Ordinanza n. 168 del 2017

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ORDINANZA N. 168

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                           GROSSI                                            Presidente

-           Giorgio                        LATTANZI                                        Giudice

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                              ”

-           Mario Rosario             MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                             ”

-           Giuliano                      AMATO                                                   ”

-           Silvana                        SCIARRA                                                 ”

-           Daria                            de PRETIS                                                ”

-           Nicolò                          ZANON                                                    ”

-           Franco                         MODUGNO                                             ”

-           Augusto Antonio         BARBERA                                               ”

-           Giulio                          PROSPERETTI                                        ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), promosso dal Tribunale ordinario di Ancona, nel procedimento penale a carico di M. G., con ordinanza del 23 febbraio 2015, iscritta al n. 1 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 giugno 2017 il Giudice relatore Franco Modugno.

Ritenuto che, con ordinanza del 23 febbraio 2015, il Tribunale ordinario di Ancona, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore a euro 50.000 per ciascun periodo d’imposta, anziché a euro 103.291,38;

che il giudice a quo riferisce di essere investito del processo penale nei confronti di una persona imputata del reato previsto dalla norma censurata, per aver omesso di versare, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta (e, dunque, entro il 31 luglio 2008), ritenute alla fonte certificate relative a emolumenti erogati nell’anno d’imposta 2007 per un importo complessivo di euro 59.565: donde la rilevanza della questione;

che quanto, poi, alla non manifesta infondatezza, il rimettente osserva come, con la sentenza n. 80 del 2014, la Corte costituzionale abbia dichiarato costituzionalmente illegittimo, in riferimento all’art. 3 Cost., l’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000, nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, puniva l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, a euro 103.291,38;

che la Corte ha ritenuto, in specie, lesiva del principio di eguaglianza la previsione, per il delitto di omesso versamento dell’IVA, di una soglia di punibilità (euro 50.000) inferiore a quelle stabilite per la dichiarazione infedele e l’omessa dichiarazione dagli artt. 4 e 5 del medesimo decreto legislativo (rispettivamente, euro 103.291,38 ed euro 77.468,53), prima della loro modifica in diminuzione a opera dal decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, in legge 14 settembre 2011, n. 148: modifica operante, per espressa previsione normativa, in rapporto ai soli fatti commessi dopo il 17 settembre 2011;

che in questo modo, infatti, veniva riservato un trattamento deteriore a comportamenti di evasione tributaria meno insidiosi e lesivi degli interessi del fisco, attenendo l’omesso versamento a somme di cui lo stesso contribuente si era riconosciuto debitore nella dichiarazione annuale dell’IVA;

che, ad avviso del giudice a quo, la medesima conclusione si imporrebbe anche in rapporto al delitto di omesso versamento di ritenute certificate;

che le figure criminose di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000 presenterebbero, infatti, una struttura del tutto simile, essendo entrambe reati omissivi propri, istantanei, di mera condotta e a dolo generico, volti a tutelare l’interesse dell’erario alla riscossione delle somme «dovute dal contribuente, così come autoliquidate o certificate dal medesimo»;

che l’art. 10-ter richiama, d’altra parte, espressamente l’art. 10-bis in relazione, sia alla pena, sia alla soglia di punibilità, a dimostrazione del fatto che il legislatore ha considerato dette fattispecie di pari gravità;

che la quantificazione in 50.000 euro, anziché in 103.291,38 euro, della soglia di punibilità del delitto in questione, quanto ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, violerebbe quindi l’art. 3 Cost., sia con riferimento alle soglie di punibilità previste dagli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 74 del 2000, prima della riforma introdotta con il d.l. n. 138 del 2011, sia con riferimento alla soglia stabilita dall’art. 10-ter del medesimo decreto legislativo, quale risultante a seguito della richiamata sentenza n. 80 del 2014;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per insufficiente descrizione della fattispecie concreta e difetto di motivazione sulla rilevanza, oppure, in subordine, infondata.

Considerato che il Tribunale ordinario di Ancona dubita, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare non superiore a euro 103.291,38;

che, successivamente all’ordinanza di rimessione, è intervenuto il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23), il cui art. 7 ha modificato la norma censurata;

che la novella del 2015 ha previsto che le ritenute, il cui omesso versamento assume rilievo penale, possano risultare, oltre che dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, anche dalla dichiarazione di sostituto d’imposta (donde il nuovo nomen iuris del reato, risultante dalla rubrica, di «Omesso versamento di ritenute dovute o certificate»), innalzando, al tempo stesso – per quanto qui più interessa – la soglia di punibilità dell’illecito dai precedenti 50.000 euro a 150.000 euro per ciascun periodo d’imposta: dunque, a un importo più elevato di quello che il giudice a quo ha chiesto a questa Corte di introdurre, con riguardo ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011;

che, conformemente a quanto è già avvenuto per analoghe questioni (ordinanze n. 141 del 2017, n. 230, n. 229, n. 89 e n. 14 del 2016, n. 256 del 2015), va quindi disposta la restituzione degli atti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione sollevata alla luce dello ius superveniens.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Tribunale ordinario di Ancona.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Franco MODUGNO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2017.