Sentenza n. 125 del 2010

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SENTENZA N. 125

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-                         Francesco                                           AMIRANTE               Presidente

-                         Ugo                                                    DE SIERVO                Giudice

-                         Paolo                                                MADDALENA             ”

-                         Alfio                                                FINOCCHIARO            ”

-                         Alfonso                                              QUARANTA              ”

-                         Franco                                                   GALLO                   ”

-                         Luigi                                                   MAZZELLA               ”

-                         Gaetano                                              SILVESTRI                ”

-                         Sabino                                                  CASSESE                 ”

-                         Maria Rita                                             SAULLE                  ”

-                         Giuseppe                                              TESAURO                 ”

-                         Paolo Maria                                     NAPOLITANO             ”

-                         Giuseppe                                                 FRIGO                    ”

-                         Alessandro                                        CRISCUOLO              ”

-                         Paolo                                                     GROSSI                   ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 6, 10, 11 e 12, comma 1, della legge della Regione Lombardia 26 maggio 2008, n. 15 (Infrastrutture di interesse concorrente statale e regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 29-31 luglio 2008, depositato in cancelleria il 5 agosto 2008 ed iscritto al n. 42 del registro ricorsi 2008.

Visto l’atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell’udienza pubblica del 10 marzo 2010 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Nicolò Zanon e Andrea Manzi per la Regione Lombardia.

Ritenuto in fatto

1.— Con ricorso notificato il 29-31 luglio 2008 e depositato il successivo 5 agosto, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Lombardia 26 maggio 2008, n. 15 (Infrastrutture di interesse concorrente statale e regionale). Il ricorrente espone che gli artt. 3, 4, 6, 10, 11 e 12, comma 1, della stessa, violerebbero gli artt. 117 e 118 della Costituzione, nonché il principio di leale collaborazione.

Si premette che la predetta legge regionale prevede due fattispecie distinte per la realizzazione delle infrastrutture: la prima concertata con il Governo o con i singoli Ministri, di cui al Titolo I (artt. 2, 3 e 4) e II (art. 5); la seconda prevista in assenza di tali intese, ovvero in caso di inerzia degli organi statali, di cui al Titolo III (art. 6).

Con riferimento alla prima fattispecie si assume la illegittimità costituzionale degli artt. 3 e 4 della legge regionale.

A tale proposito, si premette che la Regione ha ecceduto dalle proprie competenze disciplinando unilateralmente «la procedura da applicarsi per le infrastrutture che richiedano una intesa preventiva con il Governo o con i singoli Ministeri», ponendosi anche in contrasto con il principio di leale collaborazione, di cui all’art. 118 Cost.

1.1.— In particolare, l’art. 3, comma 1, stabilisce che lo stesso «disciplina la procedura di approvazione del progetto preliminare relativamente alle infrastrutture strategiche» di preminente interesse nazionale e «la procedura per la valutazione di impatto ambientale (VIA) limitatamente alle predette infrastrutture», per le quali sia raggiunta, in via preventiva, un’intesa con il Governo. Si prevede, inoltre, sottolinea la difesa dello Stato, che la valutazione di impatto ambientale per le infrastrutture strategiche, soggette a screening o VIA regionale, è compiuta dalla Regione ai sensi della normativa regionale in materia.

Tale disposizione, nella parte in cui assegna alla competenza regionale la procedura di approvazione dei progetti preliminari per le opere di preminente interesse nazionale («quali tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza, nonché aeroporti con piste di atterraggio superiori a 1500 metri di lunghezza; autostrade e strade riservate alla circolazione automobilistica; strade extraurbane a quattro o più corsie») e la procedura di VIA, contrasterebbe con l’art. 161, comma 1, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE). Tale disposizione statale prevede, infatti, che la progettazione, l’approvazione dei progetti e la realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale sono disciplinate dalla stessa normativa nazionale allo scopo di garantirne l’uniformità di regolamentazione sul territorio nazionale.

La normativa regionale si porrebbe in contrasto anche con gli artt. 21 e seguenti del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) che assegnano allo Stato le competenze in materia di procedura di VIA per le opere di preminente interesse nazionale.

1.2.— L’art. 3, comma 4, della legge regionale in esame specifica che spetta alla Regione, decorsi novanta giorni dalla data di presentazione della documentazione da parte del soggetto aggiudicatore, emettere la valutazione sulla compatibilità ambientale dell’opera, provvedendo ad una mera comunicazione ai Ministeri dell’ambiente, tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e trasporti e per i beni e le attività culturali, che possono a loro volta comunicare prescrizioni integrative alla valutazione di impatto ambientale.

Tale norma contrasterebbe, in primo luogo, con l’art. 161 del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale stabilisce che, nel caso in cui l’interesse regionale sia concorrente con quello statale, le Regioni e le Province autonome devono limitarsi a partecipare, con le modalità indicate nelle intese, alle sole attività di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio. In secondo luogo, la stessa normativa violerebbe la competenza in materia di VIA spettante al Ministero dell’ambiente di concerto con il Ministero per i beni culturali. Il ricorrente rileva come si tratti «di misure finalizzate a garantire una disciplina uniforme sul territorio nazionale della fattibilità ambientale delle infrastrutture, e che, pertanto, dettano livelli standard ed uniformi di tutela dell’ambiente, di competenza esclusiva statale, ex art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione».

1.3.— L’art. 3, comma 7, della legge regionale nella parte cui stabilisce che la Regione formula la proposta di approvazione del progetto preliminare al CIPE, entro sessanta giorni dallo scadere del termine di novanta giorni (entro il quale − a norma del secondo comma dello stesso art. 3 − le amministrazioni interessate trasmettono le proprie valutazioni alla Regione sul progetto preliminare), inoltrandola, altresì, al Ministero delle infrastrutture e trasporti, contrasterebbe, secondo la difesa dello Stato, con l’art. 165 del d.lgs. n. 163 del 2006. Tale disposizione, nel disciplinare la procedura di approvazione del progetto preliminare e la procedura di impatto ambientale, riconosce tale competenza in capo ai Ministeri delle infrastrutture e dell’ambiente, chiamati a presentare le proprie proposte in merito al CIPE.

Si deduce, altresì, il contrasto della citata disposizione con l’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006, che attribuisce allo Stato competenza esclusiva statale in materia di «attività di progettazione», così come riconosciuto dalla  Corte costituzionale con la sentenza n. 401 del 2007.

L’Avvocatura sottolinea come «analoghe considerazioni valgono per i restanti commi dell’art. 3 della legge in esame da cui si evince il ruolo preminente attribuito alla Regione nella valutazione del progetto preliminare».

1.4.— L’art. 4 della legge regionale disciplina le procedure di valutazione, di verifica di conformità ambientale e di autorizzazione del progetto definitivo, attribuendo alla Regione la competenza in materia di progettazione definitiva. Sarebbe stata, pertanto, prevista una disciplina difforme da quella contemplata dall’art. 166 del d.lgs. n. 163 del 2006, che attribuisce al Ministero delle infrastrutture competenze in merito alla progettazione definitiva. Si rileva anche il contrasto con l’art. 4, comma 3, del citato decreto legislativo.

La disposizione in esame violerebbe anche il principio di leale collaborazione, di cui all’art. 118 Cost., in quanto la Regione avrebbe disciplinato unilateralmente, attraverso una legge regionale, una procedura che, ai sensi dell’art. 161, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006, dovrebbe essere oggetto di una intesa o di una legge regionale successiva all’intesa stessa.

1.5.— Con riferimento alla seconda fattispecie, sarebbe costituzionalmente illegittimo l’art. 6 della legge regionale in esame, il quale prevede che, nel caso in cui gli organi statali competenti − di cui al comma 2, o il CIPE, di cui al comma 3 − non provvedano nei termini di legge, il Presidente della Giunta segnala al Governo dello Stato l’inerzia reiterata ed immotivata e, trascorso il termine di trenta giorni dalla segnalazione, può trasmettere il progetto preliminare o definitivo o compiere gli atti e le attività necessarie all’approvazione del progetto.

Tale disposizione, «inscindibilmente connessa con gli artt. 1, comma 3, 3, comma 9, 4, commi 6 e 7», contrasterebbe sia con l’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006, che attribuisce allo Stato la competenza legislativa statale in materia di attività di progettazione, in quanto rientrante nella nozione di tutela della concorrenza, ordinamento civile e tutela dell’ambiente, di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e), l), s), Cost., sia con il principio di leale collaborazione di cui all’art. 118 Cost., per le ragioni già esposte.

1.6.— L’art. 10 della citata legge regionale prevede che le concessioni per le infrastrutture ricomprese tra le opere di interesse nazionale e regionale, da affidarsi successivamente all’entrata in vigore della legge in esame, ovvero le modifiche alle convenzioni di concessione già affidate relative alle medesime infrastrutture autostradali, sono approvate con decreto del Presidente della Giunta regionale.

La medesima disposizione stabilisce che è facoltà del concedente introdurre, nell’ambito della definizione del piano economico-finanziario relativo alle infrastrutture in oggetto: a) limiti massimi di rischio per il concessionario, superati i quali si può procedere al riequilibrio economico-finanziario della concessione; b) nel contempo, limiti di profittabilità della concessione, superati i quali si può procedere a corrispondere al concedente il saldo positivo tra i ricavi ottenuti e detto limite; c) vincoli temporali alla realizzazione degli investimenti.

Tale disposizione contemplerebbe una disciplina difforme rispetto a quella prevista dal d.lgs. n. 163 del 2006, che attribuisce alla competenza esclusiva statale la disciplina della selezione dei concorrenti e delle procedure di affidamento in quanto rientranti «nella materia della concorrenza ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione» (si cita la sentenza n. 401 del 2007).

1.7.— Il ricorrente assume poi che l’art. 11 della legge in esame disciplinerebbe il contraente generale in maniera difforme rispetto a quanto previsto dall’art. 176 del d.lgs. n. 163 del 2006.

La norma regionale stabilisce che i concessionari possono provvedere alla realizzazione delle opere mediante affidamento unitario a contraente generale, ai sensi dell’art. 176 del d.lgs. n. 163 del 2006, della progettazione definitiva, della progettazione esecutiva e della realizzazione con qualsiasi mezzo delle opere medesime, ponendo a base di gara il progetto preliminare o il progetto definitivo.

Si rileva come mentre la norma regionale disciplina il contraente generale quale affidatario dei lavori da parte del concessionario e non anche direttamente da parte del soggetto aggiudicatore, la normativa statale prevede che sia il concessionario, sia il soggetto aggiudicatore possano affidare al contraente generale la realizzazione dei lavori.

Alla luce di quanto esposto, la disposizione impugnata contrasterebbe con gli artt. 4, comma 3, e 176 del Codice degli appalti, che attribuiscono alla competenza legislativa dello Stato la disciplina della selezione dei concorrenti e delle procedure di affidamento, in quanto rientranti nella materia della concorrenza, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

1.8.— L’art. 12 della legge regionale, infine, stabilisce che «in quanto compatibili con la presente legge, si applicano le disposizioni di cui alla parte II, titolo III, capo IV e di cui alla parte IV del d.lgs. n. 163 del 2006».

Tale norma, nella prospettiva dello Stato, opererebbe di fatto una disapplicazione della legge statale che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 401 del 2007, ha affermato appartenere in larga parte alla competenza statale. In particolare, si assume la violazione dell’art. 4, comma 3, che attribuisce allo Stato la competenza in materia di attività di progettazione, nonché dell’art. 161, comma 5, «che prevede che le Regioni possano intervenire con proprie leggi disapplicative della normativa statale solo per i profili rientranti in materie oggetto di legislazione concorrente».

1.9.— In conclusione, la Regione avrebbe ecceduto dalla proprie competenze in materia «invadendo la sfera legislativa statale, nella parte in cui, da un lato, prevede una procedura unilaterale in caso di mancata intesa o di inerzia statale (art. 6, comma 1), dall’altra prevede norme procedurali (art. 3 e seguenti) che dovrebbero, a rigore, essere contenute nell’intesa stessa».

La legge regionale pertanto, avrebbe, violato l’art. 118 Cost.

2.— Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile e, in subordine, non fondato, con riserva di ulteriori deduzioni.

3.― In data 8 settembre 2009, la Regione Lombardia ha depositato memoria con la quale ha dato atto che alla legge regionale del 2008, oggetto di impugnazione da parte dello Stato, sono state apportate modifiche ad opera della legge regionale 8 ottobre 2008, n. 26 recante: «Modifiche e integrazioni alla legge regionale 26 maggio 2008, n. 15 (Infrastrutture di interesse concorrente statale e regionale)».

Detta legge, afferma la Regione, costituisce nell’ottica del principio di leale collaborazione, «il frutto di un’attività di concertazione tra la Regione Lombardia e il Ministro per i rapporti con le Regioni».

In ragione di ciò, la resistente prospetta l’inammissibilità della questione per la mancanza di interesse del ricorrente, il quale non subirebbe alcun pregiudizio dalla vigente normativa.

Deduce, altresì la mancata impugnazione da parte dello Stato della suddetta legge regionale n. 26 del 2008 e, comunque, la mancata applicazione, nelle more, della legge regionale n. 15 del 2008, circostanze che darebbero luogo alla cessazione della materia del contendere.

Successivamente, in data 15 settembre 2009, le parti depositavano motivata istanza congiunta di rinvio, in ragione della quale la trattazione della questione, già fissata per l’udienza pubblica del 6 ottobre 2009, veniva rinviata a nuovo ruolo e, quindi, nuovamente fissata per l’udienza pubblica del 10 marzo 2010.

Considerato in diritto

1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato la legge della Regione Lombardia 26 maggio 2008 n. 15 (Infrastrutture di interesse concorrente statale e regionale) deducendo la violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione.

La predetta legge disciplina le procedure relative alle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, delle quali è, o è stato, riconosciuto il concorrente interesse regionale dalle intese generali quadro di cui all’art. 161, comma 1, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE); infrastrutture che sono quelle ricomprese nel territorio regionale o che per caratteristiche funzionali siano riconducibili prevalentemente al territorio regionale (art. 1).

2.— Ai fini della delimitazione del thema decidendum, nonostante il ricorrente abbia fatto riferimento, sia nell’intestazione del ricorso sia nella formulazione del petitum, all’intera legge, va osservato che si prospettano censure esclusivamente con riferimento agli artt. 3, 4, 6, 10, 11 e 12, comma 1, della predetta legge, che costituiscono, pertanto, l’oggetto su cui si deve svolgere lo scrutinio di costituzionalità.

3.— Successivamente all’impugnazione è stata emanata la legge della Regione Lombardia 8 ottobre 2008, n. 26 recante: «Modifiche e integrazioni alla legge regionale 26 maggio 2008, n. 15 (Infrastrutture di interesse concorrente statale e regionale)» la quale ha abrogato l’art. 12, comma 1, della citata legge n. 15 del 2008, e ha apportato modifiche alle rimanenti disposizioni oggetto di specifiche censure con il ricorso; sulla incidenza delle suddette modifiche, rispetto al pregresso quadro normativo, si dirà di qui a poco.

4.— Quanto al contenuto della legge impugnata, gli artt. 3, 4 e 6 disciplinano il procedimento amministrativo volto all’approvazione della progettazione preliminare e definitiva, relativa alle opere strategiche in questione.

In particolare, l’art. 3, al comma 1, disciplina la procedura di approvazione del progetto preliminare relativamente alle infrastrutture che vengono in rilievo in questa sede e la procedura per la valutazione di impatto ambientale (VIA) limitatamente alle predette infrastrutture, soggette a tale procedura a norma delle disposizioni vigenti relative alla VIA statale e per le quali sia raggiunta, in via preventiva, un’intesa con il Governo. La stessa norma prevede che la «valutazione di impatto ambientale per le infrastrutture strategiche, soggette a screening o VIA regionale, è compiuta dalla Regione ai sensi della normativa regionale in materia; il provvedimento di compatibilità ambientale è adottato dal Comitato Interministeriale per la programmazione economica (CIPE)».

I successivi commi disciplinano le fasi dell’iter procedimentale. In particolare, si prevede che il progetto preliminare, comprendente lo studio di impatto ambientale, è trasmesso dal soggetto «aggiudicatore» alla Regione Lombardia e alle altre Regioni eventualmente interessante, nonché ai Ministeri competenti (comma 2). La Regione, decorsi novanta giorni dalla data di presentazione della documentazione da parte del soggetto aggiudicatore, provvede, tenendo conto delle osservazioni dei soggetti pubblici e privati interessati ed avvalendosi di una apposita commissione, ad emettere la valutazione sulla compatibilità ambientale dell’opera (commi 3, 4, 5 e 6). Per quanto attiene, invece, al progetto preliminare, la Regione formula la proposta di approvazione al CIPE, inoltrandola, altresì, al Ministero delle infrastrutture e trasporti (comma 7). Su tale proposta quest’ultimo «si esprime nei successivi venti giorni, decorsi i quali su di essa si pronuncia il CIPE nei successivi trenta giorni ai sensi dell’articolo 165, comma 4, del d.lgs. 163/2006» (comma 8). Il comma 9 dello stesso art. 3 stabilisce che «decorsi i termini di cui al comma 8, il Presidente della Giunta regionale segnala al Governo che l’inerzia può arrecare un grave pregiudizio alla realizzazione dell’infrastruttura affinché inviti il CIPE, inoltrandola altresì, ad ottemperare. Perdurando l’inadempimento del CIPE per un termine di ulteriori trenta giorni a decorrere dalla segnalazione al Governo, la Regione può esercitare tutte le funzioni necessarie all’approvazione del progetto con gli effetti di cui all’articolo 165 del d.lgs. n. 163 del 2006».

4.1.— L’art. 4 disciplina in maniera articolata la progettazione definitiva e l’istruttoria svolta mediante conferenza di servizi. In particolare, tale articolo attribuisce alla Regione il compito, una volta ricevuto il progetto definitivo e indetta una apposita conferenza di servizi istruttoria, di trasmettere tale proposta al CIPE, nonché al Ministero delle infrastrutture e trasporti e al Ministero dell’economia e delle finanze (comma 4).

Sulla proposta formulata dalla Regione il predetto Ministero delle infrastrutture e trasporti si esprime nei successivi venti giorni, decorsi i quali il CIPE, nei quarantacinque giorni successivi, approva il progetto definitivo (comma 5).

Il comma 6 stabilisce che, decorsi i predetti termini senza alcun provvedimento del CIPE, la Regione può approvare il progetto definitivo in via sostitutiva secondo quanto stabilito dal comma 9 dell’art. 3.

4.2.— L’art. 6, a sua volta, prevede che in assenza dell’intesa generale e preventiva col Governo, di cui all’articolo 2, ovvero in assenza di singole intese specifiche con i Ministeri, contemplate dall’art. 5, che non è stato oggetto di impugnazione, ovvero decorso il termine di sessanta giorni dalla presentazione della proposta di intesa, di cui agli articoli 2 e 5, «per evitare che il ritardo arrechi un grave pregiudizio alla realizzazione delle infrastrutture», si applichino le norme del presente titolo III. La stessa disposizione prosegue stabilendo che «in caso gli organi statali competenti non provvedano nei termini di legge, il Presidente della Giunta regionale segnala al Governo l’inerzia reiterata ed immotivata e, trascorso il termine di trenta giorni dalla segnalazione al Governo, può trasmettere al CIPE il progetto preliminare o definitivo (...). Nel caso in cui il CIPE non provveda nei termini di legge all’approvazione del progetto preliminare o definitivo o comunque resti immotivatamente inerte, il Presidente della Giunta regionale segnala l’inerzia al Governo, perché inviti il CIPE ad ottemperare. Perdurando l’inadempimento del CIPE per un termine di trenta giorni a decorrere dalla segnalazione del Presidente, la Regione può compiere gli atti e le attività necessarie all’approvazione del progetto (…)».

4.3.— Secondo il ricorrente le citate norme contenute negli artt. 3, 4 e 6 sarebbero costituzionalmente illegittime perché attribuirebbero alla Regione una competenza in relazione alla progettazione preliminare e definitiva che, invece, gli artt. 161 e seguenti del Codice degli appalti riconoscono allo Stato. In particolare, con riferimento specifico alle censure formulate, aventi ad oggetto gli artt. 3 e 6, si deduce anche la violazione della competenza statale in materia di tutela dell’ambiente; con riguardo alle doglianze indirizzate agli artt. 4 e 6 si assume, altresì, la violazione del principio di leale collaborazione.

4.4.— Le modifiche apportate, da parte della legge regionale n. 26 del 2008, alle citate disposizioni, aventi ad oggetto la disciplina del procedimento di approvazione della progettazione preliminare e di quella definitiva, hanno determinato la cessazione della materia del contendere sul ricorso dello Stato avverso la legge n. 15 del 2008.

Innanzitutto, l’art. 2 della stessa legge regionale n. 15 del 2008, che non è stato impugnato, stabilisce che per realizzare le predette opere «il Presidente della Giunta regionale inoltra al Governo e alle altre Regioni eventualmente interessate proposte di intesa generale e preventiva aventi ad oggetto le modalità e i termini di realizzazione di una o più opere»; al comma 2 si puntualizza che soltanto una volta acquisita l’intesa generale e preventiva trovano applicazione le norme contenute nello stesso Titolo. Ne consegue che la concreta operatività delle modalità procedimentali contemplate dalle disposizioni in esame sono condizionate al previo raggiungimento di un vero e proprio accordo con lo Stato.

La sopravvenuta legge regionale n. 26 del 2008, non impugnata, ha modificato, in primo luogo, l’art. 3 della legge n. 15 del 2008 aggiungendo il comma 9-bis, con il quale si chiarisce che la procedura sostitutiva «è attivata solo se espressamente previsto nell’ambito dell’intesa sottoscritta con il Governo ai sensi dell’articolo 2 ovvero di apposita intesa che regoli le modalità, i contenuti e i tempi dell’intervento regionale diretto a superare l’inerzia».

In secondo luogo, la nuova legge regionale ha modificato il comma 6 dell’art. 4, della precedente legge, stabilendo che, anche nel caso di progettazione definitiva, l’intervento sostitutivo regionale è subordinato alla previa intesa con il Governo.

Infine, ha modificato il primo comma dell’art. 6 stabilendo ancora una volta che la Regione possa sostituirsi agli organi statali, che non provvedano nei termini di legge, soltanto se «è espressamente previsto nell’ambito di una specifica intesa con il Governo che potrà altresì stabilire le modalità, i contenuti e i tempi dell’intervento regionale diretto a superare l’inerzia».

Con tali modificazioni il legislatore regionale ha inciso sul complessivo meccanismo procedurale predisposto dalla legge impugnata ai fini della progettazione delle opere strategiche in esame, consentendo la operatività di tutte le disposizioni impugnate soltanto in presenza di un previo accordo tra la Regione Lombardia e lo Stato.

In altri termini, la sopravvenuta legge n. 26 del 2008 ha definitivamente chiarito che le procedure concernenti l’approvazione sia del progetto preliminare sia di quello definitivo per la realizzazione in ambito regionale delle infrastrutture strategiche d’interesse nazionale sono subordinate, per quanto attiene alla loro concreta operatività, al raggiungimento di preventive intese tra lo Stato e la Regione, volte espressamente a stabilire le modalità, i contenuti e i tempi dell’intervento regionale. Ciò postula che, qualora non si giunga preliminarmente a uno specifico accordo tra lo Stato e la Regione, le procedure dovranno essere soltanto quelle d’ordine generale per la realizzazione delle infrastrutture in questione. A tal riguardo, deve trovare applicazione il principio fissato da questa Corte, in una fattispecie per molti aspetti analoga (sentenza n. 429 del 2004), secondo cui la necessità che intervenga una preventiva intesa impedisce che possa ravvisarsi una qualsiasi lesione di prerogative statali o regionali, dal momento che, per evitare ogni vulnus alle proprie competenze, è sufficiente che la parte interessata non presti adesione all’accordo procedimentale; con la conseguenza che, in luogo delle procedure derogatorie, dovranno trovare applicazione esclusivamente quelle di carattere generale e comune sulla base del normale riparto delle competenze.

Da ciò deriva che, per effetto della sopravvenuta normativa procedimentale contenuta nella legge regionale n. 26 del 2008, deve ritenersi cessata la materia del contendere sull’impugnativa delle suddette disposizioni della legge regionale n. 15 del 2008 proposta dallo Stato con il ricorso in epigrafe, anche in considerazione della circostanza che − come risulta dalla attestazione contenuta nel documento del 9 marzo 2010 della Regione Lombardia, prodotto nel corso dell’udienza pubblica dalla difesa regionale, con l’adesione della difesa statale e senza alcuna contestazione circa il suo contenuto − le norme impugnate non hanno ricevuto, medio tempore, attuazione (per una fattispecie analoga, sentenza n. 439 del 2008).

5.— Il ricorrente ha, altresì, impugnato gli artt. 10 e 11 della legge regionale n. 15 del 2008, i quali disciplinano le modalità di realizzazione delle opere strategiche in esame.

In particolare, l’art. 10 stabilisce che le concessioni per le infrastrutture ricomprese tra le opere di interesse nazionale e regionale, da affidarsi successivamente all’entrata in vigore della stessa legge regionale, ovvero le modifiche alle convenzioni di concessione già affidate relative alle medesime infrastrutture autostradali sono approvate con decreto del Presidente della Giunta regionale (comma 1). Si prevede, inoltre, che è facoltà del concedente introdurre, nell’ambito della definizione del piano economico-finanziario relativo alle infrastrutture in esame: a) limiti massimi di rischio per il concessionario, superati i quali si può procedere al riequilibrio economico-finanziario della concessione; b) nel contempo, limiti di profittabilità della concessione, superati i quali si può procedere a corrispondere al concedente il saldo positivo tra i ricavi ottenuti e detto limite; c) vincoli temporali alla realizzazione degli investimenti. Il comma 3 dello stesso art. 10 disciplina le ipotesi in cui le concessioni possono riguardare anche interventi di carattere insediativo e territoriale. Il comma 4 fa riferimento al sistema di pubblicazioni previste dall’art. 175 del d.lgs. n. 163 del 2006.

Secondo il ricorrente l’art. 10 sarebbe incostituzionale perché detterebbe una disciplina differente da quella contemplata dal Codice degli appalti, che attribuisce alla competenza esclusiva statale la disciplina della selezione dei concorrenti e delle procedure di affidamento, atteso che le stesse rientrerebbero nella materia della tutela della concorrenza ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

Il successivo art. 11 prevede che, per consentire la realizzazione delle infrastrutture in esame in tempi più spediti e con unitarietà di responsabilità, i concessionari possono provvedere alla realizzazione delle opere mediante affidamento unitario a contraente generale della progettazione definitiva, della progettazione esecutiva e della realizzazione con qualsiasi mezzo delle opere medesime, ponendo a base di gara il progetto preliminare o il progetto definitivo (comma 1). Il comma 2 stabilisce che «per gli affidamenti a contraente generale si applicano gli articoli 177 e da 186 a 193 del d.lgs. 163/2006».

Secondo il ricorrente l’art. 11 sarebbe incostituzionale perché, diversamente da quanto previsto dall’art. 176 del d.lgs. n. 163 del 2006, non consentirebbe anche al soggetto aggiudicatore, oltre che al concessionario, di affidare ad un contraente generale la realizzazione dell’opera. Nella prospettiva del ricorrente sarebbe violato anche l’art. 4 dello stesso decreto n. 163, che attribuisce alla competenza esclusiva statale la disciplina della selezione dei concorrenti e delle procedure di affidamento. Sulla base di queste premesse, vertendosi in un ambito afferente alle procedure di gara, si assume la lesione della potestà legislativa dello Stato in materia di tutela della concorrenza.

5.1.— La legge regionale sopravvenuta n. 26 del 2008 ha modificato in maniera rilevante anche le predette norme.

In particolare, con riferimento all’istituto della concessione si è stabilito, con l’art. 1, comma 1, lettera e), che ha modificato il primo comma dell’art. 10 della legge n. 15 del 2008, che la concessione è approvata con decreto del Presidente della Giunta regionale soltanto «se non diversamente previsto dalle intese stipulate ai sensi della presente legge». In tale modo, si è ancora una volta condizionata l’operatività della norma ad un accordo con lo Stato.

Con riferimento al contraente generale, con l’art. 1, comma 1, lettera g), si è modificato il comma 1 dell’art. 11 della legge n. 15 del 2008, precisandosi che l’affidamento può essere disposto anche dal soggetto aggiudicatore, così come previsto dal legislatore statale.

Le predette norme sopravvenute hanno inciso sul pregresso quadro normativo di disciplina delle modalità di realizzazione delle opere, sicché, anche su questo punto, dal momento che le norme impugnate non hanno ricevuto medio tempore attuazione, deve essere dichiarata cessata la materia del contendere.

6.— Infine, deve rilevarsi che la legge regionale n. 26 del 2008 ha abrogato il comma 1 dell’art. 12 della precedente legge, il quale prevedeva che, «in quanto compatibili con la presente legge, si applicano le disposizioni di cui alla parte II, titolo III, capo IV e di cui alla parte IV del d.lgs. 163 del 2006».

Tale abrogazione ha ancora una volta determinato – anche in ragione della mancanza di produzione di effetti durante il periodo di vigenza della norma in esame – la cessazione della materia del contendere sull’impugnazione del citato art. 12, comma 1, della legge regionale n. 15 del 2008.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 6, 10, 11 e 12, comma 1, della legge della Regione Lombardia 26 maggio 2008, n. 15 (Infrastrutture di interesse concorrente statale e regionale).

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Alfonso QUARANTA , Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'1 aprile 2010.