Sentenza n. 511/2002

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SENTENZA N. 511

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                         RUPERTO                 Presidente

- Riccardo                     CHIEPPA                  Giudice

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                  "

- Valerio                        ONIDA                                  "

- Carlo                           MEZZANOTTE                    "

- Fernanda                     CONTRI                                "

- Guido                          NEPPI MODONA                "

- Piero Alberto             CAPOTOSTI                         "

- Annibale                     MARINI                                "

- Franco                         BILE                                       "

- Giovanni Maria          FLICK                                                "

- Francesco                    AMIRANTE                          "

- Ugo                             DE SIERVO                          "

- Romano                      VACCARELLA                    "

- Paolo                           MADDALENA                     "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota del Ministero dei trasporti e della navigazione – Unità di gestione infrastrutture per la navigazione e il demanio marittimo, protocollo Dem 2A-2400 del 16 ottobre 2000, avente ad oggetto: "Porto turistico di Lavagna – autorizzazione al subingresso ex art. 46, comma 2, cod. nav. a favore della Porto di Lavagna s.p.a.", promosso con ricorso della Regione Liguria notificato il 23 novembre 2000, depositato in cancelleria il 29 successivo ed iscritto al n. 53 del registro conflitti 2000.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2002 il Giudice relatore Valerio Onida;

uditi l’avv. Gustavo Romanelli per la Regione Liguria e l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 23 novembre 2000 e depositato in cancelleria il successivo 29 novembre, la Regione Liguria ha sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato al fine di ottenere la dichiarazione che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero dei trasporti e della navigazione, adottare provvedimenti in ordine ai rapporti concessori relativi alla gestione delle aree demaniali marittime situate nel territorio della Regione Liguria per utilizzazioni aventi finalità turistiche e ricreative, ed in particolare adottare il provvedimento trasmesso alla Regione con nota in data 16 ottobre 2000 (pervenuto il 24 ottobre 2000), con cui si autorizza, ai sensi dell’art. 46, secondo comma, del codice della navigazione, il subingresso della s.p.a. Porto di Lavagna nella concessione, a suo tempo rilasciata alla s.p.a. Cala dei Genovesi, per la realizzazione e gestione del porto turistico di Lavagna.

Ad avviso della ricorrente, l’atto impugnato, presupponendo il permanere della competenza statale in relazione al rapporto concessorio attinente a questo porto turistico, sarebbe lesivo delle prerogative costituzionali della Regione garantite dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, anche in relazione all'art. 59 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, all’art. 6, comma 1, del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 400 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494), nonché all'art. 105, comma 2, lettera l, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

Nel ricorso si premette che l'art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 aveva delegato alle Regioni "le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando l'utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative". Dalla delega erano escluse le funzioni esercitate dagli organi dello Stato "in materia di navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di polizia doganale". Era altresì previsto che la delega non riguardasse i porti e le aree "di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima": l'identificazione precisa di tale aree avrebbe dovuto avvenire con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere delle Regioni interessate, entro il 31 dicembre 1978.

Siccome il termine originariamente previsto dall’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 per l’identificazione delle aree escluse dalla delega non è stato rispettato e, nella perdurante inerzia dello Stato, si era consolidato un orientamento giurisprudenziale per il quale, fino alla individuazione delle aree sottratte alla delega, questa non sarebbe stata operativa, a far salve le competenze regionali è intervenuto l'art. 6 del decreto legge n. 400 del 1993, stabilendo che "ove, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto" – termine successivamente prorogato al 31 dicembre 1995 con una serie di decreti legge non convertiti, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dalla legge 23 dicembre 1996, n. 647 – "il Governo non abbia provveduto agli adempimenti necessari a rendere effettiva la delega delle funzioni amministrative alle regioni, ai sensi dell'art. 59 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, queste sono comunque delegate alle regioni".

All’incombente previsto dall'art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 si è quindi provveduto con il d.P.C.m. 21 dicembre 1995, che ha appunto approvato l'elenco delle aree marittime escluse dalla delega alle Regioni. Per la Regione Liguria, tale d.P.C.m. includeva fra gli ambiti sottratti a trasferimento un gran numero di aree, tra cui anche il porto turistico di Lavagna, sul quale il Governo si riservava la competenza per "esigenze della navigazione marittima": ma il decreto stesso è stato annullato, con riguardo alla parte che concerneva aree del territorio della Regione Liguria, con la sentenza di questa Corte n. 242 del 1997, per essere stato formato con modalità non conformi al principio di leale cooperazione.

Anche l'art. 105, comma 2, lett. l, del d.lgs. n. 112 del 1998, nel conferire alle Regioni le funzioni relative al rilascio di concessioni sui beni del demanio marittimo, ha precisato che il conferimento non opera nei porti e nelle aree di interesse nazionale individuate con il d.P.C.M. 21 dicembre 1995. Tuttavia la Corte, con la sentenza n. 322 del 2000, ha riconosciuto che, con riguardo al territorio della Regione Liguria, tale decreto legislativo non ha proceduto ad una delimitazione delle aree escluse dal conferimento di funzioni, per mancanza di un efficace termine di riferimento, atteso il precedente parziale annullamento del d.P.C.m. 21 dicembre 1995 e stante la mancata successiva emanazione da parte del Governo, che pur avrebbe potuto provvedervi con il procedimento previsto dall'art. 59, secondo comma, ultimo periodo, del d.P.R. n. 616 del 1977, di un decreto modificativo dell’elenco delle aree di preminente interesse nazionale; e che pertanto la competenza della Regione Liguria in ordine ai beni del demanio marittimo non è limitata dalla individuazione di dette aree escluse.

In questo quadro, la ricorrente ritiene che le proprie competenze amministrative in ordine alla gestione del demanio marittimo per finalità turistiche e ricreative, tra l’altro disciplinate con la legge regionale 28 aprile 1999, n. 13, e successive modificazioni, siano prive di limitazioni spaziali, e si estendano, in forza dell’annullamento parziale del d.P.C.m. 21 dicembre 1995, a tutte le aree demaniali della Regione (con la sola esclusione delle aree affidate alle competenze delle autorità portuali, nelle quali non ricade il porto di Lavagna). Ne deriverebbe che l'intervento dello Stato, con il quale si provvede in ordine ad un rapporto concessorio demaniale per finalità turistiche, con le modalità di esercizio proprie delle attribuzioni statali esclusive e senza alcun coinvolgimento della Regione nel procedimento, sarebbe illegittimo e configurerebbe il tentativo di riappropriarsi di competenze ormai di sicura spettanza della Regione.

Osserva la Regione che il bene rispetto al quale lo Stato ha adottato i provvedimenti concessori oggetto di causa appartiene al demanio marittimo, e che le finalità, cui l'utilizzazione del bene concesso è rivolta, sono di carattere turistico-ricreativo (il porto di Lavagna, infatti, è un porto turistico) e come tali comprese nell'ambito della delega di funzioni operante anche prima degli ulteriori conferimenti disposti dal d.lgs. n. 112 del 1998. I provvedimenti di gestione del rapporto concessorio (rilascio della concessione amministrativa, suo rinnovo, autorizzazione al subingresso di un nuovo concessionario, ecc.) rientrerebbero nella nozione di funzione amministrativa "per finalità turistiche e ricreative", cui si riferisce la delega. Deporrebbe in questo senso – oltre al comune sentire, per il quale le funzioni concernenti la gestione del demanio postulano in primo luogo l'esercizio di poteri concessori, in aggiunta a quelli di polizia e di vigilanza – anche la lettera dell'art. 6, comma 1, del decreto legge n. 400 del 1993 (ove si stabilisce che la delega di cui all'art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 concerne anche il rilascio ed il rinnovo delle concessioni demaniali marittime) e dell'art. 105, comma 2, lett. l, del d. lgs. n. 122 del 1998 (ove si ribadisce che il conferimento include anche le competenze "al rilascio di concessioni di beni").

Conclusivamente, ad avviso della ricorrente, nella fattispecie la competenza al rilascio della autorizzazione al subingresso nella concessione amministrativa di cui si controverte spettava alla Regione, così come spettava alla Regione adottare tutti gli atti relativi al medesimo rapporto concessorio, con esclusione di qualsiasi attribuzione concorrente in capo allo Stato. L’amministrazione statale, continuando ad esercitare poteri concessori relativi al porto turistico di Lavagna, mostrerebbe di voler ritenere tuttora operante la riserva di competenza operata dal d.P.C.m. 21 dicembre 1995: ciò in contrasto con il riparto di competenze, costituzionalmente garantito, e in violazione della portata vincolante delle pronunce di questa Corte intervenute nella fattispecie.

2.– Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che il conflitto sia dichiarato inammissibile e, comunque, non fondato.

L’Avvocatura muove da una diversa lettura dell’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977: le funzioni in materia di amministrazione dei beni del demanio marittimo relativamente ai porti turistici non rientrerebbero tra quelle delegate alle Regioni. Il termine "porti" andrebbe letto nell’accezione più lata, ricomprendendovi i porti turistici, alla luce della prevalenza dei profili connessi alle esigenze di sicurezza della navigazione e alle ulteriori attività portuali rispetto ai profili ludici e ricreativi; inoltre porti e aree sarebbero due realtà disgiunte, e l’individuazione, con apposito d.P.C.m., di quelle di preminente interesse nazionale si riferirebbe esclusivamente alle seconde.

La delega di cui all’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977, quindi, riguarderebbe le sole attività prettamente turistico-ricreative (stabilimenti balneari, strutture di ristorazione e ricettive, attività ludiche e per il tempo libero), mentre su tutto il territorio nazionale, compresa la Liguria, le funzioni amministrative sul demanio marittimo attinenti alla portualità turistica spetterebbero al Ministero dei trasporti e della navigazione, nella sua articolazione centrale e periferica. Ciò troverebbe conferma nel regolamento approvato con d.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509, recante la disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto. Ai sensi degli artt. 1 e 2 di tale d.P.R., la competenza all’esercizio delle funzioni amministrative in materia di portualità turistica spetta infatti all’Amministrazione statale; solo per le strutture di lievissimo impatto e destinate alla nautica minore il relativo regime amministrativo ricade nell’ambito della delega di cui all’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977, stante la prevalenza, in questi casi, dell’elemento turistico-ricreativo.

Osserva infine la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri che, rientrando la materia nella previsione dell’art. 118, secondo comma, della Costituzione, sarebbe necessario che un’eventuale delega di funzioni fosse stabilita espressamente da una legge statale. E, trattandosi di funzioni in materia non di spettanza della Regione ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, l’Avvocatura afferma di non comprendere "come si possa rivendicare il possesso assoluto ed intangibile di funzioni il cui trasferimento costituisce materia di legislazione ordinaria come, in effetti, ha costituito oggetto della legge n. 59 del 1997 e del d.lgs. n. 112 del 1998".

Riferisce inoltre l’Avvocatura che "proprio relativamente alla vicenda del porto turistico di Lavagna, solo poche settimane prima dell’adozione del provvedimento all’origine del presente conflitto, alla Regione era stata data notizia di un precedente provvedimento similare adottato dal Ministero e non ne era scaturita alcuna reazione, neanche informale"; e che "perfino dopo l’adozione del provvedimento di cui si chiede l’annullamento, si è svolta, presso il Comune di Diano Marina, una conferenza di servizi relativa al locale porto turistico, nel corso della quale il rappresentante della Regione non ha posto in discussione le competenze statali in materia". Secondo l’Avvocatura, questo comportamento della Regione Liguria rileverebbe, oltre che come manifestazione di una contraddittorietà di intenti, ai fini della stessa ammissibilità del presente ricorso, "anche sotto il profilo della sua tardività rispetto alla effettiva conoscenza delle modalità applicative delle norme in materia da parte dell’Amministrazione statale e dei suoi intendimenti nella gestione delle aree portuali della Regione".

3.– Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, replicando all’eccezione preliminare di inammissibilità sollevata dall’Avvocatura, la ricorrente – con riguardo all’obiezione secondo cui, prima dell’adozione dell’atto impugnato, alla Regione sarebbe stato trasmesso un provvedimento ministeriale "similare" a quello oggetto del presente giudizio, dal quale si sarebbe potuto desumere l’intenzione governativa di esercitare effettivamente le competenze in materia di porti turistici – osserva che trattasi di deduzione del tutto generica: rilevante nel presente giudizio sarebbe esclusivamente il provvedimento che ne costituisce oggetto, rispetto al quale non potrebbe essere revocato in dubbio che l’impugnazione regionale sia stata notificata nei modi e nei termini prescritti.

Analogamente, per quel che attiene al fatto che la Regione abbia partecipato con atteggiamento collaborativo ad una conferenza di servizi indetta dal Ministero per il porto di Diano Marina, si tratterebbe di circostanza priva di rilievo, non essendo conferente l’atteggiamento tenuto dalla Regione in una questione (gestione del porto di Diano Marina) diversa da quella oggetto dell’impugnazione proposta dalla Regione (gestione del porto di Lavagna). Ma se anche la conferenza di servizi avesse riguardato il porto di Lavagna, la partecipazione regionale non avrebbe rappresentato altro che il riflesso dell’efficacia del provvedimento ministeriale impugnato: esso, fino al suo eventuale annullamento da parte della Corte, rimarrebbe efficace al pari della rivendicazione di competenza ivi sottesa, e la Regione (al pari di tutti gli altri soggetti dell’ordinamento) non potrebbe che comportarsi di conseguenza, partecipando ai processi decisionali in cui tale competenza si esplica, anche se svolgentesi in una sede procedimentale dalla ricorrente ritenuta impropria.

In ogni caso, l’atteggiamento collaborativo della Regione rappresenterebbe adempimento di un dovere costituzionale (il principio di leale cooperazione): e dall’attività prestata per assolvere ad un obbligo di tale natura non potrebbe trarsi alcuna presunzione relativamente ad un’ipotetica rinuncia della ricorrente a tutelare le proprie attribuzioni costituzionali.

La Regione ricorda infine l’orientamento, più volte ribadito dalla Corte, circa la non applicabilità nei giudizi per conflitto di attribuzione dell’istituto dell’acquiescenza.

Nel merito la ricorrente, escluso che la gestione dei porti turistici possa essere considerata come materia di semplice delega di funzioni amministrative ai sensi della vecchia formulazione dell’art. 118 della Costituzione, afferma di non condividere la distinzione, proposta dall’Avvocatura, fra "porti" ed "aree". Da un lato, infatti, i porti sono per loro natura inclusi in aree demaniali marittime e, dall’altro, tale ultimo termine ("aree demaniali marittime") è connotato da un’ampiezza di significato che lo rende idoneo ad abbracciare concettualmente anche le "strutture portuali": con la conseguente necessità di ritenere il riferimento alle "aree demaniali marittime" comprensivo anche dei "porti". L’argomento difensivo dell’Avvocatura sarebbe del resto smentito dallo stesso d.P.C.m. 21 dicembre 1995, che ha inserito negli elenchi delle porzioni di demanio marittimo sottratte al trasferimento tanto porti e approdi marittimi quanto aree prive di vocazione portuale in senso proprio (stabilimenti balneari, cantieri navali, ecc.). Se fosse corretto l’assunto della difesa erariale, il d.P.C.m. avrebbe dovuto rimanere del tutto silente sui porti, per i quali un’esplicita sottrazione dall’ambito coperto dalla competenza amministrativa regionale non sarebbe stata neppure necessaria.

La conseguenza sarebbe che non esistono al momento in Liguria strutture portuali rispetto alle quali, ove si tratti di funzioni in materia turistica e fatte salve le attribuzioni delle autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, sia operante una riserva di competenza amministrativa a favore dello Stato e dei suoi organi.

Non potrebbe indurre a diversa soluzione il riconoscimento, nel nuovo testo dell’art. 105, comma 2, lettera l, del d. lgs. n. 112 del 1998 (come risultante a seguito delle modifiche apportate con l’art. 9 della legge 16 marzo 2001, n. 88), delle competenze spettanti alle Regioni, ma solo a partire dal 1° gennaio 2002, con riguardo ai porti di rilevanza economica regionale o interregionale, perché tale riferimento non significherebbe che tali competenze non sarebbero state ancora di pertinenza regionale al momento dell’adozione del provvedimento controverso. La novella legislativa del 2001, correggendo l’eccessiva centralizzazione che continuava a contraddistinguere l’impostazione seguita dal Governo col d.P.C.m. 21 dicembre 1995, affiderebbe alle Regioni la competenza amministrativa su tutti i porti di minore rilevanza economica, anche se compresi negli allegati approvati con il d.P.C.m. 21 dicembre 1995. La legge n. 88 del 2001, in sostanza, non potrebbe essere ritenuta fonte di reali innovazioni per quei porti che, al momento della sua entrata in vigore, erano già estranei all’ambito di competenza statale, per non essere menzionati nel d.P.C.m. 21 dicembre 1995.

4.– Anche nella memoria depositata in vista dell’udienza l’Avvocatura ribadisce che i porti erano esclusi di per sé dalla delega, senza necessità di una successiva individuazione a mezzo di apposito d.P.C.m., sicché l’annullamento parziale del d.P.C.m. 21 dicembre 1995 non produrrebbe alcun effetto per quanto riguarda la permanenza in capo allo Stato delle competenze sui porti. Soltanto con la riforma portuale (avvenuta con la legge n. 84 del 1994) per i porti di interesse turistico sarebbe stata prevista la competenza delle Regioni per le sole funzioni amministrative relative alle opere marittime nei porti classificati nella II categoria, classi II e III (art. 5): ma tale riclassificazione sarebbe rimasta a tutt’oggi inattuata, così che continuerebbe ad avere tuttora vigore la vecchia classificazione che non prevede alcuna competenza regionale.

Per effettuare il conferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di gestione dei porti sarebbe stata necessaria una espressa previsione normativa: e tale sarebbe l’art. 9 della legge n. 88 del 2001, che ha modificato l’art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998, prevedendo che alle Regioni siano conferite dette funzioni, ma a decorrere dal 1° gennaio 2002 – quindi, successivamente all’emanazione dell’atto in contestazione – e limitatamente ai porti di "rilevanza economica regionale ed interregionale".

Infine, ad avviso dell’Avvocatura, il comportamento tenuto dalla Regione Liguria, in occasione di altri provvedimenti assunti dall’amministrazione statale competente in relazione ad altri porti liguri, evidenzierebbe una assoluta acquiescenza agli stessi provvedimenti ed atti di gestione (del tutto simili a quello ora censurato): il che contrasterebbe con la posizione assunta nel presente giudizio fino a rendere inammissibile il conflitto sollevato.

Considerato in diritto

1.- La Regione Liguria ha promosso conflitto di attribuzioni contro lo Stato in relazione al provvedimento del Ministero dei trasporti e della navigazione, trasmesso alla Regione con nota in data 16 ottobre 2000, con cui si autorizza, ai sensi dell’art. 46, secondo comma, del codice della navigazione, il subingresso della s.p.a. Porto di Lavagna, per il residuo periodo di efficacia, nella concessione per la realizzazione e gestione del porto turistico di Lavagna, assentita alla s.p.a. Cala dei Genovesi con atto del 22 giugno 1974, approvato con decreto del Ministro della marina mercantile in data 13 luglio 1974.

2.- Non può essere accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, avanzata dall’Avvocatura dello Stato, sulla base della circostanza che la Regione Liguria, in precedenti e successive occasioni, non avrebbe contestato la competenza statale in tema di porti turistici. Nei giudizi per conflitto di attribuzione, infatti, non trova applicazione l’istituto dell’acquiescenza (cfr. sentenze n. 191 del 1994 e n. 389 del 1995).

Ancor meno può attribuirsi rilievo, a tal fine, a comportamenti della Regione ricorrente estranei alla vicenda giuridica in cui si inserisce il provvedimento qui impugnato.

3.- La ricorrente rivendica la competenza al rilascio di concessioni di beni demaniali relative al porto turistico di Lavagna, e quindi anche del provvedimento impugnato, in forza dell’articolo 59 del d.P.R. n. 616 del 1997, che ha delegato alle Regioni le funzioni amministrative sul litorale marittimo e sulle aree demaniali immediatamente prospicienti quando la utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative, escludendosi l’applicazione della delega solo "ai porti e alle aree di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima", aree da identificare con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; nonché in forza dell’articolo 105, comma 2, lettera l, del d.lgs. n. 112 del 1998, che, nel suo testo originario, ha stabilito il conferimento alle Regioni delle funzioni (escluse quelle attribuite alle autorità portuali) relative al rilascio di concessioni di beni del demanio (fra l’altro) marittimo "per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia", salvo che "nei porti e nelle aree di interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 dicembre 1995".

Tale ultimo decreto – emanato ai sensi e per i fini di cui al citato art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 – aveva bensì identificato numerose aree portuali o di altra natura, e fra di esse anche proprio quella del porto turistico di Lavagna, come escluse dalla delega in quanto riconosciute di preminente interesse nazionale, in particolare in relazione alle esigenze della navigazione marittima: ma il decreto stesso era stato annullato, con riguardo alla parte che concerneva aree del territorio della Regione Liguria, con la sentenza di questa Corte n. 242 del 1997, per essere stato formato con modalità non conformi al principio di leale cooperazione; né successivamente era stato integrato con riguardo al territorio della stessa Liguria. Così che la successiva sentenza di questa Corte n. 322 del 2000 aveva riconosciuto che anche l’articolo 105 del d.lgs. n. 112 del 1998, là dove faceva rinvio, per la individuazione delle aree escluse dal conferimento di funzioni alle Regioni, al d.P.C.m. 21 dicembre 1995, non poteva operare nei confronti della Regione Liguria, la cui competenza in ordine ai beni del demanio marittimo non è dunque limitata dalla individuazione di dette aree escluse, stante l’intervenuto annullamento della parte del decreto che riguardava il suo territorio.

4.- Dalla descritta situazione normativa la Regione ricorrente trae la conseguenza che l’atto impugnato, che è relativo ad un "porto turistico" e dunque ad un’area esplicitamente destinata ad utilizzazione per fini turistici, a suo tempo elencata fra le aree escluse dalla delega, ma con atto che, rispetto alla Regione ricorrente, non produce effetto in quanto pro parte annullato, rientrava nella competenza regionale.

Il resistente Presidente del Consiglio dà delle norme evocate dalla Regione una diversa lettura: a suo avviso l’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 escludeva dalla delega tutti i "porti" in quanto tali, mentre la successiva individuazione delle aree di preminente interesse nazionale avrebbe riguardato solo le aree diverse da quelle portuali. In tal modo l’annullamento parziale del d.P.C.m. 21 dicembre 1995 (che, in verità, a quanto risulta, individuava come esclusi dalla delega pressoché tutti i porti esistenti, compresi quelli turistici) non produrrebbe alcun effetto per quanto riguarda la permanenza in capo allo Stato delle competenze sui porti. Parimenti, il conferimento delle funzioni di rilascio delle concessioni, di cui all’art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998, non opererebbe nei porti in quanto tali, mentre il rinvio al decreto del 21 dicembre 1995 varrebbe solo a delimitare ulteriormente l’operatività del conferimento di funzioni, escludendone le altre aree individuate come di interesse nazionale attraverso il predetto decreto.

5.- La tesi del Presidente del Consiglio trova effettivamente qualche conforto testuale nelle disposizioni interessate. La limitazione della delega di cui all’art. 59, secondo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, con riferimento al "preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima", potrebbe agevolmente riferirsi sia ai "porti" che alle altre "aree": ma il periodo successivo del medesimo comma prevede la identificazione delle sole "aree" (che peraltro potrebbero anche essere sia le aree portuali, sia quelle ulteriori). Così pure la lettera l dell’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998 offre un sia pur esile elemento testuale nel senso indicato dalla difesa statale là dove esclude l’operatività del conferimento "nei porti e nelle aree di interesse nazionale individuate" (al femminile) con il decreto del Presidente del Consiglio. Infine la modifica di recente apportata a detto articolo 105 con l’art. 9 della legge 6 marzo 2001, n. 88 (non direttamente rilevante nel presente giudizio, trattandosi di modifica sopravvenuta dopo l’emanazione dell’atto impugnato) parrebbe a sua volta muovere dalla interpretazione sostenuta dallo Stato, in quanto dispone che il conferimento di funzioni non operi "nei porti finalizzati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio 21 dicembre 1995" – distinguendo stavolta chiaramente fra i porti e le altre aree - , e che negli altri porti ("di rilevanza economica regionale ed interregionale") "il conferimento decorre dal 1° gennaio 2002": supponendosi dunque che prima esso non operasse.

A fronte di questi elementi testuali, sta però il fatto che, dal punto di vista della ratio normativa, una delega come quella conferita con l’art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977, disposta nel quadro della identificazione di funzioni accessorie e complementari rispetto a quelle spettanti alle Regioni in materia di turismo, e modellata sul criterio funzionale, in quanto limitata alla ipotesi in cui "la utilizzazione prevista" – dei beni del demanio marittimo, comprensivi del litorale e delle aree demaniali immediatamente prospicienti (art. 59 cit., primo comma) – "abbia finalità turistiche e ricreative", mal si concilierebbe con una aprioristica e totale esclusione dalla operatività della delega medesima di tutti i porti: e, specificamente, non tanto dei porti "di rilevanza economica regionale e interregionale" (secondo la classificazione già prevista dall’art. 4, comma 1, lettera d, della legge 28 gennaio 1994, n. 84), quanto di quelli fra di essi che hanno solo funzione "turistica e da diporto" (art. 4, comma 3, lettera e, della predetta legge n. 84 del 1994), cioè dei porti turistici. Questi ultimi, infatti, rappresentano una tipica utilizzazione di aree demaniali per finalità "turistiche e ricreative". Ciò tanto più, in quanto dalla stessa delega erano escluse "le funzioni esercitate dagli organi dello Stato in materia di navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di polizia doganale" (art. 59 cit., primo comma, secondo periodo), passando dunque in capo alle Regioni solo funzioni attinenti alla utilizzazione dei beni per finalità turistiche e ricreative.

Né è senza significato che il decreto del Presidente del Consiglio 21 dicembre 1995, nell’identificare, attraverso l’elenco ad esso allegato, le "aree demaniali marittime (…) escluse dalla delega di funzioni di cui all’art. 59 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, in quanto riconosciute di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima" (art. 1), abbia indicato in modo del tutto indifferenziato sia porti e ambiti portuali, sia altre zone demaniali: nell’elenco, al n. 25 nell’ambito delle aree di pertinenza della Capitaneria di porto di Genova, figurava, insieme ad altri porti, il porto turistico di Lavagna, per il quale, nelle "note" dell’elenco, si invocavano esigenze della navigazione marittima, cioè uno degli indici dell’assunto "preminente interesse nazionale", che secondo la disposizione legislativa avrebbe dovuto essere posto a fondamento dell’esclusione di determinate aree dalla delega. Nulla, nel decreto in esame, poteva far pensare che i porti fossero indicati a puro scopo ricognitivo, e non al fine di positivamente escluderli dall’applicazione della delega.

L’avvenuto annullamento del decreto, limitatamente alla parte concernente il territorio della Regione Liguria, non avrebbe d’altra parte impedito allo Stato, almeno fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 112 del 1998, il cui articolo 105 richiamava il d.P.C.m. 21 dicembre 1995, di integrare, con riguardo a quel territorio, l’elenco delle aree escluse dall’applicazione della delega: infatti l’art. 59, secondo comma, ultimo periodo, del d.P.R. n. 616 del 1977 espressamente prevedeva che "col medesimo procedimento l’elenco delle aree predette può essere modificato". Ma nessun nuovo provvedimento relativo alle aree demaniali marittime site nel territorio della Regione Liguria è intervenuto dopo la sentenza di questa Corte n. 242 del 1997 che annullò pro parte il decreto del 1995.

A sua volta l’art. 105, comma 2, lettera l, del d.lgs. n. 112 del 1998, nel suo testo originario, si limitava a rinviare al d.P.C.m. 21 dicembre 1995, e dunque, si direbbe, all’intero contenuto di questo, che includeva, come s’è visto, anche i porti nell’elenco delle aree sottratte alla delega. Ma allora, stante l’annullamento parziale di tale decreto, se ne ricava che, con riguardo al territorio della Regione Liguria, il conferimento di funzioni operava relativamente a tutte le aree demaniali, ad eccezione di quelle ove sono costituite autorità portuali, le cui attribuzioni sono fatte salve dal medesimo art. 105, comma 1. Tali autorità, infatti (costituite nei porti maggiori, riconosciuti di rilevanza economica internazionale o nazionale: cfr. art. 4, comma 1-bis, e art. 6 della legge n. 84 del 1994), esercitano fra l’altro, nell’ambito delle rispettive circoscrizioni, le funzioni di concessione dei beni del demanio (cfr. art. 8, comma 3, lettera h, della medesima legge n. 84 del 1994).

6.- Poiché il porto turistico di Lavagna non fa parte della circoscrizione di competenza di un’autorità portuale, e non risulta oggetto di alcuna altra norma di esclusione dall’ambito di applicazione della delega, e poi del conferimento di funzioni alla Regione, si deve concludere che l’atto impugnato nel presente giudizio è stato emanato in violazione delle attribuzioni della Regione medesima.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spettava allo Stato, e per esso al Ministero dei trasporti e della navigazione, autorizzare il subingresso della s.p.a. Porto di Lavagna nella concessione per la realizzazione e la gestione del porto turistico di Lavagna; conseguentemente annulla il provvedimento del Ministero dei trasporti e della navigazione, protocollo Dem 2A-2399, trasmesso alla Regione Liguria con nota in data 16 ottobre 2000 (protocollo Dem 2A-2400), e impugnato con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Valerio ONIDA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2002.