Ordinanza n. 183 del 2005

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ORDINANZA N. 183

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-         Fernanda                       CONTRI                                Presidente

-         Guido                           NEPPI MODONA                Giudice

-         Piero Alberto                CAPOTOSTI                              "

-         Annibale                       MARINI                                     "

-         Franco                           BILE                                           "

-         Giovanni Maria             FLICK                                       "

-         Francesco                      AMIRANTE                               "

-         Romano                        VACCARELLA                        "

-         Paolo                             MADDALENA                          "

-         Alfio                             FINOCCHIARO                        "

-         Alfonso                         QUARANTA                             "

-         Franco                           GALLO                                      "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 29, comma 6, 52, comma 2, lettera c), e 58 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), promosso con ordinanza del 15 maggio 2003 dal Giudice di pace di Bergamo nel procedimento penale a carico di Guerinoni Walter, iscritta al n. 590 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale dell’anno 2003.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2005 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

Ritenuto che con ordinanza del 15 maggio 2003, il Giudice di pace di Bergamo ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 29, comma 6, 52, comma 2, lettera c), e 58 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), per violazione dell’art. 76 della Costituzione, in relazione all’art. 16 della legge 24 novembre 1999, n. 468 (Delega al Governo in materia di competenza penale del giudice di pace e modifica dell’articolo 593 del codice di procedura penale), nella parte in cui consentono di ritenere ammissibile l’estinzione, mediante oblazione (ex art. 162-bis cod. pen.), dei reati contravvenzionali sanzionati, congiuntamente, con la pena edittale dell'arresto e dell’ammenda devoluti alla competenza del giudice di pace;

che riferisce il rimettente che nel giudizio a quo si procede per la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza, e che l’imputato, all’udienza del 15 maggio 2003, ha presentato istanza di ammissione all’oblazione prima delle formalità di apertura del dibattimento;

che il rimettente ritiene non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimità costituzionale sollevata d’ufficio;

che la legge 24 novembre 1999, n. 468, contenente, fra l’altro (artt. 14 e segg.), la delega al Governo in materia di competenza penale del giudice di pace prevede, all’art. 16, che «l’apparato sanzionatorio relativo ai reati devoluti alla competenza del giudice di pace è modificato secondo i seguenti principî e criteri direttivi: a) previsione, in luogo delle attuali pene detentive, della sola pena pecuniaria per un importo non superiore a lire 5 milioni e, nei casi di maggiore gravità o di recidiva, di sanzioni alternative alla detenzione, quali la prestazione di attività non retribuita ...»;

che, conseguentemente, il d.lgs. n. 274 del 2000, dopo aver previsto all’art. 29, comma 6, la possibilità per l’imputato di presentare domanda di oblazione prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, ha stabilito, all’art. 52, comma 2, lettera c), che «quando il reato è punito con la pena della reclusione o dell’arresto congiunta con quella della multa o dell’ammenda, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da lire un milione e cinquecentomila a cinque milioni o la pena della permanenza domiciliare da venti giorni a quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da un mese a sei mesi»;

che, pertanto, senza introdurre modifica alcuna al sistema sanzionatorio edittale per i reati devoluti alla competenza del giudice di pace, è stato istituito – in attuazione di quanto previsto dalla legge-delega – un criterio di ragguaglio che consente di determinare, in concreto – cioè dopo l'accertata colpevolezza dell'imputato – la pena (pecuniaria o «paradetentiva») da irrogarsi da parte del giudice di pace;

che il legislatore, infatti, ha voluto escludere, per i reati devoluti alla competenza del giudice di pace, la possibilità di irrogare in concreto le pene detentive;

che siffatta normativa sulla competenza penale del giudice di pace fa, pertanto, dipendere la possibilità di ricorrere all’oblazione, quale causa estintiva del reato, non più dalla maggiore o minore gravità dello stesso – come originariamente previsto, in via generale, dal sistema penale attraverso la sanzione prevista – ma dal giudice competente a decidere ratione materiae atteso che detto giudice, in ogni caso di condanna, deve sempre comminare o la pena pecuniaria o la pena «paradetentiva» (o, eventualmente, e solo su richiesta dell’imputato, il lavoro di pubblica utilità);

che per l’individuazione dei reati da attribuire alla competenza del giudice di pace il legislatore delegante aveva però previsto la ricorrenza, tra l'altro, della seguente condizione (art. 15, comma 3, lettera b, della legge n. 468 del 1999): «reati per i quali non sussistono particolari difficoltà interpretative o non ricorre, di regola, la necessità di procedere ad indagini o a valutazioni complesse in fatto o in diritto ...»;

che sarebbe invece da escludere che siano stati devoluti alla competenza del giudice di pace i reati meno gravi, che con la scelta del legislatore delegato sono stati fatti rientrare nella previsione di cui all’art. 162-bis cod. pen.;

 che si è costituto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che conclude per l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

Considerato che il Giudice di pace di Bergamo dubita della legittimità costituzionale degli articoli 29, comma 6, 52, comma 2, lettera c), e 58 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), là dove permettono l’estinzione del reato mediante oblazione di tutti i reati contravvenzionali devoluti al giudice di pace anche se sanzionati con la pena dell’arresto congiunta all’ammenda, consentendo l’estinzione anche di reati gravi e fuori dai casi previsti dagli artt. 162 e 162-bis cod. pen., per violazione dell’articolo 76 della Costituzione, in relazione agli articoli 15 e 16 della legge delega 24 novembre 1999, n. 468 (Delega al governo in materia di competenza penale del giudice di pace e modifica dell’articolo 593 del codice di procedura penale), perché il legislatore delegante aveva adottato quale criterio di individuazione dei reati da attribuire alla competenza del giudice di pace non quello della minore gravità, ma quello della non sussistenza di particolari difficoltà interpretative o della non ricorrenza della necessità di procedere ad indagini o a valutazioni complesse in fatto o in diritto;

che il giudice a quo, in merito alla fattispecie concreta, riferisce soltanto che si procede per la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza, e che l’imputato, all’udienza del 15 maggio 2003, ha presentato istanza di ammissione all’oblazione prima delle formalità di apertura del dibattimento, entrando subito dopo nel merito della non manifesta infondatezza della questione, senza dunque in alcun modo accennare alla sussistenza delle condizioni imprescindibili per l’ammissibilità all’oblazione facoltativa di cui all’art. 162-bis cod. pen. e senza conseguentemente motivare sulla rilevanza della questione;

che, come questa Corte ha più volte ribadito, le questioni di legittimità costituzionali sollevate con ordinanze prive di motivazione sulla rilevanza o che contengano un’insufficiente descrizione della fattispecie concreta, tali da non consentire un’adeguata valutazione sia della rilevanza che della non manifesta infondatezza della questione, sono inammissibili (cfr., ex plurimis, ordinanze numeri 393, 391, 366, 365, 352, 349, 257 e 191 del 2004).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 29, comma 6, 52, comma 2, lettera c), e 58 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dal Giudice di pace di Bergamo con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 maggio 2005.

F.to:

Fernanda CONTRI, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2005.