Ordinanza n. 9 del 1971
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ORDINANZA N. 9

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente   

ORDINANZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 522, quarto comma, ultima parte, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 30 maggio 1969 dal tribunale di Viterbo nel procedimento penale a carico di Appolloni Paolo, iscritta al n. 396 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 280 del 5 novembre 1969.

Udito nella camera di consiglio del 9 dicembre 1970 il Giudice relatore Michele Fragali.

Ritenuto che l'ordinanza del tribunale di Viterbo di cui all'epigrafe, con riferimento all'art. 24 della Costituzione, ha proposto la questione di legittimità costituzionale dell'art. 522, ultima parte, del codice di procedura penale (recte: art. 522 quarto comma, ultima parte) nella parte in cui non ammette l'appello della sentenza del giudice di secondo grado che, nelle ipotesi in cui il primo giudice ha dichiarato che il reato é estinto o che l'azione penale non poteva essere iniziata o proseguita, ordina la rinnovazione del dibattimento e decide in merito;

che nel procedimento così proposto non vi é stata costituzione di parte, né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato che la sentenza di questa Corte 13 maggio 1965 n. 41, in occasione della denunzia della prima parte del detto art. 522, secondo comma, del codice di procedura penale, ha escluso la supposizione che il giudice a quo avesse ritenuto rilevante, ai fini della sua pronunzia, il tema dell'inappellabilità della sua sentenza, che riguardava la fase successiva del processo;

che, a prescindere dal rilevare che nemmeno il tribunale di Viterbo ha dimostrato la rilevanza, ai fini del suo giudizio, della questione da esso proposta, é evidente che la norma impugnata può venire in discussione soltanto ove si proponesse gravame avverso la pronunzia di merito del giudice di appello;

che la menzionata sentenza di questa Corte avvertiva che il predetto art. 522, secondo comma, del codice di procedura penale, assicurava pienamente la difesa innanzi al primo giudice, perché la parte in quella fase non aveva avuto limiti alla discussione del merito, e innanzi al secondo giudice, perché a questi sono conferiti poteri di piena cognizione del merito nei limiti dei motivi del gravame;

che la stessa sentenza avvisava inoltre che non é la doppia istanza che garantisce la completa difesa, ma piuttosto la possibilità di prospettare al giudice ogni domanda ed ogni ragione che non siano legittimamente precluse;

che la Corte rilevava altresì che la citata norma non toglie alla parte la predetta possibilità quando affida l'esame del merito al giudice di appello, tanto più che il principio del doppio grado di giurisdizione non suole essere inteso nel senso per cui tutte le questioni di un processo debbano essere decise da due giudici di diversa istanza, ma nel senso che deve essere data la possibilità di sottoporre tali questioni a due giudici di istanza diversa, anche se il primo non le abbia tutte decise;

che le predette ragioni sono del tutto applicabili al giudizio attuale e che il giudice a quo non ha proposto motivi in contrario, né la Corte ne trova alcuno per riesaminare la sua precedente pronuncia.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

avvalendosi della procedura in camera di consiglio consentita dagli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative, dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 522, quarto comma, ultima parte, del codice di procedura penale, proposta dal tribunale di Viterbo, per la parte in cui dichiara inappellabile la sentenza ivi menzionata, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione.  

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 20 gennaio 1971.