Sentenza n. 31 del 1975
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SENTENZA N. 31

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott- Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Lazio, notificato il 23 gennaio 1974, depositato in cancelleria il 1 febbraio successivo ed iscritto al n. 2 del registro 1974, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del provvedimento 15 novembre 1973, con il quale il Commissario del Governo si é dichiarato competente per l'istruttoria del ricorso straordinario al Capo dello Stato avverso un provvedimento della sezione di controllo sugli atti del Comune di Roma.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 4 dicembre 1974 il Giudice relatore Guido Astuti;

uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per la Regione, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ritenuto in fatto

Con ricorso alla Corte costituzionale, notificato il 23 gennaio 1974 e depositato il 1 febbraio successivo, la Regione Lazio ha sollevato conflitto di attribuzione contro lo Stato, in relazione al provvedimento in data 15 novembre 1973, prot. 4262/32902. I, ricevuto il 24 novembre 1973, nel quale risulta affermata dal Commissario del Governo la competenza propria e del Ministero dell'interno per l'istruttoria del ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto da Giuseppe Laterza avverso la delibera della sezione di controllo sugli atti del Comune di Roma del 23 marzo 1973, verbale n. 58, prot. 1.800.

La Regione lamenta, nel ricorso, la violazione dell'art. 125 Cost., in relazione agli artt. 55 e seguenti della legge n. 62 del 1953 e agli artt. 9 e seguenti del d.P.R. n. 1199 del 1971.

Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.  

Considerato in diritto

1. - Con il ricorso introduttivo del presente giudizio la Regione Lazio solleva conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, rivendicando la propria competenza per l'istruttoria di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, proposto contro un provvedimento della sezione del comitato regionale di controllo sugli atti del Comune di Roma. Il Commissario del Governo, con nota 15 novembre 1973, aveva richiesto a detta sezione di trasmettergli copia del provvedimento impugnato e della relativa delibera consiliare, "unitamente alle deduzioni che codesto organo ritenesse di formulare in ordine al gravame nonché ad ogni altro atto o documento ritenuto utile ai fini del giudizio sulla ricevibilità ed ammissibilità del ricorso", e di far conoscere se fossero state presentate controdeduzioni di eventuali controinteressati, e in caso affermativo di trasmetterne copia; ciò al fine di poter tempestivamente riferire al Ministero dell'interno, che doveva predisporre l'invio della prescritta relazione al Consiglio di Stato entro il termine indicato dall'art. 11 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199. Con questa richiesta, secondo l'assunto della Regione, sarebbe stata invasa la sua competenza ad istruire il ricorso in oggetto, che di fatto essa già aveva trasmesso al proprio Assessorato enti locali per l'istruttoria, invitando la sezione di controllo ad inviare all'Assessore le proprie controdeduzioni e i documenti.

La Regione denunzia violazione dell'art. 125 della Costituzione, in relazione agli artt. 55 e seguenti della legge 10 febbraio 1953, n. 62, e 9 e seguenti del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, sotto un duplice profilo.

In primo luogo, nel complesso procedimento cui dà inizio la proposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato, la fase istruttoria dovrebbe considerarsi logicamente e positivamente scindibile da quella decisionale: mentre l'attività di rilievo costituzionale, consistente nella richiesta di parere al Consiglio di Stato e nella proposta e controfirma del decreto del Presidente della Repubblica, é di esclusiva ed incontestata competenza dello Stato, si dovrebbe invece riconoscere che la istruttoria del ricorso, ai sensi dell'art. 11 del d.P.R n. 1199 del 1971, appartiene, rispettivamente, allo Stato o alle Regioni, secondo che al primo o alle seconde spetti la competenza sostanziale in ordine alle funzioni amministrative nella materia di cui si controverta.

In secondo luogo, per i ricorsi straordinari in materia di competenza istituzionale delle Regioni, gli adempimenti successivi all'istruttoria da queste compiuta dovrebbero ritenersi sempre di competenza del Presidente del Consiglio (o del Ministro per le Regioni da esso delegato), quale unico organo costituzionalmente competente ad esercitare i poteri dello Stato nei confronti delle Regioni; non mai dei singoli Ministri, e tanto meno del Commissario del Governo, come rappresentante delle amministrazioni centrali dello Stato, a ciò ostando il disposto dell'art. 124 della Costituzione, per cui egli unicamente "sopraintende alle funzioni amministrative esercitate dallo Stato e le coordina con quelle esercitate dalla Regione".

2. - L'assunto della Regione contrasta apertamente con la disciplina positiva del ricorso straordinario al Capo dello Stato e del relativo procedimento. Senza dubbio si tratta di un ricorso amministrativo: ma di un rimedio singolare, anomalo, alternativo al ricorso giurisdizionale, e - indipendentemente dalla sua genesi storica e dall'originaria natura della decisione sovrana cui in altri tempi dava luogo - caratterizzato da uno speciale procedimento contenzioso sui generis, con limitato contraddittorio, che si svolge interamente a livello governativo, e si conclude con un decreto del Capo dello Stato, - atto ministeriale, non di prerogativa - , di cui il Ministro proponente, o il Presidente del Consiglio, assume con la controfirma la responsabilità politica e giuridica.

Come già nel preesistente ordinamento (cfr. artt. 14 e 16, n.4, r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, e artt. 36,54 e seguenti, 60- 61 del regolamento approvato con r.d. 21 aprile 1942, n. 444), anche nelle disposizioni, sotto altri aspetti innovative, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Cap. III, artt. 8-15), l'intero procedimento istruttorio e decisionale é rimasto affidato alla competenza esclusiva dei Ministri e del Governo. L'organo che ha emanato il provvedimento definitivo impugnato col ricorso, quando questo sia ad esso presentato, é tenuto a trasmetterlo immediatamente al Ministro competente, "al quale riferisce" (art. 9, comma terzo); ma l'istruttoria del ricorso e la trasmissione al Consiglio di Stato per il parere, sono attribuite al Ministero competente (art. 11, primo comma), ovvero alla Presidenza del Consiglio, quando il ricorso abbia ad oggetto "atti di enti pubblici in materie per le quali manchi uno specifico collegamento con le competenze di un determinato Ministero" (art. 11, terzo comma). Il Consiglio di Stato, ove ritenga incompleta l'istruttoria o insufficiente la documentazione, può richiedere al Ministero competente nuovi chiarimenti o documenti, ovvero ordinare al Ministero medesimo di disporre nuove verificazioni, nonché occorrendo, mandare allo stesso Ministero di ordinare l'integrazione del contraddittorio (art. 13, primo comma). Infine, la decisione del ricorso straordinario é adottata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro competente, o del Presidente del Consiglio, che, ove intendano proporre una decisione difforme dal parere del Consiglio di Stato, debbono sottoporre l'affare alla deliberazione del Consiglio dei Ministri (art. 14, primo comma).

Questa normativa non contrasta con il disposto dell'art.125 della Costituzione, che sicuramente non esclude l'ammissibilità del ricorso straordinario contro gli atti amministrativi definitivi degli organi regionali, né con gli artt. 55 e seguenti della legge n. 62 del 1953, cui del pari ha fatto immotivato richiamo la difesa della Regione Lazio. Ancor meno pertinente appare il riferimento agli artt. 9 e seguenti del d.P.R. n. 1199 del 1971, nei quali non trova alcuna giustificazione l'asserita distinzione ed autonomia della fase istruttoria rispetto alla fase decisoria, né la pretesa spettanza alle Regioni della competenza a curare l'istruttoria quando l'oggetto del ricorso concerna materie attribuite alla loro competenza istituzionale dagli articoli 117 e 118 della Costituzione, e ad esse trasferite con i decreti legislativi emanati a norma dell'art. 17 della legge 16 maggio 1970, n. 281.

L'attribuzione alle Regioni delle funzioni di amministrazione attiva nelle materie elencate dall'art. 117 della Costituzione é qui ovviamente fuori discussione, e con essa non confligge la competenza governativa ad istruire i ricorsi straordinari al Capo dello Stato. D'altra parte anche le disposizioni del primo e del terzo comma dell'art. 11 del d.P.R. n. 1199 del 1971 concernono soltanto una ripartizione interna di materie di competenza statale, che non tocca i rapporti costituzionali tra Stato e Regioni.

3. - La difesa della Regione, per coonestare il proprio assunto circa la scindibilità della fase istruttoria e la sua spettanza all'Assessorato regionale competente per materia, ravvisa una netta distinzione, sul piano formale e terminologico, tra l'art. 14 del testo unico del 1924, che contempla il potere di interrogare il Consiglio di Stato, potere di rango costituzionale attribuito ai Ministri, e l'art. 11 del d.P.R. n. 1199 del 1971, che fa generico riferimento ai Ministeri, come uffici investiti di funzioni amministrative; e ne deduce che la competenza a curare l'istruttoria, conferita ai Ministeri dal citato art. 11 unicamente sulla base della competenza amministrativa attiva nella materia cui il ricorso si riferisce, dovrebbe invece per lo stesso motivo essere riconosciuta alle Regioni, e per esse ai competenti assessori, in correlazione con le loro funzioni amministrative.

La prospettata distinzione non ha fondamento testuale: il ricordato art. 14 del r.d. n. 1054 del 1924 parla bensì di Ministri, ma nelle disposizioni integrative del r.d. n. 444 del 1942 sono usate promiscuamente le voci Ministro e Ministero, per indicare l'organo governativo o gli uffici dipendenti, secondo l'occorrenza, senza intento di diversificazione (cfr. artt. 36-37, 48-49, 53 e seguenti), e in particolare nell'art. 61, proprio per i ricorsi straordinari, ricorrono le stesse formule "Ministero competente", "Ministero a cui spetta provvedere alla istruzione del ricorso", che troviamo ripetute negli artt. 9 e seguenti del d.P.R. n. 1199 del 1971 (ove peraltro l'art. 14, secondo comma, reca: "il Ministro competente per l'istruttoria"). Dal complesso di questa normativa, nei testi anteriori come in quello vigente, risulta con chiara evidenza che l'intera fase istruttoria si svolge a livello ministeriale, e che il Ministro competente, ovvero il Presidente del Consiglio, richiede il parere del Consiglio di Stato, organo di consulenza del Governo, e propone quindi la decisione con decreto del Presidente della Repubblica. Certamente non é sostenibile la pretesa autonomia del procedimento istruttorio, che dovrebbe essere attribuito alla Regione nelle materie di sua competenza, e che - secondo quanto prospettato nella memoria difensiva della Regione Lazio - dovrebbe estendersi anche alla diretta trasmissione al Consiglio di Stato, da parte della Regione, degli atti del ricorso straordinario .É invece ovvio che, ferma la competenza ministeriale per la cura dell'intero procedimento istruttorio, spetti alla Regione, come l'Avvocatura dello Stato ha apertamente riconosciuto, piena facoltà di collaborare alla raccolta degli atti e documenti necessari per la definizione del ricorso, nonché di presentare deduzioni o elementi utili ai fini della definizione stessa, quali precisamente erano stati richiesti dal Commissario del Governo con la nota 15 novembre 1973, nella quale la Regione Lazio ha ravvisato una lesione della propria competenza costituzionale.

4. - La denunciata lesione non sussiste nemmeno sotto il profilo della inammissibilità dell'intervento del Commissario del Governo nella istruttoria del ricorso straordinario, sia pure come organo di collegamento con lo Stato, né sotto quello della subordinata pretesa che, per i ricorsi straordinari vertenti su materie di competenza sostanziale delle Regioni, la fase istruttoria, e in ogni caso quella decisionale, dovrebbe sempre ritenersi attribuita al Presidente del Consiglio, quale unico organo costituzionalmente legittimato, e non mai ai singoli Ministri.

Come ha esattamente osservato l'Avvocatura dello Stato, oggetto del conflitto sottoposto alla decisione di questa Corte non é la discriminazione delle rispettive competenze del Commissario del Governo, del Presidente del Consiglio, o dei singoli Ministri, bensì unicamente la discriminazione tra la competenza costituzionale dello Stato e quella della Regione. Pertanto, gli eventuali vizi che nel caso di specie potessero ravvisarsi per la partecipazione di uno o altro organo statale al procedimento di istruzione del ricorso straordinario, avendo rilevanza solo all'interno del sistema statale, sarebbero inidonei ad integrare un vizio di incompetenza assoluta dello Stato, e non potrebbero comunque ritenersi lesivi della competenza costituzionale della Regione.

D'altro canto, per quanto concerne l'asserita competenza esclusiva del Presidente del Consiglio ad esercitare i poteri dello Stato nei confronti delle Regioni, deve anzitutto rilevarsi che né l'art. 126 né altra norma della Costituzione contengono alcuna formale enunciativa in tal senso, e che anche altre disposizioni, di leggi ordinarie, come l'art. 39, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ricordato dalla difesa della Regione, o l'art. 6, primo e terzo comma, della legge 10 febbraio 1953, n. 62, non consentono di desumere al riguardo l'esistenza di un principio generale, incompatibile con la disciplina del procedimento per i ricorsi straordinari al Capo dello Stato, quale é stata dettata dagli artt. 9 e seguenti del d.P.R. n. 1199 del 1971. Che anzi, anche i decreti legislativi con i quali é stato attuato il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative nelle materie elencate dall'art. 117 della Costituzione, oltre a prevedere l'esercizio delle funzioni statali di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle Regioni attinenti ad esigenze di carattere unitario "mediante deliberazioni del Consiglio dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio d'intesa con il Ministro o con i Ministri competenti", dispongono altresì costantemente che "gli organi statali e le amministrazioni regionali sono tenuti a fornirsi reciprocamente ed a richiesta, per il tramite del Commissario del Governo nella Regione, ogni notizia utile allo svolgimento delle proprie funzioni nelle materie di cui al presente decreto" (cfr. d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 1, art. 5; d.P.R. n. 2, art. 8; d.P.R. n. 3, art. 12; d.P.R. n. 4, art. 8; d.P.R. n. 5, art. 11; d.P.R. n. 6, art. 6; d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 7, art. 8; d.P.R. n. 8, art. 9; d.P.R. n. 9, art. 6; d.P.R. n. 10, art. 10; d.P.R. n. 11, art. 8).

Anche sotto quest'ultimo profilo il ricorso della Regione non merita accoglimento, dovendosi riconoscere che i poteri di cui si tratta, relativi al procedimento di istruzione e decisione dei ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica, sono di esclusiva spettanza dello Stato. Il quale non mancherà, nel farne uso, di aver riguardo agli interessi delle Regioni, a cui le disposizioni degli artt. 9 e seguenti de1 d.P.R. n. 1199 del 1971 non impediscono di collaborare attivamente con gli organi statali ai quali la legge attribuisce la cura e responsabilità del procedimento istruttorio.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta allo Stato la competenza a provvedere alla istruttoria del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, proposto da Giuseppe Laterza avverso la delibera della sezione di controllo della Regione Lazio sugli atti del Comune di Roma del 23 marzo 1973, verbale n.58, prot.1.800.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO -  Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE -  Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO

Depositata in cancelleria il 25 febbraio 1975.