Sentenza n. 90 del 2006

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SENTENZA  N. 90

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Annibale             MARINI                                                     Presidente

-  Franco                 BILE                                                              Giudice

-  Giovanni Maria   FLICK                                                                ”

-  Francesco            AMIRANTE                                                      ”

-  Ugo                     DE SIERVO                                                      ”

-  Romano              VACCARELLA                                                ”

-  Paolo                   MADDALENA                                                 ”

-  Alfio                   FINOCCHIARO                                               ”

-  Alfonso               QUARANTA                                                     ”

-  Franco                 GALLO                                                              ”

-  Luigi                   MAZZELLA                                                      ”

-  Gaetano              SILVESTRI                                                       ”

-  Sabino                 CASSESE                                                          ”

-  Maria Rita           SAULLE                                                            ”

-  Giuseppe             TESAURO                                                         ”

ha pronunciato la seguente                                             

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima ed interna, in data 12 marzo 2003, con la quale si richiede al Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto di Napoli di procedere agli adempimenti amministrativi relativi al rilascio delle concessioni demaniali in ambito portuale, considerando ascritti alla competenza statale, oltre ai porti e alle aree ricomprese nella giurisdizione delle autorità portuali, anche i porti – di qualunque tipo – indicati nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995, promosso con ricorso della Regione Campania, notificato il 16 maggio 2003, depositato in cancelleria il successivo 23 maggio ed iscritto al n. 19 del registro conflitti 2003.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 24 gennaio 2006 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi l’avvocato Vincenzo Cocozza per la Regione Campania e l’avvocato dello Stato Anna Lidia Caputi Iambrenghi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.— Con ricorso notificato il 16 maggio 2003 e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 23 maggio, la Regione Campania ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ­Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima ed interna, in data 12 marzo 2003, in quanto con la medesima «si richiede al Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto di Napoli di procedere agli adempimenti amministrativi relativi al rilascio delle concessioni demaniali in ambito portuale, considerando ascritti alla competenza statale, oltre ai porti e alle aree ricomprese nella giurisdizione delle autorità portuali, anche i porti – di qualunque tipo – indicati nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995».

La Regione ha prospettato la violazione degli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione – sia in relazione al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), che al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) –, nonché del principio di leale collaborazione.

2.— Espone la Regione che in materia di porti la Costituzione, nel testo originario, non prevedeva una specifica competenza regionale, con la conseguenza che la relativa disciplina spettava allo Stato; tuttavia l’evoluzione legislativa ha, in seguito, attribuito in siffatta materia un significativo ruolo alle Regioni.

Sarebbe, pertanto, erronea l’impostazione della nota ministeriale de qua, che ritiene di poter incidere sull’ambito dell’autonomia regionale offrendo un’interpretazione restrittiva della normativa anteriore alla riforma del Titolo V della Costituzione. Quest’ultima, invece, proponendo un nuovo e diverso modello costituzionale delle autonomie, impone una lettura della disciplina già esistente coerente con il nuovo assetto.

Ciò trova conferma anche nelle disposizioni che, nel tempo, hanno dato luogo al trasferimento delle funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni (d.P.R. n. 616 del 1977 e d.lgs. n. 112 del 1998).

2.1.— Secondo la Regione, non dovrebbero sussistere dubbi – tenuto conto anche del parere n. 767, reso in data 15 maggio 2002 dalla seconda sezione consultiva del Consiglio di Stato (il cui contenuto sarebbe stato impropriamente richiamato dal Ministero nell’atto denunciato) – su un riparto di competenze fondato sulla irrilevanza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 1995 e, comunque, sulla sicura ascrivibilità dei “porti turistici” alla competenza regionale, a prescindere da ogni classificazione.

2.2.— D’altronde, sempre nel senso di un ampliamento delle funzioni amministrative regionali in tale materia deporrebbero ulteriori interventi legislativi statali.

Viene così richiamata la legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), che ha attribuito alla competenza regionale le funzioni amministrative concernenti le opere marittime relative ad alcune categorie di porti, nonché l’onere per la realizzazione delle opere di grandi infrastrutture nei porti o specifiche aree portuali di rilievo regionale ed interregionale.

2.3.— Ad avviso della ricorrente, la riforma del Titolo V della Costituzione, e la nuova logica dei rapporti tra Stato e Regioni, con il conseguente riparto delle rispettive competenze, ampliano notevolmente i prospettati vizi di illegittimità costituzionale.

Sul punto, la Regione evidenzia tre elementi che, in quanto significativi del nuovo disegno costituzionale, inciderebbero con evidenza sul riparto delle competenze tra Stato e Regioni:

a) l’espressa attribuzione di una potestà legislativa concorrente in materia di porti;

b) il modello di distribuzione delle funzioni amministrative introdotto dal nuovo art. 118 della Costituzione;

c) l’attribuzione, in via esclusiva, alla competenza legislativa delle Regioni di ambiti materiali (nel caso de quo, turismo) che inibiscono allo Stato qualsiasi tipo di intervento.

2.4.— Premesso che nelle materie rientranti nella competenza legislativa concorrente lo Stato può solo porre i principi fondamentali, la Regione osserva che l’attribuzione di competenze amministrative, sia, in particolare, le disposizioni contenute negli articoli 104 e 105 del d.lgs. n. 112 del 1998, non possono intendersi come principi fondamentali.

In ogni caso, la competenza amministrativa in un settore di competenza legislativa concorrente deve rispettare il canone imposto dal nuovo art. 118 della Costituzione.

2.5.— Nella materia de qua la Regione, si sottolinea nel ricorso, ha emanato la legge 26 luglio 2002, n. 15 (Legge finanziaria regionale per l’anno 2002), stabilendo che «con regolamento regionale, con parere obbligatorio delle competenti Commissioni consiliari, è operata la catalogazione dei porti di interesse regionale ed interregionale di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, articolo 4, comma 1, lettera d), e comma 3, lettera e), anche al fine delle connesse e consequenziali disposizioni delle compartecipazioni di gettito di tributi erariali riferibili al territorio della Regione».

2.6.— La prospettata illegittimità costituzionale appare ancora più palese ove si consideri la peculiarità dei porti turistici.

Ed infatti, l’ambito materiale “turismo ed industria alberghiera”, precedentemente oggetto di potestà legislativa concorrente, non compare più nell’elencazione dell’art. 117 della Costituzione, né risulta rifluito, anche solo parzialmente, in alcuna delle formule contenute nel nuovo art. 117 della Costituzione.

3.— Il provvedimento impugnato violerebbe, altresì, secondo la ricorrente, il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.

La determinazione impugnata, infatti, attribuisce allo Stato il potere di individuare, unilateralmente, porti sottratti all’intervento regionale, pur ammettendo che, quanto meno con riferimento ai porti con funzione turistica, debba riconoscersi senz’altro una competenza regionale. In tal modo, la nota statale esclude del tutto l’intervento regionale in una fase preliminare che incide direttamente nella sfera di autonomia regionale. Al contrario, il citato principio costituzionale, proprio in questo caso, postulerebbe che la individuazione degli elementi che condizionano la possibilità di intervento di un soggetto istituzionale, piuttosto che di un altro, passi attraverso una intesa fra lo Stato e la Regione.

4.— Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato improponibile, inammissibile e comunque infondato.

5.— L’Avvocatura dello Stato, in prossimità dell’udienza, ha depositato memoria, con la quale ha ribadito le conclusioni già rassegnate.

5.1.— La difesa dello Stato richiama, in particolare, il parere del Consiglio di Stato n. 767 del 2002, in cui ritiene si affermi la permanente valenza del d.P.C.m. 21 dicembre 1995 come strumento per individuare non solo le aree, ma anche i porti di prevalente interesse nazionale.

In proposito la difesa erariale evidenzia come, anche se nel richiamato parere non sono forniti elementi per stabilire la prevalenza tra il d.P.C.m. del 1995 e l’asserita competenza regionale in materia di porti turistici, elementi chiarificatori si possono desumere dalla sentenza della Corte costituzionale n. 511 del 2002.

5.2.— L’Avvocatura dello Stato fa riferimento, altresì, al parere n. 2194, reso in data 16 ottobre 2002 dalla seconda sezione consultiva del Consiglio di Stato, avente ad oggetto “riparto delle competenze in materia di concessioni di beni del demanio marittimo e zone marine ricadenti all’interno di aree marittime protette”, con il quale sarebbe stata affermata la competenza dello Stato in merito.

5.3.— Rileva, infine, come la competenza dello Stato, in ordine alla classificazione dei porti, si rinviene nell’art. 104, comma 1, lettera s), del d.lgs. n.112 del 1998, la cui valenza appare confermata in ragione di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la pronuncia n. 282 del 2002, laddove si specifica che, nella fase di transizione dal vecchio al nuovo sistema di riparto delle competenze, anche ove si verta in tema di legislazione regionale concorrente, quest’ultima dovrà svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali, comunque risultanti dalla legislazione statale già in vigore.

6.— Nell’imminenza dell’udienza, anche la Regione Campania ha depositato memoria con la quale ha ulteriormente ribadito le argomentazioni svolte nel ricorso.

Considerato in diritto

1.— Con il ricorso indicato in epigrafe, la Regione Campania ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, impugnando la nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima ed interna, in data 12 marzo 2003, con la quale «si richiede al Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto di Napoli di procedere agli adempimenti amministrativi relativi al rilascio delle concessioni demaniali in ambito portuale, considerando “ascritti alla competenza statale, oltre ai porti e alle aree ricomprese nella giurisdizione delle autorità portuali, anche i porti – di qualunque tipo – indicati nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995”».

2.— La ricorrente ha dedotto che il suddetto atto sarebbe lesivo delle attribuzioni regionali di cui gli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione − sia in relazione al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), che al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) − nonché lesivo del principio di leale collaborazione. Tale atto, nella prospettiva della difesa regionale, si porrebbe in contrasto anche con il riparto delle competenze amministrative delineato dall’art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998, nel testo risultante dalla modifica disposta dall’art. 9 della legge 16 marzo 2001, n. 88 (Nuove disposizioni in materia di investimenti nelle imprese marittime), con il quale sono state conferite alle Regioni e agli enti locali funzioni amministrative relative, tra l’altro, «al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia» (comma 2, lettera l, primo inciso). Il suddetto art. 105 ha, altresì, specificato, da un lato, che «tale conferimento non opera nei porti finalizzati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 1995» (stesso comma 2, lettera l, secondo inciso), dall’altro, che «nei porti di rilevanza economica regionale ed interregionale il conferimento decorre dal 1° gennaio 2002» (stesso comma 2, lettera l, terzo inciso).

Secondo la Regione ricorrente, sulla base della riportata disposizione, e, in particolare, di quest’ultimo inciso in essa contenuto, tutti i “porti turistici” rientrerebbero nell’ambito della competenza regionale, con conseguente «irrilevanza del d.P.C.m. del 1995».

2.1.— L’asserita violazione delle prerogative regionali sarebbe, inoltre, ancora di più accentuata a seguito dell’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

L’assegnazione alla competenza concorrente della materia “porti” avrebbe, infatti, limitato l’intervento del legislatore statale alla sola fissazione dei principi fondamentali, che non potrebbero, tuttavia, ricomprendere anche l’attribuzione delle competenze amministrative.

A maggior ragione, ad avviso della ricorrente, l’atto impugnato sarebbe illegittimo qualora si ritenesse che la materia incisa sia quella del “turismo”, rientrante nell’ambito della competenza residuale delle Regioni.

2.2.— Infine, si assume che sarebbe stato, comunque, violato il principio di leale collaborazione, in quanto la determinazione impugnata avrebbe attribuito allo Stato il potere di individuare «unilateralmente i porti sottratti all’intervento regionale», senza passare attraverso forme di collaborazione con la Regione interessata.

3.— In via preliminare, occorre individuare l’ambito del giudizio per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Campania.

La ricorrente si duole, in sostanza, del fatto che l’impugnato atto ministeriale abbia disposto l’attrazione, nella competenza amministrativa del Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto di Napoli, di tutti gli adempimenti relativi al rilascio delle concessioni demaniali nell’ambito dei porti turistici della Regione Campania. È pur vero che il citato provvedimento attribuisce alla competenza statale tutti i porti «di qualunque tipo» indicati nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995, tuttavia le censure proposte dalla Regione ricorrente fanno specifico riferimento ai porti turistici, sicché è con riferimento a detta tipologia di porti che deve essere esaminato il ricorso in questione.

4.— Sempre in via preliminare, è necessario delineare i tratti essenziali della disciplina di settore rilevante per la risoluzione del conflitto de quo.

4.1.— Al riguardo, occorre partire dalla considerazione che la Costituzione, nell’originario testo dell’art. 117, non dettava alcuna norma attinente al regime dei porti e delle aree portuali. Conteneva, invece, una disposizione (art. 117, primo comma, Cost.) che attribuiva alle Regioni la competenza legislativa in materia di “turismo ed industria alberghiera”, la quale doveva essere esercitata nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.

4.2.— Una prima classificazione dei porti si rinveniva, in origine, nel regio decreto 2 aprile 1885, n. 3095, recante “Testo unico della legge 16 luglio 1884, n. 2518, con le disposizioni del titolo IV, porti, spiagge e fari della preesistente legge 20 marzo 1865, sui lavori pubblici”, il cui art. 1 suddivideva i porti in due categorie: alla prima appartenevano i porti e le spiagge che interessavano la sicurezza della navigazione generale e servivano unicamente o precipuamente a rifugio, o alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato; nella seconda erano inseriti i porti e gli approdi − suddivisi in quattro classi − che servivano precipuamente al commercio.

4.3.— Il primo intervento legislativo, rilevante sul piano dell’attribuzione delle funzioni amministrative statali alle Regioni in materia di “demanio marittimo”, anche con riguardo all’ambito portuale, si è avuto con l’emanazione dell’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977, il quale ha specificamente delegato alle Regioni le funzioni «sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando la utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative», con la precisazione della non applicazione di detta delega «ai porti e alle aree di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima». Per la identificazione delle predette aree, il citato art. 59 rinviava poi ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi sentite le «Regioni interessate».

Già, dunque, in questa fase, la legislazione statale ha previsto un coinvolgimento delle Regioni nella materia “porti”, ed è significativo che la suddetta norma sia contenuta nel Capo relativo a “turismo ed industria alberghiera”.

4.4.— In attuazione di quanto stabilito dal richiamato art. 59, secondo comma, è stato emanato il d.P.C.m. 21 dicembre 1995, con il quale sono state identificate le aree demaniali marittime escluse dal conferimento delle funzioni amministrative alle Regioni «in quanto riconosciute di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima».

4.5.— Un’organica disciplina dell’ordinamento e delle attività portuali è stata introdotta, successivamente, dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), la quale ha anche previsto, in quanto incompatibili con le proprie disposizioni, l’abrogazione delle norme del regio decreto n. 3095 del 1885.

Tale legge ha operato, tra l’altro, all’art. 4, una riclassificazione dei porti, distinguendoli in due categorie: la prima (categoria I), comprendente  porti o specifiche aree portuali, finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato; la seconda, porti o specifiche aree portuali di rilevanza economica internazionale (categoria II, classe I), di rilevanza economica nazionale (categoria II, classe II), e, infine, di rilevanza economica regionale e interregionale (categoria II, classe III). Il concreto inserimento nell’una o nell’altra delle suddette categorie (essendo stabilito solo che i porti sede di autorità portuale abbiano comunque carattere internazionale o nazionale) è stato demandato a decreti che avrebbero dovuto essere adottati, rispettivamente, dal «Ministro della difesa» e dal «Ministro dei trasporti e della navigazione» e che, in realtà, non sono stati mai emanati.

4.6.— Proseguendo nella ricostruzione del quadro normativo rilevante, un ulteriore e ampio trasferimento di funzioni amministrative alle Regioni, in materia di concessioni di beni del demanio marittimo, anche qualora siano collocati in ambito portuale, si è avuto con il d.lgs. n. 112 del 1998. L’art. 105, comma 2, lettera l), del suddetto decreto legislativo, nel testo originario, stabiliva che venissero conferite alle Regioni le funzioni relative «al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia»; precisandosi, altresì, che «tale conferimento non opera nei porti e nelle aree di interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 1995».

L’art. 9 della legge n. 88 del 2001 ha, poi, modificato l’ultima parte del richiamato art. 105, comma 2, lettera l), stabilendo che il conferimento delle funzioni amministrative alle Regioni «non opera nei porti finalizzati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 1995». E la norma prosegue disponendo che «nei porti di rilevanza economica regionale ed interregionale il conferimento decorre dal 1° gennaio 2002».

4.7.— È, infine, intervenuta la modifica del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, la quale ha previsto, da un lato, l’attribuzione alla Regione della competenza legislativa concorrente in materia di “porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione” (art. 117, terzo comma, della Costituzione; sentenza n. 378 del 2005), dal che consegue la competenza legislativa residuale pure in materia di “turismo” (art. 117, quarto comma, della Costituzione); dall’altro, ha attribuito la generalità delle funzioni amministrative ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, le stesse siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (art. 118, primo comma, della Costituzione).

5.— Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, quale si è sviluppato nel corso del tempo, occorre stabilire se possa ritenersi assistita da fondamento la doglianza avanzata dalla Regione Campania, che ha lamentato il vulnus alle proprie attribuzioni, nella materia de qua, operato dall’atto ministeriale impugnato.

6.— Al riguardo, deve essere precisato che l’esame, cui è chiamata questa Corte, non deve essere effettuato con riferimento alla normativa ed agli atti amministrativi adottati prima della riforma del Titolo V. Sicché non assumono rilevanza, in questa sede, né le questioni attinenti alla eventuale illegittimità costituzionale della normativa statale precedente alla predetta riforma, né, tanto meno, le questioni attinenti alla legittimità degli atti adottati prima della riforma stessa e, segnatamente, del d.P.C.m. 21 dicembre 1995.

6.1.— Chiarito ciò, è bene ulteriormente puntualizzare che il presente conflitto di attribuzione deve essere risolto, secondo il costante orientamento di questa Corte (v., tra le altre, sentenze n. 324 del 2005, n. 364, n. 302 e n. 13 del 2003), sulla base dei parametri costituzionali vigenti al momento dell’adozione degli atti in ordine ai quali è stato proposto il ricorso, e dunque, avendo riguardo alle norme costituzionali successive alla modifica del Titolo V.

7.— Tanto premesso, si può passare all’esame, nel merito, delle specifiche questioni proposte.

8. — Il ricorso è fondato.

8.1.— Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con l’atto impugnato, non ha tenuto conto del nuovo riparto delle funzioni legislative e amministrative delineato dalla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, essendosi limitato a disporre l’attrazione nella competenza statale dei “porti turistici” solo perché inseriti nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995.

8.2.— Questa Corte (sentenza n. 322 del 2000) ha già avuto modo di chiarire che il richiamo effettuato nell’art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998 al suddetto d.P.C.m. non comporta affatto il conferimento a tale atto di «efficacia legislativa», né vale a «sanare i vizi di legittimità che lo inficiano, o comunque attribuire ad esso, in quanto tale, una nuova o diversa efficacia». «In altri termini» – ha precisato la Corte – «il richiamo dell’atto amministrativo vale semplicemente a definire per relationem la portata del limite introdotto dal decreto legislativo al conferimento di funzioni, ma con riferimento al contenuto dell’atto richiamato quale esiste attualmente nell’ordinamento, e nei limiti in cui l’efficacia ad esso propria tuttora sussista».

È da escludere, dunque, che il riferimento al suddetto d.P.C.m. nelle norme statali, che sono state richiamate nell’atto impugnato, possa cristallizzare nel tempo l’appartenenza di aree portuali, di interesse regionale o interregionale, al novero di quelle escluse dal conferimento di funzioni alle Regioni in vista del loro “preminente interesse nazionale”.

Il nuovo assetto delle competenze, recato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, impedisce che possa attribuirsi attuale valenza all’inserimento dei “porti turistici” nel d.P.C.m. del 1995 ai fini del riparto delle funzioni amministrative. E ciò per l’assorbente considerazione che la materia “turismo” è attualmente di competenza legislativa residuale, e dunque piena, delle Regioni, con attribuzione delle funzioni amministrative agli enti territoriali minori, secondo i criteri indicati dall’art. 118 della Costituzione.

8.3.— Né è corretto ritenere che il parere del Consiglio di Stato abbia inteso prospettare, in modo vincolante, come utilizzabile, nelle more della formale classificazione ex lege n. 84 del 1994, lo strumento del d.P.C.m. 21 dicembre 1995. L’organo consultivo, infatti, si è limitato a precisare, da un lato, che il termine del 1° gennaio 2002, di decorrenza per il conferimento alle Regioni delle funzioni relative ai porti “di rilevanza economica regionale ed interregionale”, non può essere considerato meramente ordinatorio, e, dall’altro, che la individuazione dei “porti turistici” (di sicura competenza regionale) può essere effettuata prescindendo da ogni attività di classificazione o catalogazione dei porti.

8.4.— Quanto sin qui affermato non esclude, ovviamente, che lo Stato possa procedere, in futuro, con la necessaria partecipazione della Regione interessata, in ossequio al principio di leale collaborazione, a riconoscere a taluni porti turistici, per la loro dimensione ed importanza, carattere di rilevanza economica internazionale o di preminente interesse nazionale, che sia idoneo a giustificare la competenza legislativa ed amministrativa dello Stato su tali porti e sulle connesse aree portuali.

9.— Alla luce delle considerazioni che precedono, in accoglimento del ricorso proposto dalla Regione Campania, deve essere dichiarato che non spetta allo Stato attribuire alle autorità marittime statali la competenza amministrativa relativa al rilascio di concessioni demaniali nell’ambito dei porti turistici della Regione Campania. Pertanto, deve essere disposto l’annullamento della nota ministeriale, in data 12 marzo 2003, con la quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima ed interna, ha comunicato al Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto di Napoli – con riguardo al suddetto ambito – di voler considerare «ascritti alla competenza statale, oltre ai porti ed alle aree ricomprese nella giurisdizione delle autorità portuali, anche i porti – di qualunque tipo – indicati nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995».

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, attribuire alle autorità marittime statali la competenza amministrativa relativa al rilascio di concessioni demaniali nell’ambito dei porti turistici della Regione Campania;

annulla, per l’effetto, la nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima ed interna, in data 12 marzo 2003, di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 marzo 2006.

F.to:

Annibale MARINI, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2006.