Sentenza n. 83 del 2006

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SENTENZA N. 83

ANNO 2006

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-    Annibale                                      MARINI                                      Presidente

-    Franco                                         BILE                                              Giudice

-    Giovanni Maria                           FLICK                                                 "

-   Francesco                                     AMIRANTE                                       "

-   Ugo                                              DE SIERVO                                       "

-   Romano                                       VACCARELLA                                 "

-   Paolo                                            MADDALENA                                  "

-   Alfio                                            FINOCCHIARO                                "

-    Alfonso                                       Quaranta                                      "

-    Franco                                         GALLO                                               "

-    Luigi                                            MAZZELLA                                       "

-    Gaetano                                       SILVESTRI                                        "

-    Sabino                                         CASSESE                                           "

-    Maria Rita                                   SAULLE                                             "

-    Giuseppe                                     TESAURO                                          "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, quarto comma, della legge 26 luglio 1965 n. 965 (Miglioramenti ai trattamenti di quiescenza delle Casse per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali ed agli insegnanti, modifiche agli ordinamenti delle Casse pensioni facenti parte degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), promosso con ordinanza del 7 ottobre 2003 dalla Corte dei conti Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, sul ricorso proposto da Enrichetta Felicia D’Aleo contro l’INPDAP, iscritta al n. 574 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2004.

Visti l’atto di costituzione di Enrichetta Felicia D’Aleo, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 24 gennaio 2006 il Giudice relatore Franco Bile;

uditi l’avvocato Salvatore Greco per Enrichetta Felicia D’Aleo e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Il Giudice unico delle pensioni presso la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana di Palermo, ha sollevato con ordinanza del 7 ottobre 2003 – in riferimento all’art. 3 della Costituzione – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, quarto comma, della legge 26 luglio 1965, n. 965 (Miglioramenti ai trattamenti di quiescenza delle Casse per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali ed agli insegnanti, modifiche agli ordinamenti delle Casse pensioni facenti parte degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro).

L’ordinanza è stata resa nel giudizio promosso nei confronti dell’INPDAP da una dipendente di un ente locale, dispensata dal servizio per inabilità, al fine di ottenere, in esecuzione di una precedente sentenza, la liquidazione della pensione privilegiata diretta con decorrenza dalla data del collocamento a riposo.

Il rimettente rileva che – mentre la norma impugnata, ai fini del calcolo della pensione diretta di privilegio dei dipendenti degli enti locali, prevede che l'aliquota indicata alla lettera a) del comma 1 dello stesso articolo sia maggiorata di un decimo e in nessun caso possa essere inferiore a 0,66667 – l’art. 65 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), attribuisce invece ai dipendenti civili le cui infermità o lesioni siano ascrivibili alla prima categoria della tabella A annessa alla legge 18 marzo 1968, n. 313, una pensione privilegiata pari a otto decimi della base pensionabile.

E ritiene che tale ingiustificata disparità di trattamento si risolve in una violazione del principio di eguaglianza e non può trovare giustificazione in un sistema diversificato di ritenute contributive a carico del lavoratore, che anzi è più gravoso per i dipendenti già assicurati (come nel caso di specie) alla CPDEL.

2. – Si è costituita la parte privata aderendo alle censure di incostituzionalità espresse dal giudice rimettente.

3. – E’ intervenuto il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’infondatezza della questione ed in particolare rilevando come in materia pensionistica la Corte (sentenza n. 345 del 1999) abbia già affermato che i diversi sistemi pensionistici hanno una loro specificità, onde il principio di eguaglianza non è leso dalla circostanza che le discipline in essi previste non siano uniformi.

Considerato in diritto

1. – La Sezione giurisdizionale di Palermo della Corte dei conti ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, quarto comma, della legge 26 luglio 1965, n. 965 (Miglioramenti ai trattamenti di quiescenza delle Casse per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali ed agli insegnanti, modifiche agli ordinamenti delle Casse pensioni facenti parte degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), nella parte in cui stabilisce che – ai fini della pensione diretta di privilegio dei dipendenti degli enti locali per infermità ascrivibili alla prima categoria della tabella A, di cui al d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 – l'aliquota indicata alla lettera a) del primo comma dello stesso articolo deve essere considerata in nessun caso inferiore a 0,66667, invece che a 0,80, così come previsto per i dipendenti statali dall'art. 65 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092. Secondo il giudice rimettente, tale disciplina differenziata contrasta con il principio di eguaglianza garantito dall’art. 3 della Costituzione.

2. – La questione non è fondata.

3. – L’art. 3, quarto comma, della legge n. 965 del 1965 disciplina la pensione privilegiata dei dipendenti degli enti locali, modulandola su quella della loro pensione ordinaria.

Il trattamento ordinario, ai sensi del primo comma dello stesso articolo, è costituito da due voci, contraddistinte dalle lettere a) e b), la prima delle quali concerne una quota di pensione determinata applicando sulla parte della retribuzione annua contributiva, di cui all’art. 1, lettera a), della medesima legge, l’aliquota indicata nell’allegata tabella A, in corrispondenza degli anni e dei mesi di servizio utili.

Per la pensione diretta di privilegio, la norma impugnata prevede che l’aliquota citata è maggiorata di un decimo e in nessun caso può essere inferiore a 0,66667 (e l’ultimo comma dello stesso articolo soggiunge che non può essere superiore ad 1).

4. – Il giudice rimettente pone a confronto il trattamento pensionistico privilegiato dei dipendenti degli enti locali e quello dei dipendenti statali. All’uopo richiama il primo comma dell’art. 65 del d.P.R. n. 1092 del 1973, che garantisce ai dipendenti civili dello Stato (per le infermità e le lesioni più gravi, ascrivibili alla prima categoria della tabella A annessa alla legge 18 marzo 1968, n. 313) una pensione privilegiata pari ad otto decimi (0,80) dell’ordinaria base pensionabile. E da tale disposizione estrae l’indicata percentuale dello 0,80 per contrapporla a quella meno favorevole dello 0,66667 prevista dalla norma impugnata per i dipendenti degli enti locali.

I due termini non sono, però, comparabili. Per i dipendenti degli enti locali la percentuale dello 0,66667 assicura una soglia minima di quantificazione del trattamento privilegiato. Per i dipendenti statali, invece, la percentuale dello 0,80 prevista per il calcolo della pensione di privilegio nei casi in cui ricorrano le infermità citate – lungi dall’introdurre una soglia siffatta – costituisce l’unica aliquota applicabile.

Pertanto la sentenza additiva chiesta dal giudice rimettente alla Corte – che, nel sistema di calcolo della pensione di privilegio dei dipendenti degli enti locali, dovrebbe sostituire alla percentuale dello 0,66667 quella dello 0,80 prevista per la corrispondente pensione dei dipendenti statali affetti dalle ricordate infermità – non parificherebbe le due discipline; essa invece avrebbe l’unico effetto di elevare il limite minimo della pensione privilegiata dei dipendenti degli enti locali, mediante l’applicazione ad essa di una fra le plurime aliquote utilizzate per il calcolo delle pensioni privilegiate delle varie categorie di dipendenti statali (artt. 65, 66 e 67 del citato d.P.R. n. 1092 del 1973).

La dedotta violazione del principio di eguaglianza deve quindi essere esclusa.

5. – Del resto questa Corte – proprio con riferimento ad una prospettata comparazione tra dipendenti degli enti locali e dipendenti statali – ha affermato che «i diversi sistemi pensionistici hanno una loro specificità, e la circostanza che le discipline in essi previste non siano uniformi non lede di per sé il principio di eguaglianza, salvo il caso […] di un’evidente irragionevolezza della differenza di disciplina» (sentenza n. 345 del 1999).

Si deve quindi ribadire che in termini generali non è possibile istituire confronti – sotto il profilo del rispetto del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) – tra sistemi previdenziali diversi, salvo il limite dell’evidente irragionevolezza (sentenze n. 297 del 1999 e n. 454 del 1993, nonché da ultimo sentenza n. 433 del 2005). E l’evidenziata diversità di funzione cui assolve l’aliquota prevista dalla norma censurata rispetto a quella evocata come tertium comparationis esclude che nella specie il limite sia stato superato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma quarto, della legge 26 luglio 1965, n. 965 (Miglioramenti ai trattamenti di quiescenza delle Casse per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali ed agli insegnanti, modifiche agli ordinamenti delle Casse pensioni facenti parte degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro) sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice unico delle pensioni presso la Corte dei conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana di Palermo – con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2006.

Annibale MARINI, Presidente

Franco BILE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2006.