Sentenza n. 254 del 2004

SENTENZA N. 254

ANNO 2004

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                  Presidente

- Valerio                        ONIDA                                    Giudice

- Carlo                           MEZZANOTTE                           "

- Guido                         NEPPI MODONA                       "

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                                "

- Annibale                     MARINI                                       "

- Franco                         BILE                                             "

- Giovanni Maria           FLICK                                          "

- Francesco                    AMIRANTE                                 "

- Ugo                             DE SIERVO                                 "

- Romano                      VACCARELLA                           "

- Paolo                          MADDALENA                            "

- Alfio                           FINOCCHIARO                          "

- Alfonso                       QUARANTA                               "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell’indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), promosso dal Consiglio di Stato in sede di parere sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da G. V. contro l’INPDAP – Gestione autonoma ENPAS di Salerno, con ordinanza del 27 marzo 2002, iscritta al n. 141 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 2004 il Giudice relatore Francesco Amirante.

Ritenuto in fatto

1.–– La seconda sezione del Consiglio di Stato, in sede di emissione del parere sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da una ex dipendente dell’amministrazione della pubblica istruzione avverso il provvedimento, emesso dall’INPDAP di Salerno, con il quale le era stato negato il diritto al computo dell’indennità integrativa speciale nell’indennità di buonuscita, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell’indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti).

Preliminarmente, il remittente esamina e risolve in senso affermativo il problema relativo alla propria legittimazione a sollevare questioni incidentali di legittimità costituzionale in sede di espressione del parere di cui all’art. 11 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, ossia in una sede non formalmente giurisdizionale. Al riguardo viene, in primo luogo, richiamata la sentenza del 16 ottobre 1997 della Corte di giustizia delle Comunità europee (cause riunite da C-69/96 a C-79/96) – alla quale si è uniformato il successivo parere 19 maggio 1999, n. 650/96, di altra sezione del medesimo Consiglio remittente – secondo cui il Consiglio di Stato in sede di emissione di parere su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica costituisce una giurisdizione nazionale ai sensi dell’art. 177 (ora art. 234) del Trattato CE. Nella relativa motivazione, condivisa dall’ordinanza di rimessione, la Corte di giustizia ha precisato che, anche nella suddetta sede consultiva, il Consiglio di Stato riveste i caratteri necessari e sufficienti per essere definito organo giurisdizionale (origine legale, carattere permanente, indipendenza, obbligatorietà del suo intervento, procedura ispirata al principio del contraddittorio ed applicazione di norme giuridiche per la risoluzione delle questioni) ed ha, altresì, posto l’accento sul carattere alternativo che, nell’ordinamento interno, è attribuito al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica rispetto al ricorso giurisdizionale. Il Consiglio di Stato, dopo aver rilevato che le affermazioni della Corte di giustizia CE, oltre ad essere particolarmente autorevoli, sono forse addirittura vincolanti, in virtù dell’idoneità di siffatte pronunce «ad introdurre norme giuridiche prevalenti nel diritto interno», richiama a supporto della sua tesi anche la sentenza n. 226 del 1976 di questa Corte, con la quale si ritenne la Corte dei conti legittimata a sollevare questioni incidentali di legittimità costituzionale pure nell’esercizio delle funzioni di controllo di legittimità degli atti del Governo. Secondo il remittente, le argomentazioni contenute in tale sentenza sono perfettamente adattabili alla particolare attività consultiva svolta dal Consiglio di Stato nella procedura di decisione dei ricorsi straordinari al Capo dello Stato. Infatti anche tale attività si caratterizza per una serie di elementi che depongono nel senso del suo carattere giurisdizionale, in quanto essa: a) è svolta da magistrati che offrono garanzie di imparzialità ed indipendenza; b) si risolve in una valutazione di conformità degli atti impugnati rispetto alle norme di diritto oggettivo; c) si conclude con pareri che hanno contenuto decisorio, perché, oltre ad essere immodificabili dalla sezione che li ha emessi ed insindacabili in altra sede – se non nei limiti dell’impugnazione da parte del controinteressato pretermesso, la quale, però, si atteggia come una vera e propria opposizione di terzo – sono altresì obbligatoriamente notificati ai controinteressati e comunicati o notificati all’organo che ha emanato l’atto e al Ministro competente, nel rispetto del principio del contraddittorio.

La natura sostanzialmente decisoria dei pareri stessi troverebbe ulteriore conferma sia nell’art. 15 del d.P.R. n. 1199 del 1971 (in base al quale i decreti presidenziali che decidono i ricorsi straordinari sono impugnabili per revocazione ai sensi dell’art. 395 cod.proc.civ.), sia nella innovativa giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato che ha ritenuto utilizzabile il giudizio di ottemperanza anche per ottenere l’esecuzione dei decreti presidenziali che decidono i ricorsi straordinari di cui si tratta.

2.–– Per quel che riguarda il merito della questione, il Consiglio di Stato precisa, in primo luogo, che la ricorrente, collocata a riposo il 31 agosto 1992, non ha ottenuto la riliquidazione dell’indennità di buonuscita per non aver presentato la relativa domanda entro il termine perentorio del 30 settembre 1994 stabilito dal censurato art. 3, comma 2, della legge n. 87 del 1994. La suddetta previsione di un termine rigido, coincidente con una data predeterminata, anziché di un termine mobile decorrente dalla comunicazione dell’onere di presentazione della domanda, appare al remittente in evidente contrasto con gli invocati parametri costituzionali per ragioni analoghe a quelle che hanno indotto questa Corte a dichiarare, con la sentenza n. 111 del 1998, l’illegittimità costituzionale dell’art. 75, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, relativo al processo tributario, nella parte in cui fissava al 28 febbraio 1994 il termine entro il quale doveva essere presentata, pena l’estinzione del giudizio, domanda di trattazione delle cause pendenti presso la disciolta Commissione tributaria centrale, anziché prevedere un termine decorrente dalla data di ricezione, da parte degli interessati, dell’avviso dell’onere di proposizione dell’istanza di trattazione del giudizio (o, in alternativa, del ricorso per cassazione). Lo stesso Consiglio di Stato, pur avvertendo la diversità tra la norma allora scrutinata e quella attualmente impugnata, ritiene che tale diversità «perda consistenza» a fronte della previsione, comune ad entrambi i casi, della facoltà delle parti di non avvalersi dell’assistenza tecnica di un difensore. In particolare, l’art. 3 Cost. sarebbe principalmente violato per l’ingiustificata disparità di trattamento che si viene a creare tra i destinatari della norma a seconda della loro maggiore o minore attenzione e sensibilità in ordine alla difesa dei propri diritti. L’ipotizzato contrasto con l’art. 24 Cost. deriverebbe dal fatto che la mancata presentazione della domanda nel breve termine di decadenza prescritto verrebbe ad incidere negativamente anche sull’azionabilità del diritto alla riliquidazione e, quindi, sull’effettività della relativa tutela giurisdizionale. Infine, la mancata previsione di un qualsivoglia accorgimento procedurale diretto a garantire la conoscibilità dell’onere imposto violerebbe i principi generali di «affidamento e di leale collaborazione tra le parti del procedimento», riconducibili ai principi di eguaglianza ed imparzialità di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Considerato in diritto

1.–– La seconda sezione consultiva del Consiglio di Stato ha sollevato, con riferimento agli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell’indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), nella parte in cui non prevede che il termine per presentare la domanda di riliquidazione dell’indennità di fine rapporto, con l’inclusione nella base di calcolo dell’indennità integrativa speciale, decorra dalla comunicazione dell’onere di presentare la domanda, anziché dalla data fissata dalla legge stessa.

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha richiesto al Consiglio di Stato il parere previsto dall’art. 11 del d.P.R. n. 1199 del 1971 riguardo al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, proposto da una dipendente pubblica, collocata in quiescenza, avverso la delibera con la quale l’INPDAP aveva rigettato, perché presentata tardivamente, la sua domanda diretta ad ottenere la suindicata riliquidazione.

2.–– La sezione del Consiglio di Stato remittente, ancor prima di soffermarsi sulla non manifesta infondatezza della questione, motiva la propria legittimazione a sollevarla sul rilievo che numerosi argomenti indurrebbero a superare l’orientamento tradizionale, secondo il quale la natura – ritenuta amministrativa – del procedimento nel cui ambito è stato richiesto del parere, non consente la prospettazione di questioni di legittimità costituzionale.

A tale proposito il remittente richiama anzitutto la decisione della Corte di giustizia delle Comunità europee del 16 ottobre 1997 nelle cause riunite da C-69/96 a C-79/96 la quale, nel ritenere legittima la rimessione di questione pregiudiziale da parte del Consiglio di Stato investito in sede consultiva nell’ambito del procedimento derivante da ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ne ha affermato il carattere giurisdizionale. Il remittente nota che l’orientamento della Corte di giustizia CE si fonda sui rilievi che tale procedimento, alternativo rispetto a quello tipicamente giurisdizionale, è pur esso disciplinato con legge e che si svolge davanti ad un organo stabile, composto da magistrati indipendenti che decidono applicando norme giuridiche, nel rispetto del contraddittorio.

L’ordinanza di rimessione evoca inoltre, per sostenere la propria tesi, le decisioni dello stesso Consiglio di Stato che hanno ammesso il giudizio di ottemperanza per l’esecuzione del provvedimento conclusivo reso in sede di ricorso straordinario e soprattutto le sentenze di questa Corte (n. 226 del 1976, n. 384 del 1991, n. 168 del 1992) che hanno ritenuto ammissibili questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte dei conti nell’esercizio della funzione di controllo.

3.–– La tesi del Consiglio di Stato non può essere condivisa.

Con riferimento al primo argomento evocato, si può rilevare che il riconoscimento della natura giurisdizionale non è avvenuto ai fini della proponibilità del giudizio incidentale, retto da norme e principi su cui la Corte di giustizia CE, nella sentenza indicata, non ha avuto da pronunciarsi.

Per quanto riguarda il valore di precedente da attribuire, per ciò che ora interessa, alle sentenze ammissive di questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte dei conti in sede di controllo preventivo di legittimità, si rileva che esse sono state motivate anzitutto dall’esigenza di sottoporre a scrutinio di costituzionalità leggi che altrimenti ad esso sfuggirebbero (v. sentenza n. 226 del 1976, par. 3 del Considerato in diritto, parte finale). Successivamente questa Corte ha ritenuto la Corte dei conti in sede di controllo organo idoneo a sollevare questioni di legittimità costituzionale in ipotesi concernenti l’asserita violazione delle prescrizioni dell’art. 81 della Costituzione, ragione in precedenza soltanto genericamente indicata (v. sentenze n. 384 del 1991 e n. 25 del 1993). Ciò a prescindere da ogni notazione sulle differenze tra funzione di controllo della Corte dei conti e funzione consultiva del Consiglio di Stato.

Per concludere l’esame degli argomenti addotti dal remittente, si rileva che le sezioni unite civili della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 111, ultimo comma, Cost., hanno cassato, con sentenza n. 15978 del 18 dicembre 2001, una decisione del Consiglio di Stato che aveva pronunciato in sede di ottemperanza per l’esecuzione di provvedimento emesso a seguito di ricorso straordinario.

Si sottolinea, inoltre, che ancora di recente questa Corte – ribadendo il proprio risalente consolidato orientamento (sentenze n. 78 del 1966 e n. 31 del 1975) – ha affermato la natura amministrativa del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, giudicando manifestamente infondata la questione di costituzionalità della normativa di cui al d.P.R. n. 1199 del 1971, concernente il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, prospettata per violazione, tra l’altro, degli articoli 76 e 77 Cost., proprio sul rilievo che, nonostante le peculiarità del suindicato ricorso, esso rientrava indubbiamente tra quelli amministrativi cui la legge di delega si riferiva (v. ordinanze n. 56 e n. 301 del 2001, nonché sentenza n. 298 del 1986). Questa conclusione è ineludibile qualora si noti che l’art. 14, primo comma, del d.P.R. n. 1199 del 1971 stabilisce che, ove il ministro competente intenda proporre (al Presidente della Repubblica) una decisione difforme dal parere del Consiglio di Stato, deve sottoporre l’affare alla deliberazione del Consiglio dei ministri, provvedimento quest’ultimo, per la natura dell’organo da cui promana, all’evidenza non giurisdizionale.

Deriva da quanto si è detto che la questione, sollevata da organo non giurisdizionale, è inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, della legge 29 gennaio 1994, n. 87 (Norme relative al computo dell’indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione, dal Consiglio di Stato, seconda sezione, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8  luglio 2004.

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 21 luglio 2004.