Sentenza n. 4 del 2013

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SENTENZA N. 4

ANNO 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alfonso                       QUARANTA                                   Presidente

-           Franco                         GALLO                                              Giudice

-           Luigi                            MAZZELLA                                           ”

-           Gaetano                       SILVESTRI                                            ”

-           Sabino                         CASSESE                                               ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                              ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                      ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                    ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                         ”

-           Paolo                           GROSSI                                                  ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                             ”

-           Aldo                            CAROSI                                                  ”

-           Marta                           CARTABIA                                            ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                      ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                               ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 2, comma 3, e 11 della legge della Regione Calabria 20 dicembre 2011, n. 44 (Norme per il sostegno di persone non autosufficienti - Fondo per la non autosufficienza), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 17 febbraio 2012, depositato in cancelleria il 21 febbraio 2012 ed iscritto al n. 27 del registro ricorsi 2012.

Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria;

udito nell’udienza pubblica del 20 novembre 2012 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

uditi l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Graziano Pungì per la Regione Calabria.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 17 febbraio 2012 e depositato il successivo 21 febbraio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale in via principale:

a) dell’articolo 2, comma 3, della legge della Regione Calabria 20 dicembre 2011, n. 44 (Norme per il sostegno di persone non autosufficienti - Fondo per la non autosufficienza), in riferimento agli articoli 3 e 117, quarto comma, della Costituzione;

b) dell’articolo 11 della medesima legge regionale, in riferimento all’art. 81, quarto comma, Cost.

1.1.– Il ricorrente premette che la legge reg. Calabria n. 44 del 2011 prevede interventi per il sostegno delle persone non autosufficienti e istituisce il Fondo regionale per la non autosufficienza. L’art. 2, comma 3, individua i destinatari degli interventi nei «cittadini europei o extracomunitari con regolare carta di soggiorno residenti nella Regione Calabria».

Ad avviso della difesa dello Stato, tale disposizione, nella parte in cui circoscrive le provvidenze destinate ai cittadini extracomunitari ai soli titolari della carta di soggiorno, introdurrebbe una discriminazione costituzionalmente illegittima.

Individuando nella carta di soggiorno il titolo legittimante, la Regione avrebbe fatto riferimento a un documento che è stato sostituito dall’art. 1, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo) con il «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo», il cui rilascio è subordinato al possesso per cinque anni di un permesso di soggiorno in corso di validità sul territorio nazionale.

La norma in esame restringerebbe, dunque, l’accesso alle prestazioni sociali considerate ai soli cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo. Per tale verso, essa eccederebbe dalla competenza legislativa residuale in materia di servizi sociali, riconosciuta alle Regioni dall’art. 117, quarto comma, Cost., e non sarebbe in linea con il disposto dell’art. 41 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), che, ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, equipara gli stranieri titolari di permesso di soggiorno di durata annuale ai cittadini italiani.

La discriminazione introdotta dalla disposizione censurata risulterebbe lesiva anche dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza (art. 3 Cost.), essendo basata su un elemento di distinzione arbitrario. Come rilevato dalla Corte costituzionale in rapporto ad analoghe norme regionali (sentenza n. 40 del 2011), non vi sarebbe, infatti, alcuna ragionevole correlazione tra il requisito di accesso ai benefici (possesso, da parte dello straniero, del «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo») e le situazioni di bisogno e di disagio, riferibili direttamente alla persona in quanto tale, che costituiscono il presupposto di fruibilità delle prestazioni sociali.

La stessa Corte costituzionale ha, d’altra parte, precisato come, una volta che il diritto a soggiornare nel territorio nazionale non sia in discussione, non si possano «discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini» (sentenza n. 61 del 2011).

1.2.– Il Presidente del Consiglio impugna, altresì, l’art. 11 della legge regionale, che individua le fonti di finanziamento del Fondo regionale per la non autosufficienza, istituito dall’art. 10 della medesima legge.

Il ricorrente rileva come, alla stregua della norma censurata, la «principale fonte di finanziamento» del Fondo dovrebbe essere costituita dai trasferimenti di risorse dal Fondo nazionale per le politiche sociali, previsto dall’art. 20 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali).

Nell’ambito del complesso procedimento di attuazione del federalismo fiscale, l’art. 14, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, ha, peraltro, operato consistenti riduzioni, per gli anni 2012 e 2013, delle risorse statali afferenti al Fondo nazionale per le politiche sociali, rendendo di conseguenza «indisponibili eventuali trasferimenti di risorse alle Regioni a statuto ordinario».

Tale circostanza renderebbe privi di copertura finanziaria gli interventi disposti dalla legge regionale in esame, in violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost.

2.– Si è costituita la Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque infondate.

2.1.– Secondo la resistente, l’art. 2, comma 3, della legge regionale n. 44 del 2011 sarebbe suscettibile di «un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata», idonea a superare le censure del Governo.

La Regione Calabria ha già provveduto, infatti, ad adempiere quanto stabilito dalla legge quadro n. 328 del 2000, in tema di realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, con la legge regionale 26 novembre 2003, n. 23 (Realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali nella Regione Calabria), il cui art. 3 individua gli aventi diritto alle prestazioni – per la parte che interessa – negli apolidi e negli stranieri di cui all’art. 41 del d.lgs. n. 286 del 1998.

La legge regionale n. 44 del 2011 – per espressa statuizione del suo art. 1 – mira, d’altro canto, a potenziare il sistema di protezione già esistente, prevedendo azioni e interventi volti a «garantire una maggiore e più efficace tutela delle persone non autosufficienti e delle relative famiglie». In questa prospettiva, il riferimento alla «carta di soggiorno», contenuto nella norma censurata, dovrebbe essere inteso in senso «atecnico»: esso non evocherebbe, cioè, il nuovo e diverso documento denominato «permesso di soggiorno di lungo periodo», di cui al vigente art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998, ma il permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno, conformemente alla previsione del citato art. 41.

2.2.– Riguardo, poi, alla presunta violazione dell’art. 81, quarto comma, Cost. ascritta all’art. 11 della legge reg. n. 44 del 2011, le censure della Presidenza del Consiglio sarebbero basate sull’erroneo presupposto che le risorse di cui all’art. 20 della legge n. 328 del 2000 costituiscano la «principale fonte di finanziamento» del Fondo regionale per la non autosufficienza.

La pretesa priorità assegnata ai fondi statali non sarebbe, di contro, desumibile «né dalla lettera né dalla ratio della norma in questione né dal quadro normativo nel quale la stessa si inserisce». Se pure, infatti, nel censurato art. 11, il Fondo nazionale per le politiche sociali viene indicato per primo, come risorsa da cui attingere (lettera a), tale fonte non è però l’unica, facendosi espresso riferimento nello stesso articolo ad ulteriori risorse comunitarie, regionali e degli enti locali (lettere b, c e d), rispetto alle quali quella statale si porrebbe «in assoluta concorrenza e reciprocità». Ciò, in conformità a quanto stabilito dall’art. 4 della legge quadro n. 328 del 2000, il quale prevede, al comma 1, che «la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali si avvale di un finanziamento plurimo a cui concorrono, secondo competenze differenziate e con dotazioni finanziarie afferenti ai rispettivi bilanci, i soggetti di cui all’articolo 1, comma 3» (ovvero enti locali, regioni e Stato).

L’art. 13 della legge reg. n. 44 del 2011, inoltre, dopo aver determinato la copertura finanziaria per l’esercizio in corso (imputandola al bilancio regionale), al comma 3 stabilisce che, «per gli anni successivi, si provvede, nei limiti consentiti dalla effettiva disponibilità di risorse autonome, con la legge di approvazione del bilancio di previsione annuale e con la legge finanziaria di accompagnamento».

In questa prospettiva, la circostanza che, nella norma censurata, i fondi statali siano indicati per primi non starebbe affatto a significare che la Regione confidi prioritariamente, e tanto meno esclusivamente, nelle provvidenze statali ai fini del finanziamento del Fondo, «ma più semplicemente che, nella mera e indistinta elencazione, si è ritenuto di porre al primo posto i fondi di provenienza statale, con o senza i quali la Regione ha previsto di fornire i servizi […] compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione».

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri propone questioni di legittimità costituzionale in via principale di due disposizioni della legge della Regione Calabria 20 dicembre 2011, n. 44 (Norme per il sostegno di persone non autosufficienti - Fondo per la non autosufficienza), la quale prevede interventi per il sostegno delle persone non autosufficienti e istituisce il Fondo regionale per la non autosufficienza.

2.– Il ricorrente censura, in primo luogo, l’articolo 2, comma 3, della legge regionale, nella parte in cui, con riguardo ai «cittadini […] extracomunitari», limita l’accesso alle prestazioni ai soli soggetti che, oltre a risiedere in Calabria, siano in possesso di «regolare carta di soggiorno».

2.1.– La difesa dello Stato premette che, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), la «carta di soggiorno» deve intendersi sostituita dal «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo», il cui rilascio è subordinato al possesso per cinque anni di un permesso di soggiorno in corso di validità sul territorio nazionale.

Ciò posto, la norma censurata violerebbe l’art. 117, quarto comma, Cost., eccedendo la competenza legislativa residuale delle Regioni in materia di servizi sociali, e non sarebbe, altresì, conforme al disposto dell’art. 41 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), che equipara gli stranieri titolari di permesso di soggiorno di durata annuale ai cittadini italiani, ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale.

La disposizione sarebbe, inoltre, in contrasto con l’art. 3 Cost., giacché il requisito del possesso del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo costituirebbe un elemento di discriminazione arbitrario, non avendo alcun ragionevole collegamento con le condizioni di bisogno e di disagio che le provvidenze in questione mirano a fronteggiare.

2.2.– In riferimento all’art. 3 Cost., la questione è fondata.

La legge reg. Calabria n. 44 del 2011, secondo quanto indicato dal suo art. 1, «definisce le azioni e gli interventi per garantire una maggiore e più efficace tutela delle persone non autosufficienti e delle relative famiglie». Essa mira, per questo verso, a «potenziare il sistema di protezione sociale» già delineato dalla legge regionale 5 dicembre 2003, n. 23 (Realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali nella Regione Calabria), «in armonia con le disposizioni di cui al capo III della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali)».

In questa prospettiva, l’art. 3 della legge regionale prevede segnatamente che vengano finanziati, con le risorse dell’istituito «Fondo regionale per la non autosufficienza» (art. 10), vari tipi di intervento a sostegno dei soggetti protetti.

Quanto ai beneficiari delle prestazioni, l’art. 2 – dopo aver definito, al comma 1, la nozione di persona «non autosufficiente» – stabilisce, al successivo comma 3 (norma impugnata), che «i destinatari degli interventi previsti dalla presente legge sono i cittadini europei o extracomunitari con regolare carta di soggiorno residenti nella Regione Calabria». Nell’ambito dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea, godono dunque delle provvidenze unicamente i soggetti che, oltre ad essere residenti nel territorio regionale, siano in possesso del titolo di legittimazione che la norma qualifica come «carta di soggiorno».

Il riferimento a tale documento – già previsto dall’originario testo dell’art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998 – risulta, peraltro, inattuale. Per effetto della riscrittura della disposizione appena citata ad opera dell’art. 1, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 3 del 2007, la «carta di soggiorno» è stata, infatti, sostituita dal «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo». Anche alla luce della norma transitoria di cui all’art. 2, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 3 del 2007, si deve dunque ritenere che l’accesso alle prestazioni previste dalla legge regionale resti circoscritto ai cittadini extracomunitari titolari del permesso per soggiornanti di lungo periodo, la cui condizione preliminare di ottenimento è il possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità.

Il dato testuale non consente di accedere all’interpretazione «costituzionalmente orientata» prospettata dalla Regione, secondo la quale il riferimento alla «carta di soggiorno» evocherebbe piuttosto il permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, conformemente alla previsione dell’art. 41 del d.lgs. n. 286 del 1998: documento che non corrisponde affatto a quello richiamato, neppure sul piano della successione normativa. D’altra parte, la ricordata circostanza che la legge regionale n. 44 del 2011 preveda interventi di “potenziamento” – dunque, aggiuntivi – rispetto al sistema delineato dalla legge regionale n. 23 del 2003 (il cui art. 3 individua gli stranieri aventi diritto alle prestazioni tramite il richiamo al citato art. 41), esclude che la corrispondenza tra i destinatari delle provvidenze previste dalle due leggi possa ritenersi implicita, come postulato dalla difesa della resistente.

Ciò posto, la limitazione del novero dei fruitori delle provvidenze, operata dalla norma censurata sotto il profilo in esame, deve ritenersi irragionevole e lesiva del principio di eguaglianza.

Al legislatore, sia statale che regionale, è consentito, infatti, attuare una disciplina differenziata per l’accesso a prestazioni eccedenti i limiti dell’essenziale, al fine di conciliare la massima fruibilità dei benefici previsti con la limitatezza delle risorse economiche da destinare al maggior onere conseguente. La legittimità, in linea di principio, di tale finalità non esclude, tuttavia, che i canoni selettivi adottati debbano rispondere al principio di ragionevolezza, in quanto «è consentito […] introdurre regimi differenziati, circa il trattamento da riservare ai singoli consociati, soltanto in presenza di una “causa” normativa non palesemente irrazionale o, peggio, arbitraria» (sentenza n. 432 del 2005).

Nella specie, è stato, di contro, introdotto un elemento di distinzione arbitrario, non essendovi alcuna ragionevole correlazione tra la condizione di accesso dei cittadini extracomunitari alle prestazioni assistenziali in questione e le situazioni di bisogno o disagio, riferibili direttamente alla persona in quanto tale, che costituiscono il presupposto di fruibilità di una provvidenza sociale. Non è possibile, infatti, presumere in modo aprioristico che stranieri non autosufficienti, titolari di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo – in quanto già presenti in precedenza sul territorio nazionale in base a permesso di soggiorno protratto per cinque anni – versino in stato di bisogno o disagio maggiore rispetto agli stranieri che, sebbene anch’essi regolarmente presenti nel territorio nazionale, non possano vantare analogo titolo legittimante.

Come già affermato da questa Corte, mentre è possibile subordinare, non irragionevolmente, l’erogazione di determinate prestazioni sociali, non dirette a rimediare a gravi situazioni di urgenza, alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero alla permanenza nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata, una volta che il diritto a soggiornare alle predette condizioni non sia in discussione, l’accesso a una misura sociale non può essere differenziato in ragione della «necessità di uno specifico titolo di soggiorno» (sentenza n. 61 del 2011) o di «particolari tipologie di residenza volte ad escludere proprio coloro che risultano i soggetti più esposti alle condizioni di bisogno e di disagio che un siffatto sistema di prestazioni e servizi si propone di superare perseguendo una finalità eminentemente sociale» (sentenza n. 40 del 2011).

L’art. 2, comma 3, della legge regionale n. 44 del 2011 deve essere pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui prevede che i cittadini extracomunitari, per beneficiare degli interventi previsti dalla medesima legge, debbano essere in possesso di «regolare carta di soggiorno».

Restano assorbite le ulteriori censure, formulate in riferimento all’art. 117, quarto comma, Cost.

3.– Il Presidente del Consiglio impugna, in secondo luogo, l’art. 11 della medesima legge regionale n. 44 del 2011, che individua le fonti di finanziamento del Fondo regionale per la non autosufficienza.

3.1.– Sul presupposto che la «principale» tra tali fonti di finanziamento sia il trasferimento di risorse dal Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all’art. 20 della legge n. 328 del 2000, il ricorrente assume che la norma censurata violi l’art. 81, quarto comma, Cost.

L’art. 14, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, avrebbe infatti operato consistenti riduzioni, per gli anni 2012 e 2013, delle risorse statali spettanti a qualunque titolo alle regioni a statuto ordinario, rendendo così «indisponibili eventuali trasferimenti di risorse» afferenti al Fondo nazionale per le politiche sociali. A fronte di ciò, gli interventi di sostegno previsti dalla legge in esame resterebbero privi di copertura finanziaria.

3.2.– La questione è inammissibile.

L’impugnato art. 11 non è, in realtà, la norma sulla copertura finanziaria delle nuove o maggiori spese determinate dalla legge regionale in esame. Saldandosi alla previsione istitutiva del «Fondo regionale per la non autosufficienza», che immediatamente la precede (art. 10), la disposizione denunciata si limita, infatti, ad enumerare in termini “categoriali” e, per così dire, “programmatici” le «fonti di finanziamento ordinarie» del Fondo stesso («Fondo nazionale per le politiche sociali», «ulteriori risorse regionali provenienti dalla fiscalità generale», «ulteriori risorse messe a disposizione dagli Enti locali», «eventuali risorse comunitarie o ulteriori risorse statali: comma 1), e stabilisce in quale modo le risorse del Fondo vadano ripartite fra i diversi distretti sanitari (comma 2).

L’effettiva norma di copertura finanziaria è piuttosto l’art. 13 (recante, in base alla sua rubrica, le «Disposizioni finanziarie»), non coinvolto nell’odierna impugnazione. Con riguardo all’«esercizio in corso», il comma 1 di tale articolo determina in modo puntuale l’ammontare degli «oneri derivanti dall’attuazione» della legge di cui si discute (euro 100.000) e li imputa ad una specifica unità previsionale di base del bilancio regionale (la n. 8.1.01.01, inerente ai «Fondi per provvedimenti legislativi in corso di approvazione recanti spese di parte corrente»). Il comma 3 stabilisce altresì che, «per gli anni successivi, si provvede, nei limiti consentiti dalla effettiva disponibilità di risorse autonome, con la legge di approvazione del bilancio di previsione annuale e con la legge finanziaria di accompagnamento». In sostanza, dunque, con riguardo agli esercizi successivi, il legislatore regionale ha adottato il metodo di rinviare la quantificazione degli oneri in discorso – aventi carattere continuativo e ricorrente – e l’individuazione dei relativi mezzi di copertura alle leggi annuali di bilancio e finanziarie.

A prescindere da ogni rilievo al riguardo, l’avvenuta impugnazione di una norma inconferente rende l’odierna questione inammissibile (con particolare riferimento a questione parimenti afferente alla copertura finanziaria delle spese, sentenza n. 372 del 2003).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 3, della legge della Regione Calabria del 20 dicembre 2011, n. 44 (Norme per il sostegno di persone non autosufficienti - Fondo per la non autosufficienza), nella parte in cui stabilisce che i cittadini extracomunitari, per beneficiare degli interventi previsti dalla medesima legge, debbano essere in possesso di «regolare carta di soggiorno»;

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11 della legge reg. Calabria n. 44 del 2011, promossa, in riferimento all’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2013.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Giuseppe FRIGO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2013.