Sentenza n. 178 del 2020

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SENTENZA N. 178

ANNO 2020

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Mario Rosario MORELLI;

 

Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 35, commi 1 e 2, e 36 della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2018, n. 29 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2019), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 1°-8 marzo 2019, depositato in cancelleria l’8 marzo 2019, iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2019.

 

Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria;

 

udito nell’udienza pubblica del 22 luglio 2020 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

 

uditi l’avvocato dello Stato Ettore Figliolia per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Gabriele Pafundi per la Regione Liguria;

 

deliberato nella camera di consiglio del 22 luglio 2020.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Con ricorso depositato l’8 marzo 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2018, n. 29 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2019), fra le quali quelle recate dagli artt. 35, commi 1 e 2, e 36.

 

Questi ultimi sono stati impugnati in riferimento agli artt. 97 e 117, commi primo e secondo, lettera s), della Costituzione, in relazione al d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), al decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 230, recante «Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive», al regolamento (CE) n. 708/2007 del Consiglio, dell’11 giugno 2007, relativo all’impiego in acquacoltura di specie esotiche e di specie localmente assenti, e alla direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

 

2.– L’art. 35 della legge reg. Liguria n. 29 del 2018 ha, con i commi 1 e 2, modificato l’art. 16 legge della Regione Liguria 1° aprile 2014, n. 8 (Disciplina della pesca nelle acque interne e norme per la tutela della relativa fauna ittica e dell’ecosistema acquatico), prevedendo il divieto di immettere nelle acque interne specie ittiche non autoctone, mediante il rilascio in natura di esemplari attualmente o potenzialmente interfecondi, idonei a costituire popolazioni naturali in grado di autoriprodursi.

 

Tale norma è stata a sua volta sostituita, nelle more del giudizio, dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2019, n. 31 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2020), al quale, per l’analogo tenore, si estende la questione di costituzionalità.

 

Il Presidente del Consiglio dei ministri rappresenta che la disciplina dell’immissione di materiale ittico nelle acque interne costituisce una priorità di intervento della normativa europea e nazionale, per la sua incidenza sull’habitat naturale e sulla fauna selvatica.

 

La materia è regolata dalla direttiva 92/43/CEE, che rimette al legislatore nazionale la disciplina delle immissioni del materiale ittico, previa valutazione dell’opportunità di reintrodurre specie autoctone e, eventualmente, di vietare l’introduzione di quelle alloctone pregiudizievoli.

 

In Italia, la direttiva ha trovato attuazione nel d.P.R. n. 357 del 1997 che, all’art. 12, vieta espressamente la reintroduzione, l’introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone; tale norma integrerebbe uno standard uniforme di tutela ambientale, a cui le Regioni non possono derogare se non nel senso dell’innalzamento della tutela. Pertanto, l’autorizzazione all’immissione di specie alloctone, seppure sterili, recata dalla legge reg. Liguria n. 29 del 2018, si porrebbe in contrasto con la competenza esclusiva del legislatore statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

 

3.– Secondo la prospettazione del ricorrente, l’art. 35 della legge reg. Liguria n. 29 del 2018 sarebbe in contrasto anche con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione alla direttiva 92/43/CEE, al regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1143/2014 del 22 ottobre 2014 recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive, e al regolamento (CE) n. 708/2007.

 

In particolare, la norma impugnata si porrebbe in contrasto con il principio di precauzione previsto dalla direttiva 92/43/CEE; con il regolamento (UE) n. 1143/2014 e con l’art. 6 del d.lgs. n. 230 del 2017, di adeguamento della normativa nazionale, che vietano il rilascio nell’ambiente di esemplari di specie esotiche invasive; con il regolamento (CE) n. 708/2007, che impone l’adozione di procedure e provvedimenti per un’adeguata protezione degli habitat acquatici dai rischi derivanti dall’impiego di specie alloctone in acquacoltura.

 

4.– Con lo stesso ricorso è impugnato l’art. 36 della legge reg. Liguria n. 29 del 2018, che ha sostituito il comma 7 dell’art. 34 della legge della Regione Liguria 1° luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio), nella parte in cui, in attuazione dell’art. 18, comma 6, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), dispone l’integrazione di due giornate settimanali per l’esercizio venatorio da appostamento alla fauna selvatica migratoria, nel periodo tra il 1° ottobre e il 30 novembre, prevedendo la facoltà per la Giunta regionale di modificare tale integrazione sentito l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).

 

La previsione normativa sarebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 18, comma 6, della legge n. 157 del 1992, che per l’adozione del calendario venatorio impone l’utilizzo del provvedimento amministrativo in ragione della sua flessibilità, che consente di fronteggiare eventuali repentini e imprevedibili mutamenti delle circostanze di fatto, che possono pregiudicare il bene ambientale.

 

Secondo la difesa dello Stato, l’adozione del calendario venatorio con provvedimento amministrativo, piuttosto che con legge, consente di preservare la fauna selvatica ed integra una regola minima uniforme di tutela ambientale, non derogabile in peius da parte del legislatore regionale.

 

Inoltre, l’art. 18 della legge n. 157 del 1992 dà attuazione alla direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, e alla direttiva (CEE) 79/409 del Consiglio del 2 aprile 1979, relativa alla conservazione degli uccelli selvatici; la modalità tecnica del provvedere, contemplata dalla suddetta norma, consente di contemperare gli interessi ambientali in gioco, nel rispetto del principio di buon andamento dell’Amministrazione, e soddisfa la necessità di acquisire le valutazioni tecniche dell’ISPRA, che la disposizione impugnata, invece, nell’istituire stabilmente l’integrazione di due giornate settimanali di caccia, non prevede.

 

5.– Pertanto, l’utilizzo dell’atto normativo, in luogo del provvedimento amministrativo, comporterebbe un peggioramento del livello di tutela ambientale imposto dalla legge nazionale e dalle direttive comunitarie in argomento, con illegittima invasione della competenza esclusiva del legislatore statale nella materia dell’ambiente e dell’ecosistema, in violazione degli artt. 97 e 117, commi primo e secondo, lettera s), Cost., in relazione alla legge n. 157 del 1992 e alla direttiva 92/43/CEE.

 

6.– Con atto depositato il 19 aprile 2019, si è costituita in giudizio la Regione Liguria eccependo l’infondatezza delle questioni e chiedendone, perciò, il rigetto.

 

7.– In riferimento all’immissione di specie ittiche non autoctone, purché sterili, la difesa regionale rileva che lo stesso d.P.R. n. 357 del 1997, evocato quale norma interposta dall’Avvocatura generale, riferisce il divieto di rilascio di specie alloctone agli animali fecondi, lì dove, all’art. 2, nel porre le definizioni, stabilisce che la «specie» è composta da un insieme di individui o di popolazioni attualmente o potenzialmente interfecondi, illimitatamente e in natura, isolato riproduttivamente da altre specie, e che la «popolazione» è l’insieme di individui della stessa specie, che vivono in una determinata area geografica.

 

8.– Peraltro, la difesa regionale sottolinea che la norma impugnata non attenua i vincoli e le limitazioni normative per l’immissione di materiale ittico poiché, ai sensi dell’art. 16 della legge reg. Liguria n. 8 del 2014, ogni intervento può essere effettuato solo se compatibile con le indicazioni della carta ittica regionale conforme alle direttive europee, che impone di effettuare la valutazione della compatibilità con lo stato delle popolazioni ittiche e degli ecosistemi fluviali presenti nel territorio regionale, con particolare riferimento agli obiettivi di qualità ambientale delle acque.

 

9.– Quanto alle censure relative all’art. 36 della legge reg. Liguria n. 29 del 2018, la Regione si difende affermando che l’integrazione delle due giornate di caccia viene attuata comunque dalla Giunta regionale con provvedimento amministrativo, previo parere dell’ISPRA, in coerenza con quanto disposto dall’art. 18 della legge n. 157 del 1992.

 

10.– Con memoria depositata in data 19 febbraio 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri ha replicato alle difese della Regione deducendo, quanto all’immissione delle specie alloctone sterili nei corpi idrici, la natura generale del divieto recato dall’art. 12 del d.P.R. n. 357 del 1997 (come sostituito dall’art. 2 del d.P.R. 5 luglio 2019, n. 102, contenente Regolamento recante ulteriori modifiche dell’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), che sarebbe confermata dal comma 4 dello stesso articolo, lì ove consente la deroga al divieto solo in via eccezionale, qualora vi sia un rilevante interesse pubblico e purché non sia arrecato alcun danno agli habitat naturali.

 

11.– Quanto alla ricordata modifica normativa medio tempore intervenuta, la difesa dello Stato dà atto che l’impugnato art. 35 è stato sostituito dall’art. 3, comma 3, della legge Reg. Liguria n. 31 del 2019 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2020); tuttavia, poiché la novella non avrebbe inciso sulla portata precettiva della norma, detta difesa ritiene che essa non abbia avuto effetto sulla questione di costituzionalità e sull’interesse dello Stato a coltivare l’impugnativa.

 

12.– Infine, in riferimento all’art. 36 delle legge reg. Liguria n. 29 del 2018, la difesa dello Stato sottolinea che la norma non prevede che sia la Giunta regionale ad integrare le due giornate di caccia, ma vi provvede direttamente, con ciò frustrando la ratio sottesa all’art. 18, comma 6, della legge n. 157 del 1992, che impone l’adozione del provvedimento amministrativo per l’approvazione del calendario venatorio sia per consentire gli aggiustamenti di volta in volta necessari, sia per garantire la partecipazione dell’ISPRA al procedimento.

 

Considerato in diritto

 

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2019, ha promosso questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2018, n. 29 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2019), fra cui quelle recate dagli artt. 35, commi 1 e 2, e 36 in riferimento agli artt. 97 e 117, commi primo e secondo, lettera s), della Costituzione.

 

Resta riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con lo stesso ricorso.

 

2.– La prima delle disposizioni impugnate pone il divieto di immissione nelle acque interne di specie ittiche non autoctone, precisando, al comma 2, che «costituisce immissione di specie ittiche il rilascio in natura di esemplari attualmente e potenzialmente interfecondi, idonei a costituire popolazioni naturali in grado di autoriprodursi»; il divieto riguarda, dunque, soltanto l’immissione di specie ittiche feconde, con conseguente libertà di immissione, nei corpi idrici, degli esemplari sterili.

 

3.– Successivamente alla proposizione del ricorso, la previsione dell’art. 35 della legge reg. Liguria n. 29 del 2018, che aveva operato novellando il comma 1 nell’art. 16 della legge della Regione Liguria 1° aprile 2014, n. 8 (Disciplina della pesca nelle acque interne e norme per la tutela della relativa fauna ittica e dell’ecosistema acquatico), è stata sostituita, a far data dal 1° gennaio 2020, dall’art. 3, comma 3, della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2019, n. 31 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2020), che ne riproduce sostanzialmente il contenuto.

 

Infatti, l’art. 3, comma 3, della legge reg. Liguria n. 31 del 2019, nel modificare nuovamente il comma 1 dell’art. 16 della legge reg. Liguria n. 8 del 2014, aggiunge che viene «[f]atto salvo quanto previsto dall’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche)», e vieta l’immissione di specie ittiche non autoctone, mediante rilascio di individui attualmente o potenzialmente interfecondi illimitatamente e in natura.

 

La norma regionale sopravvenuta conferma, dunque, la possibilità di introdurre nei corpi idrici esemplari ittici sterili, possibilità avverso la quale si erano appuntate le doglianze dello Stato, per il pericolo che ne può derivare sul popolamento ittico originario, sull’ecosistema acquatico e sull’integrità della fauna autoctona.

 

4.– La modifica solo marginale della disposizione impugnata, senza che ne sia conseguita l’alterazione della sua portata precettiva, poiché è comunque consentita l’immissione di specie ittiche alloctone mediante il rilascio di esemplari sterili, comporta l’estensione della questione anche all’art. 3, comma 3, della intervenuta legge reg. Liguria n. 31 del 2019 (sentenze n. 44 del 2018, n. 80 del 2017 e n. 193 del 2012), di cui dovrà essere valutata la legittimità costituzionale assieme alla previsione originaria che è rimasta in vigore per circa un anno, fino al 1° gennaio 2020.

 

5.– La questione è fondata.

 

In tema di immissione di specie ittiche questa Corte ha chiarito che «la disciplina “dell’introduzione, della reintroduzione e del ripopolamento di specie animali rientra nella esclusiva competenza statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, trattandosi di regole di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e non solo di discipline d’uso della risorsa ambientale-faunistica”. Nell’esercizio di tale sua competenza esclusiva, finalizzata ad una “tutela piena ed adeguata” dell’ambiente, “lo Stato può porre limiti invalicabili di tutela” (sentenza n. 30 del 2009; nello stesso senso, sentenza n. 288 del 2012)» (sentenza n. 98 del 2017).

 

L’affermazione di tale competenza comporta che le Regioni devono adeguarsi alla normativa statale in materia ambientale, potendo solo definire, nell’esercizio della loro potestà legislativa, livelli di tutela ambientale più elevati di quelli previsti dallo Stato (sentenze n. 74 del 2017, n. 278 del 2012 e n. 151 del 2011).

 

6.– Orbene l’immissione di materiale ittico sterile non può certo costituire un livello di tutela ambientale più elevato di quello prescritto dal legislatore statale che, all’art. 12, comma 3, del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), vieta l’introduzione di specie alloctone e, all’art. 6 del decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 230, recante «Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive», dispone il divieto di rilascio in natura di «esemplari di specie esotiche invasive di rilevanza unionale» (art. 6 del d.lgs. n. 230 del 2017) ovvero di specie che sono spostate al di fuori del loro areale naturale.

 

La difesa dell’Avvocatura generale fa valere in materia la competenza statale della tutela ambientale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., e confuta in maniera assorbente le eccezioni della difesa regionale fondate sul concetto di specie, come indicato nell’art. 2 del d.P.R. n. 357 del 1997, cui fa riferimento l’art. 12 dello stesso regolamento.

 

Va precisato che la novella di cui all’art. 3, comma 3, della legge reg. Liguria n. 31 del 2019 non muta i termini della questione proprio perché l’introduzione del rispetto dell’art. 12 del d.P.R. n. 357 del 1997, inserito nella nuova norma, ripropone il tema del riferimento al concetto di specie, che verrebbe a escludere dal divieto gli individui resi sterili.

 

Ma, come si è detto, è sicuramente materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato in tema di «tutela dell’ambiente» la possibilità di immettere in natura esemplari appartenenti a specie ittiche, ancorché sterili, in quanto questa categoria potrebbe ricomprendere anche individui capaci di causare danni all’ambiente al di là delle proprie capacità riproduttive.

 

Che si tratti di materia ambientale rimessa alla competenza statale è di tutta evidenza: basti infatti considerare che non ha senso una settoriale competenza regionale riferita alla immissione in natura di individui, ancorché non integranti il concetto di specie, che, come nei fiumi, influenzano i territori di altre Regioni.

 

7.– Pertanto, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’impugnato art. 35, commi 1 e 2, della legge reg. Liguria n. 29 del 2018, che, invadendo la sfera di competenza esclusiva del legislatore statale in materia di «tutela dell’ambiente», ha autorizzato l’immissione di specie non autoctone, giacché anche la sola immissione di un numero indefinito di individui alloctoni, benché sterili, rientra nella dedotta competenza statale.

 

8.– Deve essere, altresì, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, della legge reg. Liguria n. 31 del 2019 che, a far data dal 1° gennaio 2020, ha sostituito il testo dell’impugnato art. 35 della legge reg. Liguria n. 29 del 2018 con una disposizione sostanzialmente coincidente.

 

9.– La seconda delle disposizioni impugnate dallo Stato (art. 36 della legge reg. Liguria n. 29 del 2018) prevede, in attuazione dell’art. 18, comma 6, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), «l’integrazione di due giornate settimanali per l’esercizio venatorio da appostamento alla fauna selvatica migratoria nel periodo intercorrente fra il 1° ottobre e il 30 novembre», salva la facoltà della Giunta regionale, sentito l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), di modificare tale integrazione.

 

10.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha dedotto la violazione degli artt. 97 e 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost. in relazione, rispettivamente, alla direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, alla direttiva (CEE) 79/409 del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, e all’art. 18 della legge n. 157 del 1992, poiché l’adozione del calendario venatorio con legge, piuttosto che con provvedimento amministrativo, non consente la previa acquisizione del parere dell’ISPRA e non garantisce la flessibilità necessaria ad adattarne le prescrizioni ad eventuali e imprevedibili cambiamenti delle circostanze di fatto.

 

11.– La questione è fondata.

 

12.– L’art. 18, comma 4, della legge n. 157 del 1992 prescrive l’adozione del calendario venatorio con atto amministrativo e tale previsione costituisce espressione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (ex multis, sentenze n. 258 del 2019, n. 193 e n. 90 del 2013, e n. 20 del 2012).

 

Infatti, la modalità tecnica del provvedimento è necessaria per la protezione della fauna perché vi è motivo di ritenere che l’attività amministrativa non si esaurisca in un unico atto, dovendo essere riesercitata nel caso di esigenze sopravvenute, che richiedono una celerità di decisione non compatibile con le forme e i tempi del procedimento legislativo (sentenza n. 20 del 2012).

 

Questa scelta risponde, altresì, all’esigenza di garantire un’adeguata istruttoria, anche tramite il parere obbligatorio dell’ISPRA, che, attraverso la rilevazione delle situazioni ambientali locali, consenta alla Regione di adeguare il calendario alla specificità del contesto (in tal senso, sentenza n. 209 del 2014).

 

La legge statale, dunque, prevede che le Regioni provvedano nella forma dell’atto amministrativo, anziché in quella della legge, sicché è illegittimo l’impiego della legge-provvedimento nell’adozione del calendario venatorio (sentenze n. 90 del 2013 e n. 20 del 2012).

 

13.– La norma impugnata di cui all’art. 36 della legge reg. Liguria n. 29 del 2018, disponendo espressamente l’aggiunta di due giornate di caccia settimanali, si pone in contrasto con tale obbligo e comporta un’illegittima invasione della sfera di competenza statale in materia ambientale.

 

Né in senso contrario può essere accolto l’argomento della difesa della Regione che, riferendosi alla facoltà di modificazione riconosciuta dalla norma in capo alla Giunta regionale, sostiene che il procedimento amministrativo introdotto da quest’ultima disposizione consentirebbe il rispetto dell’art. 18 della legge n. 157 del 1992.

 

Infatti, l’esercizio di tale facoltà della Giunta regionale è solo di modifica, mentre l’integrazione delle giornate di caccia è illegittimamente prevista dalla disposizione regionale impugnata.

 

14.– L’accoglimento della questione per la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 18 della legge n. 157 del 1992, comporta l’assorbimento delle altre censure.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso indicato in epigrafe;

 

1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli art. 35, commi 1 e 2, e 36 della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2018, n. 29 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2019);

 

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2019, n. 31 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità per l’anno 2020).

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 luglio 2020.

 

F.to:

 

Mario Rosario MORELLI, Presidente

 

Giulio PROSPERETTI, Redattore

 

Roberto MILANA, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 30 luglio 2020.