Sentenza n. 52 del 2013

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SENTENZA N. 52

ANNO 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Franco                           GALLO                                                         Presidente

-           Luigi                             MAZZELLA                                                 Giudice

-           Gaetano                        SILVESTRI                                                           "

-           Sabino                           CASSESE                                                              "

-           Giuseppe                       TESAURO                                                              "

-           Paolo Maria                   NAPOLITANO                                                      "

-           Giuseppe                       FRIGO                                                                    "

-           Alessandro                    CRISCUOLO                                                         "

-           Paolo                             GROSSI                                                                  "

-           Giorgio                          LATTANZI                                                             "

-           Aldo                              CAROSI                                                                 "

-           Marta                            CARTABIA                                                            "

-           Sergio                            MATTARELLA                                                     "

-           Mario Rosario               MORELLI                                                              "

-           Giancarlo                      CORAGGIO                                                           "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti sorti a seguito dei decreti del Ministro dell’economia e delle finanze del 30 dicembre 2011, n. 11-A1-6869 (Aumento dell’accisa sull’energia elettrica a seguito della cessazione dell’applicazione dell’addizionale comunale all’accisa sull’energia elettrica nelle regioni a statuto ordinario) e n. 11-A1-6870 (Aumento dell’accisa sull’energia elettrica a seguito della cessazione dell’applicazione dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica), promossi dalla Regione autonoma Sardegna, con ricorsi notificati il 29 febbraio 2012, depositati in cancelleria il 9 marzo 2012 ed iscritti ai nn. 2 e 3 del registro conflitti tra enti 2012.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 26 febbraio 2013 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma della Sardegna e l’avvocato dello Stato Maurizio Di Carlo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– La Regione autonoma Sardegna, con due distinti ricorsi (reg. confl. enti n. 2 e n. 3 del 2012), entrambi notificati in data 29 febbraio 2012 e depositati in data 9 marzo 2012 nella cancelleria di questa Corte, ha promosso giudizi per conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione a due decreti ministeriali, entrambi adottati in data 30 dicembre 2011 dal Ministro dell’economia e delle finanze.

In particolare, la Regione ha chiesto di dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Ministro dell’economia e delle finanze, adottare i due impugnati decreti ministeriali e, per l’effetto, di annullarli, previa loro sospensione cautelare in considerazione del danno grave e irreparabile che deriverebbe dalla loro applicazione.

1.1.– Con i decreti ministeriali oggetto del conflitto è stata aumentata, anche nelle Regioni a statuto speciale, l’aliquota dell’accisa sull’energia elettrica per neutralizzare l’effetto dell’abolizione dell’addizionale comunale e provinciale disposta, per le sole Regioni a statuto ordinario, rispettivamente dall’art. 2, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2001, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale) e dall’art. 18, comma 5, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario).

L’art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011 stabilisce che «a decorrere dall’anno 2012 l’addizionale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’articolo 6, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20 [id est: l’addizionale comunale], cessa di essere applicata nelle regioni a statuto ordinario ed è corrispondentemente aumentata, nei predetti territori, l’accisa erariale in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanarsi entro il 31 dicembre 2011 sono stabilite le modalità attuative del presente comma».

L’art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011 prevede che «a decorrere dall’anno 2012 l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’articolo 52 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 è soppressa e il relativo gettito spetta allo Stato. A tal fine, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è rideterminato l’importo dell’accisa sull’energia elettrica in modo da assicurare l’equivalenza del gettito».

In forza delle previsioni contenute nei due decreti legislativi di cui sopra, sono stati adottati i decreti ministeriali impugnati, che stabiliscono più precisamente quanto segue.

L’articolo 1, comma 1, del decreto ministeriale 30 dicembre 2011 n. 11-A1-6869 (Aumento dell’accisa sull’energia elettrica a seguito della cessazione dell’applicazione dell’addizionale comunale all’accisa sull’energia elettrica nelle regioni a statuto ordinario) stabilisce che: «l’aliquota dell’accisa sull’energia elettrica di cui all’Allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, impiegata per qualsiasi applicazione nelle abitazioni, è determinata in euro 0,0227 per ogni chilowattora di energia impiegata». Nel preambolo al decreto si precisa altresì che «non risulta possibile, ai sensi dei principi giuridici posti a fondamento della predetta direttiva del Consiglio 2003/96/CE, applicare aliquote di accisa sull’energia elettrica impiegata per qualsiasi applicazione nelle abitazioni, diversificate in relazione al luogo geografico in cui ne avviene il consumo e che pertanto non risulterebbe coerente con il diritto comunitario la determinazione di una aliquota di accisa sull’energia elettrica impiegata, per il predetto uso, nelle Regioni a statuto ordinario differente dall’aliquota applicata alla medesima energia elettrica impiegata nelle Regioni a statuto speciale» e che si rende altresì «necessario rinviare alla procedura di cui all’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, la definizione delle modalità per la neutralizzazione, nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto».

L’articolo 1, comma 1, del decreto ministeriale 30 dicembre 2011 n. 11-A1-6870 (Aumento dell’accisa sull’energia elettrica a seguito della cessazione dell’applicazione dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica) stabilisce che: «l’aliquota dell’accisa sull’energia elettrica di cui all’Allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, impiegata per qualsiasi uso in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, è determinata in euro 0,0121 per ogni chilowattora di energia impiegata». Nel preambolo al decreto si precisa altresì che «si rende necessario ed urgente emanare il predetto decreto del Ministro dell’economia e delle finanze previsto dall’articolo 18, comma 5, del decreto legislativo n. 68 del 2011, tenuto conto che a decorrere dall’anno 2012 l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’articolo 6, comma 1, lettera c), del richiamato decreto-legge n. 511 del 1988, verrà soppressa nelle Regioni a statuto ordinario e che nel contempo è necessario assicurare l’equivalenza del gettito» e che si rende altresì «necessario rinviare alla procedura di cui all’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, la definizione delle modalità per la neutralizzazione, nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto».

1.2.– Ad avviso della ricorrente, i due decreti ministeriali, aumentando le aliquote dell’accisa sull’energia elettrica anche nelle Regioni a statuto speciale, sarebbero stati adottati in violazione di legge. Infatti, l’art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011 e l’art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011 non riguardano in alcun modo le Regioni a statuto speciale, né avrebbero potuto riguardarle, in quanto entrambi i decreti legislativi sono stati adottati in forza della delega contenuta nella legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’art. 119 della Costituzione), la quale non comprende, tra le disposizioni applicabili alle Regioni a statuto speciale, quelle aventi ad oggetto il regime fiscale dei prodotti energetici, qual è appunto l’accisa sull’energia elettrica.

Né l’applicazione dell’aumento delle accise anche nelle Regioni ad autonomia speciale sarebbe desumibile dalla direttiva 27 ottobre 2003, n. 2003/96/CE (Direttiva del Consiglio che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità). La direttiva in esame, infatti, si limita a prescrivere livelli minimi di imposizione uniformi fra gli Stati membri, senza che rilevi, ai fini della direttiva medesima, il modo in cui le corrispondenti entrate debbano essere ripartite all’interno dei singoli Stati.

I decreti ministeriali impugnati avrebbero, dunque, travalicato l’ambito territoriale di efficacia definito dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 23 del 2011 e dall’art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011, nonché dagli artt. 1, comma 2, 2, comma 2, 11, 12, 13, 21 e 26 della legge n. 42 del 2009.

1.3.– In conseguenza della lamentata violazione di legge, secondo la Regione autonoma, si sarebbe verificato un ingiustificato aumento del carico fiscale nei confronti dei contribuenti residenti in Sardegna, i quali sarebbero sottoposti sia all’aumento dell’accisa erariale sia alle addizionali comunali e provinciali, eliminate nelle Regioni a statuto ordinario e la cui applicazione persisteva invece, in quel momento, nelle Regioni a statuto speciale.

In tal modo la Regione autonoma si sarebbe vista indirettamente menomata nell’esercizio di proprie competenze costituzionali.

Segnatamente, sarebbe stata indirettamente incisa la competenza legislativa esclusiva della Regione autonoma nella materia «ordinamento degli enti locali» di cui all’art. 3 dello statuto e nella materia «finanza locale», nonché la competenza legislativa concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

1.4.– Inoltre, secondo la difesa regionale, lo sviamento e la falsa applicazione della direttiva del Consiglio n. 2003/96/CE, realizzatisi con l’adozione dei predetti decreti ministeriali avrebbe leso anche l’art. 117, primo comma, Cost., con ulteriore pregiudizio per l’autonomia finanziaria della Regione autonoma, quale tutelata dall’art. 7 dello statuto, e con ulteriore compressione della competenza della medesima Regione a partecipare all’attuazione del diritto comunitario nelle materie di sua competenza ai sensi degli artt. 4 e 5 dello statuto di autonomia e ai sensi dell’art. 117, quinto comma, Cost.

1.5.– L’illegittimo aumento dell’imposizione fiscale sui soli contribuenti residenti nelle Regioni ad autonomia speciale avrebbe poi determinato una violazione dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. e, per l’effetto, degli art. 3, 7 e 8 dello statuto della Regione autonoma Sardegna, nonché degli artt. 116, 117 e 119 Cost. Il Governo, infatti, avrebbe illegittimamente introdotto con uno strumento regolamentare, nelle Regioni a statuto speciale, un meccanismo di prelievo contrario ai principi di perequazione, solidarietà fiscale e maggiore autonomia finanziaria della Regioni medesime, autonomia garantita dalle citate norme statutarie e dalla Costituzione, senza neppure coinvolgere ad alcun titolo la Regione autonoma Sardegna nell’operazione predetta, in violazione pertanto anche del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 Cost.

2.– Con memoria depositata in data 10 aprile 2012 si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che ciascun ricorso venga dichiarato improcedibile, o inammissibile, o venga comunque respinto.

2.1.– I ricorsi sarebbero inammissibili, in primo luogo, per carenza di interesse, in quanto l’aumento dell’accisa erariale, a seguito della soppressione delle relative addizionali, comporterebbe comunque un aumento del gettito destinato alla Regione ai sensi dell’art. 8 dello statuto della Regione autonoma.

2.2.– I ricorsi sarebbero poi inammissibili in quanto diretti non già avverso le norme primarie, che avrebbero determinato la lamentata lesione, ma solo contro atti meramente applicativi delle stesse, di tal che non sarebbe stato rispettato il termine per l’impugnazione delle norme statali primarie.

2.3.– Ad avviso della difesa erariale, ciascuno dei ricorsi sarebbe comunque improcedibile per cessata materia del contendere, in quanto le censure proposte risulterebbero superate dall’art. 4, comma 10, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, che ha esplicitamente abrogato le addizionali comunali e provinciali all’accisa sull’energia elettrica anche nelle Regioni a statuto speciale, rendendo in tal modo uniforme su tutto il territorio nazionale la tassazione in materia.

2.4.– In ogni caso, secondo la difesa dello Stato, i decreti ministeriali impugnati non violerebbero neppure indirettamente le competenze della Regione autonoma Sardegna, in quanto non vi sarebbe, appunto, alcuna diminuzione del gettito regionale, né una normazione primaria in materia, ma solo una diversa regolamentazione del sistema delle addizionali del tributo erariale.

Gli atti censurati, quindi, non avrebbero invaso la sfera di attribuzioni della Regione che, del resto, non avrebbe potuto adottare alcuna modificazione senza ledere il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.

Secondo il resistente, infatti, la disciplina da parte dello Stato della materia de qua sarebbe l’unica via per assicurare in modo univoco, inscindibile e conforme all’ordinamento giuridico-costituzionale, la valutazione e il contemperamento di ogni interesse dei soggetti che compongono l’ordinamento della Repubblica, tenendo conto altresì degli impegni assunti dallo Stato con la comunità internazionale, in modo da garantire il pari trattamento e la pari dignità sociale dei cittadini e assicurare, ai sensi dell’art. 5 Cost., l’unità e indivisibilità della Repubblica nel rispetto delle autonomie locali e delle finalità di decentramento amministrativo.

3.– Con memoria depositata in data 5 febbraio 2013, la Regione autonoma Sardegna ha replicato alle eccezioni statali, insistendo perché venga riconosciuta l’ammissibilità e la fondatezza dei ricorsi.

3.1.– Ad avviso della ricorrente, infatti, ciò che rileva è il fatto che i decreti ministeriali, in quanto recano disposizioni sulle accise applicabili alle Regioni ad autonomia speciale, avrebbero violato la legge e in particolare la clausola di salvaguardia contenuta nella legge n. 42 del 2009, così indirettamente comprimendo, senza valido fondamento, la competenza legislativa esclusiva della ricorrente nella materia «ordinamento degli enti locali» di cui all’art. 3, comma 1, lettera b), dello statuto di autonomia e la sua competenza legislativa concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario».

3.2.– Sussisterebbe, quindi, l’interesse della ricorrente a difendere le sue attribuzioni, alla luce del nesso qualificato sussistente tra territorio e imposizione, in forza dell’art. 8, comma 1, lettera d), dello statuto di autonomia, che conferisce alla Regione una quota fissa dei «nove decimi dell’imposta di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percetta nel territorio della regione».

3.3.– Parimenti non fondata risulterebbe poi l’eccezione del resistente in ordine alla mancata impugnazione della norma primaria sulla base della quale è stato adottato il decreto ministeriale, in quanto le norme primarie espressamente escludevano che la modifica del regime delle addizionali potessero sortire effetti nei territori delle Regioni a statuto speciale, di tal che non sussisterebbe alcuna ragione in forza della quale la Regione avrebbe dovuto impugnare tali disposizioni anziché il decreto ministeriale, invero adottato in loro violazione.

3.4.– La Regione ha poi contestato l’intento perequativo addotto dallo Stato a sostegno del decreto ministeriale, in quanto esso avrebbe invece differenziato le posizioni tributarie dei cittadini italiani, aumentando il carico fiscale di quelli residenti nelle Regioni a statuto speciale, con conseguente interesse della Regione autonoma Sardegna a garantire un ragionevole trattamento fiscale ai contribuenti residenti sul suo territorio.

3.5.– Inoltre, quanto al sopravvenuto art. 4, comma 10, del decreto-legge n. 16 del 2012, la Regione ricorrente osserva come tale disposizione confermi in realtà l’assunto dalla medesima sostenuto, in quanto lo Stato è stato costretto ad intervenire, eliminando le addizionali comunali e provinciali all’accisa sull’energia elettrica anche nelle Regioni a statuto speciale, proprio per evitare la distorsione che su questi ultimi territori aveva provocato l’aumento generalizzato dell’aliquota dell’accisa medesima.

Non potrebbe quindi ritenersi verificata alcuna cessazione della materia del contendere, in quanto per i primi tre mesi del 2012 il vulnus arrecato da ciascun decreto ministeriale risulterebbe essersi prodotto.

3.6.– Al contrario la ricorrente rimarca come persista il suo interesse a ricorrere anche sotto ulteriori profili. Invero, secondo la prospettazione della difesa, la Regione non godrà alcun concreto beneficio dall’aumento delle accise sull’energia, in quanto la sua quota di compartecipazione è trattenuta dallo Stato a titolo maggior contributo di finanza pubblica. Inoltre, la Regione neppure godrà del gettito complessivamente maggiore conseguente alla manovra fiscale sulle accise, essendo questo riservato allo Stato, e anzi dovrà ristorare gli enti locali dei suoi territori delle minori entrate derivanti dalla soppressione delle addizionali locali in forza dell’art. 4, comma 10, del decreto legge n. 16 del 2012.

Considerato in diritto

1.– La Regione autonoma Sardegna, con i due distinti ricorsi indicati in epigrafe, ha promosso giudizi per conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione a due decreti, entrambi adottati in data 30 dicembre 2011 dal Ministro dell’economia e delle finanze, con i quali veniva aumentata l’accisa sull’energia elettrica per neutralizzare l’effetto dell’eliminazione, rispettivamente, delle addizionali comunali e provinciali nelle Regioni a statuto ordinario.

In particolare, la ricorrente sostiene che gli impugnati decreti ministeriali – previsti dall’art. 2, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale) e dall’art. 18, comma 5, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario) – hanno aumentato l’aliquota delle accise sull’energia elettrica anche nelle Regioni a statuto speciale, così violando le disposizioni dei decreti legislativi citati, a cui avrebbero dovuto dare attuazione, che prevedevano invece l’aumento delle accise nelle sole Regioni a statuto ordinario, in conformità alla delega contenuta nella legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’art. 119 della Costituzione).

Tale violazione di legge avrebbe determinato un eccessivo carico fiscale nei confronti dei contribuenti residenti in Sardegna, soggetti non solo all’aumento dell’accisa, ma anche alle addizionali comunali e provinciali, eliminate nelle Regioni a statuto ordinario, ma rimaste in vigore nelle Regioni a statuto speciale fino all’entrata in vigore del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44.

Secondo la ricorrente, simile violazione di legge si ripercuoterebbe indirettamente sulle competenze legislative e amministrative della Regione autonoma Sardegna e, segnatamente, su quelle previste dall’art. 3 dello statuto in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni; dall’art. 4 dello statuto in ordine alla competenza legislativa in materia di produzione e distribuzione dell’energia elettrica; dall’art. 6 dello statuto in ordine alle funzioni amministrative riservate alla Regione nelle materie in cui ha competenza legislativa ai sensi del precedente art. 3; dall’art. 7 dello statuto in materia di finanza locale propria; dall’art. 8 dello statuto in materia di partecipazione (determinata in percentuale) al gettito di tributi erariali riscossi nella Regione; dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione in ordine alla competenza legislativa concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; dall’art. 117, primo e quinto comma, Cost. sull’attuazione del diritto comunitario nelle materie di competenza regionale; dall’art. 117, sesto comma, Cost. in ordine alla competenza regolamentare dello Stato; dall’art. 119 Cost. sull’autonomia finanziaria degli enti territoriali; dall’art. 5 e dall’art. 117 Cost. in ordine al principio di leale cooperazione.

2.– Data la loro evidente connessione, i giudizi vanno riuniti, in quanto sono state dedotte le medesime violazioni.

3.– Entrambi i conflitti devono essere dichiarati inammissibili.

3.1.– I ricorsi prospettano una violazione di legge, determinatasi con l’adozione dei decreti ministeriali impugnati, che non si ripercuote sulle competenze regionali costituzionalmente garantite; essi, pertanto, deducono un vizio degli atti amministrativi impugnati che può essere fatto valere dagli interessati nelle appropriate sedi giurisdizionali, ma non dalla Regione in sede di conflitto di attribuzioni davanti a questa Corte.

Infatti, benché la Regione lamenti formalmente anche la violazione di disposizioni statutarie e costituzionali, essa si è in realtà limitata a evocare, o principi che non attengono al riparto delle competenze (principi di ragionevolezza, eguaglianza, perequazione e solidarietà fiscale), oppure norme di rango costituzionale che riguardano competenze regionali attinenti ad ambiti del tutto inconferenti rispetto al contenuto dei decreti ministeriali impugnati.

Le attribuzioni regionali citate dalla ricorrente, infatti, sono estranee all’oggetto dei decreti ministeriali impugnati nel presente giudizio. Questi ultimi, rideterminando l’aliquota di un tributo erariale, qual è l’accisa sull’energia elettrica, afferiscono con tutta evidenza alla materia del sistema tributario dello Stato, che rientra nelle competenze esclusive dello stesso, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

La lesione lamentata, dunque, si sostanzia e si esaurisce nella asserita erronea applicazione della legge da parte dei decreti ministeriali.

Pertanto, i ricorsi non configurano un conflitto di attribuzione tra enti quale definito dall’art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), cioè come controversia in ordine all’invasione o alla menomazione di «competenze assegnate dalla Costituzione». Essi, dunque, devono essere dichiarati inammissibili, in ossequio al principio affermato da questa Corte, secondo il quale, quando «il denunciato pregiudizio è riconducibile esclusivamente al modo erroneo in cui è stata applicata la legge, non sussiste materia per un conflitto di attribuzione» (ex plurimis, sentenze n. 380 del 2007 e n. 497 (rectius 467: nota della Redazione) del 1997).

3.2.– Quanto poi alla possibilità, prospettata dalla ricorrente, che la Regione, in quanto ente esponenziale a fini generali, possa far valere, in sede di conflitto di attribuzione, gli interessi dei contribuenti residenti nel suo territorio, la tesi non può essere condivisa. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 380 del 2007 e n. 27 del 2006), le Regioni possono proporre ricorso per conflitto di attribuzioni a norma del citato art. 39, primo comma, della legge n. 87 del 1953, quando esse lamentino, non una qualsiasi conseguenza avvertita come negativa in relazione al proprio territorio regionale, ma una alterazione del riparto di competenza indicato dalla Costituzione o comunque da norme di rango costituzionale.

4.– La presente pronuncia assorbe l’istanza di sospensione cautelare dei decreti ministeriali impugnati dalla Regione autonoma Sardegna.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione (reg. confl. enti n. 2 e n. 3 del 2012) promossi dalla Regione autonoma Sardegna nei confronti dello Stato, e per esso del Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione ai decreti adottati da detto Ministro in data 30 dicembre 2011, recanti aumento dell’accisa sull’energia elettrica a seguito della soppressione dell’addizionale provinciale e della cessazione dell’applicazione dell’addizionale comunale nelle Regioni a statuto ordinario.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 2013.

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Marta CARTABIA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2013.