SENTENZA N. 176
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli
artt. 18 del r.d. 1 maggio 1930, n. 680, e 11 della
legge 6 luglio 1939, n. 1035 (trattamento di quiescenza dei sanitari), promosso
con ordinanza emessa l'11 marzo 1972 dalla Corte dei conti - sezione III
pensioni civili - sul ricorso di Gualteroni Mario
contro l'Istituto di previdenza presso il Ministero del tesoro, iscritta al n.
193 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 198 del 1 agosto 1973.
Visto l'atto di costituzione di Gualteroni
Mario;
udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 1975 il
Giudice relatore Leonetto Amadei;
udito l'avv. Enrico Schiavone,
per il Gualteroni.
Ritenuto in fatto
1. - Con decreto del 31 gennaio 1970 la direzione generale degli Istituti
di previdenza concedeva al dottor Mario Gualteroni,
con decorrenza dal 1 gennaio 1969, la pensione normale diretta di L. 1.000.072 annue. Dal computo del servizio utile per il
trattamento di quiescenza l'amministrazione concedente escludeva il periodo dal
1 novembre 1936 al 31 gennaio 1969 durante il quale il Gualteroni
aveva prestato servizio, come medico condotto, presso l'opera pia Azzanelli Cedrelli di Bergamo
simultaneamente a quello prestato nelle locali carceri
giudiziarie.
Contro il provvedimento di liquidazione l'interessato proponeva ricorso
alla Corte dei conti per ottenere il riconoscimento, ai fini pensionistici,
anche del periodo suindicato ancorché per esso l'opera pia Azzanelli Cedrelli non avesse provveduto ad apposita iscrizione alla
Cassa per le pensioni ai sanitari, essendo già in atto l'iscrizione alla
predetta Cassa per l'attività sanitaria svolta nello stesso periodo presso le
carceri giudiziarie.
La terza sezione giurisdizionale della Corte dei conti, preso atto che,
in forza dell'art. 18 del testo unico approvato con r.d. 1 maggio 1930, n. 680,
il cui contenuto é stato sostanzialmente riprodotto nell'art. 11 del nuovo
ordinamento di previdenza per le pensioni ai sanitari (legge 6 luglio 1939, n.
1035), le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza sarebbero esonerate
da ogni contributo per i medici in servizio appartenenti a categorie per le quali leggi e regolamenti prevedano un trattamento di
quiescenza obbligatorio o facoltativo, ha sollevato, con ordinanza dell'11
marzo 1972, la questione di legittimità costituzionale dei precitati articoli
di legge, in riferimento all'art. 36, primo comma, della Costituzione. Nella
motivazione dell'ordinanza si rileva che la mancata iscrizione alla Cassa per
le pensioni dei sanitari in base alle norme impugnate comporterebbe per il
sanitario la non utilizzazione, ai fini pensionistici, del servizio prestato
presso un Istituto di assistenza e beneficenza, qualora tale prestazione sia
stata simultanea ad altro servizio che tale iscrizione comporti. Per
2. - Nel giudizio davanti alla Corte si é regolarmente costituito il
dottor Gualteroni, rappresentato e difeso dagli
avvocati Lorenzo Suardi ed Enrico Schiavone.
La difesa, riprendendo e sviluppando le motivazioni dell'ordinanza, si riporta
anch'essa alla interpretazione che dell'art. 36, primo comma, della
Costituzione avrebbe dato
In effetti tali norme, indubbiamente disposte a
favore delle opere pie al fine di sgravarle dall'onere del pagamento delle
contribuzioni sociali, non potrebbero essere rivolte in danno del prestatore
d'opera contenendone e limitandone i diritti in quanto ciò si risolverebbe nel
riversare su di lui l'onere di elargizioni le quali, in casi del genere,
dovrebbero gravare su chi le dispone, ossia sullo Stato.
Considerato in diritto
1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe viene
sollevata, in riferimento all'art. 36, primo comma, della Costituzione, la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 del r.d.l. 1 maggio 1930,
n. 680, e dell'art. 11 della legge 6 luglio 1939, n. 1035,i quali consentono
che il sanitario, già iscritto alla "cassa per le pensioni ai sanitari"
per una data prestazione professionale a carattere continuativo, venga privato
della parte differita della retribuzione-pensione relativa al simultaneo
servizio prestato presso un Istituto di assistenza e beneficenza, esonerato
dall'iscrizione del sanitario stesso alla Cassa.
2. - La questione é fondata nei limiti in prosieguo precisati.
L'art. 18 del r.d. 1 maggio 1930, n. 680 (approvazione del testo unico
delle leggi sulla Cassa di previdenza per le pensioni dei sanitari), stabilisce
che le istituzioni di beneficenza sono esonerate da ogni contributo
quando si valgano di medici già iscritti alla Cassa. Tale disposizione
di legge é stata ripresa dall'art. 11 della legge 6 luglio 1939, n. 1035
(approvazione dell'ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni dei
sanitari), il quale, a sua volta, esonera le istituzioni di assistenza e
beneficenza da ogni contributo per i medici in servizio già provvisti di
pensione, che non sia di guerra né privilegiata ordinaria, o che appartengono a
quelle categorie per le quali leggi e regolamenti prevedono un trattamento di
quiescenza obbligatorio o facoltativo.
Questa Corte con la sentenza n. 3 del
1966 ha affermato il principio, ribadito in successive sentenze, che "in riferimento all'art. 36 della Costituzione la
retribuzione dei lavoratori, tanto quella corrisposta nel corso del rapporto di
lavoro, quanto quella differita, a fini previdenziali, alla cessazione di tale
rapporto, e corrisposta sotto forma di trattamento di liquidazione o di
quiescenza, a seconda dei casi, allo stesso lavoratore o ai suoi aventi causa,
rappresenta nel vigente ordinamento costituzionale (che, tra l'altro, l'art. 1
della Costituzione definisce fondato su lavoro) una entità fatta oggetto, sul
piano morale e su quello patrimoniale, di particolare protezione".
É da rilevare che tale principio, conforme al dettato del precitato art.
36 della Costituzione che garantisce il diritto per il lavoratore ad una
retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro, trova piena
applicazione anche nel caso di specie, una volta riconosciuto che la pensione
deve essere considerata una forma di retribuzione differita, direttamente
legata alla natura e agli aspetti del rapporto di lavoro prestato.
Sussiste, pertanto, una incompatibilità con
l'art. 36 della Costituzione, nelle limitazioni che le norme impugnate pongono
al diritto al trattamento economico che dovrebbe competere al sanitario alla
cessazione del rapporto di prestazione d'opera, per il semplice fatto della
coesistenza con altro rapporto intercorso con un ente di beneficenza o di
assistenza.
Il trattamento preferenziale che il legislatore ha inteso riservare agli
Istituti di assistenza e beneficenza, esonerandoli, in considerazione delle
finalità sociali da essi perseguiti, dal pagamento dei
contributi assicurativi per i sanitari che si trovino nelle particolari
condizioni previste dalla legge, non può ragionevolmente riversare i propri
effetti a danno dei sanitari stessi. La posizione retributiva di questi deve
essere commisurata, a tutti gli effetti e, quindi, anche a quelli conseguenti
al collocamento a riposo o, comunque, alla cessazione del rapporto di lavoro,
al trattamento economico goduto in attività di servizio considerato nel suo
complesso.
Né varrebbe obiettare che il secondo comma dell'art. 11 della legge n.
1035 del 1939 offre la possibilità al sanitario di potersi iscrivere
facoltativamente alla Cassa di previdenza corrispondendo, oltre al proprio,
anche il contributo dell'ente, per cui egli verrebbe
garantito in ordine al conseguimento di un trattamento di quiescenza superiore
a quello che gli spetterebbe se non si avvalesse della riconosciuta facoltà.
Il porre a carico del prestatore d'opera la corresponsione anche dei
tributi propri del datore di lavoro contrasta con quella che é la struttura del
sistema previdenziale e rappresenta una imposizione
che costituisce, all'atto pratico, una riduzione non ragionevole del
trattamento economico. Se, pertanto, ben può rientrare nei compiti del
legislatore regolare, in casi particolari socialmente apprezzabili, con aspetti
e forme derogatrici dei criteri generalmente seguiti,
l'onere delle contribuzioni assicurative che fanno capo ad enti pubblici,
tuttavia ciò egli potrà farlo solo nei limiti in cui restino salvi i diritti
che
PER QUESTI MOTIVI
dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 18 del r.d.l. lo maggio
1930, n. 680, e 11 della legge 6 luglio 1939, n. 1035, limitatamente alle parti
in cui escludono per il sanitario, già iscritto alla Cassa per le pensioni ai
sanitari per una data prestazione professionale, il trattamento pensionistico
relativo al simultaneo servizio prestato presso un Istituto di assistenza e
beneficenza esonerato dalla iscrizione del sanitario alla Cassa predetta.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 18 giugno 1975.
Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 3 luglio 1975.