SENTENZA N. 107
ANNO 2016
Commento alla decisione di
I. Camilla Buzzacchi, Il
«custode della finanza pubblica allargata» e gli oneri della potestà di
coordinamento, per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali
II. Loredana Mollica Poeta, L’obbligatorietà
dell’esercizio dell’azione per violazione dell’art. 81 Cost. Riflessioni a
margine di Corte cost., sent.
n. 107 del 2016, per g.c. dell’Osservatorio costituzionale AIC
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de
PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6
della legge
della Regione Molise 22 dicembre 2014, n. 25 (Assestamento del bilancio di
previsione della Regione Molise per l’esercizio finanziario 2014, ai sensi
della legge regionale n. 4/2002, articolo 33), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 20-24 febbraio 2015, depositato in cancelleria il 24 febbraio
2015 ed iscritto al n. 28 del registro ricorsi 2015.
Visto l’atto di costituzione della Regione Molise;
udito nell’udienza pubblica del 19 aprile 2016 il Giudice
relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il
Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Antonio Galasso e Claudia Angiolini per la Regione Molise.
Ritenuto in
fatto
1.– Il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha
promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge della
Regione Molise 22 dicembre 2014, n. 25 (Assestamento del bilancio di previsione
della Regione Molise per l’esercizio finanziario 2014, ai sensi della legge
regionale n. 4/2002, articolo 33), per violazione dell’art. 117, terzo comma,
della Costituzione, in relazione all’art. 15 del decreto legislativo 28
marzo 2000, n. 76 (Princìpi fondamentali e norme di coordinamento in materia di
bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma
4, della L. 25 giugno 1999, n. 208), e dell’art. 81, terzo comma,
Cost.
Espone il ricorrente che con la legge
regionale n. 25 del 2014 la Regione Molise ha emanato in data 22 dicembre 2014
le disposizioni in tema di misure di assestamento del bilancio di previsione
per l’esercizio finanziario 2014.
In particolare, l’art. 6 della suddetta
legge, rubricato «Disavanzo di amministrazione alla chiusura dell’esercizio
2013, relativo ad anni pregressi», dispone: «Il disavanzo finanziario alla
chiusura dell’esercizio finanziario 2013, pari a euro 60.423.952,35 è
riassorbito nell’anno 2014 per euro 2.423.952,35 e nel decennio 2015-2024 con
importi annui pari ad euro 5.800.000,00, salvo rideterminazione dello stesso
negli anni successivi prossimi».
L’art. 15 del d.lgs. n. 76 del 2000 –
abrogato, a decorrere dal l° gennaio 2015 – disponeva: «Entro il 30 giugno di
ogni anno la regione approva con legge l’assestamento del bilancio, mediante il
quale si provvede all’aggiornamento degli elementi di cui alla lettera a), del comma 3, dell’articolo 4, ed al
comma 5, dello stesso articolo, nonché alle variazioni che si ritengono
opportune, fermi restando i vincoli di cui all’articolo 5».
L’art. 5 del d.lgs. n. 76 del 2000,
intitolato «Equilibrio del bilancio», prevede: «1. In ciascun bilancio annuale
il totale dei pagamenti autorizzati non può essere superiore al totale delle
entrate di cui si prevede la riscossione sommato alla presunta giacenza
iniziale di cassa. 2. Il totale delle spese di cui si autorizza l’impegno può
essere superiore al totale delle entrate che si prevede di accertare nel
medesimo esercizio, purché il relativo disavanzo sia coperto da mutui e altre
forme di indebitamente autorizzati con la legge di approvazione del bilancio
nei limiti di cui all’articolo 23».
Secondo il Presidente del Consiglio dei
ministri con la norma impugnata la Regione Molise avrebbe ecceduto dalla
propria competenza in violazione della normativa costituzionale.
Rammenta l’Avvocatura dello Stato che la
Corte costituzionale ha espressamente affermato che: «il coordinamento della
finanza pubblica attiene soprattutto al rispetto delle regole di convergenza e
di stabilità dei conti pubblici, regole provenienti sia dall’ordinamento
comunitario che da quello nazionale. In particolare, il patto di stabilità
interno (art. 24 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante “Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2002” e successive modifiche) stabilisce, tra l’altro, che, ai fini
del concorso degli enti territoriali al rispetto degli obblighi comunitari
della Repubblica ed alla conseguente realizzazione degli obiettivi di finanza
pubblica, il disavanzo di ciascun ente territoriale non può superare
determinati limiti, fissati dalle leggi finanziarie e di stabilità che si sono
succedute a partire dal 2002 (ex multis
sentenza […] n.
36 del 2004). Gli obiettivi finanziari in questione vengono pertanto
accertati attraverso il consolidamento delle risultanze dei conti pubblici in
quella prospettiva che è stata definita di “finanza pubblica allargata” (sentenze n. 267 del
2006 e n.
425 del 2004)» (sentenza n. 138 del
2013).
Quindi, si prosegue, “modalità non
corrette” di redazione, da parte delle Regioni, di norme attinenti al bilancio
potrebbero costituire strumento di violazione degli obblighi inerenti al rispetto
dei canoni della sana gestione finanziaria, come tutelati dal precetto
costituzionale invocato, e cioè dall’art. l17, terzo comma, Cost. e dalla norma interposta, che sarebbe rappresentata nel caso
in esame dall’art. 15 del d.lgs. n. 76 del 2000, il quale a sua volta richiama
l’art. 5 del medesimo decreto legislativo.
Il Presidente del Consiglio dei ministri
ritiene inoltre violato anche l’art. 81, terzo comma, Cost.,
laddove dispone che «[o]gni legge che importi nuovi o
maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte». La norma impugnata, nel
rinviare ad esercizi successivi al 2014 la copertura del disavanzo finanziario
2013, determinerebbe infatti un ampliamento della capacità di spesa del
bilancio 2014, privo, di fatto, di copertura finanziaria.
2.– Si è costituita in giudizio la Regione Molise,
chiedendo il rigetto del ricorso.
Premette la resistente che la Giunta
regionale, con proprie deliberazioni n. 374 del 2013 e n. 6 del 2014 ha
disposto un riaccertamento straordinario dei residui
attivi sulle annualità 2011 e 2012. Tale operazione di riaccertamento,
avvenuto anche a seguito dei controlli ispettivi predisposti dal Ministero
dell’economia e delle finanze (MEF) relativamente ai dati contabili del periodo
2008-2012, ha portato alla cancellazione di euro 55.044.290,67 nella redazione
del rendiconto generale 2011 e di euro 5.709.197,49 riferiti all’annualità
2012, per un totale di euro 60.753.488,16 di residui attivi cancellati.
Detta situazione ha contribuito a
determinare il disavanzo per l’esercizio finanziario 2013 nella misura di euro
60.423.952,35. Nell’approvare l’assestamento di bilancio di previsione per
l’esercizio finanziario 2014, la Regione Molise ha disposto con l’art. 6 della
legge regionale n. 25 del 2014 che «Il disavanzo finanziario alla chiusura
dell’esercizio finanziario 2013, pari ad euro 60.423.952,35 è riassorbito
nell’anno 2014 per euro 2.423.952,00 e nel decennio 2015-2024 con importi annui
pari ad euro 5.800.000,00, salvo rideterminazione dello stesso negli anni
successivi prossimi». Il disposto della norma impugnata riporta, quindi, un
disavanzo dovuto al primo riaccertamento
straordinario dei residui attivi e pertanto, sostiene la Regione Molise, la
copertura dello stesso potrebbe essere pianificata solo a livello pluriennale,
considerando anche l’intensificazione della fase ricognitiva inerente alla
valutazione della consistenza dei residui attivi e passivi al 31 dicembre 2013.
Inoltre, si evidenzia che la Regione
Molise ha previsto la copertura del disavanzo mediante una quota costante nel
bilancio pluriennale 2015-2017 e negli esercizi futuri pari ad euro
5.800.000,00, evitando il ricorso a mutui i quali avrebbero dato luogo ad un
aggravio di costi per interessi a carico dei bilanci regionali. Con
l’approvazione del rendiconto 2014 ed il riaccertamento
dei residui il disavanzo potrebbe essere poi sostanzialmente ridotto con
evidenti benefici sulla sostenibilità, nell’arco temporale previsto, del
ripiano stesso.
Evidenzia la Regione che la legge
impugnata è un atto legislativo teso ad un assestamento del bilancio che, alla
luce dei rilievi sopra richiamati del MEF, deve tenere conto della necessità di
procedere ad un riaccertamento straordinario,
finanziario e contabile, dei residui attivi e passivi per l’anno 2013. La norma
si farebbe carico della complessa situazione contabile regionale (in fase
riepilogativa) ed avvierebbe un processo di risanamento dell’intera finanza
regionale, in un’ottica giuridico-contabile e programmatoria, tenuto conto
della vastità del disavanzo rispetto alle finanze regionali intervenuto in data 22 dicembre 2014 a
valle di un processo ricognitivo di un bilancio già esauritosi. A termine di
tale ricognizione, la norma impugnata avrebbe utilizzato tutte le risorse
disponibili (si era prossimi alla fine dell’anno contabile) e le avrebbe
destinate alla copertura del disavanzo finanziario appena accertato, prevedendo
il rientro nei successivi atti finanziari. Non avendo nell’immediato altri
strumenti d’intervento economico e legislativo, la Regione Molise, preso atto
dell’accertamento straordinario, avrebbe pertanto deciso di intervenire
immediatamente per calmierare il disavanzo finanziario, destinando le risorse
certe disponibili non per la spesa ma per la copertura del disavanzo
finanziario sopravvenuto.
Secondo la resistente tale comportamento
non potrebbe configurare una violazione dell’art. 81 Cost.,
che impone il pareggio del bilancio di previsione ma non impedisce la
rilevazione di disavanzi straordinari sopravvenuti (per accertamento
straordinario di deficit da annualità precedenti) in fase di assestamento di
tale bilancio, nè la norma regionale potrebbe essere
letta come norma di ampliamento della capacità di spesa per l’anno 2014.
In merito all’asserita violazione
dell’art. 117 Cost. e della norma interposta costituita dall’art. 15 del d.lgs.
n. 76 del 2000, osserva la Regione Molise che il potere d’intervento e di
coordinamento dello Stato sui bilanci delle Regioni ed in materia finanziaria
in genere non potrebbe spingersi sino a comprimere illimitatamente il potere di
deliberare sulle spese spettante alle Regioni: una compressione di detto potere
si trasformerebbe in un annullamento del potere di legiferare da parte delle
Regioni stesse (ogni legge dovrebbe essere a costo zero).
Ne consegue che, per la portata del
provvedimento regionale in contestazione, nessuna violazione diretta ed
indiretta dell’art. 117 Cost. sarebbe stata posta in
essere da parte della Regione Molise, mentre sarebbe proprio la pretesa statale
a confliggere con l’art. 117 Cost. in quanto si
pretenderebbe che con la norma sopravvenuta a seguito di accertamento
straordinario, si realizzasse la totale copertura del medesimo a soli otto
giorni dal termine dell’esercizio finanziario, di fatto così annullando ogni
margine di scelta in materia di spesa da parte della Regione.
La Regione Molise obbietta che le norme
in materia di bilancio non possono essere applicate in modo analogico o
estensivo. In proposito parrebbe indubitabile che i principi richiamati dallo
Stato riguardino i bilanci di previsione e, solo per i vincoli di cui all’art.
5 del d.lgs. n. 76 del 2000, i bilanci di assestamento.
Rammenta inoltre la Regione Molise che
analoghe disposizioni sono state adottate dalla Regione Piemonte, con l’art. 3
della legge regionale l° dicembre 2014, n. 19 (Assestamento al bilancio di
previsione per l’anno finanziario 2014 e disposizioni finanziarie) e nei loro
confronti non è stata formulata alcuna impugnazione da parte dello Stato.
Evidenzia infine la resistente che negli
stessi termini sarebbe, poi, improntato l’art. 3 (Principi contabili generali e
applicati), commi 15 e 16, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118
(Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi
di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma
degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) – nel testo modificato
dall’art. 1, comma 538, lettera a),
numeri 1) e 2), della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità
2015) – che sarebbe sopraggiunto a colmare il vuoto legislativo in merito al
ripianamento del disavanzo sopravvenuto e certificherebbe l’esistenza e,
quindi, la bontà, la correttezza e la legittimità dell’attività posta in essere
dalla Regione Molise con l’approvazione dell’art. 6 della legge regionale n. 25
del 2014.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso depositato il 24
febbraio 2015, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha promosso questione
di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge della Regione Molise 22
dicembre 2014, n. 25 (Assestamento di bilancio di previsione della Regione
Molise per l’esercizio finanziario 2014, ai sensi della legge regionale n.
4/2002, articolo 33), sostenendo che detta norma violi gli artt. 81, terzo
comma, e 117, terzo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione
all’art. 15 del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Princìpi fondamentali
e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni,
in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della L. 25 giugno 1999, n. 208).
1.1.– Con la legge regionale n. 25 del 2014 la Regione
Molise ha emanato le disposizioni di assestamento del bilancio di previsione
per l’esercizio finanziario 2014.
L’art. 6 della suddetta legge, rubricato
«Disavanzo di amministrazione alla chiusura dell’esercizio 2013, relativo ad
anni pregressi», dispone che «Il disavanzo finanziario alla chiusura
dell’esercizio finanziario 2013, pari a euro 60.423.952,35 è riassorbito
nell’anno 2014 per euro 2.423.952,35 e nel decennio 2015-2024 con importi annui
pari ad euro 5.800.000,00, salvo rideterminazione dello stesso negli anni
successivi prossimi».
Ad avviso del ricorrente, con la norma
denunciata, la Regione Molise avrebbe ecceduto dalla propria competenza
violando l’art. 117, terzo comma, Cost., che riserva
allo Stato l’emanazione di norme di principio in materia di coordinamento della
finanza pubblica. Essa sarebbe contrastante con quanto disposto dall’art. 15
(Assestamento del bilancio) del d.lgs. n. 76 del 2000, secondo cui «Entro il 30
giugno di ogni anno la regione approva con legge l’assestamento del bilancio,
mediante il quale si provvede all’aggiornamento degli elementi di cui alla
lettera a), del comma 3, dell’articolo
4, ed al comma 5, dello stesso articolo, nonché alle variazioni che si
ritengono opportune, fermi restando i vincoli di cui all’articolo 5», il quale
stabilisce, a sua volta, che «1. In ciascun bilancio annuale il totale dei
pagamenti autorizzati non può essere superiore al totale delle entrate di cui
si prevede la riscossione sommato alla presunta giacenza iniziale di cassa. 2.
Il totale delle spese di cui si autorizza l’impegno può essere superiore al
totale delle entrate che si prevede di accertare nel medesimo esercizio, purché
il relativo disavanzo sia coperto da mutui e altre forme di indebitamento
autorizzati con la legge di approvazione del bilancio nei limiti di cui
all’articolo 23».
Il Presidente del Consiglio dei ministri
ritiene inoltre violato anche l’art. 81, terzo comma, Cost.,
laddove dispone che «[o]gni legge che importi nuovi o
maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte». La norma impugnata, nel
rinviare ad esercizi successivi al 2014 la copertura del disavanzo finanziario
2013, determinerebbe un ampliamento della capacità di spesa del bilancio 2014,
privo di copertura finanziaria.
1.2.– La Regione Molise riferisce che la Giunta regionale
con proprie deliberazioni n. 374 del 2013 e n. 6 del 2014 ha disposto un riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi
sulle annualità 2011 e 2012. Tale operazione sarebbe avvenuta anche a seguito
dei controlli ispettivi predisposti dal Ministero dell’economia e delle finanze
(MEF) relativamente ai dati contabili del periodo 2008-2012, portando alla
determinazione di un disavanzo per l’esercizio finanziario 2013 pari a euro
60.423.952,35.
Attraverso le disposizioni di cui
all’art. 6 della legge regionale n. 25 del 2014 la Regione avrebbe provveduto a
pianificare la copertura del disavanzo dovuto al riaccertamento
straordinario dei residui, prevedendone la copertura mediante una quota
costante nel bilancio pluriennale 2015-2017 e negli esercizi futuri pari ad
euro 5.800.000,00, in modo da evitare il ricorso a mutui che determinerebbero
un aggravio dei costi.
Sostiene, pertanto, la resistente che,
mediante la legge impugnata avrebbe preso atto della situazione contabile
pregressa ed avrebbe tentato di avviare un processo di risanamento della
finanza regionale, in un’ottica “giuridico-contabile” e programmatoria, che non
potrebbe però esaurirsi in un unico esercizio, sia per la dimensione del
disavanzo rispetto alla situazione delle finanze regionali, sia perché esso
interviene a valle di un processo ricognitivo di un bilancio già esauritosi.
In tale operazione la Regione Molise
avrebbe, inoltre, provveduto a destinare tutte le risorse attive di cui aveva
ancora la disponibilità alla copertura del disavanzo finanziario accertato,
dettando un ulteriore indirizzo per i successivi atti finanziari.
Viene poi eccepito dalla resistente il
diverso comportamento dello Stato in analoghe situazioni regionali, come quella
della Regione Piemonte in cui l’art. 3 della legge regionale 1° dicembre 2014,
n. 19 (Assestamento al bilancio di previsione per l’anno finanziario 2014 e
disposizioni finanziarie), non sarebbe stato impugnato.
2.– La questione promossa con il presente ricorso ha un
rapporto di stretta pregiudizialità con due precedenti pronunce di questa
Corte, adottate anch’esse nell’ambito di giudizi promossi dal Presidente del
Consiglio dei ministri.
Con sentenza n. 138 del
2013 questa Corte dichiarava illegittima la legge di approvazione del
rendiconto 2011 della Regione Molise nella parte inerente alla
contabilizzazione di crediti privi di accertamento giuridico per una somma
complessiva pari ad euro 1.286.613.416,17. Ciò per l’assenza «dei requisiti
minimi dell’accertamento contabile quali la ragione del credito, il titolo
giuridico, il soggetto debitore, l’entità del credito e la sua scadenza» (sentenza n. 138 del
2013). L’iscrizione in parte entrata di detti crediti consentiva, tra
l’altro, l’anomala risultanza di un avanzo di amministrazione in una Regione
già da anni caratterizzata da un vincolante piano di rientro afferente al
dissesto della spesa sanitaria.
Successivamente, con sentenza n. 266 del
2013 questa Corte dichiarava illegittima la legge di approvazione del
bilancio di previsione 2013 della Regione Molise nella parte in cui veniva
applicato un avanzo di amministrazione presunto pari ad euro 1.418.610,01.
Veniva in quella sede precisato che «è il collegamento teleologico di dette
poste contabili [finalizzato ad allargare la spesa autorizzabile oltre le
entrate suscettibili di accertamento] a rendere il bilancio dell’esercizio 2013
privo di equilibrio nel suo complesso, poiché determina “il
sovradimensionamento della spesa rispetto alle risorse effettivamente
disponibili” […] (sentenza
n. 250 del 2013)». È stato conseguentemente affermato che, in base al
principio dell’equilibrio tendenziale, la Regione Molise era tenuta al
ripristino dell’equilibrio di bilancio, pregiudicato dall’iscrizione di una
parte attiva insussistente, attraverso le modalità previste dalla legge in caso
di accertato squilibrio dello stesso: «Anche per la Regione Molise vale dunque
– considerato il “difetto genetico conseguente all’impostazione della stessa
legge di bilancio” – la doverosità dell’adozione di “appropriate variazioni del
bilancio di previsione, in ordine alla cui concreta configurazione permane la
discrezionalità dell’amministrazione nel rispetto del principio di priorità
dell’impiego delle risorse disponibili per le spese obbligatorie e, comunque,
per le obbligazioni perfezionate, in scadenza o scadute” (sentenza n. 250 del
2013). Peraltro, come già questa Corte ha recentemente precisato, la
limitazione della declaratoria d’incostituzionalità dell’utilizzazione
dell’avanzo di amministrazione presunto alle sole partite di spesa oggetto del
ricorso non esonera la Regione dal concreto perseguimento dell’equilibrio del
bilancio (sentenza
n. 250 del 2013)» (sentenza n. 266 del
2013).
La Regione Molise non ha conferito
immediata ottemperanza ai due giudicati costituzionali, i quali vietavano, da
un lato, di contabilizzare nel rendiconto crediti non provati e, dall’altro, di
applicare un avanzo di amministrazione presunto (assolutamente incongruente con
la grave situazione debitoria del servizio sanitario regionale, ufficialmente
sancita dalla sottoposizione al piano di rientro sanitario).
Peraltro, la legge di approvazione del
bilancio di previsione 2014 (di cui la norma in questa sede impugnata
costituisce sostanzialmente una variazione), oltre a non ottemperare
all’obbligo di riequilibrio precedentemente sancito dalla Corte costituzionale,
prevedeva l’applicazione di un ulteriore avanzo di amministrazione presunto,
sia pure di entità assai minore di quello del precedente esercizio censurato
con la sentenza
n. 266 del 2013. Lo Stato, tuttavia, non impugnava – a differenza
dell’esercizio precedente – la legge di approvazione del bilancio di previsione
2014, così consentendo alla Regione Molise non solo la spendita di tutte le
risorse disponibili, senza il riequilibrio tendenziale del pregresso, ma anche
l’ulteriore ampliamento della spesa per la quota dell’avanzo di amministrazione
presunto. Veniva così a riprodursi, anzi, ad incrementarsi, un ulteriore
pregiudizio all’equilibrio complessivo del bilancio regionale.
In corso di anno, tuttavia, la Regione
ha provveduto alle operazioni di revisione contabile, utili a far emergere la
vera dimensione economica dei risultati pregressi. In tal modo – anche per
effetto dell’intervento ispettivo del MEF – è stato posto in essere un riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi,
peraltro limitato agli esercizi 2011, 2012 e 2013.
Tale operazione faceva emergere, in
luogo del precedente risultato attivo già oggetto delle due declaratorie di
incostituzionalità, un disavanzo straordinario derivante dal saldo negativo
frutto della revisione dei residui attivi e passivi, pari ad euro
60.423.952,35.
A seguito di tale straordinaria
risultanza, si rendeva necessaria una variazione del bilancio di previsione
2014 (che, per i motivi successivamente precisati, non poteva che configurarsi
come manovra di carattere pluriennale), la quale – in modo sostanzialmente
impreciso – veniva qualificata con lo stesso nomen iuris di quella prevista dall’art. 15
del d.lgs. n. 76 del 2000 (peraltro abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2015
dall’art. 77, comma 1, lettera c, del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, avente ad oggetto «Disposizioni in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1
e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42», aggiunto dall’art. 1, comma 1, lettera aa, del decreto legislativo 10 agosto
2014, n. 126, recante «Disposizioni
integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118,
recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli
schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a
norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42»), il quale
invece riguardava i doverosi assestamenti che entro il 30 giugno di ciascun
anno le Regioni dovevano effettuare per ricostituire l’equilibrio del bilancio
di previsione nel caso in cui sopravvenienze successive l’avessero alterato
oppure per utilizzare le nuove risorse nel frattempo recuperate.
Nel caso in esame, invece, la variazione
di bilancio interveniva in una data e in circostanze non utili ad assicurare un
integrale riequilibrio. Infatti, alla data del 22 dicembre 2014 la gestione
della spesa preventivamente autorizzata aveva già in parte pregiudicato
un’operazione di restauro contabile ed inoltre la situazione iniziale del
bilancio di previsione era già priva di equilibrio per i motivi precedentemente
richiamati.
La Regione, prendendo atto di una
situazione non più emendabile nel suo complesso per effetto della dimensione e
della cronologia caratterizzante l’emersione del disavanzo, riteneva di
fronteggiarne l’eccezionale misura con una quota, pari ad euro 2.423.952,35,
ricavata attraverso le economie realizzate nel corso dell’esercizio 2014, e,
per la rimanente somma di 58 milioni di euro, attraverso un accantonamento del
10 per cento della stessa a valere sui 10 successivi esercizi.
3.– Alla luce delle esposte premesse va innanzitutto
disattesa l’eccezione della Regione Molise la quale lamenta che analoga
questione non sarebbe stata sollevata dallo Stato nei confronti della Regione
Piemonte (viene all’uopo citato l’art. 3 della legge della reg. Piemonte n. 19
del 2014), la quale avrebbe adottato identica soluzione normativa in ordine al disavanzo
emergente dalla straordinaria verifica dei residui. Un’eventuale omissione di
tal genere da parte dello Stato non fa sorgere certamente alcuna legittima
aspettativa di analogo trattamento a favore della ricorrente.
È stato più volte affermato da questa
Corte che lo Stato è direttamente responsabile del «rispetto delle regole di
convergenza e di stabilità dei conti pubblici, regole provenienti sia
dall’ordinamento comunitario che da quello nazionale. [Ne deriva], tra l’altro,
che, ai fini del concorso degli enti territoriali al rispetto degli obblighi
comunitari della Repubblica ed alla conseguente realizzazione degli obiettivi
di finanza pubblica, [lo Stato deve vigilare affinché] il disavanzo di ciascun
ente territoriale non […] super[i] determinati limiti, fissati dalle leggi
finanziarie e di stabilità che si sono succedute a partire dal 2002 (ex multis sentenza, di questa
Corte, n. 36 del 2004)» (sentenza n. 138 del
2013).
È vero tuttavia che nel suo compito di
custode della finanza pubblica allargata lo Stato deve tenere comportamenti
imparziali e coerenti per evitare che eventuali patologie nella legislazione e
nella gestione dei bilanci da parte delle autonomie territoriali possa
riverberarsi in senso negativo sugli equilibri complessivi della finanza
pubblica. In proposito, questa Corte ha già precisato che il coordinamento
degli enti territoriali deve essere improntato a «canoni di ragionevolezza e di
imparzialità nei confronti dei soggetti chiamati a concorrere alla dimensione
complessiva della manovra [di finanza pubblica]» (sentenza n. 19 del
2015).
Sebbene il ricorso in via di azione sia
connotato da un forte grado di discrezionalità politica che ne consente – a
differenza dei giudizi incidentali – la piena disponibilità da parte dei
soggetti ricorrenti e resistenti, l’esercizio dell’impulso giurisdizionale al
controllo di legittimità delle leggi finanziarie regionali non può non essere
improntato alla assoluta imparzialità, trasparenza e coerenza dei comportamenti
di fronte ad analoghe patologiche circostanze caratterizzanti i bilanci degli
enti stessi. In tale caso, infatti, la tutela degli equilibri finanziari dei
singoli enti pubblici di cui all’art. 97, primo comma, Cost. si
riverbera direttamente sulla più generale tutela degli equilibri della finanza
pubblica allargata, in relazione ai quali la situazione delle singole
amministrazioni assume la veste di fattore determinante degli equilibri stessi.
4.– Ciò premesso, le censure formulate dal Presidente
del Consiglio dei ministri non sono fondate né in riferimento all’art. 81,
terzo comma, né in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., quest’ultimo
in relazione all’art. 15 del d.lgs. n. 76 del 2000.
4.1.– In relazione al secondo parametro risulta erronea,
per quanto in precedenza precisato, l’individuazione della norma interposta, la
quale si riferiva a fattispecie assolutamente diversa.
Questa Corte ha affermato in più
occasioni che la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. può avvenire attraverso norme interposte solo nel caso in
cui le stesse «siano idonee a specificare, nel caso concreto, l’operatività
[delle regole in esse contenute]» (ex plurimis, sentenza n. 138 del
2013). Nel caso di specie, invece, la eventuale operatività sarebbe proprio
nel senso contrario al perseguimento dell’equilibrio tendenziale di bilancio
poiché l’applicazione dell’art. 15 nel senso preteso dal ricorrente porterebbe
addirittura ad un aggravio del disequilibrio, annullando l’effetto
migliorativo, sia pure limitato nella dimensione, dell’accantonamento delle
somme non spese ma autorizzate dalla legge della Regione Molise 18 aprile 2014,
n. 12 (Bilancio regionale di competenza e di cassa per l’esercizio finanziario
2014. Bilancio pluriennale 2014/2016), non impugnata – a differenza di quella
dell’anno precedente – dallo Stato.
In tale contesto deve effettivamente
prendersi atto che la vigilanza dello Stato nei confronti delle pratiche
contabili adottate dalla Regione Molise e da altre Regioni caratterizzate da
situazioni critiche non è stata continua nel tempo, dal momento che per più
esercizi consecutivi – anche dopo l’adozione di piani di rientro sanitario – è
stato consentito alle stesse di approvare bilanci di previsione e rendiconti
fondati sull’applicazione di crediti non accertati nelle forme di legge e di
avanzi di amministrazione.
In definitiva, anche per effetto delle
reiterate pratiche adottate negli esercizi precedenti in pregiudizio al
principio dell’equilibrio di bilancio, la Regione Molise, come altre Regioni
caratterizzate da analoghe situazioni finanziarie, si è venuta a trovare – dopo
la tardiva ma doverosa operazione di riaccertamento
dei residui attivi e passivi – in un contesto di sostanziale assenza di
disposizioni specifiche (non essendo certamente prevedibile, al momento
dell’emanazione della legislazione quadro contenuta nel d.lgs
n. 76 del 2000, che la ripetuta adozione di simili prassi contabili fosse
consentita e provocasse una tale emergenza).
È così accaduto che, una volta
effettuata la revisione dei residui ed accertato il disavanzo precedentemente
sommerso, la Regione Molise abbia cercato di rimediare in qualche modo
all’impossibilità di coprire integralmente il deficit così manifestatosi, ponendosi comunque nel solco degli
indirizzi legislativi statali in materia di coordinamento della finanza
pubblica non ancora vigenti ma già conosciuti al momento dell’adozione della
legge regionale impugnata.
Infatti non era ancora entrato in
vigore, per effetto della clausola dilatoria contenuta nell’art. 80 del d.lgs.
n. 118 del 2011, l’art. 1, comma 1, lettera c),
del d.lgs. n. 126 del 2014, il quale, nel sostituire l’art. 3 del predetto
decreto n. 118 del 2011, stabiliva al comma 16 che «[…] l’eventuale maggiore
disavanzo di amministrazione al 1° gennaio 2015, determinato dal riaccertamento straordinario dei residui […] è ripianato
per una quota pari almeno al 10 per cento l’anno».
Successivamente, l’art. 1, comma 538,
lettera b), numero 1), della legge 23
dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2015), ha modificato ulteriormente
detta disposizione con effetto dal 1° gennaio 2015, nel senso che «[…]
l’eventuale maggiore disavanzo di amministrazione al 1° gennaio 2015, determinato
dal riaccertamento straordinario dei residui […] è
ripianato in non più di 30 esercizi a quote costanti».
Le citate disposizioni – pur nella
complessiva eccentricità rispetto alle regole del pareggio di bilancio –
denotano l’esigenza dello Stato di fronteggiare un problema non circoscritto
alla sola Regione Molise.
L’indirizzo della subentrata
legislazione statale, in relazione alla quale risulta congruente la
disposizione impugnata, prende in sostanza le mosse dal presupposto che in una
fase di complesse operazioni di riaccertamento dei
residui finalizzate a far emergere la reale situazione finanziaria delle
Regioni, i disavanzi emersi non possano essere riassorbiti in un solo ciclo di
bilancio ma richiedano inevitabilmente misure di più ampio respiro temporale.
Ciò anche al fine di assicurare lo svolgimento delle funzioni della Regione in
ossequio al «principio di continuità dei servizi di rilevanza sociale [affidati
all’ente territoriale, che deve essere] salvaguardato» (sentenza n. 10 del
2016).
Ferma restando la discrezionalità del
legislatore nello scegliere i criteri e le modalità per porre riparo a
situazioni di emergenza finanziaria come quella in esame, non può tuttavia
disconoscersi la problematicità di soluzioni normative continuamente mutevoli
come quelle precedentemente evidenziate, le quali prescrivono il riassorbimento
dei disavanzi in archi temporali molto vasti, ben oltre il ciclo di bilancio
ordinario, con possibili ricadute negative anche in termini di equità
intergenerazionale.
Quanto alla eccezionale dilazione della
copertura nel tempo, è utile ricordare che alle evocate disposizioni si sono
aggiunte quella relativa alla rateizzazione in sette annualità del deficit
derivante dall’applicazione dei nuovi principi contabili – art. 9, comma 5, del
decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti
territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di
sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del
Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni
industriali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge
6 agosto 2015, n. 125, poi estesa sino a dieci annualità per effetto delle
modifiche recate dall’art. 1, comma 691, della legge 28 dicembre 2015, n. 208
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
– Legge di stabilità 2016) – e quella (art. 2, comma 3, lettera c),
afferente alla rateizzazione del rimborso delle anticipazioni necessarie
a fronteggiare il ritardo nei pagamenti delle amministrazioni pubbliche
previste dal decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti per il pagamento
dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio
finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi
degli enti locali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 6 giugno 2013, n. 64, che fissa in trent’anni la restituzione delle
stesse anticipazioni allo Stato.
Probabilmente una più tempestiva
vigilanza nei confronti delle consolidate prassi patologiche di alcuni enti
territoriali avrebbe evitato le situazioni di obiettiva emergenza che il
legislatore nazionale è stato costretto a fronteggiare con mezzi eccezionali.
4.2.– Quanto alle censure proposte in
riferimento all’art. 81, terzo comma, Cost., il ricorrente non fornisce alcuna
prova del denunciato disequilibrio: al contrario, l’accantonamento, previsto
dalla disposizione impugnata, di una parte sia pur marginale di risorse
altrimenti destinate alla spesa dell’esercizio 2014, produce comunque un
intervento riduttivo del disavanzo ed un conseguente effetto migliorativo rispetto
al reale assetto economico-finanziario configurato dal coevo bilancio di
previsione. Difatti il disavanzo (seppur latente) già preesisteva ed incombeva:
paradossalmente la rimozione della norma impugnata farebbe venire meno le
uniche risorse sottratte alla spesa dell’esercizio 2014, lasciandone intatta,
nella sostanza, la originaria destinazione.
Ai fini della presente decisione non è
irrilevante considerare – come già osservato – l’apporto recato dalle
disposizioni sopravvenute le quali, al di là dei profili critici di ordine
temporale precedentemente sottolineati, hanno introdotto, per tutte le Regioni
interessate da deficit di natura analoga a quello della Regione Molise,
modalità di copertura che sono state addirittura estese a trent’anni, ben al di
là della soluzione contenuta nella norma regionale impugnata.
In definitiva la sopravvenuta normativa,
proprio in quanto rivolta ai disavanzi riferiti a passate gestioni ed accertati
con riferimento agli esercizi antecedenti al 1° gennaio 2015, ha implicita
valenza retroattiva, poiché viene di fatto a colmare – in modo sostanzialmente
coerente con la disposizione impugnata – l’assenza di previsioni specifiche che
caratterizzava il contesto normativo nel quale si è trovata ad operare la
Regione Molise nel dicembre 2014.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 6 della legge della Regione Molise 22 dicembre 2014,
n. 25 (Assestamento del bilancio di previsione della Regione Molise per l’esercizio
finanziario 2014, ai sensi della legge regionale n. 4/2002, articolo 33),
promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt.
81, terzo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione, quest’ultimo in
relazione all’art. 15 del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Princìpi
fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità
delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della L. 25 giugno 1999,
n. 208), con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 aprile 2016.
F.to:
Paolo
GROSSI, Presidente
Aldo
CAROSI, Redattore
Roberto
MILANA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 12 maggio 2016.