Ordinanza n. 177 del 2013

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ORDINANZA N. 177

ANNO 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Franco                         GALLO                                            Presidente

-           Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

-           Gaetano                       SILVESTRI                                             ”

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge della Regione Campania 11 ottobre 2011, n. 16, recante «Modifica ed integrazione dell’articolo 9 della legge regionale 19 gennaio 2007, n. l (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – legge finanziaria regionale 2007), modifica ed integrazione dell’articolo 9 della legge regionale 27 marzo 2009, n. 4 (Legge elettorale) e modifica ed integrazione dell’articolo 28 della legge regionale 5 giugno 1996, n. 13 (Nuove disposizioni in materia di trattamento indennitario agli eletti alla carica di consigliere regionale della Campania)», promosso dal Tribunale di Napoli nel procedimento vertente tra R.C. e la Regione Campania ed altro, con ordinanza del 14 novembre 2012, iscritta al n. 10 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visti l’atto di costituzione di R.C. e della Regione Campania;

udito nella camera di consiglio del 19 giugno 2013 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Ritenuto che il Tribunale di Napoli, prima sezione civile, con ordinanza del 14 novembre 2012 (r.o. n. 10 del 2013), nel corso di un giudizio in materia elettorale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge della Regione Campania 11 ottobre 2011, n. 16, recante «Modifica ed integrazione dell’articolo 9 della legge regionale 19 gennaio 2007, n. l (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – legge finanziaria regionale 2007), modifica ed integrazione dell’articolo 9 della legge regionale 27 marzo 2009, n. 4 (Legge elettorale) e modifica ed integrazione dell’articolo 28 della legge regionale 5 giugno 1996, n. 13 (Nuove disposizioni in materia di trattamento indennitario agli eletti alla carica di consigliere regionale della Campania)», deducendo la violazione degli articoli 2, 3, primo comma, 51, primo comma, e 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione;

che il giudice a quo ‒ descritte analiticamente le vicende del giudizio ed affrontate le preliminari questioni processuali ‒ premette di dovere decidere della disapplicazione ovvero dell’annullamento di una delibera di sospensione dalla carica di consigliere regionale ai sensi del menzionato art. 9 della legge della Regione Campania n. 1 del 2007, modificato dall’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 16 del 2011. Il ricorrente, infatti, sospeso in virtù della disposizione impugnata ‒ che prevede che «I consiglieri regionali che hanno riportato condanna, anche non definitiva, per il delitto di cui all’art. 416-bis del codice penale restano sospesi dalla carica fino alla sentenza definitiva» ‒ ha chiesto dichiararsi il proprio diritto a rivestire la carica di consigliere regionale, e quindi di essere reintegrato nella carica, sulla base della prospettata illegittimità della norma regionale di cui la delibera costituisce diretta applicazione: donde la rilevanza della questione, sollevata su istanza della parte, nel giudizio a quo. D’altro canto, l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata posta a fondamento della delibera comporterebbe la possibilità per il ricorrente di esercitare le funzioni connesse alla carica di consigliere, essendo ormai decorso il termine di durata di 18 mesi della sospensione disposta in virtù dell’art. 15, comma 4-bis, della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale);

che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il Tribunale rimettente deduce, innanzitutto, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost., che riserva allo Stato la potestà legislativa in materia di ordine e sicurezza pubblica;

che, infatti, le cause di sospensione ex lege da una carica elettiva per effetto di condanne non definitive per alcune tipologie di reati sono regolate nell’ambito della legislazione statale e, in particolare, nella legge n. 55 del 1990;

che la Corte in diverse occasioni ha ribadito l’orientamento in base al quale l’art. 15, come successivamente modificato, della citata legge n. 55 del 1990 persegue finalità di salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica, di tutela della libera determinazione degli organi elettivi, di buon andamento e trasparenza delle amministrazioni pubbliche contro i gravi pericoli di inquinamento derivanti dalla criminalità organizzata e dalle sue infiltrazioni (sono citate le sentenze n. 141 del 1996, n. 118 e n. 195 del 1994, n. 288 del 1993 e n. 407 del 1992), coinvolgendo interessi dell’intera comunità nazionale connessi a valori costituzionali di rilevanza primaria (sentenze n. 288, n. 218 e n. 197 del 1993);

che, assume il rimettente, la disposizione censurata sarebbe altresì illegittima per violazione degli artt. 2, 3 e 51 Cost., nella parte in cui fa coincidere la durata della sospensione dalla carica alla durata (imprevedibile) del processo;

che, infatti, dal raffronto con le cause di sospensione ex lege contemplate dalla normativa statale risulterebbe che i consiglieri della Regione Campania subiscono, in caso di condanna non definitiva per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., un trattamento deteriore, sia rispetto al caso di condanna per le altre ipotesi di delitti previsti dall’art. 15, comma 1, lettera a), della legge n. 55 del 1990, sia rispetto ad analoga condanna emessa nei confronti dei consiglieri regionali eletti in regioni diverse: in entrambi i casi, infatti, la sospensione dalla carica ha una durata massima predeterminata dalla legge statale di diciotto mesi, ai quali si possono aggiungere, in caso di rigetto dall’impugnazione, ulteriori dodici mesi dalla sentenza;

che la illustrata differenziazione sarebbe irragionevole, da un canto, perché i delitti previsti dall’art. 15, comma 1, lettera a), della legge n. 55 del 1990 sono accomunati dalla giurisprudenza costituzionale (sono citate le sentenze n. 132 del 2001, n. 206 del 1999 e n. 184 del 1994) non in base al bene offeso o all’entità della pena comminata, bensì in base al fatto di essere stati tutti considerati dal legislatore come manifestazione di delinquenza di tipo mafioso o di altre gravi forme di pericolosità sociale e, in quanto tali, parimenti forniti di alta capacità di inquinamento degli apparati pubblici da parte delle organizzazioni criminali. A fronte di detta considerazione unitaria da parte del legislatore statale, sarebbe irragionevole la disciplina regionale cha fa derivare conseguenze più rigorose esclusivamente nei confronti di «un consigliere regionale della Campania e per uno solo dei reati espressivi della delinquenza di tipo mafioso»;

che la norma impugnata sarebbe altresì lesiva degli artt. 2 e 51, primo comma, Cost., per l’assenza della previsione di un limite di durata predeterminato all’esercizio del diritto all’elettorato passivo;

che, infatti, le restrizioni del contenuto di un diritto inviolabile sarebbero ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale, secondo la regola della necessarietà e della ragionevole proporzionalità di tale limitazione (sono citate le sentenze n. 467 del 1991 e, in generale, sui limiti posti a diritti inviolabili da esigenze di conservazione dell’ordine pubblico, le sentenze n. 138 del 1985 e n. 102 del 1975);

che con atto depositato il 19 febbraio 2013 si è costituito il consigliere regionale R.C. che ha concluso per la declaratoria di illegittimità della norma regionale impugnata;

che è intervenuto in giudizio il Presidente della Giunta regionale che ha concluso per l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale, per i motivi articolati in una successiva memoria.

Considerato che il Tribunale di Napoli ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge della Regione Campania 11 ottobre 2011, n. 16, recante «Modifica ed integrazione dell’articolo 9 della legge regionale 19 gennaio 2007, n. l (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – legge finanziaria regionale 2007), modifica ed integrazione dell’articolo 9 della legge regionale 27 marzo 2009, n. 4 (Legge elettorale) e modifica ed integrazione dell’articolo 28 della legge regionale 5 giugno 1996, n. 13 (Nuove disposizioni in materia di trattamento indennitario agli eletti alla carica di consigliere regionale della Campania)», per violazione degli articoli 2, 3, primo comma, 51, primo comma, e 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione;

che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte ha già dichiarato, con la sentenza n. 118 del 2013, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 (nonché dei successivi artt. 2 e 3, comma 1, lettera a) della legge della Regione Campania n. 16 del 2011;

che, dunque, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per sopravvenuta mancanza di oggetto, giacché, a seguito della sentenza da ultimo citata, la norma censurata è stata già rimossa dall’ordinamento con efficacia ex tunc (ex plurimis, ordinanze n. 222 e n. 76 del 2012).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge della Regione Campania 11 ottobre 2011, n. 16 recante «Modifica ed integrazione dell’articolo 9 della legge regionale 19 gennaio 2007, n. l (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania – legge finanziaria regionale 2007), modifica ed integrazione dell’articolo 9 della legge regionale 27 marzo 2009, n. 4 (Legge elettorale) e modifica ed integrazione dell’articolo 28 della legge regionale 5 giugno 1996, n. 13 (Nuove disposizioni in materia di trattamento indennitario agli eletti alla carica di consigliere regionale della Campania)», sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, primo comma, 51, primo comma, e 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, dal Tribunale di Napoli con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'1 luglio 2013.

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Giuseppe FRIGO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 luglio 2013.