Sentenza n. 68 del 2010

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SENTENZA N. 68

ANNO 2010

 

Commenti alla decisione di

 

I. Davide Baldazzi, L’annullamento di leggi regionali adottate in regime di prorogatio: un coerente approdo della giurisprudenza costituzionale, per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)

 

II. Gennaro Ferraiuolo, La Corte costituzionale e la prorogatio degli organi politici regionali, per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)

 

III: Giamario Demuro, Prorogatio del Consiglio regionale e “limiti immanenti”, per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Francesco                    AMIRANTE                                  Presidente

-           Ugo                             DE SIERVO                                    Giudice

-           Alfio                            FINOCCHIARO                                              ''

-           Alfonso                       QUARANTA                                        ''

-           Franco                         GALLO                                                 ''

-           Luigi                            MAZZELLA                                         ''

-           Gaetano                       SILVESTRI                                          ''

-           Sabino                         CASSESE                                             ''

-           Maria Rita                   SAULLE                                               ''

-           Giuseppe                     TESAURO                                            ''

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                    ''

-           Giuseppe                     FRIGO                                                  ''

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                       ''

-           Paolo                           GROSSI                                                ''

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 5, 24, commi da 1 a 4, 25, commi 1, 3, 5 e 7 e 26, della legge della Regione Abruzzo 24 novembre 2008, n. 17 (Norme regionali contenenti l’attuazione della parte terza del d.lgs. n. 152/06 e s.m.i. e disposizioni in materia di personale), e degli articoli 1, commi 3 e 6, e 2 della legge della Regione Abruzzo 15 ottobre 2008, n. 14 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 10 marzo 2008, n. 2. Provvedimenti urgenti a tutela della Costa Teatina), promossi con ricorsi notificati il primo il 19-24 dicembre 2008 ed il secondo notificato il 23-29 dicembre 2008, depositati in cancelleria il 29 ed il 31 dicembre 2008 ed iscritti ai nn. 103 e 104 del registro ricorsi 2008.

Visto l’atto di costituzione, fuori termine, della Regione Abruzzo;

udito nell’udienza pubblica del 26 gennaio 2010 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

uditi gli avvocati dello Stato Enrico Arena e Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 19-24 dicembre 2008 e depositato il successivo giorno 29 dello stesso mese (iscritto nel reg. ric. n. 103 del 2008), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’intero testo della legge della Regione Abruzzo 24 novembre 2008, n. 17 (Norme regionali contenenti l’attuazione della parte terza del d.lgs. n. 152/06 e s.m.i. e disposizioni in materia di personale), in riferimento agli artt. 121, secondo comma, e 126 della Costituzione, nonché all’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo 28 dicembre 2006, nonché, in subordine, degli artt. 5, 24, commi da 1 a 4, 25, commi 1, 3, 5 e 7, e 26 della medesima legge, in riferimento agli artt. 3, 81, quarto comma, 97, terzo comma, 117, secondo comma, lettera s), 120, secondo comma, della Costituzione.

2. – Quanto all’impugnazione dell’intero testo della legge regionale n. 17 del 2008, sostiene il ricorrente che l’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo avrebbe introdotto l’istituto della prorogatio, solo «quale sopravvivenza temporanea di limitati poteri in sostituzione dei titolari per i quali si è verificata la cessazione del mandato». Per la difesa dello Stato, infatti, dopo il termine della legislatura i Consigli regionali dispongono di poteri attenuati, confacenti alla loro situazione di organi in scadenza (sono richiamate le sentenze n. 196 del 2003, n. 515 del 1995 e n. 468 del 1991). Ne consegue che al Consiglio regionale spetta deliberare solo «in circostanze straordinarie o di urgenza, o per il compimento di atti dovuti».

Per il ricorrente l’impugnata legge regionale sarebbe priva di tali caratteri e pertanto violerebbe l’art. 121, secondo comma, Cost., ed anche l’art. 126 della Costituzione, in quanto ridurrebbe la portata degli effetti dello scioglimento del Consiglio.

3. – Il ricorrente ha impugnato l’art. 5 della legge regionale in oggetto recante «limiti ed indirizzi tecnici per lo scarico su suolo o strati superficiali del sottosuolo di acque reflue urbane, domestiche ed assimilabili alle domestiche».

Il denunciato art. 5 sarebbe in contrasto «sia con la normativa nazionale, sia con l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione», giacché «non sono fissati i valori limite di emissione cui devono necessariamente attenersi gli scarichi di acque reflue urbane ed industriali, come previsto» dall’art. 103, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).

4. – Inoltre il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato diverse disposizioni della medesima legge in materia di personale regionale (gli artt. 24, commi da 1 a 4, 25, commi 1, 3, 5 e 7, e 26).

Successivamente il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto depositato il 23 marzo 2009, ha dichiarato di rinunciare alla relativa impugnazione, attesa la sopravvenuta abrogazione delle denunciate disposizioni ad opera dell’art. 3 della legge della Regione Abruzzo 3 gennaio 2009, n. 2 (Disposizioni fiscali in materia di addizionale regionale all’accisa sul gas naturale ed imposta sostitutiva per le utenze esenti dall’accisa).

5. – Sempre con il medesimo ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri ha, altresì, proposto una istanza di sospensione della legge regionale in oggetto, ai sensi dell’art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) e dell’art. 21 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

6. – La Regione Abruzzo non si è costituita in questo giudizio.

7. – Con ricorso notificato il 23-29 dicembre 2008 e depositato il successivo giorno 31 dello stesso mese (iscritto nel reg. ric. n. 104 del 2008), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’intero testo della legge della Regione Abruzzo 15 ottobre 2008, n. 14 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 10 marzo 2008, n. 2. Provvedimenti urgenti a tutela della Costa Teatina), in riferimento ai “principi fondamentali in materia di prorogatio” e all’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo, nonché, in subordine, degli artt. 1, commi 3 e 6, e 2 della medesima legge, in riferimento agli artt. 3, 41, 42, 43, 97, 117, commi primo, secondo, lettera s), e terzo, e 118 della Costituzione.

8. – L’intero testo della legge regionale n. 14 del 2008 è dal ricorrente impugnato per violazione dei «princìpi generali in tema di prorogatio» e dell’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo.

Questa doglianza è sorretta dalle stesse argomentazioni addotte dal Presidente del Consiglio dei ministri nel ricorso avverso la legge della Regione Abruzzo n. 17 del 2008.

9. – Il ricorrente ha, inoltre, impugnato l’art. 1, comma 3, della legge n. 14 del 2008. Questa disposizione prevede che su aree destinate a determinate coltivazioni e produzioni, nonché sulle aree ad esse limitrofe, sia vietato l’insediamento di industrie che svolgano attività di prospezione, ricerca, estrazione, coltivazione e lavorazione di idrocarburi. Sono, altresì, vietati la trasformazione e l’ampliamento degli esistenti impianti.

Per il ricorrente le attività relative al settore degli idrocarburi sono da inquadrare nel settore della produzione di fonti di energia, che è materia disciplinata principalmente dalla legge 22 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico) e dal decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144).

A norma dell’art. 1, comma 2, lettera c), della legge n. 239 del 2004, le attività di esplorazione, ricerca, coltivazione e stoccaggio di idrocarburi, sono soggette a concessione. Il rilascio della concessione, ai sensi del comma 7, lettera n), dell’art. 1 della medesima legge, è di competenza statale, sia pure d’intesa con la Regione. L’attività di prospezione degli idrocarburi è, invece, libera, alle condizioni indicate all’art. 4 del decreto legislativo n. 164 del 2000.

Pertanto, per il ricorrente l’impugnata disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., risultando violati i princìpi comunitari di libertà di circolazione delle persone e di stabilimento, di cui agli artt. 43 e 49 del Trattato U.E., nonché con gli artt. 41, 42 e 43 Cost., dato che la previsione regionale sancirebbe «di fatto, un esproprio di tale diritto per una durata potenzialmente illimitata e riguardante tutto il territorio regionale, senza la previsione di alcun indennizzo».

Inoltre, la denunciata disposizione violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto sarebbe in contrasto con i principi fondamentali dettati dal legislatore statale nella materia concorrente dell’energia, nonché l’art. 118 Cost., considerato che le funzioni amministrative in materia di impianti e infrastrutture energetiche sono, fatta eccezione per quelli di rilievo locale, di primaria competenza statale e le relative opere sono considerate dalle leggi statali di preminente interesse nazionale per la sicurezza del sistema elettrico e degli approvvigionamenti.

Infine, i divieti posti dalla censurata disposizione violerebbero il principio di leale collaborazione.

10. – Il ricorrente ha impugnato anche l’art. 1, comma 6, della legge regionale n. 14 del 2008, in relazione a tre distinti profili.

In primo luogo, l’estensione dei divieti previsti dall’art. 1, comma 3, agli interventi già muniti di permesso di costruire o comunque già autorizzati e, comunque possibili, fino all’entrata in vigore del piano di settore, solo previa approvazione del Consiglio regionale, urterebbe con la titolarità ministeriale in tema di rilascio dei titoli minerari.

Inoltre, sarebbe «di tutta evidenza» la violazione, ad opera della impugnata disposizione, del principio della certezza del diritto e del legittimo affidamento dei titolari di atti di autorizzazione legittimi e, quindi, del buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

In secondo luogo, la previsione che le attività in questione siano vietate nelle aree dei territori di taluni comuni fino alla definitiva approvazione del Piano del Parco nazionale della Costa Teatina contrasta con il fatto che la concreta istituzione del Parco della Costa Teatina – finora né istituito, né delimitato in via provvisoria – è affidata ad un decreto del Presidente della Repubblica, da emanare su proposta del Ministero dell’ambiente, d’intesa con la Regione interessata, mentre la delimitazione provvisoria, con adozione delle relative misure di salvaguardia, è demandata ad un provvedimento del Ministero dell’ambiente assunto d’intesa con la Regione ai sensi dell’art. 34, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette).

Ne conseguirebbe la violazione della competenza esclusiva del legislatore statale in tema di «tutela dell’ambiente», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., con specifico riferimento alle funzioni amministrative statali in materia di rilascio dei titoli minerari e di istituzione di Parchi nazionali di cui alla legge n. 394 del 1991.

In terzo luogo, infine, l’art. 1, comma 6, fissa un generale divieto, fino al 31 dicembre 2009, di rilascio di permesso di costruire per l’insediamento di industrie che svolgono attività nel settore idrocarburi.

Peraltro, la difesa dello Stato ricorda che verrebbero contraddetti i provvedimenti assunti a conclusione dei procedimenti unici previsti dalla legislazione vigente, dalla tipica e particolare efficacia, procedimenti ai quali partecipano anche le amministrazioni locali e regionali. Sicché, per il ricorrente, la contestata disposizione violerebbe gli artt. 117, secondo comma, lettera s), e 118 Cost., avendo la legge n. 239 del 2004, all’art. 1, commi 77 e seguenti, introdotto un procedimento unico per il rilascio dei titoli minerari, al quale partecipano le amministrazioni statali, regionali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

11. – Il ricorrente ha impugnato anche l’art. 2 della legge regionale n. 14 del 2008, che prevede il potere dei concessionari o delle stazioni appaltanti di rideterminare la funzionalità dei programmi di metanizzazione regionale, assistiti da finanziamenti ai sensi di precedenti leggi regionali, in deroga a queste e operando riduzioni di lavori o opere sui piani originariamente approvati.

Secondo la difesa dello Stato, la fattispecie contemplata dalla denunciata disposizione non potrebbe rientrare nella ipotesi di variante in corso d’opera per motivi di «esigenze derivanti da sopravvenute disposizioni legislative e regolamentari» ex art. 132, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), atteso che s’intendono per sopravvenienze di diritto quelle che determinano la necessità di adeguare l’opera per renderla utilizzabile allo scopo prefissato. Al contrario, la denunciata disposizione riguarderebbe opere conformi allo scopo pubblico fissato dall’art. 11 della legge 28 novembre 1980, n. 784 (Norme per la ricapitalizzazione della GEPI, per la razionalizzazione e il potenziamento dell’industria chimica, per la salvaguardia dell’unità funzionale, della continuità della produzione e della gestione degli impianti del gruppo Liquigas-Liquichimica e per la realizzazione del progetto di metanizzazione) e dall’art. 9 della legge 7 agosto 1997, n. 266 (Interventi urgenti per l’economia), concernenti la metanizzazione del Mezzogiorno.

Pertanto, il denunciato art. 2 violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i princìpi della politica energetica nazionale, come specificati dall’art. 1, comma 3, lettere a), b) c), d), g) ed i), della legge n. 239 del 2004.

La stessa disposizione sarebbe, inoltre, lesiva dei principi di efficacia dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost., e della corretta ed economica gestione di risorse pubbliche.

12. – Con atto depositato il 2 luglio 2009, e dunque tardivamente, si è costituita in questo giudizio la Regione Abruzzo.

12.1. – Quanto alla impugnazione dell’intera legge n. 14 del 2008, la difesa regionale contesta l’idoneità dell’evocato art. 86 dello statuto abruzzese a fungere da parametro di costituzionalità, atteso che il medesimo nulla dice intorno alla natura ed all’ampiezza dei poteri esercitabili dal Consiglio regionale in regime di prorogatio.

Anche il parallelismo con la prassi parlamentare non parrebbe trovare fondamento, così come improprio si rivelerebbe il riferimento alla citata giurisprudenza di questa Corte, poiché semmai occorrerebbe riferirsi alla recente sentenza n. 196 del 2003.

12.2. – In ordine alla impugnazione dell’art. 1, comma 3, la difesa della resistente sostiene che la censurata disposizione va considerata specificazione della legislazione regionale in tema di tutela delle produzioni vitivinicole, olivicole e frutticole di pregio. Legislazione mai impugnata e attuativa del diritto comunitario, sia con riferimento alla tutela della salute, sia in relazione alla tutela della libertà di concorrenza.  Anzi, la difesa della resistente sostiene che la denunciata disciplina in realtà recepirebbe quanto statuito dal legislatore statale, soprattutto con la legge n. 394 del 1991, e che la medesima si porrebbe nel solco tracciato dal regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443 (Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere nel Regno).

12.3. – Per la resistente il censurato art. 1, comma 6, costituirebbe esercizio dei poteri di autotutela e di conformazione dell’ordinamento alle nuove disposizioni emanate in questo ambito, stante la necessità non solo di conformarsi alla normativa comunitaria, ma anche di allineare il regime concessorio degli impianti finora esercitati alle attività della Costa Teatina.

12.4. – Infine, quanto alla asserita incostituzionalità dell’art. 2 della legge regionale in parola, l’evocato art. 132 del decreto legislativo n. 163 del 2006, oltre a non poter essere addotto quale parametro di giudizio, non impedirebbe comunque alla Regione di attuare nel dettaglio il quadro generale definito a livello statale.

Considerato in diritto

1. – Con due distinti ricorsi (iscritti al reg. ric. n. 103 e n. 104 del 2008), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha anzitutto sollevato questione di legittimità costituzionale, nell’intero testo, della legge della Regione Abruzzo 24 novembre 2008, n. 17 (Norme regionali contenenti l’attuazione della parte terza del d.lgs. n. 152/06 e s.m.i. e disposizioni in materia di personale) e della legge della Regione Abruzzo 15 ottobre 2008, n. 14 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 10 marzo 2008, n. 2. Provvedimenti urgenti a tutela della Costa Teatina).

Più precisamente, entrambi i ricorsi denunciano la violazione, quale parametro interposto, dell’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo, a mente del quale «in caso di scioglimento anticipato e di scadenza della legislatura, il Consiglio e l’Esecutivo regionale sono prorogati sino alla proclamazione degli effetti nelle nuove elezioni, indette entro tre mesi dal Presidente della Giunta, secondo le modalità definite dalla legge elettorale».

Con il primo dei due ricorsi indicati in epigrafe, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 121, secondo comma, e 126 della Costituzione. Con il secondo, lo stesso ricorrente si duole della violazione dei «princìpi generali in tema di prorogatio».

1.1. – Inoltre, in subordine, con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 103 del 2008, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 5, 24, commi da 1 a 4, 25, commi 1, 3, 5 e 7, e 26 della legge regionale n. 17 del 2008, in riferimento agli artt. 3, 81, quarto comma, 97, terzo comma, 117, secondo comma, lettera s), e 120, secondo comma, della Costituzione.

Con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 104 del 2008, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 3 e 6, e 2 della legge regionale n. 14 del 2008, in riferimento agli artt. 3, 41, 42, 43, 97, 117, commi primo, secondo, lettera s), e terzo, e 118 della Costituzione.

Successivamente alla proposizione del ricorso, la Regione Abruzzo ha adottato la legge regionale 18 dicembre 2009, n. 32 (Modifiche alla legge regionale 10 marzo 2008, n. 2, e successive modifiche. Provvedimenti urgenti a tutela della costa teatina). Questa legge non solo modifica lo stesso titolo della legge n. 2 del 2008 (non si parla più di “costa teatina”, ma di territorio regionale), ma sostituisce l’art. 1 della legge n. 2 del 2008 con altra disposizione, notevolmente diversa da quella sotto più profili censurata.

1.2. – Il ricorso iscritto al reg. ric. n. 103 del 2008 contiene, altresì, istanza di sospensione, ai sensi dell’art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, della legge regionale n. 17 del 2008.

2. – In considerazione della identità del preliminare profilo di illegittimità costituzionale fatto valere nei due ricorsi e della analogia degli altri profili, i ricorsi possono essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia.

3. – Con atto depositato il 23 marzo 2009, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato di rinunciare all’impugnazione degli articoli 24, commi da 1 a 4, 25, commi 1, 3, 5 e 7, e 26 della legge regionale n. 17 del 2008, attesa la sopravvenuta abrogazione delle denunciate disposizioni ad opera dell’art. 3 della legge della Regione Abruzzo 3 gennaio 2009, n. 2 (Disposizioni fiscali in materia di addizionale regionale all’accisa sul gas naturale ed imposta sostitutiva per le utenze esenti dall’accisa).

4. – Le questioni di legittimità costituzionale che investono l’intero testo delle due leggi regionali impugnate sono fondate.

4.1. – Questa Corte ha già avuto occasione di riferirsi alla eventualità che i poteri dei Consigli delle Regioni ad autonomia ordinaria possano essere prorogati al periodo nel quale questi sono stati sciolti in previsione delle imminenti nuove elezioni.

Nel periodo precedente alla modificazione introdotta dalla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni), l’art. 3, comma 2, della legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale), disponeva semplicemente che i Consigli «esercitano le loro funzioni fino al 46° giorno antecedente alla data delle elezioni per la loro rinnovazione, che potranno aver luogo a decorrere dalla quarta domenica precedente il compimento del periodo di cui al primo comma». Pertanto, questa disposizione, letteralmente interpretata, sembrava negare l’estensibilità a queste assemblee rappresentative dell’istituto della prorogatio nel periodo pre-elettorale, malgrado esso fosse previsto per le Camere (artt. 61, secondo comma, e 77, secondo comma, Cost.) e per i Consigli delle Regioni a statuto speciale (art. 4 della legge costituzionale 23 febbraio 1972, n. 1, recante «Modifiche al termine stabilito per la durata in carica dell’Assemblea regionale siciliana e dei Consigli regionali della Sardegna, della Valle d’Aosta, del Trentino-Alto Adige, del Friuli-Venezia Giulia»).

Peraltro, la giurisprudenza di questa Corte – pur in presenza dell’esigenza di non condizionare le nuove assemblee rappresentative da parte di quelle precedentemente in carica – ha riconosciuto, al fine di garantire la continuità funzionale di queste ultime, che anche i Consigli regionali, durante la fase pre-elettorale e fino alla loro sostituzione, disponessero «di poteri attenuati confacenti alla loro situazione di organi in scadenza, analoga, quanto a intensità di poteri, a quella degli organi legislativi in prorogatio» (sentenza n. 468 del 1991).

Questa lettura è stata ribadita dalla successiva sentenza n. 515 del 1995, nella quale questa Corte ha coniugato il principio della rappresentatività politica del Consiglio regionale «con quello della continuità funzionale dell’organo, continuità che esclude che il depotenziamento possa spingersi ragionevolmente fino a comportare una indiscriminata e totale paralisi dell’organo stesso».

Il quadro normativo è notevolmente mutato con la legge costituzionale n. 1 del 1999, che ha attribuito allo statuto ordinario la definizione della forma di governo e l’enunciazione dei princìpi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione, in armonia con la Costituzione (art. 123, primo comma, Cost.). Nel contempo, la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità è stata demandata allo stesso legislatore regionale, sia pure nel rispetto dei princìpi fondamentali fissati con legge della Repubblica, «che stabilisce anche la durata degli organi elettivi» (art. 122, primo comma, Cost.).

Sulla base di queste innovazioni e di quanto successivamente previsto nella legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione), la sentenza n. 196 del 2003 di questa Corte ha affermato che «una interpretazione sistematica delle citate nuove norme costituzionali conduce a ritenere che la disciplina della eventuale prorogatio degli organi elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni, e degli eventuali limiti dell’attività degli organi prorogati, sia oggi fondamentalmente di competenza dello statuto della Regione, ai sensi del nuovo articolo 123, come parte della disciplina della forma di governo regionale: così come è la Costituzione (art. 61, secondo comma; art. 77, secondo comma) che regola la prorogatio delle Camere parlamentari».

Peraltro, nel disciplinare questo profilo, gli statuti «dovranno essere in armonia con i precetti e con i principi tutti ricavabili dalla Costituzione, ai sensi dell’art. 123, primo comma, della Costituzione (sentenza n. 304 del 2002)».

Con la medesima sentenza questa Corte ha riconosciuto la competenza esclusiva del legislatore statale per «l’ipotesi dello scioglimento o rimozione “sanzionatori”», prevista dall’art. 126, primo comma, Cost.

4.2. – In effetti, l’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo, dispone che, «in caso di scioglimento anticipato e di scadenza della legislatura, il Consiglio e l’Esecutivo regionale sono prorogati sino alla proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni, indette entro tre mesi dal Presidente della Giunta, secondo le modalità definite dalla legge elettorale».

Si tratta di una disposizione che non reca alcuna espressa limitazione ai poteri esercitabili dal Consiglio e dalla Giunta regionale nel periodo successivo alla indizione delle elezioni, come, invece, è stato opportunamente previsto in forma espressa da alcuni statuti regionali, restringendo – sia pure attraverso scelte linguistiche diversificate – i poteri consiliari ai soli adempimenti urgenti e indifferibili (si vedano gli artt. 27, settimo comma, dello statuto dell’Emilia-Romagna; 30 dello statuto della Lombardia; 29 dello statuto delle Marche; 44, terzo comma, dello statuto dell’Umbria).

4.3. – La disposizione dello Statuto abruzzese di cui al terzo comma dell’art. 86 (così come le disposizioni analogamente generiche di altri statuti regionali) non può che essere interpretata come facoltizzante il solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili, e non già certo come espressiva di una generica proroga di tutti i poteri degli organi regionali.  

L’esistenza di questi limiti è, infatti, immanente all’istituto della stessa prorogatio a livello nazionale, come confermato dalla costante prassi parlamentare in tal senso (al di là di sue circoscritte e marginali eccezioni), in applicazione dell’art. 61, secondo comma, Cost. A livello nazionale resta nettissima la diversità fra la prorogatio ed il caso eccezionale della proroga dei poteri parlamentari, previsto dal secondo comma dell’art. 60 Cost. per il solo periodo bellico.

La stessa giurisprudenza di questa Corte, che ha riconosciuto l’istituto della prorogatio per le assemblee regionali, si è sempre riferita al riconoscimento ad esse della eccezionale possibilità di esercitare alcuni dei loro poteri per rispondere a speciali contingenze, quale ragionevole soluzione di bilanciamento tra il principio di rappresentatività ed il principio di continuità funzionale.

D’altra parte, è evidente che nell’immediata vicinanza al momento elettorale, pur restando ancora titolare della rappresentanza del corpo elettorale regionale, il Consiglio regionale non solo deve limitarsi ad assumere determinazioni del tutto urgenti o indispensabili, ma deve comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori.

L’importanza di questo istituto nella configurazione della forma di governo della Regione è stata affermata da questa Corte nella sentenza n. 196 del 2003, con il riconoscimento di una riserva di statuto, cui spetta disciplinare la prorogatio, pur sempre  «in armonia con i precetti e con i principi tutti ricavabili dalla Costituzione».

Da ciò discende la necessità che la disposizione di cui al terzo comma dell’art. 86 dello statuto della Regione sia interpretata come legittimante l’istituto della prorogatio, ma nell’ambito dei suoi limiti connaturali. Limiti che, ove appunto non espressi dalla disciplina statutaria, potrebbero successivamente essere definiti tramite apposite disposizioni legislative di attuazione dello statuto o anche semplicemente rilevare nei lavori consiliari o dallo specifico contenuto delle leggi adottate.

4.4. – Peraltro, la successiva legislazione della Regione Abruzzo si è sviluppata sull’erroneo assunto che lo statuto non recasse alcun limite ai poteri del Consiglio in regime di prorogatio,  dal momento che l’art. 3 della legge regionale 19 marzo 2002, n. 1 (Disposizioni sulla durata degli organi e sull’indizione delle elezioni regionali), che ha sostituito l’art. 3 della legge n. 108 del 1968, si è limitato ad escludere dall’area della applicazione della succitata disposizione statutaria le situazioni conseguenti all’applicazione dell’art. 126, primo comma, Cost., prevedendo per il resto semplicemente che «in caso di scioglimento anticipato, il Presidente della Giunta, la Giunta ed il Consiglio regionale sono prorogati fino all’insediamento del nuovo Consiglio».

È evidente che la generale e generica affermazione della proroga, per il lungo periodo elettorale, di tutti gli organi regionali, senza la previsione di alcun limite sostanziale o procedimentale, urta con la ratio dell’istituto della prorogatio come punto di bilanciamento fra il principio di rappresentatività e quello della continuità delle istituzioni.

4.5. – Ora, le due leggi regionali oggetto dell’odierno giudizio sono state approvate successivamente allo scioglimento del Consiglio e, dunque, in regime di prorogatio.

Invero, in data 17 luglio 2008 il Presidente della Regione ha comunicato al Presidente del Consiglio regionale le proprie dimissioni dalla carica, rese note con decreto del Vicepresidente 21 luglio 2008, n. 91. A norma dell’art. 44, comma 5, dello statuto regionale, per effetto delle predette dimissioni è intervenuto lo scioglimento del Consiglio regionale. Con il decreto del Vicepresidente della Regione 13 agosto 2008, n. 111, sono state indette le elezioni regionali, che si sono svolte il 14 e 15 dicembre 2008.

In questo lasso di tempo il Consiglio regionale non ha provveduto a selezionare le materie da disciplinare in conformità alla natura della prorogatio, limitandole ad oggetti la cui disciplina fosse oggettivamente necessaria ed urgente; né dai lavori preparatori risulta che siano state addotte specifiche argomentazioni in tal senso.

La legge regionale n. 14 del 2008 è stata approvata dal Consiglio nella seduta n. 114 del 30 settembre 2008 e la legge regionale n. 17 del 2008 nella seduta n. 121 del 7 novembre 2008.

4.6. – Sulla base di quanto in precedenza esposto in ordine all’interpretazione dell’art. 86, comma 3, dello statuto della Regione Abruzzo ed in considerazione del loro contenuto, le leggi regionali n. 14 e n. 17 del 2008 devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime per violazione dell’art. 86, terzo comma, dello statuto regionale in relazione all’art. 123 Cost.

5. – Restano assorbite le residue censure, ivi compresa la decisione sull’istanza di sospensione delle leggi regionali impugnate.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la illegittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 15 ottobre 2008, n. 14 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 10 marzo 2008, n. 2. (Provvedimenti urgenti a tutela della Costa Teatina), e della legge della Regione Abruzzo 24 novembre 2008, n. 17 (Norme regionali contenenti l’attuazione della parte terza del d.lgs. n. 152/06 e s.m.i. e disposizioni in materia di personale);

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2010.