Sentenza n. 370 del 2010

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SENTENZA N. 370

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Ugo                         DE SIERVO                                                  Presidente

- Paolo                       MADDALENA                                               Giudice

- Alfio                       FINOCCHIARO                                                  ”

- Alfonso                   QUARANTA                                                        ”

- Franco                     GALLO                                                                 ”

- Gaetano                  SILVESTRI                                                          ”

- Sabino                     CASSESE                                                             ”

- Maria Rita               SAULLE                                                               ”

- Giuseppe                 TESAURO                                                            ”

- Paolo Maria             NAPOLITANO                                                    ”

- Giuseppe                 FRIGO                                                                  ”

- Alessandro              CRISCUOLO                                                       ”

- Paolo                       GROSSI                                                                ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito della nota del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale di finanza – Servizi ispettivi di finanza pubblica del 16 gennaio 2009, n. 2136 S.I. 2102, promosso dalla Regione Lombardia con ricorso notificato il 17 marzo 2009, depositato in cancelleria il 19 marzo 2009 e iscritto al n. 4 del registro conflitto tra enti 2009.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 30 novembre 2010 il Giudice relatore Sabino Cassese;

uditi l’avvocato Andrea Manzi per la Regione Lombardia e l’avvocato dello Stato Maurizio Borgo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. — Con ricorso ritualmente notificato e depositato (reg. confl. enti n. 4 del 2009), la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri avverso la nota del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale di finanza – Servizi ispettivi di finanza pubblica del 16 gennaio 2009, n. 2136 S.I. 2102, con la quale è stata disposta ed effettuata una verifica amministrativo-contabile concernente la gestione delle risorse finanziarie destinate agli enti strumentali dipendenti dalla medesima Regione.

1.1. — La suddetta attività ispettiva, avviata in data 19 gennaio 2009, a seguito di notificazione, da parte di un Ispettore dei Servizi ispettivi di finanza pubblica, dell’atto oggetto di conflitto, si interrompeva il successivo 30 gennaio, a seguito di una nota della Direzione centrale affari istituzionali e legislativo della Regione Lombardia, con la quale si chiedeva al Ragioniere generale dello Stato i supporti giuridici a sostegno di un così vasto disegno di verifica sulle attività delle amministrazioni regionali. Con nota del 13 marzo 2009, il Ragioniere generale dello Stato comunicava alla Regione la imminente ripresa dell’attività ispettiva, sostenendo la piena legittimità della medesima. Il 20 gennaio 2009 si avviava l’ispezione, concentrandola, inizialmente, sugli anni 2003-2008 dell’Agenzia Regionale per l’Istruzione, la Formazione e il Lavoro (ARIFL), ente strumentale regionale.

Ciò induceva la Regione Lombardia a presentare ricorso per conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale, chiedendo, previa sospensione, l’annullamento del provvedimento in questione, assieme a tutti gli atti connessi e conseguenti.

1.2. — Ad avviso della difesa regionale, il conflitto di attribuzione presenta rilevanza costituzionale, poiché sia la nota ministeriale sia l’attività di controllo svolta dall’ispettore arrecano un pregiudizio diretto alla sfera di competenza costituzionale della Regione. La nota non rivestirebbe rilievo meramente interno, essendo stata inviata al Presidente della Regione e consentendo al dirigente dei Servizi ispettivi di finanza pubblica di procedere alle verifiche nei confronti della Regione, e sarebbe dettata dalla pretesa statale di svolgere controlli amministrativo-contabili nei confronti della Regione.

Nel merito si sostiene, da un lato, che la materia dell’ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalle Regioni, che, prima della riforma costituzionale del 2001, era ricondotta alla potestà legislativa concorrente, successivamente alla riforma costituzionale del Titolo V della parte II della Costituzione, è da considerare rientrante nella potestà residuale delle Regioni (art. 117, quarto comma, Cost.) e, dall’altro, che lo Stato, essendo ormai privo di una qualsiasi potestà legislativa in materia, non può avocare a sé l’esercizio di funzioni amministrative di carattere ispettivo sugli enti strumentali della Regione, né può svolgere controlli diretti ex post relativi alle modalità di gestione delle risorse regionali, dal momento che titolare di tale attività diretta di controllo è, in via esclusiva, l’amministrazione regionale (art. 118 Cost.). Lo Stato, dunque, potrebbe soltanto prescrivere obiettivi di finanza pubblica, ma non imporre le modalità e gli strumenti concreti per raggiungere gli obiettivi: con la conseguenza che non potrebbe poi neppure controllare nel dettaglio le modalità di perseguimento degli obiettivi. La difesa regionale, infine, lamenta che la pretesa di svolgere ispezioni puntuali non sia fondata su alcun riferimento normativo espresso, poiché i richiami normativi indicati nella nota del Ministero non sono conferenti: con la conseguenza che vi sarebbe diretta lesione delle attribuzioni costituzionali della Regione.

2. — Si è costituito in giudizio, con atto depositato il 27 aprile 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso, sul rilievo che l’atto oggetto di conflitto non possiederebbe un’autonoma attitudine lesiva della sfera di competenza costituzionale della Regione, traducendosi esclusivamente in una forma di erronea applicazione delle disposizioni di legge.

Nel merito, si sostiene l’infondatezza del ricorso: innanzitutto, l’attività dei Servizi ispettivi di finanza pubblica sarebbe espressione dell’art. 2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 (Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell’art. 11 legge 15 marzo 1997, n. 59); in secondo luogo, correttamente la nota oggetto del conflitto avrebbe citato tre disposizioni alla base dei poteri dei Servizi ispettivi di finanza pubblica nei confronti di qualsiasi pubblica amministrazione: l’art. 29 del Regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 (Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità dello Stato), l’art. 3 della legge 26 luglio 1939, n. 1037 (Ordinamento della Ragioneria generale dello Stato), e l’art. 60, commi 5 e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche); in terzo luogo, anche sulla base di quanto affermato dalla sentenza di questa Corte n. 376 del 2003, gli accertamenti di regolarità amministrativa e contabile effettuati dai Servizi ispettivi di finanza pubblica della Ragioneria generale dello Stato, da un lato, rientrerebbero tra gli strumenti necessari al perseguimento della finalità di coordinamento della finanza pubblica, materia appartenente alla potestà legislativa concorrente, e, dall’altro, non possiederebbero riflessi coercitivi e sanzionatori, esaurendosi in attività referente e rimettendo alla discrezionalità degli enti interessati l’adozione di eventuali provvedimenti correttivi.

3. — Il 25 giugno 2009 il Ragioniere generale dello Stato, nel trasmettere alla Regione la relazione sulla verifica amministrativo-contabile e nel sottolineare che dagli accertamenti non erano emerse irregolarità e disfunzioni, comunicava in una nota «di ritenere conclusa, per quanto di competenza, la trattazione delle risultanze concernenti la verifica in argomento».

4. — Con atto depositato il 18 novembre 2009, la Regione Lombardia, in considerazione dell’esame parlamentare del disegno di legge di riforma dei controlli amministrativo-contabili di ragioneria, presentava istanza di rinvio a nuovo ruolo del conflitto e, di conseguenza, rinunciava all’istanza di sospensione dell’atto. Il Presidente del Consiglio dei ministri aderiva ad entrambe le richieste.

5. — Con memoria depositata il 9 novembre 2010, la difesa regionale, oltre a ribadire gli argomenti prospettati nel ricorso, ha, da un lato, contrastato le tesi esposte dal Presidente del Consiglio dei ministri nell’atto di costituzione e, dall’altro, provveduto ad aggiornare il quadro fattuale e normativo.

Sotto il primo profilo, la Regione contesta il richiamo all’art. 2 del d.lgs. n. 286 del 1999, quale norma fondante il potere ispettivo della Ragioneria generale dello Stato: perché non contenuta nella nota oggetto del conflitto; perché si limita a chiarire chi debba effettuare i controlli interni di regolarità amministrativa e contabile all’interno dell’amministrazione statale; perché l’art. 10, comma 4, del medesimo decreto legislativo dispone che le amministrazioni non statali provvedono a conformare il proprio ordinamento ai principi del decreto, con la conseguenza che il solo controllo esterno previsto dall’ordinamento sarebbe quello rimesso alla Corte dei conti.

Sotto il secondo profilo, la difesa regionale evidenzia che il sopravvenuto art. 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato possa «effettuare, tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione delle regioni e della province autonome di Trento e di Bolzano».

6. — Con memoria depositata il 21 ottobre 2010, il Presidente del Consiglio dei ministri, oltre a ribadire le ragioni dedotte nell’atto di costituzione in ordine alla inammissibilità e/o infondatezza del ricorso, ha svolto ulteriori considerazioni.

Si sostiene, in particolare, che il controllo esercitato dai Servizi ispettivi di finanza pubblica sarebbe di tipo conoscitivo-collaborativo, ponendosi al servizio dell’autonomia delle Regioni. L’attività di tali Servizi, difatti, sarebbe priva di qualsiasi potere gerarchico nei confronti degli enti ispezionati, non rientrando in un’attività gestionale ed essendo finalizzata esclusivamente a verificare la puntuale attuazione degli obiettivi, costituzionalmente demandati allo Stato, attraverso l’acquisizione di dati e atti.

Considerato in diritto

1. — La Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione (reg. confl. enti n. 4 del 2009) nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri avverso la nota del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale di finanza – Servizi ispettivi di finanza pubblica del 16 gennaio 2009, n. 2136 S.I. 2102, con la quale è stata disposta ed effettuata una verifica amministrativo-contabile concernente la gestione delle risorse finanziarie destinate agli enti strumentali dipendenti dalla medesima Regione. La Regione lamenta il contrasto con gli articoli 117, quarto comma, e 118 della Costituzione.

2. — Il ricorso è ammissibile.

Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, il ricorso sarebbe inammissibile perché l’atto oggetto di conflitto non presenterebbe un’autonoma attitudine lesiva della sfera di competenza costituzionale della Regione.

Ma la nota ministeriale impugnata esprime una chiara manifestazione di volontà dello Stato di affermare la propria competenza a svolgere verifiche. Ne deriva che la questione è rilevante dal punto di vista costituzionale, «in quanto involge questioni afferenti al riparto delle attribuzioni tra Stato e Regioni, qual[e] risulta dal nuovo Titolo V della parte II della Costituzione» (sentenza n. 255 del 2007).

3. — Nel merito, il ricorso non è fondato.

3.1. — L’attività ispettiva svolta dai Servizi ispettivi di finanza pubblica spetta allo Stato, perché è preparatoria rispetto alla funzione di coordinamento della finanza pubblica, in ordine alla quale concorrono, a norma dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, potestà legislativa statale e potestà legislativa regionale.

Questa Corte ha avuto modo di sottolineare che «il coordinamento finanziario può richiedere, per la sua stessa natura, anche l’esercizio di poteri di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo; onde, attesa la specificità della materia, non può ritenersi preclusa alla legge statale la possibilità, nella materia medesima, di prevedere e disciplinare tali poteri, anche in forza dell’art. 118, primo comma, della Costituzione. Il carattere «finalistico» dell’azione di coordinamento esige che al livello centrale si possano collocare non solo la determinazione delle norme fondamentali che reggono la materia, ma altresì i poteri puntuali eventualmente necessari perché la finalità di coordinamento – che di per sé eccede inevitabilmente, in parte, le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali – possa essere concretamente realizzata» (sentenza n. 376 del 2003).

Ne deriva che l’attività ispettiva finalizzata al coordinamento della finanza pubblica può concretarsi in verifiche analitiche, perché può essere necessario compiere controlli puntuali, anche per campione, per accertare lo stato della finanza pubblica ed averne una «visione unitaria» (sentenza n. 267 del 2006 e ordinanza n. 285 del 2007).

3.2. — La difesa regionale, al fine di dimostrare la riconducibilità dell’attività ispettiva oggetto del conflitto alla materia de «l’ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalle Regioni» e, dunque, alla potestà legislativa residuale regionale, ha richiamato due pronunce della Corte (sentenze n. 182 del 1997 e n. 228 del 1993), relative all’esercizio del potere dei Servizi ispettivi di finanza pubblica nei confronti delle autonomie territoriali.

Ma le due pronunce riguardano le Province autonome di Trento e di Bolzano e, dunque, enti ad autonomia speciale; sono precedenti alla riforma del Titolo V della parte II della Costituzione; si riferiscono a enti del settore sanitario, sui quali il Ministero dell’economia e delle finanze esercita un controllo attraverso la nomina di due componenti del collegio dei revisori dei conti.

3.3. — La difesa regionale ha anche richiamato il sopravvenuto art. 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica). Questo dispone che il Ministero dell’economia e delle finanze–Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato possa «effettuare, tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano».

A prescindere dalla circostanza che il profilo sollevato non pone un problema di rilevanza costituzionale, suscettibile di essere preso in esame nel presente conflitto, va osservato che la difesa regionale richiama soltanto il primo periodo dell’art. 14, comma 1, lettera d), della legge n. 196 del 2009, senza far cenno al terzo e al quarto, secondo cui, «In ogni caso, per gli enti territoriali i predetti servizi effettuano verifiche volte a rilevare eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica e procedono altresì alle verifiche richieste dal Ministro competente all’avvio della procedura di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. I referti delle verifiche di cui al terzo periodo sono inviati alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica affinché possa valutare l’opportunità di attivare il procedimento denominato “Piano per il conseguimento degli obiettivi di convergenza” di cui all’articolo 18 della legge 5 maggio 2009, n. 42, come modificato dall’articolo 51, comma 3, della presente legge». Le disposizioni del terzo e quarto periodo dell’art. 14, comma 1, lettera d), della legge n. 196 del 2009, pertanto, consentono lo svolgimento di verifiche correlate al coordinamento della finanza pubblica.

3.4. — Questa conclusione trova ulteriore conferma nelle norme generali sul sistema finanziario pubblico e nella disciplina concernente il federalismo fiscale.

L’art. 28, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), prevede, infatti, che «Allo scopo di assicurare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, il Ministero dell’economia e delle finanze provvede all’acquisizione di ogni utile informazione sul comportamento degli enti ed organismi pubblici di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, anche con riferimento all’obbligo di utilizzo delle convenzioni CONSIP, avvalendosi dei propri rappresentanti nei collegi sindacali o di revisione presso i suddetti enti ed organismi e dei servizi ispettivi di finanza pubblica».

Inoltre, la legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), dopo aver stabilito, all’art. 5, comma 1, «l’istituzione, nell’ambito della Conferenza unificata, della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica come organismo stabile di coordinamento della finanza pubblica», e precisato, tra i principi e criteri direttivi, che «la Conferenza verifica la congruità dei dati e delle basi informative finanziarie e tributarie, fornite dalle amministrazioni territoriali», ha previsto, all’art. 18, comma 1, che «il Governo, previo confronto e valutazione congiunta in sede di Conferenza unificata, propone norme di coordinamento dinamico della finanza pubblica volte a realizzare l’obiettivo della convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo nonché un percorso di convergenza degli obiettivi di servizio dei livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali di cui all’articolo 117, comma secondo, lettere m) e p), della Costituzione».

L’art. 14, comma 1, lettera d), della legge n. 196 del 2010, dunque, ha attribuito un essenziale ruolo preliminare ai Servizi ispettivi di finanza pubblica, strumentale anche al fine del reperimento delle informazioni utili ad assicurare il perseguimento degli obiettivi e il coordinamento della finanza pubblica da parte dell’apposita Conferenza permanente.

3.5. — Quanto sin qui detto non significa che le ispezioni dei Servizi ispettivi di finanza pubblica nei riguardi delle Regioni possano essere effettuate senza limitazioni. Tale attività deve rispettare l’autonomia finanziaria delle Regioni, sia di entrata sia di spesa ed essere finalizzata alla raccolta di dati e informazioni utili al perseguimento delle finalità di coordinamento della finanza pubblica. Quando le verifiche ispettive dovessero evidenziare elementi di illegittimità ovvero significativi scostamenti rispetto alle esigenze di finanza pubblica, esse costituirebbero la base sulla quale innestare le procedure appositamente contemplate dalla Costituzione, dalla disciplina legislativa sulla finanza pubblica e sul federalismo e dalla normativa relativa alla Corte dei conti.

per questi motivi

La CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spettava allo Stato emettere la nota del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale di finanza – Servizi ispettivi di finanza pubblica del 16 gennaio 2009, n. 2136 S.I. 2102, impugnata dalla Regione Lombardia, in relazione agli artt. 117, quarto comma, e 118 della Costituzione con il ricorso per conflitto di attribuzione indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2010.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 22 dicembre 2010.