Ordinanza n. 7 del 2010

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ORDINANZA N. 7

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Francesco                    AMIRANTE              Presidente

-           Ugo                            DE SIERVO              Giudice

-           Paolo                          MADDALENA                     "

-           Alfio                           FINOCCHIARO                   "

-           Franco                        GALLO                                 "

-           Luigi                           MAZZELLA                         "

-           Gaetano                      SILVESTRI                           "

-           Sabino                        CASSESE                              "

-           Maria Rita                  SAULLE                               "

-           Giuseppe                    TESAURO                            "

-           Paolo Maria                NAPOLITANO                     "

-           Giuseppe                    FRIGO                                   "

-           Alessandro                 CRISCUOLO                        "

-           Paolo                          GROSSI                                "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma quarto [recte: terzo], della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso dal Tribunale di Roma, nel procedimento vertente tra la Fondazione Enasarco e S. L. ed altra, con ordinanza del 13 dicembre 2007, iscritta al n. 196 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 2009 il Giudice relatore Paolo Grossi.

Ritenuto che il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma quarto [recte: terzo], della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui – tenuto conto della declaratoria di illegittimità costituzionale, pronunciata con la sentenza n. 404 del 1988 – non prevede che, in caso della cessazione della convivenza more uxorio, al conduttore di un immobile ad uso abitativo succeda nel contratto di locazione il convivente rimasto ad abitare nell’immobile locato, pure in mancanza di prole comune;

che il Tribunale rimettente ha premesso, in fatto, di essere chiamato a decidere una controversia vertente sulla domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di locazione ad uso abitativo, proposta dall’ENASARCO – ente locatore – nei confronti di S.L. e della “terza” occupante l’immobile locato, C.M.T.;

che nella propria domanda, l’ente contesta al conduttore di essersi da tempo allontanato dall’appartamento oggetto di locazione, trasferendone il godimento alla ex convivente;

che, nel costituirsi in giudizio, entrambi i convenuti hanno resistito alla domanda, rivendicando C.M.T., in particolare, il diritto a succedere nel contratto al proprio ex convivente;

che a tal proposito il giudice a quo sottolinea come, a seguito degli interventi di questa Corte, la platea dei successibili nel contratto di locazione sia stata sensibilmente ampliata, segnalando, in particolare, la sentenza n. 404 del 1988, che ha peraltro subordinato la successione nel contratto del convivente alla presenza di prole naturale nel nucleo coabitante;

che pertanto – puntualizza ancora il giudice rimettente – essendo venute meno le ragioni che, secondo una diversa sensibilità etica e di costume, avevano indotto a privilegiare, anche nel settore delle locazioni a fini abitativi, la famiglia legittima rispetto a quella naturale, ed una volta estesa – rispetto alla previgente normativa – anche a terzi estranei alla famiglia (secondo il concetto tradizionale dell’istituto) la protezione del diritto fondamentale alla abitazione (eredi e parenti di qualsiasi grado, nonché affini), la residua esclusione del convivente more uxorio, risulterebbe «ormai caratterizzata da irragionevole disparità», determinando al tempo stesso «violazione del diritto fondamentale all’abitazione nei confronti di persona non meno di altri legittimata da un vincolo affettivo di coabitazione»;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, la quale ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile o infondata la questione proposta.

Considerato che il Tribunale di Roma solleva, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma quarto [recte: terzo] della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui, in caso di convivenza more uxorio, condiziona – a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale pronunciata da questa Corte con la sentenza n. 404 del 1988 – la successione nel contratto di locazione del convivente, rimasto ad abitare l’immobile locato, alla presenza nel nucleo coabitante di prole naturale;

che tale disciplina si porrebbe in contrasto, ad avviso del rimettente, con gli artt. 2 e 3 della Carta fondamentale, in quanto, atteso il venir meno delle ragioni di ordine etico e sociale che avevano indotto a privilegiare, nel settore delle locazioni, la famiglia legittima rispetto a quella naturale, la residua esclusione del convivente more uxorio dalla successione nel contratto risulterebbe ormai priva di ragionevolezza e tale da vulnerare il fondamentale diritto alla abitazione;

che sulla identica questione questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi con la ordinanza n. 204 del 2003 – del tutto trascurata dal giudice rimettente – nella quale si è reputato manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale, in considerazione della più volte affermata profonda diversità che caratterizza la convivenza more uxorio rispetto al rapporto coniugale, tale da impedire l’automatica parificazione delle due situazioni, ai fini di una identità di trattamento fra i rispettivi regimi;

che tali considerazioni valgono, evidentemente, anche in relazione alla comparazione tra la cessazione della convivenza con prole e la cessazione di quella senza prole, trattandosi, pure in questo caso, di situazioni del tutto disomogenee, rispetto alle quali non sono invocabili né il principio di eguaglianza né le argomentazioni contenute nella sentenza n. 404 del 1988 – evocata dal giudice rimettente – a sostegno della esigenza di tutelare un nucleo familiare sul presupposto della esistenza della prole naturale;

che, pertanto, non essendo state addotte, dal giudice a quo, ragioni nuove o diverse da quelle allora scrutinate, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma terzo, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), sollevata, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, dal Tribunale di Roma, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 gennaio 2010.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA