Ordinanza n. 89 del 2010

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ordinanza N. 89

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

 

- - Ugo                            DE SIERVO   Presidente

- Alfio                      FINOCCHIARO   Giudice

- Alfonso                  QUARANTA                "

- Franco                    GALLO                        "

- Luigi                    MAZZELLA                        "

- Gaetano                  SILVESTRI                  "

- Sabino                    CASSESE                    "

- Maria Rita                  SAULLE                  "

- Giuseppe                TESAURO                   "

- Paolo Maria            NAPOLITANO             "

- Giuseppe                FRIGO                         "

- Alessandro              CRISCUOLO               "

- Paolo                      GROSSI                       "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, secondo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), sostituito dall’art. 14 del decreto-legge del 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 144, promosso dal Tribunale di Caltanissetta nel procedimento penale a carico di F. E. R. C., con ordinanza del 22 ottobre 2008, iscritta al n. 112 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 2009.

Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 2010 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto che il Tribunale di Caltanissetta, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 9, secondo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), così come sostituito dall’articolo 14 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005 n. 155, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a cinque anni in caso d’inosservanza degli obblighi e delle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l’obbligo o il divieto di soggiorno;

che il rimettente riferisce di essere chiamato a giudicare F. E. R. C., nei cui confronti il giudice per le indagini preliminari ha emesso decreto di giudizio immediato in ordine al reato previsto e punito dall’art. 116, comma 13, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dal decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117 (Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 2 ottobre 2007, n. 160, ed al delitto previsto e punito dall’art. 9, primo e secondo comma, della legge n. 1423 del 1956, così come modificato dalla legge n. 155 del 2005;

che, in particolare, l’imputato, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, risponde dei suddetti reati per avere contravvenuto alle prescrizioni inerenti alla misura stessa, tra cui quelle di vivere onestamente e di rispettare la legge, avendo guidato un’autovettura senza avere conseguito la patente (fatto commesso in San Cataldo il 28 settembre 2007);

che il rimettente, dopo aver posto in evidenza che la nuova formulazione della norma di cui all’art. 9, secondo comma, della legge n. 1423 del 1956, equipara le condotte consistenti nella violazione delle prescrizioni inerenti alla misura della sorveglianza speciale, con l’obbligo o il divieto di soggiorno, alla condotta consistente nella violazione dell’obbligo o del divieto di soggiorno, dà atto della sussistenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la condotta di guida senza patente o con patente revocata è riconducibile alla violazione della prescrizione di osservare le leggi inerente all’imposizione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza;

che, pertanto, nel caso in cui sia stata applicata detta misura con obbligo o divieto di soggiorno, la condotta di guida senza patente o con patente revocata integra il delitto di cui all’art. 9, secondo comma, in concorso con la violazione contemplata dal codice della strada;

che, alla luce di tale premessa, il rimettente osserva come «nelle ipotesi connotate da esigenze di prevenzione di maggiore rilevanza e, per l’effetto, disciplinate da una specifica e più rigorosa normativa speciale, in cui detta misura sia applicata a soggetti indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso e similari (così art. 1 della legge n. 575/1965), ove venga accertato un caso di guida di un autoveicolo o motoveicolo senza patente o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata si applica – per giurisprudenza parimenti consolidata (cfr., da ultimo, Cass. pen. sez. V, sent. n. 2655/2006) – la pena dell’arresto da sei mesi a tre anni qualora si tratti di persona già sottoposta, con provvedimento definitivo, a misura di prevenzione»;

che, ad avviso del giudice a quo, «le predette fattispecie incriminatrici – le quali, in origine, cadenzavano un ragionevole crescendo sanzionatorio, stante la differente gravità che il medesimo fatto oggettivo (la guida di un autoveicolo o motoveicolo senza patente) poteva assumere» se posto in essere da un soggetto sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno ai sensi dell’art. 3 della legge n. 1423 del 1956 (assoggettato alla sanzione dell’arresto da tre mesi ad un anno), ovvero da un soggetto sottoposto ad analoga misura di prevenzione ai sensi della legge n. 575 del 1965 (punito con la pena dell’arresto da sei mesi a tre anni) – risultano, oggi a seguito della intervenuta sostituzione del disposto dell’art. 9, secondo comma, della legge n. 1423 del 1956, assoggettate ancora a sanzioni differenti, ma nel senso opposto, rispetto a quanto accadeva in precedenza;

che, secondo il rimettente, la condotta posta in essere dai soggetti di minore pericolosità sociale è assoggettata alla più grave sanzione prevista dal secondo comma del suddetto art. 9 (reclusione da uno a cinque anni), mentre si applica, ai sensi dell’art. 15 del codice penale, ai soli sorvegliati speciali indiziati di appartenere ad associazioni mafiose, e, come tali, sottoposti alla misura di prevenzione, la disposizione di legge speciale di cui all’art. 6 della legge n. 575 del 1975 (e con essa la pena dell’arresto da sei mesi a tre anni);

che, ad avviso del giudice a quo, nel caso di specie, si realizza una valutazione difforme, a fini sanzionatori, di condotte illecite «oggettivamente identiche e soggettivamente differenti», riservando un trattamento deteriore a quella tra le due ipotesi caratterizzata da minore pericolosità sociale dell’agente, ovvero il sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno di cui all’art. 1 della legge n. 1423 del 1956;

che, inoltre, il giudice a quo rileva come l’art. 3, primo comma, Cost., imponga il bilanciamento tra le esigenze di sicurezza da tutelare e il bene della libertà personale, sicché, solo quando la pena sia stabilita con la necessaria proporzionalità, essa risponde alla funzione rieducativa di cui all’art. 27 Cost.

Considerato che il Tribunale di Caltanissetta dubita, in riferimento agli articoli 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 9, secondo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), così come sostituito dall’articolo 14 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a cinque anni in caso di inosservanza degli obblighi e delle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l’obbligo o il divieto di soggiorno;

che il rimettente riferisce di essere chiamato a giudicare una persona imputata della contravvenzione di cui all’art. 116, comma 13, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 ( Nuovo codice della strada), così come modificato dal decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117 (Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 2 ottobre 2007, n. 160), e del delitto di cui all’art. 9, primo e secondo comma, della legge n. 1423 del 1956, così come sostituito dall’art. 14 del decreto-legge n. 144 del 2005, convertito dalla legge n. 155 del 2005, perché, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, contravveniva alla prescrizione di vivere onestamente e di rispettare le leggi, essendo stato colto alla guida di un’autovettura senza avere conseguito la patente;

che il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale della disposizione censurata in quanto, con riferimento alla condotta consistente nella violazione della prescrizione di vivere onestamente e rispettare le leggi, concretizzatasi nel fatto di guidare senza avere conseguito la patente o con patente revocata o sospesa, appare irragionevole che detta disposizione preveda un trattamento sanzionatorio più grave rispetto a quello contemplato dall’art. 6 della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere), con riferimento alla stessa condotta posta in essere da soggetti sottoposti ad analoga misura di prevenzione, indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso o ad altre associazioni di cui all’art. 1 della legge n. 575 del 1965;

che ad avviso del rimettente, dunque, nel caso di guida senza avere conseguito la patente o con patente revocata o sospesa, posta in essere da un soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, indiziato di appartenere ad associazioni mafiose o similari, ai sensi dell’art. 15 del codice penale deve trovare applicazione la sola disposizione speciale di cui all’art. 6 della legge n. 575 del 1965, la quale prevede la pena dell’arresto da tre mesi a tre anni;

che, inoltre, secondo il giudice a quo il trattamento sanzionatorio previsto dalla disposizione censurata non è proporzionato al disvalore del fatto e, quindi, si pone in contrasto con l’art. 27 Cost.;

che la questione è manifestamente inammissibile;

che, infatti, il rimettente ha omesso di formulare un petitum specifico, lasciando indeterminato il contenuto dell’intervento richiesto a questa Corte, essendosi limitato ad affermare la non ragionevolezza del trattamento sanzionatorio previsto dalla disposizione censurata a seguito della modifica apportata dal d.l. n. 144 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 155 del 2005 (ex multis: ordinanze n. 98 e n. 70 del 2009, n. 380 del 2008, n. 35 del 2007);

che la manifesta inammissibilità della questione deve essere dichiarata anche in considerazione dell’erroneità della ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale da cui muove il rimettente;

che, infatti, il giudice a quo erroneamente ritiene che, quando la condotta di guida senza avere conseguito la patente, o con patente sospesa o revocata, sia stata commessa dal sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, perché indiziato di appartenere ad un’associazione di tipo mafioso o similare di cui all’art. 1 della legge n. 575 del 1965, si configuri, ai sensi dell’art. 15 cod. pen., soltanto la fattispecie di cui all’art. 6 della legge n. 575 del 1965 e non anche la più grave fattispecie prevista dalla disposizione impugnata;

che, dunque, il rimettente ha escluso, senza addurre alcuna motivazione, la configurabilità del concorso formale (art. 81, primo comma, cod. pen.) tra le anzidette fattispecie, omettendo di considerare l’esplicito rinvio effettuato dall’art. 5 della legge n. 575 del 1965 all’art. 9 della legge n. 1423 del 1956;

che, in tal senso, la Corte di Cassazione ha affermato che in tema di misure di prevenzione personali la condotta di guida senza patente, o con patente revocata, posta in essere dal soggetto sottoposto con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p. s., dà luogo non soltanto all’autonomo reato punibile ai sensi dell’art. 6 della legge n. 575 del 1965, ma anche al reato di cui all’art. 9, secondo comma, della legge n. 1423 del 1956 (nella più severa previsione introdotta dall’art. 14 del d.l. n. 144 del 2005, convertito dalla legge n. 155 del 2005), che non può ritenersi assorbito nel primo (Cass. sentenza n. 8496 del 2009);

che, peraltro, anche volendo ritenere applicabile la regola stabilita dall’art. 15 cod. pen., il giudicante ha omesso di indicare i motivi in base ai quali ritiene che la disposizione speciale sia quella di cui all’art. 6 della legge n. 575 del 1965 e non, invece, quella di cui all’art. 9, secondo comma, della legge n. 1423 del 1956, nel testo sostituito dal citato art. 14, dal momento che tale ultima disposizione si applica soltanto al soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno e non ad altre misure di prevenzione, come, invece, previsto dall’art. 6 della legge n. 575 del 1965.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 9, secondo comma, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), come sostituito dall’articolo 14 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione dal Tribunale di Caltanissetta, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, palazzo della Consulta, il 24 febbraio 2010.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2010.