Sentenza n. 391 del 2008

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SENTENZA N. 391

ANNO 2008

 

Commento alla decisione di

 

Paola Torretta

Gli incentivi regionali (‘condizionati’) alle imprese, tra libertà di iniziativa economica e art. 120 Cost.

 

(per gentile concessione del Forum di Quaderni Costituzionali)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Giovanni Maria           FLICK                                 Presidente

-    Francesco                  AMIRANTE                             Giudice

-    Ugo                          DE SIERVO                                "

-    Paolo                        MADDALENA                             "

-    Alfio                         FINOCCHIARO                          "

-    Alfonso                     QUARANTA                               "

-    Franco                      GALLO                                       "

-    Luigi                         MAZZELLA                                "

-    Gaetano                     SILVESTRI                                 "

-    Sabino                       CASSESE                                   "

-    Maria Rita                 SAULLE                                     "

-    Giuseppe                   TESAURO                                   "

-    Paolo Maria               NAPOLITANO                            "

-    Giuseppe                   FRIGO                                        "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 47, comma 2, della legge della Regione Puglia 20 febbraio 1995, n. 3 (Procedure per l’attuazione del Programma operativo plurifondo 1994-1999), promosso con ordinanza del 29 novembre 2007 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione di Lecce, sul ricorso proposto da Licastro Scardino Raffaele contro la Regione Puglia e la Società Alberghiera Fitto e Portaluri s.p.a., iscritta al n. 162 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2008.

         Visto l’atto di costituzione di Licastro Scardino Raffaele;

         udito nell’udienza pubblica del 4 novembre 2008 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

         udito l’avvocato Gianluigi Pellegrino per Licastro Scardino Raffaele.

Ritenuto in fatto

         1. Con ordinanza del 29 novembre 2007, il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione di Lecce, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3,  41  e 120 della Costituzione,  questione di legittimità costituzionale dell’art. 47, comma 2, della legge della Regione Puglia 20 febbraio 1995, n. 3 (Procedure per l’attuazione del Programma operativo plurifondo 1994-1999),  nella parte in cui richiede, per l’accesso agli incentivi riservati alle strutture turistico-ricettive previsti dal Programma operativo plurifondo per il 1994-1999, che il richiedente abbia la sede legale, amministrativa ed operativa, nel territorio regionale.

         Il giudizio a quo era stato promosso da un imprenditore operante nel settore turistico-alberghiero, al quale la Giunta Regionale, con delibera n. 5097 del 21 novembre 1995, aveva negato l’accesso alla graduatoria finale, perché la sua impresa non aveva sede legale, amministrativa ed operativa nel territorio regionale.

         Premette il rimettente che, pur essendo stata abrogata dall’art. 56 della legge della Regione Puglia 6 maggio 1998, n. 14 (Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario e bilancio pluriennale 1998-2000), la norma censurata continua ad applicarsi ai rapporti sorti nel periodo della sua vigenza e per l’esecuzione dei relativi impegni di spesa:  di qui la perdurante rilevanza della questione.

         A giudizio del rimettente, la norma impugnata non è suscettibile di interpretazione adeguatrice, stante la perentorietà della sua formulazione testuale, né può essere oggetto di “disapplicazione” per contrasto con il diritto comunitario, in quanto, nel caso di specie, la vicenda non coinvolge interessi sovranazionali.

         Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo osserva che la ratio dei finanziamenti pubblici finalizzati alla incentivazione di attività latu sensu economiche è quella di agevolare lo sviluppo economico del territorio regionale.   Ne consegue che, unica condizione rilevante, potrebbe essere costituita, semmai, dal fatto che l’attività economica sovvenzionata con i fondi pubblici si insedi in un determinato territorio e che l’imprenditore beneficiario abbia una sede operativa nel medesimo territorio. Con la conseguenza che la richiesta di requisiti ulteriori rispetto a quello appena indicato e non strettamente necessari ai fini della valutazione dei progetti per i quali sono stati chiesti i finanziamenti comporta una violazione dei principi di cui agli artt. 3, 41 e 120 Cost., traducendosi essa in una compressione della libertà di attività economica attraverso l’imposizione di barriere “protezionistiche” di natura territoriale non giustificate da esigenze di tutela di interessi particolari.

         Una conferma di tale assunto può trarsi - secondo il rimettente - dal fatto che la norma censurata è stata in seguito abrogata dallo stesso legislatore regionale (art. 56 della legge regionale n. 14 del 1998),  persuasosi della sua  illegittimità costituzionale.

         2. Si è costituito in giudizio il ricorrente il quale, nel condividere  la perdurante operatività della norma censurata in riferimento al periodo di sua vigenza,  sottolinea che quest’ultima è stato oggetto, da parte della giurisprudenza amministrativa, di una diversa interpretazione, “costituzionalmente orientata”, coerente all’obiettivo che la ricaduta dei benefici finanziari rimanesse all’interno della Regione, così da ritenere che la predetta norma non può che fare riferimento alla sede effettiva e direzionale e non anche alle altre sedi.

         Conclude il ricorrente che l’adozione di un criterio di territorialità nella determinazione delle ditte da invitare ad una pubblica gara confligge col principio generale del favor verso la più ampia partecipazione, che ispira la legislazione nazionale e comunitaria. Del resto la stessa Corte costituzionale ha affermato che la Regione non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le regioni né può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro.

Considerato in diritto

         1. Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 41 e 120 della Costituzione, dell’articolo 47, comma 2, della legge della Regione Puglia 20 febbraio 1995, n. 3 (Procedure per l’attuazione del Programma operativo plurifondo 1994-1999) – successivamente soppresso dall’art. 56 della legge della Regione Puglia 6 maggio 1998, n. 14 (Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 1998 e bilancio pluriennale 1998-2000) -  nella parte in cui esige, per l’accesso agli incentivi agli investimenti nel settore turistico previsti dal citato Programma operativo, che il richiedente abbia la sede legale, amministrativa ed operativa, nel territorio regionale.

         La questione è fondata

         Il rimettente non implausibilmente ritiene che la norma impugnata – pur essendo stata abrogata dall’art. 56 della legge della Regione Puglia 6 maggio 1998, n. 14 - continua ad applicarsi ai rapporti sorti nel periodo della sua vigenza, tra i quali rientra la fattispecie oggetto del giudizio a quo.

Stante la perentorietà della sua formulazione testuale, che esige la compresenza, nel territorio regionale, di tutte e tre le sedi (amministrativa, legale ed operativa) dell’impresa, quale condizione indispensabile per accedere agli incentivi riservati dalla legge regionale a sostegno delle strutture turistico-ricettive programmate per il periodo 1994-1999, tale norma non è suscettibile di interpretazione adeguatrice.

         La norma censurata - secondo lo stesso giudice rimettente - non può essere neppure oggetto di “disapplicazione” per contrasto con il diritto comunitario, in quanto la fattispecie in esame riguarderebbe situazioni puramente interne.

         La ratio dei finanziamenti pubblici, finalizzati alla incentivazione di attività economiche, è certamente quella di agevolare lo sviluppo sociale ed economico del territorio regionale. Rispetto a questa finalità, la necessità dell’esistenza nel territorio regionale di tutte e tre le sedi dell’impresa non è funzionale, risultando sufficiente la sola presenza in loco di una sede operativa.

Questa Corte ha affermato, inoltre, che «discriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale» contrasta con il principio di eguaglianza, nonché con il principio di cui all’art 120, comma 1, Cost., in base al quale la regione «non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le regioni» e «non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro» (sentenza n. 207 del 2001).

Tale ultimo principio è stato più volte applicato all’esercizio di attività professionali ed economiche (sentenze n. 6 del 1956, n. 13 del 1961, n. 168 del 1987, n. 372 del 1989, n. 362 del 1998). Questa Corte ha affermato, infatti, «il divieto per i legislatori regionali di frapporre ostacoli di carattere protezionistico alla prestazione, nel proprio ambito territoriale, di servizi di carattere imprenditoriale da parte di soggetti ubicati in qualsiasi parte del territorio nazionale (nonché, in base ai principi comunitari sulla libertà di prestazione dei servizi, in qualsiasi Paese dell’Unione europea)» (sentenze n. 64 del 2007 e n. 440 del 2006).

         La norma censurata si traduce, quindi, nella imposizione di barriere “protezionistiche” di natura territoriale e, dunque, in una limitazione della libertà di iniziativa economica, nonché in un ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose tra le regioni. Essa, in conseguenza, viola i principi di cui agli artt. 3, 41 e 120 della Costituzione.

         Deve pertanto essere dichiarata l’illegittimità costituzionale del comma 2 dell’art. 47 della legge della Regione Puglia  20 febbraio 1995, n. 3 (Procedure per l’attuazione del Programma operativo plurifondo 1994-1999), nella parte in cui esige, per la spettanza degli incentivi agli investimenti nel settore turistico previsti dal citato Programma operativo, che il richiedente abbia, oltre alla sede operativa, anche quelle legale ed amministrativa sul territorio regionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 47, comma 2, della legge della Regione Puglia 20 febbraio 1995, n. 3 (Procedure per l’attuazione del Programma operativo plurifondo 1994-1999) – soppresso dall’art. 56 della legge della Regione Puglia 6 maggio 1998, n. 14 (Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 1998 e bilancio pluriennale 1998-2000) - nella parte in cui richiede, per l’accesso agli incentivi agli investimenti nel settore turistico previsti dal Programma operativo plurifondo 1994-1999, che il richiedente abbia, oltre alla sede operativa, anche quelle legale ed amministrativa sul territorio regionale.

         Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2008.