SENTENZA N. 232
ANNO 2019
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giorgio
LATTANZI;
Giudici: Aldo CAROSI,
Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,
Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio
BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nel giudizio di
legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 6, della legge
della Regione Sardegna 5 novembre 2018, n. 40 (Disposizioni finanziarie e
seconda variazione al bilancio 2018-2020), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 7-16 gennaio 2019,
depositato in cancelleria il 15 gennaio
2019, iscritto al n. 2 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2019.
Visto l’atto di
costituzione della Regione autonoma Sardegna;
udito nell’udienza pubblica
dell’8 ottobre 2019 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;
uditi l’avvocato dello
Stato Francesca Morici per il Presidente del Consiglio dei ministri e
l’avvocato Mattia Pani per la Regione autonoma Sardegna.
Ritenuto
in fatto
1.– Con ricorso
notificato il 7-16 gennaio 2019 e depositato il 15 gennaio 2019 (reg. ric. n. 2
del 2019), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 6, comma 6, della legge della Regione Sardegna 5
novembre 2018, n. 40 (Disposizioni finanziarie e seconda variazione al bilancio
2018-2020), in riferimento all’art. 3, primo comma, lettera a), della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), e
agli artt. 3 e 117, secondo comma,
lettera l), della Costituzione, in relazione all’art. 23, comma 2, del decreto
legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera
a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g),
h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in
materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche».
2.– Il Presidente del
Consiglio rappresenta che la norma impugnata, al fine di omogeneizzare i
trattamenti retributivi dei dipendenti dell’Agenzia forestale regionale per lo
sviluppo del territorio e l’ambiente della Sardegna (FoReSTAS)
con quelli del personale del comparto di contrattazione regionale, ha
incrementato le risorse da destinare alla contrattazione collettiva integrativa
nel triennio 2016-2018, senza distinguere tra trattamenti di natura
fondamentale e accessoria; in tal modo il legislatore regionale, eccedendo la
competenza legislativa attribuitagli dall’art. 3, comma 1, lettera a), dello
statuto reg. Sardegna e in violazione del principio di uguaglianza, avrebbe
invaso la competenza esclusiva del legislatore nazionale in materia di
ordinamento civile per la possibile incidenza della norma impugnata sulla
contrattazione collettiva e si sarebbe posto in contrasto con l’art. 23 del
d.lgs. n. 75 del 2017, che impone il contenimento del salario accessorio nei
limiti di quello goduto nell’anno 2016.
3.– La difesa dello
Stato ricorda che la disciplina del lavoro pubblico, ivi compreso il
trattamento economico, rientra nella materia dell’ordinamento civile di
competenza del legislatore statale e da questo è stata demandata alla
contrattazione collettiva, e deduce che, per esigenze di uniformità di tutela
su tutto il territorio nazionale, il principio di riserva di contrattazione si
impone, quale norma fondamentale di riforma economico-sociale, anche alle
Regioni ad autonomia speciale, e quindi alla Regione autonoma Sardegna, pur a
fronte di competenze legislative statutarie in materia di stato giuridico ed
economico del personale.
4.– Il Presidente del
Consiglio prosegue rappresentando che, ai sensi del combinato disposto degli
artt. 40 e 45 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche),
spetta alla contrattazione collettiva integrativa la definizione dei
trattamenti economici accessori, purché ciò avvenga nel rispetto dei vincoli di
bilancio e dei limiti derivanti dalla legge statale.
Tra tali limiti viene
in rilievo l’art. 23 del d.lgs. n. 75 del 2017, che individua, quale limite
alle risorse stanziabili per il trattamento accessorio dei dipendenti pubblici,
l’importo stanziato per l’anno 2016.
5.– L’incremento delle
risorse da destinare alla contrattazione integrativa, apportato dalla legge
impugnata, è stato disposto per omogeneizzare i trattamenti economici dei
dipendenti di FoReSTAS con quelli del personale del
comparto di contrattazione regionale, per il quale è stato sottoscritto il
contratto collettivo regionale di lavoro, relativo al triennio 2016-2018,
certificato dalla Corte dei Conti.
La difesa dello Stato
sottolinea che spetta alla contrattazione collettiva (nella specie quella della
Regione ad autonomia speciale) disporre le modalità di utilizzo delle risorse e
individuare i limiti finanziari entro cui deve svolgersi la contrattazione
integrativa, nel rispetto dei limiti stabiliti dalla stessa contrattazione
collettiva di primo livello, dei parametri di virtuosità fissati per le spese
del personale dalle vigenti disposizioni e, comunque, nel rispetto degli
obiettivi di finanza pubblica e di strumenti analoghi di contenimento della
spesa.
D’altro canto, prosegue
l’Avvocatura dello Stato, come ribadito dalla Corte dei conti, sezione
Lombardia, con il parere 28 marzo 2013, n. 137, lo stanziamento di risorse
aggiuntive per la contrattazione decentrata può essere effettuato con legge
regionale soltanto se vi sia una clausola di rinvio statale che abiliti
espressamente il legislatore regionale ad intervenire.
6.– In tale complesso
sistema di fonti e a fronte del limite imposto all’aumento delle risorse
destinate al trattamento accessorio dall’art. 23 del d.lgs
n. 75 del 2017, la legge regionale oggetto di impugnazione, non prevedendo
alcun limite allo stanziamento per i trattamenti accessori e non richiamando i
limiti posti dalla normativa statale, avrebbe violato l’art. 117, secondo
comma, lettera l), Cost., che attribuisce al legislatore nazionale la
competenza esclusiva in materia di «ordinamento civile», nonché l’art. 3 Cost.,
per la disparità di trattamento economico che deriverebbe al personale
interessato, sia rispetto al restante personale della Regione che al personale
di altre Regioni.
7.– Con atto depositato
il 25 febbraio 2019 si è costituita la resistente chiedendo il rigetto delle
questioni prospettate; con successiva memoria del 30 aprile 2019 la Regione
autonoma Sardegna ha dedotto l’inammissibilità delle questioni per mancata
considerazione delle norme statutarie attributive della competenza legislativa
primaria in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi
della Regione e stato giuridico ed economico del personale» (art. 3, primo
comma, lettera a, dello statuto reg. Sardegna), non essendo condivisibile
quanto asserito dalla difesa statale in ordine al fatto che la materia dei
trattamenti economici dei pubblici dipendenti è regolata dalla legge statale e
dalla contrattazione collettiva e, solo se da esse previsto, dalla
contrattazione decentrata e dalla normativa regionale.
Così ragionando,
secondo la Regione autonoma, si ridurrebbe la competenza primaria statutaria ad
una mera potestà legislativa concorrente o residuale; la competenza legislativa
statale in materia, invece, andrebbe intesa come mera riserva sui principi e
sulle regole fondamentali di diritto civile, mentre il legislatore regionale
resterebbe libero, per il resto, di disciplinare i profili privatistici
rientranti nelle materie di propria competenza.
Quale ulteriore vizio
di inammissibilità, la resistente ha dedotto il difetto di interesse dello
Stato a censurare la norma in esame e il difetto di motivazione in ordine al
suddetto interesse.
Secondo la Regione
autonoma Sardegna non sarebbe chiaro il motivo per cui lo Stato abbia impugnato
la norma regionale, poiché essa ha provveduto a dare attuazione all’obiettivo
di omogeneizzare i trattamenti economici del personale di FoReSTAS
con il restante personale della Regione, delle Agenzie e degli enti regionali
strumentali; tale omogeneizzazione, intervenuta dopo e in conformità alla
sottoscrizione del contratto collettivo regionale di lavoro relativo al
triennio 2016-2018, certificato dalla sezione di controllo della Corte dei
conti, garantirebbe, invece, l’uniformità dei trattamenti retributivi nel
rispetto del principio di uguaglianza.
Le questioni prospettate
sarebbero, quindi, inammissibili per difetto di motivazione, non essendo chiara
la ragione della contestazione e non essendo sufficiente la mera enunciazione
delle norme costituzionali che si assumono violate, senza l’esplicitazione di
un’adeguata motivazione a sostegno dell’impugnazione.
8.– Nel merito la
resistente ha eccepito l’infondatezza del ricorso poiché la legge regionale si
è limitata a intervenire sul trattamento di base dei dipendenti di FoReSTAS, per omogeneizzarlo rispetto a quello degli altri
dipendenti regionali, senza alcuna ricaduta sui trattamenti accessori, non
essendovi prova che le somme stanziate siano destinate ad incrementarli.
In particolare, la
legge impugnata avrebbe dato attuazione alla previsione di cui all’art. 51
della legge della Regione Sardegna 26 aprile 2016, n. 8 (Legge forestale della
Sardegna), per effetto della quale le risorse da destinare alla contrattazione
collettiva dei dipendenti dell’Agenzia forestale sono determinate con apposita
norma regionale.
L’art. 6, comma 6,
della legge reg. Sardegna n. 40 del 2018 avrebbe provveduto a stanziare tali
risorse tenendo conto del fatto che al personale di FoReSTAS,
ai sensi dell’art. 48, comma 2, della stessa legge reg. Sardegna n. 8 del 2016,
si applicava il contratto collettivo nazionale degli operai forestali e
impiegati agricoli, ma che con l’inquadramento di tale personale in quello del
“Sistema Regione”, che include tutti i dipendenti regionali, vi era l’esigenza
di stanziare risorse per garantire l’omogeneizzazione dei trattamenti
retributivi di base (inquadramento che di fatto è avvenuto con la successiva
legge della Regione autonoma Sardegna 19 novembre 2018, n. 43, recante «Norme
in materia di inquadramento del personale dell’Agenzia FoReSTAS»,
non citata dalla Regione).
9.– Con successiva
memoria del 17 settembre 2019 il Presidente del Consiglio ha contestato i
motivi di inammissibilità dedotti dalla resistente e ha ribadito le medesime
argomentazioni di merito sviluppate nel ricorso, senza replicare in ordine all’inserimento
del personale di FoReSTAS nel comparto unico
regionale.
Considerato
in diritto
1.– Il Presidente del
Consiglio dei ministri ha promosso – in riferimento all’art. 3, primo comma,
lettera a), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale
per la Sardegna), e agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), della
Costituzione – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 6,
della legge della Regione Sardegna 5 novembre 2018, n. 40 (Disposizioni
finanziarie e seconda variazione al bilancio 2018-2020) che, al fine di
omogeneizzare i trattamenti retributivi dei dipendenti dell’Agenzia forestale
regionale per lo sviluppo del territorio e l’ambiente della Sardegna (FoReSTAS) con quelli del personale di comparto di contrattazione
regionale, ha incrementato «di euro 1.000.000», a decorrere dall’anno 2018, le
risorse da destinare alla contrattazione collettiva integrativa del personale
di FoReSTAS, nel triennio 2016-2018.
2.– Nel ricorso statale
si censura l’incremento delle risorse destinate alla contrattazione integrativa
dei dipendenti di FoReSTAS poiché, mancando la
precisazione in ordine alla destinazione delle somme, alla componente fissa o
accessoria della retribuzione, sarebbe possibile un incremento del trattamento
accessorio di questo personale, senza il rispetto dei limiti posti dall’art.
23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche
e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli
articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1,
lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7
agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni
pubbliche», e in violazione del principio di riserva di contrattazione
collettiva nel pubblico impiego, previsto dal legislatore statale
nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di ordinamento civile.
3.– Le questioni sono
inammissibili.
4.– Il ricorso avverso
una norma regionale che arrechi pregiudizio alle attribuzioni statali,
invadendo materie rientranti nelle competenze legislative esclusive dello
Stato, deve essere adeguatamente motivato e, a supporto delle censure
prospettate, deve chiarire il meccanismo attraverso cui si realizza il preteso
vulnus lamentato; quando il vizio sia prospettato in relazione a norme
interposte specificamente richiamate è necessario evidenziare la pertinenza e
la coerenza di tale richiamo rispetto al parametro evocato.
Nel caso in cui difetti
un adeguato impianto argomentativo, questa Corte può rilevare, d’ufficio,
l’inammissibilità delle censure per genericità e insufficiente motivazione
circa l’asserito contrasto con il parametro interposto (ex multis,
sentenze n. 196
del 2017, ordinanza
n. 201 del 2017).
5.– Tale è la
situazione che si configura nel caso di specie.
Innanzitutto, il
Presidente del Consiglio lamenta l’asserita lesione della competenza del
legislatore statale in materia di «ordinamento civile», attribuitagli in via
esclusiva dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che sarebbe incisa
dalla impugnata norma sarda, la quale incrementa il fondo per l’erogazione dei
trattamenti accessori dei dipendenti di FoReSTAS, al
fine della omogeneizzazione del loro trattamento con tutto il personale
regionale.
L’invasione della
competenza statale nella materia «ordinamento civile» si configura ogni qual
volta il legislatore regionale, sostituendosi al contratto collettivo, regoli
direttamente un aspetto della retribuzione, poiché, nell’esercizio della
propria competenza esclusiva, il legislatore nazionale ha riservato al
contratto collettivo l’attribuzione del trattamento economico, fondamentale e
accessorio, del personale pubblico (art. 2, comma 3, e art. 45 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull’ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»).
La necessità di una
disciplina unitaria dei rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica
amministrazione si è imposta a seguito della privatizzazione del pubblico
impiego e della conseguente esigenza di un trattamento uniforme di tali tipi di
rapporti; in tale prospettiva questa Corte ha precisato che «i princípi fissati dalla legge statale in materia
costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa
al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel
territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i
rapporti fra privati e, come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto
speciale» (sentenza
n. 189 del 2007).
Tra tali principi
rientra, per espresso dettato normativo, il principio di riserva di
contrattazione collettiva, con la conseguenza che qualunque norma regionale che
intenda sostituirsi alla negoziazione delle parti, quale imprescindibile fonte
di disciplina del rapporto, comporta un’illegittima intrusione nella sfera di
attribuzione del legislatore nazionale.
6.– Ma,
contraddittoriamente, la difesa erariale poggia la propria argomentazione sul
mancato richiamo dell’art. 23 del d.lgs. n. 75 del 2017, che pone un limite
alle somme stanziabili per l’erogazione del trattamento accessorio dei
dipendenti regionali, solo presuntivamente superato e, comunque, riferito alla
futura conseguenziale negoziazione contrattuale, senza spiegare come ciò avrebbe
inciso sull’ordinamento civile.
Pertanto, non si può
non rilevare l’incertezza dei parametri evocati dalla difesa dello Stato con
riferimento ad una normativa regionale in piena evoluzione, come dimostrato
dalla successiva e pressoché contemporanea legge della Regione autonoma
Sardegna 19 novembre 2018, n. 43, recante «Norme in materia di inquadramento
del personale dell’Agenzia FoReSTAS», che ha inserito
a tutti gli effetti il personale di FoReSTAS nel
comparto del personale regionale.
In conclusione, la
motivazione appare perplessa per l’incoerenza della norma interposta rispetto
ai parametri evocati e, quindi, va ritenuta l’inammissibilità delle questioni
di costituzionalità.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili
le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 6, della legge
della Regione Sardegna 5 novembre 2018, n. 40 (Disposizioni finanziarie e
seconda variazione al bilancio 2018-2020), promosse dal Presidente del
Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 3, primo comma, lettera a),
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la
Sardegna), e agli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione,
in relazione all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.
75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d)
ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s)
e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche», con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 ottobre
2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI,
Presidente
Giulio PROSPERETTI,
Redattore
Roberto MILANA,
Cancelliere
Depositata in
Cancelleria il 13 novembre 2019.