Sentenza n. 31 del 2002

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SENTENZA N. 31

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Massimo VARI, Presidente

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 5 marzo 1997, relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Gaspare Nuccio, promosso con ricorso del Tribunale di Pesaro, notificato l'8 marzo 2000, depositato in cancelleria il 13 successivo ed iscritto al n. 14 del registro conflitti 2000.

Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;

udito nell'udienza pubblica del 3 luglio 2001 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;

udito l'avv. Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

1. ― Il Tribunale di Pesaro ha proposto - con ordinanza in data 12 febbraio 1999, depositata nella cancelleria della Corte il 17 luglio 1999, nel corso di un processo penale nei confronti del deputato Gaspare Nuccio, per il reato previsto e punito dall’art. 326 cod. pen. - conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione adottata dall’Assemblea nella seduta del 5 marzo 1997 (documento IV-quater, n. 3), con la quale é stato dichiarato che i fatti per i quali é in corso il processo devono essere considerati insindacabili ex art. 68, primo comma, della Costituzione.

2. ― Il Tribunale premette che si procede nei confronti del deputato Gaspare Nuccio per il reato dell’art. 326 cod. pen., in quanto egli avrebbe divulgato le liste degli iscritti a logge massoniche attive nella provincia di Pesaro, oggetto di inchiesta parlamentare, coperte dal segreto istruttorio, e che, con ordinanza del 4 aprile 1997, aveva proposto conflitto di attribuzione in relazione alla delibera con la quale la Camera dei deputati, nella seduta del 5 marzo 1997, aveva dichiarato che i fatti per i quali era in corso il procedimento penale devono essere considerati insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

La Corte, dopo avere dichiarato ammissibile il conflitto con ordinanza n. 325 del 1997, successivamente, con la sentenza n. 274 del 1998, lo ha dichiarato improcedibile, in quanto il ricorso e l’ordinanza di ammissibilità, benchè notificati alla Camera dei deputati, non erano stati depositati nella cancelleria della Corte entro i termini stabiliti dall’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Ad avviso del ricorrente, "le motivazioni della sentenza di improcedibilità parrebbero venute meno", in quanto l’art. 1 del decreto legge 27 ottobre 1997, n. 364, ha previsto la sospensione dei termini sostanziali e processuali in scadenza dal 26 settembre al 31 dicembre 1997 nei confronti dei soggetti residenti o con sede operativa nelle Regioni Umbria e Marche. Inoltre, benchè la norma, nel testo modificato dalla legge di conversione 17 dicembre 1997, n. 434, non abbia più compreso la città di Pesaro tra le località per le quali era stata prevista la sospensione dei termini, l’art. 61 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, ha fatto salvi gli effetti della disposizione nel testo originario, sicchè il conflitto, a suo avviso, sarebbe riproponibile.

Nel merito, il Tribunale deduce che la Camera dei deputati avrebbe deliberato l’insindacabilità ritenendo non provato che gli elenchi diffusi dal deputato Gaspare Nuccio coincidessero con quelli acquisiti dalla Commissione parlamentare antimafia. In tal modo, la Camera avrebbe, però, espresso un giudizio di merito eccedente le sue competenze, esercitando altresì un potere riservato all’autorità giudiziaria.

Il ricorrente, richiamando la propria ordinanza del 4 aprile 1997, conclude, infine, affermando che, per le suesposte argomentazioni, "ritiene che insorga conflitto di attribuzione della cui risoluzione va investita la Corte costituzionale".

3. ― Nel giudizio preliminare di delibazione in camera di consiglio, il ricorso ι stato dichiarato ammissibile da questa Corte con ordinanza n. 61 del 9 febbraio 2000, notificata - unitamente al ricorso - alla Camera dei deputati l’8 marzo 2000, e successivamente depositata nella cancelleria della Corte.

4. ― La Camera dei deputati si θ ritualmente costituita in giudizio e, nell’atto di costituzione e nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato irricevibile, inammissibile o comunque infondato.

Preliminarmente, la resistente deduce che l’ordinanza sarebbe carente dei requisiti stabiliti dall’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e dall’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale per il ricorso che propone un conflitto di attribuzione. In particolare, sostiene che mancherebbe la sottoscrizione da parte di tutti i componenti del Collegio; non sarebbero state indicate tutte le norme costituzionali che disciplinano la materia; mancherebbe la domanda diretta ad ottenere l’annullamento della delibera di insindacabilità e la dichiarazione di non spettanza alla Camera del relativo potere. Queste carenze, a suo avviso, determinerebbero una irrefutabile incertezza in ordine sia alla forma ed al contenuto dell’atto introduttivo, sia al suo destinatario, in quanto esso, prima ancora che fosse dichiarato ammissibile, é stato notificato al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle due Camere e, dopo la dichiarazione di ammissibilità, é stato dapprima solo comunicato, quindi anche notificato.

Secondo la resistente l’atto introduttivo sarebbe altresì irricevibile, poichè manca l’ordine alla cancelleria di notificare l’atto alla Camera dei deputati.

Il conflitto sarebbe comunque inammissibile (o improponibile), in quanto é stato già dichiarato improcedibile e non potrebbe essere riproposto, poichè il ricorrente avrebbe consumato il relativo potere. La mancata previsione di un termine di decadenza per la proposizione del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sarebbe, infatti, giustificata dalla natura politica del conflitto, che però non sussisterebbe in riferimento a quelli sollevati dall’autorità giudiziaria, per i quali si impone l’esigenza di una giustizia certa e sollecita. D’altronde, la giurisprudenza costituzionale ha costantemente qualificato come perentorio il termine stabilito dall’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale e, comunque, la non riproponibilità deriverebbe dal fatto che la dichiarazione di improcedibilità pronunziata all’esito della seconda fase del conflitto configura una decisione di merito. In ogni caso, ad avviso della Camera dei deputati, l’eventuale riproponibilità del conflitto violerebbe il valore della certezza del diritto, oltre tutto in un giudizio che ha ad oggetto prerogative costituzionali, perciò imprescrittibili, con conseguente rischio di una prosecuzione della controversia senza alcun limite temporale.

Secondo la resistente, il conflitto sarebbe altresì inammissibile, in quanto l’ordinanza non conterebbe nessuna esplicitazione diretta a dimostrare l’esistenza di un interesse a ricorrere.

4.1. ― Nel merito, la Camera dei deputati deduce che, secondo la giurisprudenza costituzionale, il nesso tra le opinioni e l’esercizio della funzione parlamentare sussisterebbe anche allorchι sia identificabile un "complessivo contesto parlamentare " nel quale le opinioni sono state espresse. A suo avviso, la delibera in oggetto, nel fare riferimento alla questione dell’identità tra gli elenchi diffusi dal deputato Gaspare Nuccio e quelli acquisiti dalla Commissione parlamentare antimafia, non conterrebbe affatto valutazioni di merito della vicenda processuale, ma avrebbe esplicitato un elemento indispensabile allo scopo di verificare se egli avesse o meno espresso opinioni riguardanti fatti in discussione alle Camere. D’altronde, poichè l’attività parlamentare del deputato Gaspare Nuccio sarebbe stata caratterizzata da una costante e particolare attenzione alla questione dell’iscrizione alle logge massoniche - dimostrata dalla presentazione di interrogazioni parlamentari in data 25 gennaio 1994, 4 agosto 1993 e 16 dicembre 1993 - risulterebbe dimostrata l’inerenza dei fatti all’esercizio della funzione, anche all’esito di un controllo sulla corrispondenza sostanziale tra detti fatti e gli atti parlamentari tipici.

5. ― All'udienza pubblica il difensore della Camera dei deputati ha insistito per l'accoglimento delle conclusioni rassegnate nelle difese scritte.

Considerato in diritto

1. ― Il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato θ stato sollevato dal Tribunale di Pesaro nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla deliberazione assunta nella seduta del 5 marzo 1997 (documento IV-quater, n. 3), con la quale si é stabilito che i fatti contestati al deputato Gaspare Nuccio nel procedimento penale in corso innanzi al predetto Tribunale rientrano nella previsione normativa dell'art. 68, primo comma, della Costituzione e sono pertanto da considerare insindacabili.

2. ― Il ricorso per conflitto di attribuzione θ inammissibile.

La fase preliminare di delibazione, in camera di consiglio, di questo giudizio si é conclusa con una pronuncia di ammissibilità (ordinanza n. 61 del 2000), restando peraltro "impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilità", ora la Corte costituzionale é chiamata a pronunciarsi definitivamente, con cognizione piena e nel contraddittorio delle parti, su tutti i profili del conflitto.

Ciò premesso, appare del tutto prioritario il rilievo che, nella specie, il ricorrente non ha assolto compiutamente all'onere, ai fini di una valida instaurazione del giudizio, di precisare, nell'atto di promovimento del conflitto, l'oggetto della pretesa che intende fare valere (cfr. sentenze n. 363 e n. 364 del 2001). E' infatti carente l'indicazione del petitum, giacchè il Tribunale di Pesaro si é limitato a "solleva(re) conflitto di attribuzione avverso la deliberazione della Camera dei deputati assunta in data 5 marzo 1997 nei confronti del parlamentare Nuccio Gaspare", senza prospettare alcuna specifica forma di rivendicazione o di menomazione dell'attribuzione costituzionale in contestazione e senza richiedere il conseguente annullamento dell'atto asseritamente lesivo.

Si é pertanto verificata una situazione del tutto analoga a quella esaminata, in particolare, nella recente sentenza n. 15 del 2002, nella quale proprio la mancata formulazione di qualsiasi richiesta ha comportato la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in quanto carente di uno dei suoi requisiti essenziali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Pesaro nei confronti della Camera dei deputati con l'atto indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 febbraio 2002.

Massimo VARI, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2002.