Sentenza n. 161 del 2020

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SENTENZA N. 161

 

ANNO 2020

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Marta CARTABIA;

 

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, 3, comma 7, e 5 della legge della Regione Siciliana 7 giugno 2019, n. 8 (Norme per lo sviluppo del turismo nautico. Disciplina dei marina resort. Norme in materia di elezioni degli organi degli enti di area vasta), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 9-14 agosto 2019, depositato in cancelleria il 14 agosto 2019, iscritto al n. 90 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2019.

 

Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;

 

udito il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1) lettere a) e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data 23 giugno 2020;

 

deliberato nella camera di consiglio del 24 giugno 2020.

 

Ritenuto in fatto

 

1.− Con ricorso notificato il 9-14 agosto 2019 (iscritto al r.r. n. 90 del 2019), il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha impugnato gli artt. 1, comma 2, 2, 3, comma 7, e 5 della legge della Regione Siciliana 7 giugno 2019, n. 8 (Norme per lo sviluppo del turismo nautico. Disciplina dei marina resort. Norme in materia di elezioni degli organi degli enti di area vasta), per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

 

Le disposizioni impugnate, contenute in un più ampio corpo normativo volto alla promozione del turismo nautico nel territorio siciliano, hanno ad oggetto la disciplina dei marina resort, strutture ricettive organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno di natanti da diporto, ormeggiati in uno specchio acqueo appositamente attrezzato.

 

1.1.- Il ricorrente osserva che tali strutture sono destinate ad occupare ed utilizzare il demanio marittimo affidato ai privati in concessione; assume, pertanto, che poiché «le concessioni demaniali marittime sono assentite secondo le regole statali ispirate alle regole della concorrenza», l’intervento del legislatore regionale ricadrebbe nella materia «tutela della concorrenza», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

 

Al medesimo proposito evidenzia poi che l’art. 14, lettera n), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, attribuisce la materia del turismo alla competenza esclusiva dell’Assemblea regionale siciliana, che la esercita, tuttavia, «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato».

 

1.2.- Più in particolare, le censure del ricorrente colpiscono anzitutto l’art. 1, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2019, a mente del quale «al fine di sostenere lo sviluppo del settore del turismo nautico la Regione riconosce i marina resort, come definiti dall’articolo 2, e disciplina le modalità per il loro insediamento e le competenze sui procedimenti autorizzatori e di controllo da parte della Regione stessa e dei Comuni».

 

Il Presidente del Consiglio dei ministri assume che tale disposizione, nel rivendicare alla competenza regionale la disciplina delle modalità di insediamento dei marina resort, dei procedimenti volti ad autorizzarne l’esercizio e delle correlate funzioni di controllo, invaderebbe la competenza esclusiva dello Stato in materia di concorrenza.

 

Evidenzia, in tal senso, che in tempi recenti il legislatore statale è intervenuto sul tema delle concessioni demaniali marittime, al fine di predisporre una disciplina uniforme per tutto il territorio nazionale; la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), ha infatti previsto all’art. 1, comma 675, un generale riordino del sistema di tali concessioni, da attuarsi con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Detto decreto avrebbe provveduto, fra l’altro, alla complessiva ridefinizione del sistema concessorio, indicando specificamente le modalità di rilascio delle concessioni, individuandone i requisiti soggettivi e i criteri tecnici necessari all’ottenimento e stabilendone i termini di durata.

 

Secondo il ricorrente, pertanto, in presenza di una normativa statale che disciplina l’intera materia delle concessioni demaniali marittime in ossequio ai principi posti a tutela della concorrenza, non vi sarebbe alcuno spazio per la competenza rivendicata dal legislatore regionale con la disposizione in esame; la stessa, inoltre, finirebbe con il determinare «un’indebita situazione di disordine legislativo», assoggettando i porti turistici a diversi regimi normativi in forza del loro inquadramento come marina resort, e perciò regolando diversamente identiche forme di occupazione del demanio marittimo.

 

1.3.- Con riferimento all’art. 2, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva poi che lo stesso provvede innanzitutto a fornire la definizione di marina resort, mutuandola dalla legislazione statale, e segnatamente dall’art. 32, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164; quindi prevede che specifiche disposizioni regionali attuative debbano fissare i requisiti tecnici delle strutture in questione, definisce le caratteristiche dello specchio acqueo destinato ad ospitarle, fissa i contenuti obbligatori del servizio da prestare e riserva ad apposita deliberazione della Giunta regionale l’individuazione delle modalità di apertura ed esercizio.

 

Secondo il ricorrente, con il complesso di tali disposizioni la Regione si sarebbe riservata di regolamentare aspetti che attengono all’accesso nello specifico settore del mercato di cui trattasi, ovvero di profili già oggetto di disciplina uniforme per tutto il territorio nazionale in forza di quanto disposto dalla legge n. 145 del 2018.

 

1.4.- Ancora, il Presidente del Consiglio dei ministri impugna l’art. 3, comma 7, della citata legge reg., ove è stabilito che «le strutture già esistenti ed in attività alla data di entrata in vigore della presente legge, in possesso di tutti i requisiti […] possono, mediante comunicazione al Comune in cui sono insediate ed al dipartimento regionale delle infrastrutture, della mobilità e dei trasporti, ottenere il riconoscimento dell’attività per tutti gli effetti della presente legge».

 

Ad avviso del ricorrente, con tale disposizione verrebbero riconosciuti ad alcune imprese i requisiti abilitanti all’attività di concessionario del demanio marittimo, che devono invece essere fissati dal legislatore statale.

 

1.5.- Infine, il ricorrente estende le proprie censure all’art. 5 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2019, a mente del quale «[l]e disposizioni dei precedenti articoli trovano altresì applicazione, ove compatibili, per le attività di boat and breakfast quale struttura ricettiva all’aria aperta»; osserva, in proposito, che anche in questo caso si tratta di attività ricettiva esercitata su natanti ormeggiati, e quindi da assoggettare alla normativa statale che regola le concessioni del demanio marittimo.

 

2.- In data 19 settembre 2019 si è costituita in giudizio la Regione Siciliana, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso.

 

Al riguardo, ha evidenziato che il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dall’art. 1, comma 675, della legge n. 145 del 2018 non è stato ancora adottato, sicché le censure esposte nel ricorso avrebbero tutte natura congetturale. In ogni caso, le questioni sarebbero formulate in termini generici e privi di motivazione.

 

In subordine ha eccepito l’infondatezza del ricorso, assumendo che le disposizioni impugnate non intervengono in alcun modo sulla materia delle concessioni demaniali, ma si limitano a regolare i profili amministrativi dell’esercizio di strutture ricettive rientranti nel territorio regionale, e perciò si mantengono nell’ambito della competenza attribuita all’Assemblea regionale dall’art. 14, lettera n), dello statuto speciale.

 

3.- In prossimità dell’udienza, la Regione Siciliana ha depositato una memoria integrativa richiamando le proprie argomentazioni difensive.

 

Considerato in diritto

 

1.- Con ricorso notificato il 9-14 agosto 2019 (iscritto al r.r. n. 90 del 2019), il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, 3, comma 7, e 5 della legge della Regione Siciliana 7 giugno 2019, n. 8 (Norme per lo sviluppo del turismo nautico. Disciplina dei marina resort. Norme in materia di elezioni degli organi degli enti di area vasta).

 

Le norme impugnate concernono l’attività dei marina resort, strutture ricettive organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate in uno specchio acqueo appositamente attrezzato.

 

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, dette disposizioni, incidendo sull’occupazione e sull’utilizzo del demanio marittimo in regime di concessione, investirebbero la materia «tutela della concorrenza», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione; l’invasione di tale ambito comporterebbe altresì la violazione dell’art. 14, lettera n), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, che attribuisce la materia del turismo alla competenza esclusiva dell’Assemblea regionale siciliana «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato».

 

2.- Le quattro disposizioni impugnate sono oggetto di altrettanti, distinti motivi di censura.

 

2.1.- Il primo motivo concerne l’art. 1, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2019, ove è previsto che «[a]l fine di sostenere lo sviluppo del settore del turismo nautico la Regione riconosce i marina resort […] e disciplina le modalità per il loro insediamento e le competenze sui procedimenti autorizzatori e di controllo da parte della Regione stessa e dei Comuni».

 

Secondo il ricorrente, con tale disposizione la Regione avrebbe rivendicato a sé la disciplina dei procedimenti concessori relativi ad un settore del demanio marittimo, spettante invece in via esclusiva allo Stato; siffatta disciplina, peraltro, si sovrapporrebbe a quella già posta dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), che all’art. 1, comma 675, ha previsto, fra l’altro, l’adozione di un d.P.C.m. che fissi «i termini e le modalità per la generale revisione del sistema delle concessioni demaniali marittime».

 

2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente impugna l’intero art. 2 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2019, che contiene una definizione sintetica dei marina resort e dello specchio acqueo che questi occupano, fissa i contenuti obbligatori del servizio da prestare e riserva alla Giunta regionale l’individuazione, con apposita deliberazione, delle modalità di apertura e di esercizio delle strutture e della relativa classificazione.

 

Anche tale previsione varrebbe ad attribuire alla Regione la regolamentazione di aspetti attinenti all’accesso in un settore del mercato, riservati al legislatore statale.

 

2.3.- Il terzo motivo ha ad oggetto l’art. 3, comma 7, che consente alle strutture che già esercitino l’attività di marina resort, e siano in possesso di tutti i requisiti previsti, di ottenere il riconoscimento di tale attività, previa comunicazione al Comune in cui sono insediate.

 

Il ricorrente assume che tale disposizione attribuirebbe alla Regione il potere di fissare i requisiti abilitanti per il riconoscimento del titolo, quando la citata legge n. 145 del 2018 dispone all’art. 1, comma 680, che «[i] princìpi ed i criteri tecnici ai fini dell’assegnazione delle concessioni sulle aree demaniali marittime sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri».

 

2.4.- Infine, con il quarto ed ultimo motivo, il Presidente del Consiglio dei ministri formula le stesse censure nei confronti dell’art. 5, con il quale la legge regionale estende le previsioni relative ai marina resort ad una tipologia similare di struttura ricettiva, denominata boat and breakfast, che offre un servizio limitato al pernottamento ed alla prima colazione su natanti.

 

3.- La Regione Siciliana si è costituita in giudizio deducendo l’inammissibilità delle questioni e comunque la loro infondatezza nel merito.

 

3.1.- L’inammissibilità delle questioni, in particolare, deriverebbe dal fatto che le stesse risultano «assertivamente proposte, oltre che generiche e del tutto immotivate»; si tratterebbe, inoltre, di questioni «congetturali», in quanto volte a denunziare un contrasto con la legge statale meramente ipotetico, non essendo ancora stato adottato il d.P.C.m. attuativo della disciplina delle concessioni cui fa riferimento la legge n. 145 del 2018.

 

3.2.- L’eccezione non è fondata.

 

Come questa Corte ha più volte affermato, il ricorso in via principale deve contenere «una seppur sintetica argomentazione di merito a sostegno della richiesta declaratoria di illegittimità costituzionale della legge. In particolare, l’atto introduttivo al giudizio non può limitarsi a indicare le norme costituzionali e ordinarie, la definizione del cui rapporto di compatibilità o incompatibilità costituisce l’oggetto della questione di costituzionalità, ma deve contenere [...] anche una argomentazione di merito, sia pure sintetica, a sostegno della richiesta declaratoria di incostituzionalità, posto che l’impugnativa deve fondarsi su una motivazione adeguata e non meramente assertiva» (sentenze n. 286 del 2019 e n. 107 del 2017; nello stesso senso sentenze n. 109 del 2018, n. 64 del 2016 e n. 82 del 2015).

 

Ove, poi, venga censurata una norma regionale in quanto invasiva di un ambito di competenza legislativa esclusiva dello Stato, il ricorso deve chiarire «il meccanismo attraverso cui si realizza il preteso vulnus lamentato»; e se il vizio viene «prospettato in relazione a norme interposte specificamente richiamate è necessario evidenziare la pertinenza e la coerenza di tale richiamo rispetto al parametro evocato» (sentenza n. 232 del 2019).

 

3.3.- Le censure si pongono in linea con tali indicazioni.

 

Il ricorso espone infatti con sufficiente chiarezza i termini attraverso i quali si assume realizzata l’invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, in relazione all’attribuzione a sé, da parte della Regione, di competenze legislative attinenti alla materia «tutela della concorrenza»; è inoltre precisato il contenuto delle norme invocate quali parametro interposto (art. 1, commi da 675 a 680, della legge n. 145 del 2018), l’inerenza di queste ultime alla stessa materia ed i punti di contrasto che ne emergono dalla lettura delle norme regionali oggetto di sindacato.

 

Né rileva il fatto della mancata adozione del d.P.C.m. contenente la disciplina di dettaglio delle concessioni marittime, poiché ciò che il ricorrente denunzia, nelle norme impugnate, non è il contrasto con la legge statale, ma il semplice fatto che esse attribuiscono alla Regione competenze legislative invece spettanti esclusivamente allo Stato.

 

4.- Passando al merito delle questioni, va premesso che le disposizioni impugnate costituiscono parte di un più ampio intervento del legislatore siciliano, finalizzato allo sviluppo del turismo nautico nel territorio regionale.

 

4.1.- Tale intervento, in particolare, concerne una tipologia di struttura ricettiva, denominata “marina resort”, già contemplata dalla legge statale. L’art. 32 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive) ha infatti definito i “marina resort” come «strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle proprie unità da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato», e ne ha subordinato la configurazione come strutture ricettive all’aria aperta al rispetto di «requisiti stabiliti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sentito il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo».

 

Trattandosi di strutture ricettive realizzate sugli arenili, i “marina resort” sono destinati ad occupare il demanio marittimo; l’esercizio della relativa attività postula, dunque, il previo rilascio di apposita concessione.

 

4.2.- Secondo il consolidato orientamento di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 86 del 2019, n. 118 del 2018, n. 157 del 2017), la disciplina concernente il rilascio di concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale, sia regionale.

 

In particolare, e proprio con riferimento ai marina resort, la Corte ha osservato che la relativa disciplina, identificando una tipologia di struttura ricettiva, attiene alla materia «turismo e industria alberghiera», di competenza regionale residuale (per le Regioni ordinarie, vigendo per la Regione Siciliana la ricordata previsione di cui all’art. 14, lettera n, dello statuto speciale); tale materia, tuttavia, «presenta profili strettamente intrecciati con materie di competenza del legislatore statale», in quanto interferisce, fra l’altro, con il sistema tributario, con la regolamentazione dei porti, con la tutela della sicurezza e dell’ambiente (sentenza n. 21 del 2016).

 

È stato chiarito, inoltre, che le competenze amministrative inerenti al rilascio delle concessioni in uso di beni del demanio marittimo sono state «conferite alle Regioni in virtù di quanto previsto dall’art. 105, comma 2, lettera l), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59)», e che «[l]e funzioni relative sono esercitate, di regola, dai Comuni in forza dell’art. 42 del decreto legislativo 30 marzo 1999, n. 96 (Intervento sostitutivo del Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra regioni ed enti locali a norma dell’articolo 4, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni), rispetto ai quali le Regioni mantengono poteri di indirizzo» (sentenza n. 221 del 2018).

 

4.3.- Ferma tale premessa, questa Corte ha poi costantemente affermato che i criteri e le modalità di affidamento delle concessioni sui beni del demanio marittimo devono, comunque, essere stabiliti nel rispetto dei principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento previsti dalla normativa dell’Unione Europea e nazionale, e corrispondenti ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (sentenze n. 118 e n. 109 del 2018, n. 157 e n. 40 del 2017, n. 171 del 2013 e n. 213 del 2011); in siffatta competenza esclusiva, le pur concorrenti competenze regionali trovano così «un limite insuperabile» (fra le altre, sentenza n. 109 del 2018).

 

4.4.- Detto limite, tuttavia, non è destinato ad operare con assolutezza: il riferimento alla tutela della concorrenza non può ritenersi così pervasivo da impedire alle Regioni, in materia, ogni spazio di intervento espressivo di una correlata competenza; tale ultima, infatti, è destinata a cedere il passo alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di concorrenza soltanto quando «l’oggetto della regolazione finisca per influire sulle modalità di scelta del contraente, ove si incida sull’assetto concorrenziale dei mercati in termini tali da restringere il libero esplicarsi delle iniziative imprenditoriali» (sentenza n. 221 del 2018).

 

5.- Poste tali coordinate, si possono scrutinare le questioni nel merito.

 

5.1.- La prima questione non è fondata.

 

L’art. 1, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2019 si limita a stabilire che la Regione disciplina le modalità di insediamento dei marina resort e «le competenze sui procedimenti autorizzatori e di controllo da parte della Regione stessa e dei Comuni».

 

Si tratta, pertanto, di una disposizione meramente attributiva di una potestà regolatoria, riconducibile alle competenze amministrative inerenti all’uso dei beni del demanio marittimo, che spettano, come si è detto, alla Regione.

 

Con tale attribuzione il legislatore siciliano non ha operato alcuna incisione sui criteri e sulle modalità di affidamento delle concessioni del demanio marittimo (che, peraltro, in tale ambito devono ancora essere oggetto di specifica disciplina statale), ma si è limitato a prospettare l’esercizio delle proprie funzioni amministrative in relazione ad uno specifico settore del turismo nautico che intende promuovere nel territorio regionale; né è dato cogliere, così come sostenuto dal ricorrente, come tale disposizione possa ritenersi attributiva alla Regione della competenza a legiferare in ordine «all’accertamento e alla valutazione dei requisiti dell’operatore economico destinatario della concessione».

 

5.2.- Anche la seconda questione, che ha ad oggetto l’art. 2 nella sua interezza, non è fondata.

 

5.2.1.- Il comma 1 dell’articolo in questione si limita, infatti, a riportare la definizione di marina resort già fornita dall’art. 32, comma 1, del menzionato d.l. n. 133 del 2014.

 

Il contenuto di tale ultima disposizione è richiamato anche nel secondo comma, con il quale il legislatore regionale dispone che ai fini dell’equiparazione dei “marina resort” alle strutture ricettive all’aria aperta si debba avere riguardo ai requisiti minimi previsti dal decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 6 luglio 2016.

 

In termini non dissimili, il comma 3 descrive lo specchio acqueo in cui insistono le strutture, in relazione al quale il legislatore regionale stabilisce che esso «presenta le caratteristiche di idoneità dei fondali all’approdo previste dalla vigente disciplina statale e comunitaria», specificando che dev’essere «opportunamente attrezzato di aspiratore per le acque nere di bordo, di individuazione numerica dei posti-barca, con presenza di adeguati servizi per la pulizia giornaliera».

 

Si tratta, all’evidenza, di disposizioni aventi una mera finalità descrittiva della tipologia della struttura ricettiva, delle sue caratteristiche e del suo funzionamento; anche in tal caso, quindi, la norma va ricondotta all’esercizio delle funzioni amministrative legate alla gestione dei beni del demanio marittimo.

 

5.2.2.- Il comma 4 prescrive poi ai gestori autorizzati di assicurare all’utenza alcune prestazioni (sorveglianza della struttura, presenza continuativa del titolare o di un suo delegato, idonea informazione alla clientela delle caratteristiche marittime dello specchio acqueo e delle prescrizioni eventualmente vigenti per l’accesso e l’uscita dallo stesso).

 

Contrariamente a quanto assunto dal ricorrente, anche tale previsione si limita a descrivere il contenuto dell’attività, indicando quali siano le prestazioni caratteristiche della specifica offerta turistica, avuto particolare riguardo alle garanzie offerte all’utenza in termini di sicurezza.

 

Neppure in questo caso, pertanto, il legislatore regionale detta disposizioni che incidono sul novero dei requisiti necessari per ottenere la concessione, od interferiscono con l’assetto concorrenziale del mercato di riferimento in termini tali da restringere il libero esplicarsi delle iniziative imprenditoriali, nel senso richiamato dalla giurisprudenza più sopra menzionata.

 

5.2.3.- Analoghe considerazioni, infine, valgono per il comma 5, ove è stabilito che, entro il termine inderogabile di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la Giunta regionale provvede con apposita deliberazione a definire la classificazione e le modalità di apertura e di esercizio dei marina resort.

 

Anche tale previsione, infatti, costituisce espressione dell’esercizio di una funzione amministrativa di spettanza della Regione; alla Giunta regionale viene unicamente attribuito il compito di regolamentare le modalità di fruizione di settori degli arenili destinati ad attività turistiche, senza che ciò comporti alcun limite al rilascio di nuove concessioni o, tantomeno, incida sul contenuto di quelle già in atto.

 

5.3.- La terza questione ha ad oggetto l’art. 3, comma 7, della legge regionale impugnata, a mente del quale «[l]e strutture già esistenti ed in attività alla data di entrata in vigore della presente legge, in possesso di tutti i requisiti previsti dall'articolo 2, possono, mediante comunicazione al Comune in cui sono insediate ed al Dipartimento regionale delle infrastrutture, della mobilità e dei trasporti, ottenere il riconoscimento dell’attività per tutti gli effetti di cui alla presente legge».

 

Si tratta di una previsione riferita ai soggetti che sono già titolari di una concessione demaniale ed esercitano nel territorio siciliano l’attività di marina resort.

 

Di tali attività, il legislatore regionale si prefigge dunque l’obiettivo di una rapida regolarizzazione sul piano amministrativo, in modo da conformarle alla disciplina appena introdotta, all’evidente fine di valorizzare la corrispondente offerta ricettiva e, conseguentemente, di favorire lo sviluppo del settore turistico di pertinenza.

 

La norma impugnata, pertanto, non incide sui requisiti per l’ottenimento della concessione, ed è estranea all’ambito dei criteri e delle modalità di affidamento delle concessioni che connota la sfera di competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza.

 

Anche tale questione è, dunque, non fondata.

 

5.4.- Il giudizio di infondatezza delle prime tre questioni si riverbera, inevitabilmente, sulla quarta ed ultima, poiché con essa il ricorrente si limita a riproporre le considerazioni già svolte anche con riferimento all’art. 5 della legge regionale impugnata, che estende le previsioni concernenti i marina resort ai boat and breakfast.

 

Le questioni sollevate con il ricorso sono, pertanto, tutte complessivamente non fondate.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, 3, comma 7, e 5 della legge della Regione Siciliana 7 giugno 2019, n. 8 (Norme per lo sviluppo del turismo nautico. Disciplina dei marina resort. Norme in materia di elezioni degli organi degli enti di area vasta), promosse, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei Ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2020.

 

F.to:

 

Marta CARTABIA, Presidente

 

Augusto Antonio BARBERA, Redattore

 

Roberto MILANA, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2020.