione - al vaglio di questa Corte.

In proposito, considerato che nella sentenza n. 32 del 1971 si é affermato, fra l'altro, che "i requisiti di capacità da richiedere per la validità della scelta del rito sono da valutare alla stregua del diritto dello Stato", e ritenuto che se ai fini dell'impugnazione della trascrizione si é riconosciuta rilevanza all'incapacità (legale) di agire (art. 12 n. 3, della legge n. 847 del 1929) ed alla incapacità naturale (sentenza n. 32 del 1971), sul presupposto che il nubente comunque abbia già la cosiddetta capacità giuridica speciale (e cioè l'età minima dalla legge prevista per poter contrarre matrimonio), il giudice a quo osserva che a fortiori non può non rilevare la mancanza addirittura di quest'ultima, dal legislatore attribuita non prima del compimento del sedicesimo anno di età e nel codice civile (art. 117) richiesta sotto pena di nullità quale requisito per poter contrarre matrimonio.

Notificata, comunicata e pubblicata l'ordinanza di rinvio, con atto depositato in data 23 gennaio 1979 é intervenuta innanzi alla Corte, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.

Anche in questo giudizio, secondo l'Avvocatura, infatti, per la fattispecie sottoposta all'esame del tribunale, non sarebbe configurabile una questione di legittimità costituzionale, ma ci si troverebbe di fronte ad un problema interpretativo. Se ritenute esatte, le argomentazioni esposte nell'ordinanza di rinvio dovrebbero, quindi, portare ad una sentenza interpretativa di rigetto. Proprio i principi affermati, con così ampia formulazione, dalla Corte costituzionale nella "storica decisione" pronunciata con la sentenza n. 32 del 1971 - sostiene l'Avvocatura - e la cancellazione, allora operata in base a tali principi, di parte dell'art. 16 della legge matrimoniale, indurrebbero a questa conclusione.

4. - Alla pubblica udienza del 9 dicembre 1981 il giudice Antonino De Stefano ha svolto la relazione e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti ha insistito nelle già formulate conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'art. 12 della legge 27 maggio 1929, n. 847 (recante disposizioni per l'applicazione del Concordato fra la Santa Sede e l'Italia nella parte relativa al matrimonio: c.d. legge matrimoniale) dispone che, quando la celebrazione del matrimonio canonico non sia stata preceduta dal rilascio, da parte dell'ufficiale dello stato civile, del certificato di nullaosta di cui al precedente art. 7, si faccia egualmente luogo alla trascrizione dell'atto di matrimonio, tranne nei casi seguenti:

1) se anche una sola delle persone unite in matrimonio risulti legata da altro matrimonio valido agli effetti civili, in qualunque forma celebrato;

2) se le persone unite in matrimonio risultino già legate tra di loro da matrimonio valido agli effetti civili in qualunque forma celebrato;

3) se il matrimonio sia stato contratto da un interdetto per infermità di mente.

L'art. 16 della stessa legge matrimoniale prevede che la trascrizione del matrimonio canonico possa essere impugnata per una delle cause menzionate nel citato art. 12. Con la sentenza n. 32 del 1971 questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del suddetto art. 16 "nella parte in cui stabilisce che la trascrizione del matrimonio può essere impugnata solo per una delle cause menzionate nell'art. 12, e non anche perché uno degli sposi fosse, al momento in cui si é determinato a contrarre il matrimonio in forma concordataria, in stato di incapacità naturale".

Le ordinanze di rinvio del tribunale per i minorenni di Roma e dei tribunali di Treviso e di Chiavari sollevano, come esposto in narrativa, questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione ed in relazione all'articolo 84 del codice civile (nel testo sostituito con l'art. 4 della legge 19 maggio 1975, n. 151, per la riforma del diritto di famiglia),

a) del menzionato art. 12, nella parte in cui non include fra gl'impedimenti alla trascrizione le ipotesi di matrimonio canonico celebrato da minore di età infrasedicenne (cui fanno riferimento tutte e tre le ordinanze), o da minore che abbia compiuto gli anni sedici ma non sia stato ammesso al matrimonio ai sensi dell'art. 84 del codice civile (cui fanno riferimento le ordinanze del tribunale per i minorenni di Roma e del tribunale di Treviso);

b) del menzionato art. 16, nella parte in cui non consente che nelle cennate ipotesi la trascrizione, se eseguita, possa venir impugnata.

2. - Le ordinanze di rimessione sottopongono a questa Corte la stessa questione di legittimità costituzionale; pertanto i relativi giudizi vengono riuniti per essere decisi con unica sentenza.

3. - L'Avvocatura dello Stato, intervenuta per il Presidente del Consiglio dei ministri nel giudizio relativo all'ordinanza del tribunale per i minorenni di Roma, ha chiesto che la Corte dichiari inammissibile la dedotta questione, per difetto di rilevanza.

La richiesta va accolta. La questione, come esposto in narrativa, é stata sollevata dal giudice a quo nel corso di un procedimento instaurato da minore ultrasedicenne per ottenere la ammissione al matrimonio ai sensi del secondo comma dell'art. 84 del codice civile. In pendenza di tale giudizio la minore aveva però celebrato matrimonio canonico, che a seguito della trascrizione aveva conseguito effetti civili. Il giudice a quo ha nondimeno ipotizzato un interesse della minore a proseguire il giudizio onde ottenere egualmente il decreto di ammissione al matrimonio "e conseguentemente la regolarizzazione, per l'ordinamento civile italiano, del nuovo status acquisito, premunendosi anche contro un'eventuale impugnativa della trascrizione a suo tempo effettuata"; ed in siffatta prospettiva ha di ufficio ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 16 della legge matrimoniale, nei sensi dianzi indicati. Ma nella configurata ipotesi, essendo stato già trascritto il matrimonio, per compiere gli accertamenti prescritti dal citato art. 84 e rendere così la pronuncia di sua competenza, egli non dovrebbe certo applicare le norme della cui legittimità costituzionale dubita: di ciò potrebbe, se mai, essere investito il giudice della "eventuale impugnativa della trascrizione", che, peraltro, non sarebbe lo stesso tribunale per i minorenni, ma il tribunale ordinario. Nei cui panni, in buona sostanza, il giudice a quo si mette allorché solleva la questione di legittimità costituzionale, subordinando la pronuncia di propria competenza alla possibilità o meno (in relazione alla conseguente decisione di questa Corte) che da quel giudice venga accolta la eventuale impugnativa. Del resto, nella sentenza di questa Corte n. 7 del 1972 é stato già affermato che "il controllo incidentale di legittimità costituzionale di una norma giuridica é ammissibile se ed in quanto il giudice del merito ritiene di doverla (egli) applicare in concreto", e che nella valutazione della rilevanza della questione ai fini della pronuncia che deve emettere, il giudice a quo "non può fondarsi su previsioni, su ipotesi o congetture". La Corte ritiene perciò che non sussista la asserita pregiudizialità, imprescindibile ai fini del giudizio incidentale di legittimità costituzionale, della sollevata questione, e ne dichiara in conseguenza la inammissibilità.

4. - In ordine poi alla questione rimessa con l'ordinanza del tribunale di Treviso, l'Avvocatura dello Stato ha preliminarmente eccepito l'assoluta carenza di motivazione circa la sua rilevanza; ma l'eccezione va disattesa, in quanto la Corte ritiene che la pur concisa affermazione sul punto da parte del giudice a quo, resti sufficientemente suffragata dai puntuali riferimenti alla fattispecie contenuti nella stessa ordinanza.

Né maggior pregio riveste il rilievo mosso dalla stessa Avvocatura al giudice a quo, di non aver cioè esperito, prima di sollevare la questione, alcun accertamento circa la maturità psico-fisica della minore ultrasedicenne e circa la fondatezza delle ragioni poste a base del matrimonio canonico da essa celebrato, la cui trascrizione era stata impugnata dal pubblico ministero per difetto nella sposa dell'età richiesta dall'art. 84 del codice civile. A siffatti accertamenti - dai quali, nell'assunto dell'Avvocatura, avrebbe potuto scaturire una sopravvenuta ammissione al matrimonio, ai sensi del secondo comma dello stesso art. 84, che avrebbe comportato la reiezione dell'impugnativa indipendentemente dalla risoluzione della sollevata questione - non poteva invero procedere il giudice a quo (tribunale ordinario), essendo gli stessi, secondo il prescritto dell'art. 38 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, di competenza del tribunale per i minorenni, cui, peraltro, l'interessata non risulta si fosse rivolta.

Osserva, infine, l'Avvocatura che se l'impugnativa é proposta dal pubblico ministero in relazione al difetto dell'età prescritta per contrarre matrimonio, la sua domanda - giusta quanto dispone il secondo comma dell'art. 117 del codice civile - deve essere respinta ove, anche in pendenza del giudizio, il minore abbia raggiunto la maggiore età e sia accertata la sua volontà di mantenere in vita il vincolo matrimoniale. Poiché, nella fattispecie, la minore, tale nel momento in cui la questione veniva deferita alla Corte, ha successivamente, nelle more del procedimento, attinto la maggiore età, gli atti dovrebbero - conclude l'Avvocatura - venir restituiti al giudice a quo perché proceda ad una nuova valutazione della rilevanza alla luce della sopravvenuta circostanza di fatto: invero, qualora l'interessata, in quella sede, confermasse la richiesta di rigetto della impugnativa, richiesta già avanzata, unitamente al coniuge, nel costituirsi innanzi al tribunale, il giudizio a quo ben potrebbe essere definito indipendentemente dalla risoluzione della prospettata questione, che perderebbe perciò il suo necessario carattere di pregiudizialità. Ma il riesame, che la Corte suole richiedere al giudice a quo nella ipotesi di jus superveniens che possa incidere sulla vigenza o sulla interpretazione della denunciata normativa, non può estendersi anche alla diversa ipotesi di circostanze di fatto sopravvenute nelle vicende del processo da cui abbia tratto origine il giudizio incidentale di legittimità costituzionale; il quale - come affermato dalla sentenza di questa Corte n. 135 del 1963 svolgendosi non nell'interesse privato ma pubblico, una volta che sia validamente instaurato a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, acquisisce un'autonomia (a parte i casi in cui si verteva sulle leggi-provvedimento considerate nelle ordinanze di questa Corte n. 55 del 1960, 117 del 1966, 16 del 1967), che lo pone al riparo dall'ulteriore atteggiarsi della fattispecie, financo "nel caso in cui, per qualsiasi causa, sia venuto a cessare il giudizio rimasto sospeso" (art. 22 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale).

La Corte passa, pertanto, all'esame del merito.

5. - La questione, così come proposta dalle ordinanze dei tribunali di Treviso e di Chiavari, é fondata.

Giova in proposito ricordare che per l'art. 55 del codice civile, approvato con r.d. 25 giugno 1865, n. 2358, non potevano contrarre matrimonio "l'uomo prima che abbia compiuto gli anni 18, la donna prima che abbia compiuto gli anni 15". Il successivo art. 68 dello stesso codice prevedeva si potesse accordare dispensa per gravi motivi, ammettendo al matrimonio l'uomo che avesse compiuto gli anni 14 e la donna che avesse compiuto gli anni 12.

Sopravvenuto l'11 febbraio 1929 il Concordato fra la Santa Sede e l'Italia, l'art. 1 della citata legge matrimoniale n. 847 del 1929, riduceva "l'età per contrarre matrimonio, indicata nell'art. 55 del codice civile, ... a 16 anni compiuti per l'uomo e a 14 compiuti per la donna". Rimaneva ferma la possibilità della dispensa nei limiti indicati dal menzionato art. 68.

Le modifiche apportate dal capo I (articoli da 1 a 4) della legge matrimoniale al titolo V del libro I del codice civile allora vigente, erano ispirate - come si legge nella relazione del Guardasigilli al disegno di legge - all'intento "di ravvicinare il più possibile la disciplina del matrimonio civile a quella del matrimonio religioso, per modo da evitare.... una sostanziale diversità di legislazione, la quale possa indurre i cittadini a prescegliere la celebrazione del rito religioso o civile in considerazione di condizioni diverse imposte dal diritto canonico e rispettivamente dal diritto civile, per coloro che vogliono contrarre matrimonio". Per quanto in particolare concerne l'abbassamento del limite di età per contrarre matrimonio, si precisava che, essendo nel codice di diritto canonico fissata l'età di 16 anni per l'uomo e di 14 per la donna (can. 1067, par. 1), era opportuno stabilire "i medesimi limiti di età... nel codice civile, in modo, cioè, che coloro i quali abbiano raggiunta tale età, non debbano richiedere speciale dispensa per contrarre matrimonio".

Il Libro Primo del nuovo codice civile, approvato con r.d. 12 dicembre 1938, n. 1852, riproduceva, all'art. 82, quanto già disposto dall'art. 55 del codice civile del 1865, nel testo modificato con l'art. 1 della legge matrimoniale, in tema di età per contrarre matrimonio, e dall'art. 68 dello stesso codice, circa la relativa dispensa. E l'art. 82 diveniva l'art. 84 del nuovo codice, nel testo, previa riunione e coordinamento dei singoli libri pubblicati, approvato con r.d. 16 marzo 1942, n. 262.

6. - Già in sede di lavori preparatori del nuovo codice civile non erano mancate voci, peraltro non ascoltate, contrarie ai suddetti limiti di età perché ritenuti oltremodo bassi. Autorevole dottrina considerava fin d'allora come essi non solo fossero da censurare per ragioni fisiologiche ed eugenetiche, ma si ponessero soprattutto in contrasto con la primaria esigenza che i nubenti abbiano piena consapevolezza dei complessi obblighi che il matrimonio comporta, e degl'impegni che ad esso conseguono nell'ambito della famiglia che ne trae origine, soprattutto nei confronti dei figli.

La opportunità dell'innalzamento dell'età per contrarre matrimonio é stata in prosieguo sempre maggiormente avvertita, nel più ampio quadro dell'adeguamento della disciplina dei rapporti familiari ai principi dettati dalla Costituzione, adeguamento sollecitato dalla giurisprudenza di questa Corte e perseguito in sede parlamentare da numerosi progetti di riforma poi confluiti in un progetto unificato.

La citata legge n. 151 del 1975, per la riforma del diritto di famiglia, ha per tali motivi sostituito (art. 4) il testo dell'art. 84 del codice civile, stabilendo che "i minori d'età non possono contrarre matrimonio". Con ciò la capacità di contrarre matrimonio é stata fatta coincidere con quella generale capacità di compiere tutti gli atti, per i quali non sia stabilita un'età diversa, che si acquista (a norma dell'art. 2 del codice civile, nel testo sostituito con l'art. 1 della legge 8 marzo 1975, n. 39) con la maggiore età, fissata al compimento del diciottesimo anno.

Lo stesso nuovo testo dell'art. 84 ha altresì previsto, in luogo della possibilità di accordar dispensa, contemplata dalla precedente disposizione, che il minore, avendo compiuto almeno 16 anni, possa per gravi motivi venir ammesso al matrimonio. A ciò provvede il tribunale per i minorenni, su istanza dell'interessato, accertando la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentendo il pubblico ministero, i genitori o il tutore, e pronunciando con decreto emesso in camera di consiglio, avverso il quale può essere proposto reclamo alla sezione di corte d'appello per i minorenni.

Le ragioni che hanno indotto il legislatore ad elevare l'aetas nubilis, sono diffusamente lumeggiate nei lavori parlamentari, attraverso i quali si é svolto e compiuto il lungo e complesso iter della legge per la riforma del diritto di famiglia. In quella sede, infatti, si é riconosciuto che "l'importanza del vincolo matrimoniale reclama una maggiore maturità e capacità di consapevolezza dei nubenti"; e si é sottolineata l'attribuzione al consenso matrimoniale da parte della giurisprudenza di "un significato che va ben oltre i suoi aspetti formali dichiarativi", postulando "una partecipazione totale della personalità che non può prescindere dalla consapevolezza precisa e profonda di tutta la ricca tematica dei doveri che lo stato matrimoniale comporta". In siffatto quadro, "l'accertamento della completa maturità, che é piena consapevolezza della vita e dei suoi valori, e presuppone l'accettazione delle conseguenze previste e prevedibili di un comportamento, si presenta di primaria importanza". Sono state così individuate "almeno tre... ragioni specifiche che consigliano di elevare l'età necessaria per il matrimonio". Innanzi tutto, "la fine della famiglia patriarcale, che porta i nuovi coniugi ad una maggiore autonomia di vita nel contesto del tessuto sociale". In secondo luogo, "la necessità di una formazione scolare più lunga, qualunque sia il campo operativo verso il quale l'individuo é diretto". Infine, "l'avvertita esigenza che la vita matrimoniale venga affrontata con maggior preparazione e soprattutto con maggiore maturità, e che il matrimonio non sia soltanto un passaggio cronologico di fasi di vita, ma anche una maggiore responsabilizzazione dell'individuo". Si é altresì considerato che l'abbassamento dei limiti di età, operato nel 1929, "é risultato nefasto nei suoi riflessi concreti: é certo, infatti, che i matrimoni contratti da giovanissimi hanno un'esistenza precaria, come é dimostrato dall'altissimo numero di separazioni". Sì che, conclusivamente, é apparso "veramente contrario alla rilevanza giuridica e morale che la Costituzione dà al matrimonio, il mantenimento agli attuali limiti dell'età necessaria per compiere un atto di tanta importanza individuale e sociale".

7. - Con l'ancorare la capacità di contrarre matrimonio di entrambi i nubenti alla maggiore età, e con il subordinare la possibile ammissione al matrimonio di minore che abbia compiuto i 16 anni, non soltanto alla sussistenza di gravi motivi, ma anche allo specifico accertamento della sua maturità psico-fisica, la riforma del diritto di famiglia ha introdotto una sostanziale divergenza tra ordinamento statuale e ordinamento canonico per quanto concerne la disciplina dell'aetas nubilis. Per cui ben può verificarsi - come appunto é avvenuto nei casi che formano oggetto dei giudizi a quibus - che minore non ammesso a contrarre matrimonio civile per carenza dell'età prescritta dalla legge dello Stato (o, se minore ultrasedicenne, per non aver chiesto ed ottenuto l'ammissione dal tribunale per i minorenni), venga, invece, dall'autorità ecclesiastica ammesso, per avere attinto i più bassi limiti di età fissati dal can. 1067 del codex iuris canonici (e malgrado la raccomandazione, rivolta nel 2 dello stesso canone ai pastores animarum, di far rispettare i limiti di età in uso nei diversi luoghi) a contrarre matrimonio canonico e, attraverso la trascrizione del relativo atto, acquisisca quella condizione giuridica di coniuge che non gli é consentito conseguire attraverso il matrimonio civile.

Né in tale ipotesi si versa in quella "semplice differenza di regime riscontrabile tra matrimonio civile e matrimonio concordatario" che - secondo quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 31 del 1971 - ove non importi violazione di principi supremi dell'ordinamento costituzionale, "non integra di per sé una illegittima disparità di trattamento" in quanto "la normativa concernente il matrimonio concordatario ha una sua giustificazione nell'ambito del disposto dell'art. 7 della Costituzione", che riserva ad essa una "copertura costituzionale" (sentenza n. 1 del 1977). La questione di legittimità costituzionale, sulla quale la Corte é ora chiamata a pronunciarsi, é stata infatti radicata, dai giudici che l'hanno sollevata, nel ravvisato contrasto con l'art. 3 della Costituzione delle norme impugnate (artt. 12 e 16 della legge matrimoniale), in quanto esse consentono che un minore "subisca le conseguenze di una scelta non liberamente e coscientemente adottata e sia assoggettato ad una disciplina che trova giustificazione solo nella libera opzione fra matrimonio religioso trascrivibile e matrimonio civile".

Sotto il dedotto profilo, la questione si dimostra fondata, alla luce dei principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 32 del 1971, cui fanno puntuale richiamo le ordinanze di rimessione. In quell'occasione, appunto, la Corte ha esaminato la questione che le era stata deferita (legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 16 della legge matrimoniale, nella parte in cui, in relazione all'art. 12 della stessa legge, non consentiva la impugnazione della trascrizione di matrimonio canonico celebrato da nubente che, pur non interdetto, versava tuttavia in stato di incapacità naturale) "con riferimento non già alla fase della celebrazione, bensì a quella dell'opzione effettuata in ordine alla forma del rito matrimoniale". E nel riconoscere che l'art. 34 del Concordato e la legge matrimoniale di attuazione, impegnando lo Stato a conferire effetti civili ai matrimoni disciplinati dal diritto canonico, hanno introdotto "una differenziazione di trattamento giuridico per motivi di religione", nel che si concreterebbe una "eccezione al principio di eguaglianza", la Corte ha tuttavia ritenuto che tale discriminazione non configuri una violazione del principio medesimo perché "espressamente consentita da altra norma costituzionale, e cioè dall'art. 7, comma secondo". Peraltro - ha statuito la Corte - condizione necessaria per poter affermare la validità della rilevata eccezione al principio di eguaglianza deve considerarsi "il possesso della piena capacità da parte di chi procede alla scelta del rito". Superando perciò l'obiezione dell'asserita impossibilità di attribuire autonomia a tale scelta, la Corte, nella richiamata sentenza, ha affermato che "l'atto di scelta del rito assume un'autonomia non solo concettuale ma anche temporale ed obiettivamente accertabile in quanto si concreta in propri atti o comportamenti" e che esso riveste anche "uno specifico rilievo giuridico allorché i requisiti di capacità richiesti per tali atti e comportamenti appaiono regolati secondo criteri propri di un dato ordinamento, divergenti da quelli invocabili per la validità del negozio successivamente stipulato". Infine, circa i criteri in base ai quali deve accertarsi "il possesso della piena capacità da parte di chi procede alla scelta del rito", la Corte ha affermato che essi, "secondo i principi consacrati nell'art. 17 delle preleggi", devono essere desunti dalla legge dello Stato.

Alla stregua di quanto precede, non può dubitarsi che se, per il compimento dell'atto di scelta, é richiesto il possesso della piena capacità, come disciplinata dalla legge dello Stato, questa capacità non possa essere riconosciuta - in mancanza di specifica norma che stabilisca un'età diversa - se non a chi abbia acquistato con la maggiore età la capacità di agire (art. 2 del codice civile). Invero precipuo e fondamentale fatto costitutivo della capacità di agire é proprio l'età, con la quale soltanto si acquista maturità e perciò consapevolezza delle proprie azioni. Tanto più allorché si tratta della capacità richiesta per compiere una scelta fra due negozi che nascono in distinti ordinamenti e con distinta disciplina, ma che entrambi, sia pure per vie diverse, conducono all'instaurarsi, nell'ambito statuale, del vincolo matrimoniale. Di quel vincolo, cioè, la cui spiccata importanza individuale e sociale - come si desume dai richiamati lavori parlamentari - ha indotto il legislatore, in sede di riforma del diritto di famiglia, a riconoscere il possesso della necessaria consapevolezza dei poteri, dei doveri e delle responsabilità che esso comporta, solo nei soggetti che con la maggiore età si presume abbiano acquisito, attraverso un adeguato progressivo sviluppo non solo fisico-sessuale ma ben anche psichico, una completa maturità. Qualora, poi, tale maturità psico-fisica sia specificamente accertata sussistere anche in un minore che abbia compiuto i 16 anni, e sia contestualmente riconosciuta la fondatezza dei gravi motivi che lo inducono a contrarre precoce matrimonio, la stessa capacità matrimoniale in tal caso acquisita per effetto del provvedimento emanato dall'organo giudiziale competente in materia secondo la legge dello Stato, abilita il minore anche a compiere la previa scelta tra i due possibili negozi matrimoniali. Scelta che, pur nella sua autonoma priorità logica, temporale, giuridica, posta in luce nella sentenza n. 32 del 1971, é nella successiva celebrazione del matrimonio secondo il rito prescelto che trova pur sempre compiuta e definitiva espressione. Non può e non deve pertanto procedersi alla trascrizione, con la conseguente attribuzione di effetti civili, di matrimonio canonico celebrato da persona che, per difetto dell'età prescritta dalla legge dello Stato, non aveva la imprescindibile capacità di procedere alla libera scelta tra il negozio matrimoniale disciplinato dall'ordinamento della Chiesa e quello parallelo, disciplinato dall'ordinamento dello Stato. Il denunciato art. 12 della legge matrimoniale - la cui "tassatività" nella elencazione delle ipotesi per le quali non può farsi luogo a trascrizione, affermata in giurisprudenza e in dottrina, é stata già riconosciuta da questa Corte nella più volte citata sentenza n. 32 del 1971 - non vieta, invece, la trascrizione del matrimonio canonico contratto da minore infrasedicenne, come tale assolutamente non ammissibile al matrimonio, o da minore che abbia compiuto gli anni sedici, ma non sia stato ammesso al matrimonio ai sensi dell'art. 84 del codice civile; da soggetti, cioè, carenti, nell'un caso e nell'altro, di quella capacità che sola avrebbe potuto consentire ad essi di esercitare liberamente e consapevolmente l'opzione per la celebrazione del matrimonio medesimo. Ne va, dunque, dichiarata in parte qua la illegittimità costituzionale, per contrasto con il principio di eguaglianza, la deroga al quale non può in tal caso ritenersi giustificata per effetto dell'art. 7 della Costituzione, mancando, giusta quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 32 del 1971, "il possesso della piena capacità da parte di chi procede alla scelta del rito".

8. - Quanto poi all'art. 16 della legge matrimoniale, egualmente denunciato dai giudici a quibus, non occorre che ne sia dichiarata, per le stesse ragioni, la illegittimità costituzionale, rimanendo assorbita la relativa questione. L'art. 16, invero, dispone, al suo primo comma, che "la trascrizione del matrimonio può essere impugnata per una delle cause menzionate nell'art. 12 della presente legge". Ma una volta aggiunto nell'art. 12, per effetto di questa pronuncia, il caso della intrascrivibilità del matrimonio canonico contratto da minore, nei sensi di cui sopra, diviene conseguenzialmente ammessa dall'articolo 16, per effetto del cennato rinvio alle "cause menzionate nell'art. 12", anche l'impugnativa della trascrizione del matrimonio suddetto.

9. - La Corte ritiene, infine, di dover far applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, in ordine all'ultimo comma dell'art. 7 della stessa legge matrimoniale. Tale articolo come noto, disciplina, insieme con il precedente articolo 6, la pubblicazione civile ordinaria precedente la celebrazione del matrimonio canonico: trattasi di quel procedimento che, quando non sia stata notificata all'ufficiale dello stato civile alcuna opposizione e nulla gli consti ostare al matrimonio, si conclude con il rilascio di un certificato, in cui lo stesso ufficiale "dichiara che non risulta l'esistenza di cause, le quali si oppongano alla celebrazione di un matrimonio valido agli effetti civili". Se, invece, gli sia stata notificata opposizione, nelle forme di cui all'art. 103 del codice civile, l'ufficiale dello stato civile, a mente del secondo comma dello stesso art. 7, "non può rilasciare il certificato e deve comunicare al parroco la opposizione". Sull'opposizione l'autorità giudiziaria decide - prescrive l'ultimo comma dell'art. 7 - soltanto quando questa sia fondata su alcuna delle cause indicate negli artt. 85, comma primo, e 86 del codice civile; e cioè, soltanto nei casi in cui l'opposizione sia fondata sulla circostanza che uno o entrambi i nubenti siano interdetti per infermità di mente o vincolati da precedente matrimonio. In ogni altro caso il tribunale "pronuncia sentenza di non luogo a deliberare". L'ultimo comma dell'art. 7 indica, perciò, le sole ipotesi di accoglimento dell'opposizione; ed esse corrispondono puntualmente a quelle indicate dall'art. 12 per la intrascrivibilità del matrimonio canonico che sia stato celebrato senza essere preceduto dal rilascio del certificato, e per le quali soltanto può farsi opposizione, in sede di pubblicazione post nuptias disciplinata dal successivo art. 13. Senonché, in conseguenza della illegittimità costituzionale dell'art. 12 in parte qua, dichiarata con la presente decisione, viene ad aggiungersi nello stesso art. 12 una ulteriore ipotesi di intrascrivibilità, per il caso di matrimonio canonico celebrato da minore infrasedicenne, o da minore che abbia compiuto gli anni sedici, ma non sia stato ammesso al matrimonio ai sensi dell'art. 84 del codice civile. Mentre, però, l'opposizione in sede di pubblicazione post nuptias potrà, a seguito della presente pronuncia e per effetto dell'esplicito rinvio all'art. 12 operato dal terzo comma dell'articolo 13, fondarsi anche su quest'ultima causa, altrettanto non sarebbe consentito, stante il disposto dell'ultimo comma dell'art. 7, all'opposizione in sede di pubblicazione ante nuptias. Ad evitare la palese irrazionalità della diversa disciplina che così verrebbe ad instaurarsi in subiecta materia, provvede in applicazione del citato art. 27 della legge n. 87 del 1953, la dichiarazione della illegittimità costituzionale, conseguenziale alla decisione che si adotta per l'art. 12, dell'ultimo comma dell'art. 7 della legge matrimoniale, nella parte in cui non dispone che l'autorità giudiziaria decida sull'opposizione anche quando questa sia fondata sulla causa indicata nell'art. 84 del codice civile.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i procedimenti iscritti al n. 353 R.O. 1977 ed ai nn. 278 e 465 R.0. 1978,

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza del 28 febbraio 1977 (n. 353 R.O. 1977) dal tribunale per i minorenni di Roma, degli artt. 12 e 16 della legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'applicazione del Concordato dell'11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Italia, nella parte relativa al matrimonio);

2) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 12 della legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'applicazione del Concordato dell'11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Italia, nella parte relativa al matrimonio), nella parte in cui non dispone che non si faccia luogo alla trascrizione anche nel caso di matrimonio canonico contratto da minore infrasedicenne o da minore che abbia compiuto gli anni sedici ma non sia stato ammesso al matrimonio ai sensi dell'art. 84 del, codice civile;

3) dichiara - in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - la illegittimità costituzionale dell'ultimo comma dell'art. 7 della legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'applicazione del Concordato dell'11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Italia, nella parte relativa al matrimonio), nella parte in cui non dispone che l'autorità giudiziaria decida sull'opposizione anche quando questa sia fondata sulla causa indicata nell'art. 84 del codice civile.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 2 febbraio 1982.