Sentenza n. 515 del 1995

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SENTENZA N. 515

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Veneto notificato il 17 maggio 1995, depositato in Cancelleria il 24 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della notifica da parte del Commissario del Governo nella Regione Veneto, con atto n. 2042/20820 in data 11 aprile 1995, del rinvio disposto dal Governo della Repubblica a nuovo esame del Consiglio regionale della legge "Piano socio-sanitario 1995-1997", giusta provvedimento della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 200/2072/VE.50.18.4 Dipartimento Affari Regionali, ed iscritto al n. 15 del registro conflitti 1995.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 17 ottobre 1995 il Giudice relatore Massimo Vari; uditi gli avvocati Romano Morra e Fabio Lorenzoni per la Regione Veneto e l'Avvocato dello Stato Carlo Salimei per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.-Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Veneto ha sollevato conflitto di attribuzione contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione all'atto di rinvio per riesame della legge regionale approvata il 9 marzo 1995 (Piano sociosanitario 1995-1997), disposto dal Governo con il provvedimento n. 200/2072/VE.50.18.4, notificato alla Regione con nota del Commissario del Governo dell'11 aprile 1995, n. 2042/20820.

La Regione, premesso che la legge è stata rinviata perchè la sua approvazione, disattendendo il termine previsto dall'art. 3 della legge n. 108 del 1968, è intervenuta il 45° giorno antecedente la elezione del nuovo Consiglio regionale, ritiene l'atto del Governo invasivo delle proprie attribuzioni.

Assume in particolare che:

a) il rinvio sarebbe stato disposto non per violazione di una norma costituzionale, bensì per il mancato rispetto dell'art. 3 della legge n. 108 del 1968;

b) il Governo avrebbe esercitato la sua discrezionale valutazione senza tenere presente il limite della ragionevolezza, e cioè senza considerare la "significatività" dell'oggetto del disegno di legge, vale a dire la sanità, nè la "conclusività dell'iter normativo", che, solo per il voto finale, ha utilizzato ventisette minuti del 45° giorno antecedente la data delle elezioni;

c) i Consigli regionali, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale (si richiama la sentenza n. 468 del 1991), fino alla scadenza del quinquennio sarebbero comunque provvisti di poteri attenuati, tra i quali rientrerebbe la conclusione di un procedimento legislativo in itinere.

2.-Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri sostenendo la inammissibilità del conflitto. Secondo l'Avvocatura dello Stato, il rinvio della legge regionale non potrebbe in alcun modo menomare la sfera di attribuzione costituzionalmente assegnata alla Regione, perchè questa conserverebbe comunque la facoltà di riapprovare la legge rinviata. Nè, nel caso in esame, si potrebbe sostenere che, essendo trascorso il termine del 46° giorno antecedente alla data delle elezioni, tale facoltà sia venuta meno, atteso che, anzi, la riapprovazione di una legge rinviata -previa valutazione della indifferibilità e necessità dell'atto legislativo -rientra, secondo la giurisprudenza costituzionale, proprio nell'ambito dei poteri attenuati che spettano al Consiglio regionale nei 45 giorni che precedono le elezioni.

Nel merito, il conflitto sarebbe comunque infondato.

Osservato che la natura temporanea dei Consigli regionali costituisce un principio fondamentale dell'ordinamento, a fronte del quale la legge ordinaria si pone come legge di attuazione della Costituzione, si deduce che il termine di 45 giorni posto dalla legge sarebbe strettamente correlato ai termini del controllo spettante al Governo, al fine di evitare che l'attività legislativa del Consiglio venga a perfezionarsi dopo l'elezione del successivo organo rappresentativo.

Circa la lamentata violazione del principio di ragionevolezza, si oppone che questo sarebbe compromesso proprio se i termini "potessero considerarsi in ogni caso flessibili".

Infine, quanto al principio che consente ai Consigli regionali di esercitare i loro poteri, pur dopo la scadenza del termine, nei casi di urgenza e di indifferibilità, deve trattarsi di esigenze che non si pongano in contraddizione con l'avvenuta scadenza degli ordinari poteri, ferma la necessità che "il legislatore regionale compia con consapevolezza, responsabilità e ragionevolezza una valutazione dell'atto come ricompreso tra quelli indifferibili e necessari", valutazione neppure ipotizzata nel caso di specie.

Considerato in diritto

1.-Con il ricorso in epigrafe, la Regione Veneto ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla deliberazione governativa, comunicata con atto del Commissario del Governo dell'11 aprile 1995, con la quale è stato disposto il rinvio per il riesame della legge approvata il 9 marzo 1995, recante il "Piano socio-sanitario 1995-1997".

La Regione chiede che sia dichiarata la non spettanza al Governo del potere di rinvio di una legge approvata alcuni minuti dopo la scadenza del termine stabilito dall'art. 3, secondo comma, della legge n. 108 del 1968, e cioè quello del 46° giorno antecedente alla data delle elezioni previste per la rinnovazione del Consiglio regionale.

In particolare, la ricorrente assume che:

a) il rinvio sarebbe stato disposto non per violazione di una norma costituzionale, bensì per il mancato rispetto dell'art. 3 della legge n. 108 del 1968;

b) il Governo avrebbe esercitato la sua discrezionale valutazione senza tenere presente il limite della ragionevolezza, e cioè senza considerare la "significatività" dell'oggetto del disegno di legge, vale a dire la sanità, nè la "conclusività dell'iter normativo", che, solo per il voto finale, ha utilizzato ventisette minuti del 45° giorno antecedente la data delle elezioni;

c) il rinvio sarebbe stato effettuato in contrasto con il principio secondo il quale i Consigli regionali, fino alla scadenza del quinquennio sono comunque provvisti di poteri attenuati, tra i quali rientrerebbe la conclusione di un procedimento legislativo in itinere.

2.-Va, preliminarmente, esaminata l'eccezione dell'Avvocatura dello Stato, la quale deduce la inammissibilità del conflitto di attribuzione, in quanto avente ad oggetto un atto di rinvio di una legge regionale, assumendo che da tale atto non potrebbe discendere la menomazione della sfera di attribuzione costituzionalmente assegnata alla regione, dal momento che questa conserva in ogni caso il potere di riapprovare la legge rinviata. La eccezione, che così come formulata appare rivolta ad escludere un'attitudine in sè lesiva dell'atto di rinvio, non può essere condivisa. La Corte ha già ritenuto che, in via generale, detta attitudine possa riscontrarsi in qualunque atto che, a prescindere dalle sue caratteristiche intrinseche o dal suo regime o valore tipico, attenti all'integrità delle attribuzioni di uno dei soggetti o poteri indicati nell'art. 134 della Costituzione, determinando una illegittima compressione delle attribuzioni di uno di essi, attraverso l'illegittima espansione ovvero l'illegittimo esercizio dei poteri dell'altro (sentenza n. 473 del 1992).

In armonia con detto orientamento, anche l'esercizio del potere governativo di rinvio è suscettibile di dar luogo a conflitto, quando tenda ad alterare il rapporto esistente fra le reciproche sfere di competenza, come nel caso, ripetutamente esaminato dalla giurisprudenza costituzionale, di illegittima reiterazione del rinvio medesimo, che dà luogo da una parte ad un'espansione della sfera di attribuzione del Governo al di là della previsione dell'art. 127 della Costituzione e pone in essere, dall'altra, una compressione di quella della regione: quest'ultima viene, infatti, assoggettata all'onere di riprendere in esame la legge che ne è stata oggetto, e può rimuovere l'ostacolo che il rinvio pone alla promulgazione, solo attraverso la riapprovazione con la prevista maggioranza qualificata.

Nel caso qui esaminato, il Governo ha rinviato la legge reputando la stessa approvata quando la Regione non ne aveva più il potere, essendo tra scorsi i termini stabiliti dall'art. 3, secondo comma, della legge 17 febbraio 1968, n. 108, a tenore del quale i Consigli regionali esercitano le loro funzioni fino al 46° giorno antecedente alla data delle elezioni per le loro rinnovazione.

Le ragioni poste dal Governo a fondamento del rifiuto del visto si risolvono, dunque, nonostante l'invito a sottoporre nuovamente al Consiglio regionale la legge, contenuto nell'atto di rinvio, nella negazione, in radice, della potestà legislativa regionale nei 45 giorni antecedenti le elezioni, aprendo per ciò stesso la strada al ricorso per conflitto di attribuzione, che appare l'unico mezzo del quale la Regione dispone per provocare una decisione di questa Corte che restauri, ove necessario, l'ordine delle competenze.

Ne discende, al tempo stesso, l'infondatezza dell'eccezione sollevata dall'Avvocatura, che fa propria la sostanziale contraddittorietà dell'atto di rinvio, nella parte in cui, negata la potestà di approvare in prima lettura la legge, invita la Regione a sottoporla a riesame da parte del Consiglio. 3.-Nel merito il ricorso va accolto.

L'art. 3 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, dispone, al primo comma, che i Consigli regionali si rinnovano ogni cinque anni. Prevede, poi, al comma successivo, che i Consigli stessi esercitano le loro funzioni fino al 46° giorno antecedente alla data delle elezioni per la loro rinnovazione. Elezioni che potranno aver luogo a decorrere dalla quarta domenica precedente il compimento del predetto periodo quinquennale. Questa Corte, in ordine alla portata delle norme in questione, e soprattutto alla loro reciproca correlazione, ha già espresso l'avviso che i Consigli, abilitati a svolgere tutte le funzioni loro spettanti fino al 46° giorno antecedente quello fissato per le elezioni, dispongono, comunque, dopo tale data e fino alla loro cessazione, di poteri attenuati, confacenti alla loro situazione di organi in scadenza, analoga a quella degli organi legislativi in prorogatio (sentenza n. 468 del 1991).

Si verifica, in sostanza, una fase di depotenziamento delle funzioni del Consiglio la cui ratio è stata individuata dalla giurisprudenza costituzionale nel principio di rappresentatività connaturato alle assemblee consiliari regionali in virtù della loro diretta investitura popolare e della loro responsabilità politica verso la comunità regionale, sì da comportare la piena garanzia dell'autonomia costituzionale riconosciuta alle anzidette assemblee e, conseguentemente, la totale disponibilità, da parte delle stesse, delle attribuzioni costituzionalmente spettanti ad esse e ai loro membri.

Peraltro, se tale principio comporta che nessuna assemblea rappresentativa ha il potere di vincolare quelle successive alle decisioni da essa prese nell'ambito di procedimenti legislativi che non si siano perfezionati con la definitiva approvazione consiliare della legge, il principio stesso va, tuttavia, coniugato con quello della continuità funzionale dell'organo, continuità che esclude che il depotenziamento possa spingersi ragionevolmente fino a comportare una indiscriminata e totale paralisi dell'organo stesso, tanto è vero che, proprio per questo, la giurisprudenza della Corte ha ritenuto che, in caso di rinvio da parte del Governo, l'atto legislativo rinviato che sia reputato dal legislatore regionale indifferibile e necessario possa essere riapprovato, ai sensi e ai fini dell'art. 127 della Costituzione, anche nel corso degli ultimi 45 giorni di permanenza in carica del Consiglio.

La ratio testè accennata, espressiva in sè dell'esigenza di contemperamento fra principio di rappresentatività e principio di continuità funzionale, induce a ritenere, quanto ai limiti nei quali è consentito portare a definizione i procedimenti legislativi in via di svolgimento, che il relativo iter, una volta che i lavori del Consiglio siano stati tempestivamente iniziati, può essere concluso anche al di là della scadenza temporale prevista dall'art. 3, secondo comma, della legge n. 108 del 1968, quando la seduta -come nel caso della approvazione del Piano socio-sanitario della Regione Veneto -non subisca interruzioni.

Con l'accoglimento del ricorso nei termini di cui sopra, resta assorbito ogni altro motivo di doglianza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta allo Stato rinviare la legge della Regione Veneto approvata dal Consiglio regionale il 9 marzo 1995, avente ad oggetto il Piano socio-sanitario 19951997, ed in conseguenza annulla l'atto di rinvio disposto dal Governo con il provvedimento n. 200/2072/VE.50.18.4 e notificato alla Regione con atto del Commissario del Governo dell'11 aprile 1995, n. 2042/20820.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/12/95.

Mauro FERRI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 22/12/95.