Sentenza n. 111 del 1957
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SENTENZA N. 111

ANNO 1957

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente

Avv. GIUSEPPE CAPPI

Prof. TOMASO PERASSI

Prof. GASPARE AMBROSINI

Prof. ERNESTO BATTAGLINI

Dott. MARIO COSATTI

Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. MARIO BRACCI

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge regionale siciliana 13 settembre 1956, n. 46, intitolata "Applicazione della riforma agraria ai terreni degli Enti pubblici", promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con ricorso notificato il 29 settembre 1956, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 4 ottobre 1956 ed iscritto al n. 58 del Registro ricorsi 1956.

Vista la costituzione in giudizio del Presidente della Regione siciliana;

udita nell'udienza pubblica del 29 maggio 1957 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro;

uditi il sostituto Avv. gen. dello Stato Francesco Agrò per i ricorrenti e l'Avv. Antonio Rizzo per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il 13 aprile 1956 l'Assemblea regionale siciliana approvò un provvedimento legislativo intitolato "Applicazione della riforma agraria ai terreni degli Enti pubblici" che all'art. 1 disponeva testualmente:

"I terreni utilizzati o che saranno riconosciuti convenientemente utilizzabili per la coltura agraria nel territorio della Regione siciliana, appartenenti a qualsiasi titolo al patrimonio della Regione, dei Comuni e degli altri Enti pubblici, esclusi quelli che sono oggetto del regime giuridico stabilito dalla legge 27 maggio 1929, n. 810, anche se gravati di usi civici, sono soggetti alle disposizioni contenute nella presente legge.

"Sono compresi nelle disposizioni contenute nella presente legge anche i terreni soggetti a vincoli idrogeologici.

"L'accertamento della possibilità di utilizzazione per la coltura agraria dei terreni indicati nel comma precedente é devoluto allo Assessorato regionale per l'agricoltura e le foreste".

Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ritenendo che le norme contenute in questo articolo invadessero la sfera di competenza dello Stato, le impugnò, il 21 aprile 1956, davanti all'Alta Corte per la Sicilia. Sennonché, nelle more del giudizio, il Presidente della Giunta regionale promulgò la legge, che prese la data del 13 settembre 1956, n. 46, e ne dispose la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale regionale del 15 settembre 1956, n. 61.

Contro il provvedimento diventato legge e in particolare contro l'articolo sopra ricordato, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su conforme delibera del Consiglio del 28 settembre 1956, ha proposto ricorso davanti a questa Corte, depositando le sue deduzioni il 4 ottobre del medesimo anno. É da precisare che il ricorso é stato proposto, anche, "per quanto occorra", dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana, rappresentato e difeso, così come il Presidente del Consiglio dei Ministri, dalla Avvocatura generale dello Stato.

2. - Nelle sopracitate deduzioni la difesa dello Stato sostiene l'illegittimità costituzionale della norma regionale, perché questa, "non prevedendo la esclusione dall'applicazione del provvedimento in esame, degli Enti pubblici non soggetti a competenza legislativa della Regione, ovvero di quelli, che, pur svolgendo attività concernenti materie in cui la Regione ha potestà legislativa, esercitino, in forza di disciplina giuridica dello Stato, una attività a carattere nazionale", avrebbe violato gli artt. 14, 15, 16 e 17 dello Statuto speciale della Sicilia e avrebbe falsamente applicato l'art. 20 del medesimo Statuto.

3. - A questa tesi la Regione aveva già replicato, nel giudizio instaurato davanti all'Alta Corte per la Sicilia, con atti del 12 maggio e 13 giugno 1956 sostenendo:

a) che l'omissione lamentata dallo Stato non può dar vita a una questione di legittimità costituzionale, ma, semmai, a un problema di interpretazione;

b) che la norma impugnata riguarda una materia attribuita in via esclusiva alla legislazione regionale e che perciò la natura dell'Ente al quale il progetto legislativo si rivolge non ha rilevanza ai fini della legittimità della norma;

c) che, parimenti, non ha rilevanza costituzionale una distinzione tra Enti soggetti a competenza legislativa della Regione e Enti soggetti a competenza legislativa dello Stato;

d) che, per quanto attiene agli Enti che svolgono attività sul piano nazionale, la censura rivolta alla norma ha un significato economico e perciò non é da accogliere.

4. - A queste obiezioni la difesa dello Stato oppone:

1) il problema non può ridursi a una semplice interpretazione della legge: l'interprete ordinario deve tenersi al contenuto della norma fatto manifesto dal significato letterale delle parole e dalla loro connessione grammaticale e logica, senza arrogarsi le funzioni di giudice della legittimità costituzionale;

2) la Regione, legiferando in materia di agricoltura, non può interferire in un ordinamento di carattere amministrativo che le é precluso, frustrando la possibilità di raggiungere fini che, per definizione, sono propri dello Stato, o compiendo un giudizio di prevalenza tra il fine prescritto dall'ordinamento giuridico regionale e quello prescritto dall'ordinamento giuridico dello Stato;

3) la distinzione tra Enti pubblici soggetti a competenza legislativa regionale e Enti pubblici soggetti a competenza legislativa statale ha rilevanza costituzionale in quanto l'istituzione e la disciplina di un Ente pubblico costituiscono l'esercizio del potere autonomo di amministrazione in un certo settore: con la conseguenza che, in tanto un Ente pubblico può essere soggetto alla "supremazia regionale", in quanto esso nell'ambito territoriale della Regione persegua fini che rientrino tra quelli indicati nell'art. 20 dello Statuto;

4) la questione non é di natura economica ma essenzialmente giuridica, in quanto essa attiene a uno degli elementi costitutivi della persona giuridica pubblica, cioè il patrimonio. Inoltre la Regione, alterando la consistenza patrimoniale di Enti pubblici destinati a operare sul piano del territorio nazionale, viola l'articolo 14 dello Statuto, che circoscrive i poteri della Regione dentro i confini territoriali della Sicilia.

5. - La Regione, rappresentata e difesa dall'Avv. Antonio Rizzo, ha depositato un suo controricorso il 20 ottobre 1956. In primo luogo la difesa regionale eccepisce l'inammissibilità del ricorso per il motivo che lo Stato, impugnando il provvedimento regionale divenuto legittimamente legge ai sensi dell'art. 29 dello Statuto siciliano, ha impugnato in effetti gli atti presidenziali della promulgazione e della pubblicazione della legge regionale, che non sono impugnabili. In secondo luogo, poiché tra le stesse parti, Stato e Regione siciliana, pende giudizio per il medesimo oggetto davanti a una magistratura di ordine costituzionale (Alta Corte per la Regione siciliana), del ricorso dello Stato deve essere dichiarata l'improcedibilità per litispendenza.

Nell'ipotesi, poi, che il ricorso dello Stato dovesse essere considerato come il primo atto procedurale riguardante la legittimità costituzionale della norma in esame, la Regione eccepisce l'incompetenza della Corte costituzionale a giudicare, in via principale, sulla costituzionalità delle leggi siciliane.

Nel merito, la Regione ha ribadito le tesi già illustrate davanti all'Alta Corte per la Sicilia e respinto le successive obiezioni mosse dall'Avvocatura. In particolare la difesa della Regione ha insistito sul fatto che, nelle materie di legislazione esclusiva, quale appunto quella dell'agricoltura, la legge regionale, di forza pari alla legge statale, non trova altro limite se non quello delle leggi costituzionali dello Stato. Non esistono ordinamenti di carattere amministrativo che siano preclusi agli effetti del potere legislativo esclusivo della Regione, di fronte al quale non ha alcun senso la distinzione tra Enti pubblici soggetti alla legislazione statale e Enti pubblici soggetti alla legislazione regionale. Gli uni e gli altri ricadono sotto l'efficacia della legge regionale e come tutti gli altri soggetti di diritto sono tenuti ad osservarla sempre che, come nel caso, essa riguardi materie costituzionalmente affidate alla disciplina legislativa regionale.

Né può dirsi che una legge regionale, quando rispetti i limiti posti da norme costituzionali, possa compromettere "finalità di rilevanza nazionale", come nemmeno può dirsi che la legge in questione abbia violato i limiti territoriali dell'attività legislativa della Regione, dato che codesti limiti si devono intendere come limiti giuridici e non già come limiti di natura economica.

Infine, partendo, come sembra, dall'idea che il patrimonio degli Enti pubblici, di cui é parola nella norma impugnata, sia il patrimonio disponibile, la difesa regionale sostiene che esso non é essenziale al concetto di persona giuridica pubblica, della quale soltanto per equivoco può dirsi che la norma contestata ponga in gioco uno degli elementi costitutivi.

 

Considerato in diritto

 

Con la sentenza n. 38 del 27 febbraio 1957 la Corte costituzionale ha affermato la propria competenza a conoscere delle questioni di legittimità costituzionale delle leggi siciliane, tanto se esse sorgano nel corso di un giudizio, quanto se vengano proposte in via principale dallo Stato. Per altro, con la medesima sentenza, la Corte affermò anche che la particolare autonomia siciliana, quale risulta dallo Statuto speciale della Regione e quale é prevista dall'art. 116 della Costituzione, rende compatibile, con l'affermata unità della giurisdizione costituzionale e la competenza esclusiva di questa Corte, l'esistenza di termini e di modi speciali di impugnativa, che sono quelli fissati dagli artt. 27, 28 e 29 dell'ora ricordato Statuto speciale. La conseguenza é che legittimato ad agire davanti alla Corte é il Commissario dello Stato e non già il Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 27) e che l'impugnativa deve essere proposta entro otto giorni dalla deliberazione dell'Assemblea (art. 28) e contro la deliberazione di questa, che deve essere ritenuta come definitiva. Ora il ricorso é stato proposto anche dal Commissario dello Stato, ma senza il rispetto dei termini stabiliti nell'art. 28, ed é diretto non già contro la deliberazione dell'Assemblea, ma contro un provvedimento divenuto legge ai sensi dell'art. 29 dello Statuto.

Vero é che, nelle forme e nei termini stabiliti dallo Statuto siciliano, il Commissario dello Stato aveva impugnato davanti all'Alta Corte per la Sicilia quella deliberazione dell'Assemblea regionale, ma é vero anche che il ricorso che ha originato il presente giudizio é indipendente dall'altro, precedente, che instaurò il giudizio davanti all'Alta Corte ed é diretto contro un atto formalmente diverso. Altra questione é quella relativa al destino di quel primo ricorso del Commissario dello Stato e alla sua riproponibilità davanti alla Corte ora che questa ha dichiarato la propria competenza in materia di costituzionalità delle leggi siciliane. Ma é questione che non può essere risolta in questo giudizio, e che deve restare e resta affatto impregiudicata.

Stando così le cose e dovendosi in conseguenza dichiarare inammissibile il ricorso dello Stato, non occorre prendere in esame le altre eccezioni pregiudiziali sollevate dalla difesa della Regione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

respinte le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla Regione siciliana;

dichiara inammissibile il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, che chiede la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge regionale siciliana 13 settembre 1956, n. 46, intitolata "Applicazione della riforma agraria ai terreni degli Enti pubblici".

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1957.

Gaetano AZZARITI – Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA – Aldo SANDULLI.

 

Depositata in Cancelleria il 8 luglio 1957.