Ordinanza n. 229 del 2009

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 229

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

- Francesco       AMIRANTE              Presidente

- Ugo                DE SIERVO                Giudice

- Paolo              MADDALENA                "

- Alfio              FINOCCHIARO              "

- Alfonso          QUARANTA                    "

- Franco            GALLO                             "

- Luigi              MAZZELLA                     "

- Gaetano         SILVESTRI                      "

- Sabino            CASSESE                         "

- Maria Rita      SAULLE                           "

- Giuseppe        TESAURO                        "

- Paolo Maria   NAPOLITANO                "

- Giuseppe        FRIGO                              "

- Alessandro     CRISCUOLO                   "

- Paolo              GROSSI                            "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 647, primo e secondo comma, del codice di procedura civile, promosso dal Tribunale di Milano nel procedimento vertente tra Cama Rocco Maria ed altra e Zunno Antonio, con ordinanza dell'11 dicembre 2006, iscritta al n. 436 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell'anno 2009.

    Visti l'atto di costituzione di Cama Rocco Maria ed altra, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nell'udienza pubblica del 23 giugno 2009 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;

    udito l'avvocato dello Stato Gabriella D'Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

    Ritenuto che nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il Tribunale di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 647, primo e secondo comma, del codice di procedura civile, per violazione degli artt. 3, secondo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost.;

    che – rileva il giudice a quo – l'opposto ha eccepito la tardività della costituzione in giudizio degli opponenti, i quali, notificando la citazione in opposizione, si sono avvalsi della facoltà di dimidiare il termine di comparizione ex art. 645, secondo comma, cod. proc. civ., con la correlativa pari riduzione del termine per la costituzione in giudizio;

    che la causa è stata però iscritta a ruolo il sesto giorno successivo alla notifica dell'opposizione, con conseguente improcedibilità di quest'ultima;

    che gli opponenti hanno tuttavia allegato certificazione dell'ufficiale giudiziario, dimostrando come la tardività della loro costituzione in giudizio sia dipesa da fatto ad essi non imputabile, e cioè dal ritardo nella restituzione dell'atto notificato da parte dell'Ufficio notifiche;

    che, all'epoca della vicenda processuale in questione (marzo 2001), peraltro, la Cancelleria centrale civile del Tribunale di Milano, in rigorosa applicazione dell'art. 165, primo comma, cod. proc. civ., conformemente alle disposizioni espressamente impartite dal Presidente pro tempore del Tribunale, rifiutava l'iscrizione a ruolo delle cause, per mancanza dell'originale dell'atto di citazione debitamente notificato;

    che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 107 del 2004, ha sancito la facoltà, per l'opponente, di costituirsi in giudizio sin dal giorno di richiesta della notifica dell'atto introduttivo, depositandone in cancelleria, per l'iscrizione a ruolo, una copia semplice (la cosiddetta velina);

    che il rimettente prende atto della evoluzione della giurisprudenza costituzionale, che ha sancito il principio della decorrenza degli effetti della notificazione, per il soggetto richiedente, dalla consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, e non già dalla ricezione dell'atto stesso da parte del destinatario;

    che la causa – ricorda il giudice a quo – può essere decisa sulla scorta dell'eccezione pregiudiziale di improcedibilità dell'opposizione ex art. 647 cod. proc. civ., sollevata dal convenuto, ma non può essere sanzionata l'inattività del titolare di una posizione giuridicamente tutelata, laddove essa sia conseguenza di un impedimento di fatto a lui non imputabile, particolarmente ove siano addebitate alle parti del processo conseguenze decadenziali derivanti dalla condotta di altri soggetti, sottratta ai poteri d'impulso ed ingerenza delle parti stesse;

    che da quanto precede deriva il dubbio sulla legittimità costituzionale dell'art. 647, primo e secondo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui omette di prevedere che il decreto ingiuntivo non debba essere dichiarato definitivamente esecutivo, e che l'opposizione possa essere proseguita, qualora la mancata o tardiva costituzione in giudizio dell'opponente sia dipesa da causa a lui non imputabile o qualora, come nella fattispecie, il mancato rispetto del termine per l'iscrizione a ruolo discenda dal ritardo nella resa dell'originale dell'atto di citazione in opposizione notificato da parte dell'ufficiale giudiziario;

    che il disposto dell'art. 647, primo e secondo comma, cod. proc. civ., è, secondo il rimettente, irragionevole ed iniquo, ove si consideri che l'art. 650 cod. proc. civ. – nel suo attuale assetto delineato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 1976 – ammette l'opposizione tardiva, sicché non è comprensibile perché debba essere negata una pari salvezza alla parte, la quale non si sia potuta costituire in termini, per caso fortuito o forza maggiore e che l'art. 184-bis cod. proc. civ. ha aperto il panorama normativo verso una clausola generale di salvaguardia del diritto di difesa, ove accertate situazioni di fatto abbiano impedito alla parte di esercitare le sue facoltà processuali secondo la debita diligenza;

    che, ad avviso del rimettente, non è quindi manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost., e quantomeno limitatamente ai giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo introdotti prima della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 107 del 2004, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 647, primo e secondo comma, cod. proc. civ., per difetto di ragionevolezza e disparità ingiustificata di trattamento in casi analoghi, nella parte in cui non consente la rimessione in termini per la mancata o tardiva costituzione dell'opponente ad ingiunzione di pagamento, dovuta a causa ad esso non imputabile;

    che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilità della questione, per avere il Tribunale trascurato la possibilità di pervenire, in via interpretativa, a soluzione conforme a Costituzione, omettendo di verificare la possibilità di utilizzare il modello procedimentale della rimessione in termini nell'ottica del necessario contemperamento degli interessi in gioco;

    che, secondo la difesa erariale, la questione è inoltre infondata, per essere stato lo stesso opponente ad aver posto le premesse per la sua costituzione nel termine ridotto, dimidiando il termine di comparizione del debitore ingiunto, perfettamente consapevole dell'onere di diligenza connesso a tale scelta;

    che, nell'imminenza dell'udienza, la parte privata costituita ha presentato memoria, con cui replica alle difese dell'Avvocatura erariale ed insiste per l'accoglimento dell'eccezione.

    Considerato che il Tribunale di Milano dubita della legittimità costituzionale dell'art. 647, primo e secondo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui non consente la rimessione in termini per la mancata o tardiva costituzione dell'opponente a decreto ingiuntivo, dovuta a causa ad esso non imputabile, quantomeno limitatamente ai giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo introdotti prima della pubblicazione della sentenza n. 107 del 2004 della Corte costituzionale, per violazione degli artt. 3, secondo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost.;

    che il rimettente non motiva adeguatamente in ordine alla rilevanza della questione, omettendo di riferire, con riguardo allo svolgimento del processo, se l'opponente, incorso nella decadenza dal termine di costituzione in giudizio, abbia esplicitamente richiesto al giudice istruttore di essere rimesso in termini, come l'art. 184-bis cod. proc. civ. richiede, quale presupposto per la delibazione circa la verosimiglianza dell'impossibilità incolpevole al rispetto del termine di costituzione e per la concessione del rimedio, con la conseguenza che, se anche la Corte ritenesse la questione fondata, il rimedio non potrebbe essere concesso, in difetto della domanda della parte interessata (sull'inammissibilità della questione per insufficiente motivazione sulla rilevanza: ordinanze n. 280 e n. 227 del 2007);

    che il giudice rimettente evidenzia l'irragionevolezza di una decadenza intervenuta per causa non imputabile all'interessato, alla luce dell'evoluzione normativa che ha portato alla formulazione dell'art. 184-bis cod. proc. civ. e del precedente di questa Corte (sentenza n. 120 del 1976) che ha ammesso l'opposizione tardiva a decreto ingiuntivo per chi, avuta conoscenza dello stesso, non abbia potuto fare opposizione nei termini, per caso fortuito o forza maggiore, ma non ricerca l'interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 184-bis, 294 e 647 cod. proc. civ., specie se si considera la peculiarità della fattispecie sottoposta al suo esame (ordinanze nn. 343 e 70 del 2007);

    che i precedenti rilievi determinano la manifesta inammissibilità della questione.

    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 647, primo e secondo comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3, secondo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Milano con l'ordinanza in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2009.