Ordinanza n. 14 del 2016

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ORDINANZA N. 14

ANNO 2016

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alessandro                 CRISCUOLO                        Presidente

-           Giuseppe                    FRIGO                                     Giudice

-           Paolo                          GROSSI                                        ”

-           Giorgio                       LATTANZI                                   ”

-           Aldo                           CAROSI                                        ”

-           Marta                          CARTABIA                                  ”

-           Mario Rosario             MORELLI                                     ”

-           Giancarlo                    CORAGGIO                                 ”

-           Giuliano                      AMATO                                        ”

-           Silvana                        SCIARRA                                     ”

-           Daria                           de PRETIS                                     ”

-           Nicolò                         ZANON                                         ”

-           Franco                        MODUGNO                                  ”

-           Augusto Antonio       BARBERA                                    ”

-           Giulio                         PROSPERETTI                             ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), aggiunto dall’art. 1, comma 414, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», promossi dal Tribunale ordinario di Cosenza con ordinanza del 20 gennaio 2015, dal Tribunale ordinario di Lecco con ordinanza del 28 novembre 2014 e dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Milano con ordinanza del 2 febbraio 2015, rispettivamente iscritte ai nn. 104, 110 e 116 del registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 23, 24 e 25, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 2016 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Ritenuto che, con ordinanza del 20 gennaio 2015 (r.o. n. 104 del 2015), il Tribunale ordinario di Cosenza, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore ad euro 50.000 per ciascun periodo d’imposta, anziché ad euro 103.291,38;

che il giudice a quo premette di essere investito del processo penale nei confronti di una persona imputata del delitto previsto dalla norma censurata, per non aver versato, in relazione all’anno d’imposta 2008, e dunque con consumazione del reato al 30 settembre 2009, ritenute certificate per un ammontare di euro 88.444: di qui, dunque, la rilevanza della questione;

che quanto, poi, alla non manifesta infondatezza, il rimettente osserva che, con la sentenza n. 80 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000 nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, puniva l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38;

che la disparità di trattamento venutasi in tal modo a creare tra i delitti di omesso versamento dell’IVA e di omesso versamento di ritenute certificate – per il quale continua ad essere invece prevista una soglia di punibilità di 50.000 euro per periodo d’imposta, anche quanto ai fatti anteriori alla suddetta data – non potrebbe essere giustificata, ad avviso del giudice a quo, con la diversa natura del debito tributario inadempiuto;

che le figure criminose considerate risulterebbero, infatti, strutturalmente identiche: l’art. 10-ter richiama, ai fini della determinazione tanto della soglia di punibilità che della pena, il precedente art. 10-bis, a dimostrazione di una valutazione legislativa di piena equivalenza delle condotte incriminate; il che renderebbe logicamente inspiegabile la discrepanza di regime riscontrabile, quanto alla soglia di punibilità, per i fatti commessi sino al 17 settembre 2011;

che per altro verso, poi, le considerazioni che hanno portato alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000 risulterebbero estensibili anche al reato in esame;

che la Corte costituzionale ha ritenuto, in specie, lesiva del principio di eguaglianza la previsione, per il delitto di omesso versamento dell’IVA, di una soglia di punibilità (euro 50.000) inferiore a quelle stabilite per la dichiarazione infedele e l’omessa dichiarazione dagli artt. 4 e 5 del medesimo decreto legislativo (rispettivamente, euro 103.291,38 ed euro 77.468,53), prima della loro modifica in diminuzione ad opera del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148; modifica operante, per espressa previsione normativa, in rapporto ai soli fatti commessi dopo il 17 settembre 2011;

che in questo modo, infatti, veniva riservato un trattamento deteriore a comportamenti di evasione tributaria meno insidiosi e lesivi degli interessi del fisco, attenendo l’omesso versamento a somme di cui lo stesso contribuente si era riconosciuto debitore nella dichiarazione annuale dell’IVA;

che, a parere del rimettente, la medesima incongruenza si riscontrerebbe anche in rapporto al delitto di omesso versamento di ritenute certificate;

che analoga questione è stata sollevata dal Tribunale ordinario di Lecco, in composizione monocratica, con ordinanza del 28 novembre 2014 (r.o. n. 110 del 2015);

che il giudice a quo riferisce di essere chiamato a giudicare una persona imputata del reato di cui all’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, per aver omesso di versare, entro il termine per la dichiarazione annuale di sostituto d’imposta, ritenute certificate per un importo di euro 71.172 in relazione all’anno di imposta 2006;

che, secondo il Tribunale rimettente, gli argomenti posti a fondamento della sentenza n. 80 del 2014 varrebbero in pari modo per il delitto di omesso versamento di ritenute certificate, tenuto conto della struttura del tutto simile dei reati previsti dagli artt. 10-bis e 10-ter del citato decreto legislativo;

che con ordinanza del 2 febbraio 2015 (r.o. n. 116 del 2015), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Milano dubita nei medesimi termini della legittimità costituzionale dell’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000;

che il rimettente premette che nel giudizio a quo l’imputato è chiamato a rispondere del delitto previsto dalla norma censurata per aver omesso di versare, in relazione all’anno d’imposta 2010, e quindi con consumazione del reato al 31 luglio 2011, ritenute alla fonte per l’importo complessivo di euro 74.811;

che il giudice a quo reputa del tutto ingiustificata la disparità di trattamento in punto di soglia di punibilità, determinatasi a seguito della sentenza n. 80 del 2014, tra i reati di omesso versamento dell’IVA e di omesso versamento di ritenute certificate, quanto ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, svolgendo considerazioni sostanzialmente identiche a quelle prospettate nell’ordinanza di rimessione del Tribunale ordinario di Cosenza;

che è intervenuto in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o, in subordine, manifestamente infondate (quanto alle questioni sollevate dalle ordinanze r.o. n. 104 e n. 110 del 2015) o infondate (quanto alla questione sollevata dall’ordinanza r.o. n. 116 del 2015).

Considerato che i Tribunali ordinari di Cosenza e di Lecco e il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Milano dubitano della legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore ad euro 50.000 per ciascun periodo d’imposta, anziché ad euro 103.291,38;

che le ordinanze di rimessione sollevano questioni identiche o analoghe, sicché i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con unica decisione;

che successivamente alle ordinanze di rimessione è intervenuto il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2015, serie generale n. 233, supplemento ordinario n. 55, che ha apportato un ampio complesso di modifiche al sistema sanzionatorio tributario, tanto penale che amministrativo;

che l’applicazione della nuova disciplina è stata differita al 1° gennaio 2017 unicamente in rapporto alle disposizioni del Titolo II, attinenti alle sanzioni amministrative (art. 32, comma 1, del d.lgs. n. 158 del 2015): sicché le nuove norme penali sono entrate in vigore il 22 ottobre 2015, decorso l’ordinario termine di vacatio legis;

che, nel quadro degli interventi di revisione del sistema sanzionatorio penale, l’art. 7 del citato decreto legislativo ha modificato anche la norma censurata, stabilendo, per un verso, che le ritenute, il cui omesso versamento assume rilievo penale, possano risultare, oltre che dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, anche dalla dichiarazione di sostituto d’imposta (donde il nuovo nomen iuris del reato, risultante dalla rubrica, di «Omesso versamento di ritenute dovute o certificate»), e innalzando, al tempo stesso – per quanto qui più interessa – la soglia di punibilità dell’illecito dai precedenti 50.000 euro a 150.000 euro per ciascun periodo d’imposta: dunque, ad un importo più elevato di quello che i giudici rimettenti hanno chiesto a questa Corte di introdurre, con riguardo ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011;

che – in conformità a quanto già deciso dalla Corte in rapporto a similari questioni (ordinanza n. 256 del 2015) – va quindi disposta la restituzione degli atti ai giudici a quibus, per una nuova valutazione in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate alla luce del mutato quadro normativo.

Visto l’art. 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti ai Tribunali ordinari di Cosenza e di Lecco e al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Milano.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2016.

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Giuseppe FRIGO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 29 gennaio 2016.