Sentenza n. 288 del 2012

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SENTENZA N. 288

ANNO 2012

 

Commento alla decisione di

 

Dario Immordino

La disciplina spetta alle regioni (entro limiti massimi di manovrabilità) ma il tributo è statale. Il “nuovo” status della tassa automobilistica

 

(per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Franco                         GALLO                                                        Presidente

-           Luigi                           MAZZELLA                                                      Giudice

-           Gaetano                      SILVESTRI                                                              "

-           Sabino                         CASSESE                                                                 "

-           Giuseppe                     TESAURO                                                                "

-           Paolo Maria                NAPOLITANO                                                        "

-           Giuseppe                     FRIGO                                                                      "

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                                           "

-           Paolo                           GROSSI                                                                    "

-           Giorgio                       LATTANZI                                                               "

-           Aldo                           CAROSI                                                                    "

-           Marta                          CARTABIA                                                              "

-           Sergio                         MATTARELLA                                                        "

-           Mario Rosario             MORELLI                                                                 "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 10 e 22 della legge della Regione Marche 28 dicembre 2011, n. 28 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012/2014 della Regione − Legge finanziaria 2012), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 febbraio – 2 marzo 2012, depositato in cancelleria il 5 marzo successivo ed iscritto al n. 54 del registro ricorsi 2012.

Visto l’atto di costituzione della Regione Marche;

udito nell’udienza pubblica del 6 novembre 2012 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;

uditi l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche.

Ritenuto in fatto

1.― Con ricorso notificato il 28 febbraio – 2 marzo 2012, depositato in cancelleria il 5 marzo 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 10 della legge della Regione Marche 28 dicembre 2011, n. 28 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012/2014 della Regione – Legge finanziaria 2012), in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione – in relazione all’articolo 5, comma 36, del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953 (Misure in materia tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1983, n. 53 – e 119, secondo comma, della Costituzione; nonché dell’articolo 22 della stessa legge regionale, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’articolo 12, comma 3, del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche).

Con riguardo alla prima questione, si sostiene nel ricorso che il censurato art. 10, nell’escludere, con decorrenza dall’anno di imposta 2012, l’esenzione dall’obbligo di pagamento della tassa automobilistica regionale per i beni mobili registrati sottoposti a fermo amministrativo o giudiziario, contrasti con l’art. 5, comma 36, del decreto-legge n. 953 del 1982, il quale dispone che «La perdita del possesso del veicolo o dell’autoscafo per forza maggiore o per fatto di terzo o la indisponibilità conseguente a provvedimento dell’autorità giudiziaria o della pubblica amministrazione, annotate nei registri indicati nel trentaduesimo comma, fanno venir meno l’obbligo del pagamento del tributo per i periodi d’imposta successivi a quello in cui è stata effettuata l’annotazione».

La ratio della predetta normativa statale, invocata quale parametro interposto, è da rinvenire, secondo il ricorrente, nel presupposto dell’applicazione del tributo che, ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche), come modificato dall’art. 10, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), è «la circolazione sulle strade ed aree pubbliche degli autoveicoli e dei relativi rimorchi».

Pertanto, la previsione dell’obbligo di pagamento del tributo anche in caso di perdita di possesso del veicolo per effetto di fermo amministrativo o giudiziario porrebbe la norma regionale in contrasto con la normativa statale di riferimento e conseguentemente con i principi generali del sistema tributario nazionale, violando l’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva allo Stato la materia del sistema tributario, e l’art. 119, secondo comma, Cost., che subordina la possibilità per le Regioni e gli enti locali di stabilire ed applicare tributi ed entrate proprie al rispetto dei principi statali di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

La seconda questione ha ad oggetto l’art. 22, comma 1, della stessa legge regionale n. 28 del 2011, che modifica l’art. 18, comma 1, della legge regionale 3 giugno 2003, n. 11 (Norme per l’incremento e la tutela della fauna ittica e disciplina della pesca nelle acque interne), al cui testo originario – «Non è consentita l’immissione nei corsi d’acqua di specie o popolazioni non autoctone, con la sola eccezione della carpa erbivora» – aggiunge la frase «e della trota iridea».

Il che, appunto, secondo il ricorrente, si porrebbe in contrasto con l’art. 12, comma 3, del d.P.R. n. 357 del 1997 – norma interposta espressione della competenza esclusiva dello Stato in materia di ambiente e di tutela dell’ecosistema, di cui all’art. 117, secondo comma 2, lettera s), Cost. – a tenore del quale, viceversa, «Sono vietate la reintroduzione, l’introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone».

2.― Nel giudizio innanzi alla Corte si è costituita la Regione Marche, che ha concluso per la infondatezza di entrambe le questioni.

Con riguardo alla prima, ha sostenuto la difesa regionale che la norma invocata a parametro interposto non costituisca più vincolo inderogabile per il legislatore regionale, in quanto, a seguito della entrata in vigore del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), le Regioni di diritto comune, nell’esercizio della loro autonomia impositiva, possono considerarsi assoggettate ai soli vincoli ivi espressamente contemplati.

Quanto alla seconda questione, la Regione ha eccepito il contrasto della disposizione regolamentare, invocata dal ricorrente a parametro interposto della questione sollevata, con la direttiva 21 maggio, n. 92/43/CE (Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche), di cui dovrebbe costituire attuazione, per la generalità ed assolutezza del prescritto divieto di introduzione di specie non autoctone, da quella direttiva non previsto.

3.― Nell’imminenza della pubblica udienza, la difesa della Regione Marche ha depositato una memoria con la quale ribadisce le proprie conclusioni.

Considerato in diritto

1.― Il Presidente del Consiglio dei ministri denuncia l’illegittimità costituzionale: a) dell’articolo 10 della legge della Regione Marche 28 dicembre 2011, n. 28 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012/2014 della Regione – Legge finanziaria 2012), per violazione degli articoli 117, secondo comma, lettera e) – in relazione all’articolo 5, comma 36, del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953 (Misure in materia tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1983, n. 53 − e 119, secondo comma, della Costituzione; b) dell’articolo 22 della stessa legge regionale, per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 12, comma 3, del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche).

Il ricorrente propone, pertanto, due distinte questioni di legittimità costituzionale, che vanno esaminate separatamente.

2.― La prima questione riguarda l’art. 10 della predetta legge regionale, il quale, nello stabilire che, «A decorrere dall’anno di imposta 2012, la disposizione del fermo amministrativo o giudiziario di beni mobili registrati non esenta dall’obbligo del pagamento della tassa automobilistica regionale», violerebbe, appunto, l’evocato articolo 117, secondo comma, Cost., in relazione al disposto della norma interposta di cui all’art. 5, comma 36, del citato decreto-legge n. 953 del 1982, nella parte in cui stabilisce che «La perdita del possesso del veicolo o dell’autoscafo per forza maggiore o per fatto di terzo o la indisponibilità conseguente a provvedimento dell’autorità giudiziaria o della pubblica amministrazione, annotate nei registri indicati nel trentaduesimo comma, fanno venir meno l’obbligo del pagamento del tributo per i periodi d’imposta successivi a quello in cui è stata effettuata l’annotazione».

3.― La questione è fondata.

3.1.― La tassa automobilistica è tributo istituito e regolato da legge statale. Disciplinata dal d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche), e successive modificazioni, essa è stata «attribuita» per intero alle Regioni a statuto ordinario dall’art. 23, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), assumendo contestualmente la denominazione di tassa automobilistica regionale.

L’art. 17, comma 10, della successiva legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), ha, altresì, demandato alle Regioni «la riscossione, l’accertamento, il recupero, i rimborsi, l’applicazione delle sanzioni ed il contenzioso amministrativo relativo» alla suddetta tassa.

Lo stesso art. 17 della legge n. 449 del 1997 ha determinato, al comma 16, il criterio di tassazione degli autoveicoli a motore − in base alla potenza effettiva anziché, come in passato, ai cavalli fiscali – ed ha stabilito, ai fini dell’applicazione di tale disposizione, che le nuove tariffe delle tasse automobilistiche sono determinate «con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione, [...] per tutte le regioni, comprese quelle a statuto speciale, in uguale misura», confermando, a decorrere dall’anno 1999, il potere − attribuito alle Regioni dall’art. 24, comma 1, del citato decreto legislativo n. 504 del 1992 − di determinare con propria legge gli importi della tassa per gli anni successivi, «nella misura compresa tra il 90 ed il 110 per cento degli stessi importi vigenti nell’anno precedente».

Per completare il quadro normativo, in cui si colloca la questione in esame, devono altresì richiamarsi le nozioni di tributo proprio della Regione – che, ai sensi dell’art. 7, comma 1, della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’art.119 della Costituzione), è quello istituito dalle Regioni con proprie leggi in relazione ai presupposti non già assoggettati ad imposizione erariale – e di tributo proprio derivato della Regione, che, ai sensi della medesima disposizione, ricomprende quei tributi istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle Regioni, le quali possono modificarne le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e secondo i criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della normativa comunitaria.

Se ne desume che la Regione, con riferimento alla tassa automobilistica che, in tale contesto, si qualifica come tributo proprio derivato: a) non può modificarne il presupposto ed i soggetti d’imposta (attivi e passivi); b) può modificarne le aliquote nel limite massimo fissato dal comma 1 dell’art. 24 del d.lgs. n. 504 del 1992 (tra il 90 ed il 110 per cento degli importi vigenti nell’anno precedente); c) può disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti di legge e, quindi, non può escludere esenzioni, detrazioni e deduzioni già previste dalla legge statale.

L’articolo 8 del successivo decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), che costituisce attuazione della legge delega n. 42 del 2009, dopo aver disposto, al comma 1, la trasformazione di un’ampia serie di tributi statali in tributi propri regionali, a decorrere dal 1° gennaio 2013, stabilisce, al comma 2, che «Fermi restando i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale, le regioni disciplinano la tassa automobilistica regionale»; per poi aggiungere, al comma 3, che alle Regioni a statuto ordinario spettano gli altri tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, aggiungendo che i predetti tributi costituiscono tributi propri derivati.

La diversificazione operata tra i citati commi 2 e 3 induce alla conclusione che la tassa in questione non ha acquisito, nel nuovo regime, la natura di tributo regionale proprio.

Dalla formulazione del comma 2 si inferisce, infatti, non già la natura di tributo proprio della tassa automobilistica regionale, come in tesi della resistente, ma solo la volontà del legislatore di riservare ad essa un regime diverso rispetto a quello stabilito per gli altri tributi derivati, attribuendone la disciplina alle Regioni, senza che questo comporti una modifica radicale di quel tributo, come anche confermato dall’inciso «fermi restando i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale».

Ciò posto, la evoluzione della natura della tassa automobilistica − che aveva, originariamente, quale presupposto la «circolazione sulle strade ed aree pubbliche degli autoveicoli e dei relativi rimorchi» (art. 1 del d.P.R. n. 39 del 1953), e che è successivamente divenuta, per effetto dell’art. 5 del decreto-legge n. 953 del 1982, tassa sulla proprietà del veicolo – non incide sulla soluzione della presente questione, poiché la individuazione delle eventuali ricadute di tale mutata natura sull’ambito di operatività della norma interposta, delle quali peraltro lo stesso ricorrente non si fa minimamente carico, non è operazione che possa ritenersi affidata al legislatore regionale, attesa, appunto, la persistente spettanza in capo allo Stato della competenza legislativa esclusiva nella materia de qua.

Ne consegue che la norma censurata, nel disporre la esclusione della esenzione dall’obbligo del pagamento della tassa automobilistica regionale in caso di fermo amministrativo o giudiziario di beni mobili registrati, ha violato la competenza esclusiva dello Stato in materia di tributi erariali.

4.— La seconda questione all’esame della Corte ha ad oggetto l’articolo 22, comma 1, della stessa legge della Regione Marche, modificativo dell’articolo 18 della precedente legge regionale 3 giugno 2003, n. 11 (Norme per l’incremento e la tutela della fauna ittica e disciplina della pesca nelle acque interne), nel senso di consentire l’immissione dei corsi d’acqua (oltre che della carpa erbivora, contemplata nel testo originario della norma) di altra specie ittica non autoctona, quale la trota iridea.

La riferita disposizione, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, sarebbe lesiva della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’articolo 12, comma 3, del d.P.R. n. 357 del 1997, che, al comma 3, vieta espressamente la reintroduzione, l’introduzione ed il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone.

5.― Anche tale questione è fondata.

5.1.― Come già chiarito nella sentenza n. 30 del 2009 (che ha accolto il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal Presidente del Consiglio avverso delibera della Regione Veneto, autorizzativa di piani di immissione, in acque di sua competenza, di specie non autoctone, tra cui proprio la trota iridea), le disposizioni relative alla introduzione, reintroduzione e ripopolamento di specie animali, in quanto «regole di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e non solo di disciplina d’uso della risorsa ambientale-faunistica» rientrano nella competenza esclusiva statale di cui, appunto, all’articolo 117, secondo comma, lettera s), Cost.

5.2.― Nell’esercizio di tale sua competenza esclusiva, nell’apprestare cioè una «tutela piena ed adeguata», capace di assicurare la conservazione dell’ambiente per la presente e per le future generazioni, lo Stato può porre limiti invalicabili di tutela (sentenza n. 378 del 2007).

A tali limiti le Regioni devono adeguarsi nel dettare le normative d’uso dei beni ambientali, o comunque nell’esercizio di altre proprie competenze, rimanendo unicamente libere di determinare, nell’esercizio della loro potestà legislativa, limiti di tutela dell’ambiente anche più elevati di quelli statali.

5.3.― Nello specifico ambito della introduzione, reintroduzione e ripopolamento di specie animali, lo Stato italiano − in attuazione della direttiva n. 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora e della fauna selvatiche – ha esercitato la sua competenza con il richiamato art. 12, comma 3, del d.P.R. n. 357 del 1997, che vieta espressamente, in via generale ed assoluta, la introduzione e il ripopolamento in natura di «specie e popolazioni non autoctone»: divieto che, contrariamente all’assunto della resistente, la citata direttiva comunitaria, sub lettera b) del suo articolo 22, autorizza gli Stati nazionali ad adottare «ove lo ritengano necessario».

Con siffatta disciplina – che pone limiti, come detto, inderogabili dalla normativa regionale – è dunque in contrasto l’impugnata disposizione sub art. 22 della legge della Regione Marche n. 28 del 2011, che consente viceversa la immissione in corsi d’acqua della trota iridea, specie ittica alloctona, originaria della costa pacifica del continente americano.

Risultando conseguentemente così violato, dalla norma regionale, il precetto dell’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 10 della legge della Regione Marche 28 dicembre 2011, n. 28 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012/2014 della Regione – Legge finanziaria 2012);

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 22 della legge della Regione Marche n. 28 del 2011 nella parte in cui consente l’immissione nei corsi d’acqua della trota iridea.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 dicembre 2012.

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Mario Rosario MORELLI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2012.